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Autore: Cassidy_Redwyne    01/12/2013    5 recensioni
Quattro amiche diversissime fra loro, eppure inseparabili, vengono a conoscenza del prestigioso liceo di St. Elizabeth. In cerca di una nuova sistemazione scolastica, le ragazze decidono di iscriversi, del tutto ignare di ciò che le attende all’interno dell’istituto.
L’aspetto e il comportamento degli studenti, infatti, sono davvero bizzarri, per non parlare di quei quattro affascinanti ragazzi in cui le protagoniste si imbattono durante i primi giorni di scuola… si tratta di un colpo di fulmine o di un piano magistralmente architettato alle loro spalle?
Tra drammi adolescenziali e primi batticuori, le quattro sono pronte a smascherare una volta per tutte il segreto che si cela fra le mura del misterioso istituto.
Genere: Commedia, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Fu solo poco prima di cena che ci avviammo finalmente sulle scale, dirette alla nostra stanza.
Avevamo passato il pomeriggio insieme ad Arianna che, dopo essersi provata l’uniforme insieme alle altre cheerleader, ci aveva condotte nel campetto all’aperto, dove ci eravamo date da fare per i preparativi della gara dell’indomani. Ce n’erano di cose da preparare, tra la sporcizia del campetto da rimuovere e le tribune da pulire, e un paio di braccia in più avevano fatto comodo agli organizzatori. Beth ed io avevamo dato una mano molto volentieri, ma adesso eravamo a pezzi.
«Comunque, Ari, la vostra uniforme è fantastica!» dissi, mentre arrancavo su per le scale.
«È vero. Mi fa quasi venire voglia di unirmi alle cheerleader» commentò Beth, con il fiato corto.
«Mmn, in effetti ti ci vedo proprio, a fare il triplo salto mortale...»
«Oh, sta’ zitta, Kia!»
«Vi consiglio di risparmiare il fiato» osservò Arianna con occhio critico. Nonostante avesse partecipato agli estenuanti allenamenti ed avesse trottato tutto il pomeriggio per organizzare l’evento del giorno dopo, pareva fresca come una rosa. Mi chiesi quale fosse il suo segreto.
«Forza, ci siamo quasi» ci incitò, salendo gli ultimi gradini a due a due, prima di sparire nel corridoio.
Io e Beth osservammo la scena a bocca aperta e, da brave comuni mortali, ci scambiammo uno sguardo di comprensione reciproca.
Con le ultime forze rimaste, attraversammo il corridoio ed entrammo in camera, a prima vista deserta.
«Angie…?» chiamai, ma non ebbi risposta.
«Non c’è» rispose Arianna, comparendo dal bagno con una spazzola in mano. Dopo un attimo, prese a pettinarsi con cura i lunghi capelli biondi.
«Dio!» sbottai. «È diventata una moda, quella di sparire?»
«Be’, sarà con il suo fidanzato» rispose lei, del tutto impassibile.
L’urlo agghiacciante di Beth, rimasta ferma nell’ingresso, ci fece gelare il sangue.
Pensando che avesse visto una qualche bestiola, fui travolta da un’improvvisa ondata di energia, strappai la spazzola dalle mani di Arianna e balzai sul mio letto, dove rimasi in piedi su una gamba sola, brandendo il pettine come un’arma.
«COSA? DOVE? DOV’È?!»
«Kia, non c’è nessun insetto qui» mormorò Arianna, sospirando. Doveva aver capito cosa mi fosse passato per la testa. «Beth non sa semplicemente niente di Angie e Night.»
Rincuorata, abbandonai lentamente la mia posizione di difesa, mentre Arianna esprimeva i suoi dubbi circa il fatto che abitassi in campagna.
«Kia, potrei riavere la mia spazzola, adesso?»
«Angie e Night…» fece Beth, perplessa. «Che strana accoppiata. Ma sono felice per loro!»
«Be’, di sicuro lo sei più di Angie» replicai.
Lei mi guardò senza capire.
«Angie è stata incastrata da Night. Per ragioni che non vi sto a spiegare, è costretta a fare il suo gioco» spiegò Ari, sedendosi lentamente sul suo letto.
«Aspetta» feci, avvicinandomi a lei e scrutandola attentamente. «Tu sai il perché?»
La ragazza tacque, evitando il mio sguardo.
Quatta quatta, Beth si fece a sua volta vicino a noi e, a quel punto, sedute tutte e due sul suo letto, aspettammo pazienti che Arianna si pronunciasse.
Pendevamo dalle sue labbra a tal punto che la ragazza, dopo un lunghissimo silenzio, diede in escandescenza.
«Finitela di guardarmi così!» sbottò. «Non posso dirvelo! Mi hanno pregato di mantenere il segreto!»
Vedendo però che la sfuriata non aveva sortito alcun effetto e che le nostre espressioni non erano cambiate di una virgola, levò gli occhi al cielo.
«E va bene…» cedette, e finì per raccontarci tutto.
 
****
 
Angie lasciò che Shadow si sfogasse, senza avere il coraggio di intervenire.
Cosa avrebbe potuto dirgli, dopotutto? Aveva maledettamente ragione nel sentirsi ingannato! Angie era convinta che qualcuno dovesse dirgli la verità, ma era anche enormemente seccata, perché aveva dovuto farlo lei e non la diretta interessata.
Ma perché Kia non gli aveva mai spiegato come stavano veramente le cose? Tacere la verità forse poteva averla aiutata all’inizio, ma la sua reticenza, protratta nel tempo, aveva provocato solo una delusione più grande in Shadow.
Si sentì il cuore colmo di tristezza, quando il ragazzo incrociò il suo sguardo con aria abbattuta.
«Posso essere del tutto sincero con te?» disse poi lui, dopo aver fatto un respiro profondo.
«Spara.»
«Devo ammettere che…» si bloccò, come se fosse alla ricerca delle parole giuste. «non pensavo fosse così brava a rimorchiare. Solo quattro mesi qui e già…»
«Oh no, non è di questa scuola» si affrettò a spiegare lei.
«Ah!» Shadow serrò i pugni. «Quel Leo, lo sapevo!»
Nell’udire il nome dell’amico più stravagante di Kia, Angie ridacchiò. «Ma no!»
Shadow sospirò afflitto, distendendosi sul letto accanto a lei che, vagamente a disagio, prese ad osservarsi con insistenza le punte delle scarpe.
«Mi dici qualcosa di lui?» esclamò ad un tratto, facendola sobbalzare. «Spero sia un bravo ragazzo.»
Angie a quel punto non sapeva se ridere o piangere. Un bravo ragazzo?
Avrebbe voluto mangiarsi le mani, tanta era la sua irritazione. Era tutta colpa sua, che lo aveva presentato a Kia tanto tempo prima, per aiutarla a dimenticare la cocente delusione amorosa provocata da Jake, credendo di farle un favore. Ma, nel vedere come erano andate a finire le cose, con la sua amica che soffriva terribilmente per il carattere inafferrabile di lui, Angie avrebbe fatto qualsiasi cosa per rimediare a ciò che aveva combinato.
«Allora?»
Era così presa dai suoi pensieri da non rendersi conto che Shadow si aspettava una risposta da lei. Si riscosse e fu con grande sforzo che riuscì a farfugliare qualcosa.
«No… cioè sì, ma è una persona così strana! È talmente solitario… no, anzi, è un completo idiota! E poi non si vedono mai, insomma…»
Shadow la fissava perplesso, mentre la ragazza continuava ad arrampicarsi sugli specchi.
«Ah, si chiama L…»
Un rumore improvviso li interruppe.
Night era davanti a loro, immobile.
Per averla appena salvata in corner Angie realizzò che, probabilmente per la prima volta da quando aveva avuto la sfortuna di imbattersi in lui, era quasi felice di vederlo.
Non in quelle condizioni, però.
Non praticamente nudo, ad eccezione di un misero asciugamano legato in vita che copriva a stento ciò che c’era da coprire, con i capelli scuri fradici e le gocce d’acqua che parevano fare le montagne russe sui definiti muscoli del torace, che guizzavano in avanti ad ogni suo respiro. Decisamente no.
Shadow tossicchiò leggermente, di fronte alla sua reazione teatrale, bocca spalancata compresa. A quel punto la ragazza si ricompose e distolse con forza lo sguardo.
«Qualcosa addosso… magari?» fece, rossa in volto.
«I miei vestiti sono qui» ribatté lui, lanciandole un’occhiataccia.
«Ah.»
Angie era rimasta così destabilizzata da dimenticarsi, per un attimo, le ragioni che l’avevano portata con una furia omicida proprio nella sua stanza.
Si era imposta di non fissarlo un secondo di più, anche se, con la coda dell’occhio, non poté fare a meno di notare che il ragazzo, dopo essersi chinato davanti al cassetto dell’unico grande armadio della stanza, si era messo a rovistare selvaggiamente tra i vestiti. Sembrava un cane che dissotterra un osso, mentre lanciava per aria felpe e magliette, le quali, dopo un breve volo, ricadevano  nell’humus di oggetti che si era creato ai loro piedi.  
Shadow le lanciò un’occhiata eloquente. Era piuttosto facile indovinare cosa, o meglio chi, fosse la causa del disordine, là dentro.
La ragazza notò, infatti, che il letto sul quale erano seduti lei e Shadow era perfettamente in ordine: le lenzuola rifatte, il cuscino sprimacciato, il comodino del tutto sgombro, ad eccezione di un bicchiere d’acqua e di un paio di occhiali, mentre l’altro era da crisi isterica.
Angie si voltò verso il suo proprietario, sentendo la familiare rabbia tornare a montarle dentro, ed era già pronta a dirgliene quattro quando si accorse con orrore che il ragazzo, voltato di spalle, si stava cambiando davanti a loro.
Angie avrebbe potuto giurarci, sul fatto che lo stesse facendo apposta per metterla a disagio. E quando l’asciugamano, sistemato alla bell’è meglio sui fianchi, si slacciò e finì ai suoi piedi, rivelando ciò che stava coprendo, la ragazza sentì il sangue affluirle al cervello. Se per la rabbia o per la vergogna, non avrebbe saputo dirlo.
«Avanti!» intervenne Shadow, sereno, notando che Angie, color peperone, si stava coprendo gli occhi con le mani.  «Adesso state insieme, non devi sentirti in imbarazzo per una situazione del genere!»
Quelle parole, seguite dal risolino sommesso di Night, furono la goccia che fece traboccare il vaso.
«NOI NON STIAMO INSIEME!» tuonò Angie, livida di rabbia. «Almeno, non veramente! Se solo quell’idiota non mi avesse dato letteralmente la zappa sui piedi…»
«Era un rastrello.»
«…non sarebbe successo niente!» concluse lei, ignorandolo.
«E ti ricordi perché ci è stata data quella punizione?» replicò lui, mentre si abbottonava i jeans, continuando a darle le spalle.
Senza aspettare risposta da Angie, si voltò, incrociando le braccia nude al petto. «Perché tu, razza di cretina, mi hai preso a calci nel corridoio…»
«Perché tu mi avevi dato un pugno a lezione!»
«Perché prima tu…»
«BASTA!»
La voce di Shadow li zittì, ma non impedì ai due di continuare a lanciarsi occhiate di fuoco.
«Finitela» continuò, serio in volto. «È solo colpa di entrambi se quando siete insieme non riuscite a comportarvi civilmente.»
Dopo una breve pausa, domandò: «E così… non state insieme veramente, ehh
Angie lo fissò, sorpresa. Il suo tono di voce era diverso, così come la sua espressione: un sorriso furbetto gli era comparso sul volto e gli occhi, d’un tratto colmi di curiosità, vagavano insaziabili da lei a Night, pregandoli silenziosamente di dire qualcosa in più.
Ecco il lato di Shadow che Kia non sopporta, pensò la ragazza.
«Per ora no» rispose Night, con un sorriso malizioso.
Angie scattò in piedi, furiosa. Era davvero troppo.
Prese a piene mani un mucchio di vestiti dal pavimento e li scagliò in faccia a Night con tutta la forza che aveva nelle braccia. Notò con sottile soddisfazione che il ragazzo si portava di scatto le mani al volto: dopotutto, forse sul pavimento non c’era solo inutile stoffa.
«Noi non stiamo insieme. Né adesso, NÉ MAI!» gli urlò rabbiosa, prima di uscire dalla stanza sbattendo la porta e recarsi in camera sua a passo di carica.
 
«Angie! Dove…»
A Beth la voce morì in gola, notando l’espressione truce che la ragazza le rivolse dopo aver varcato la soglia.
«Dov’ero? Da Night» si limitò a dire lei, brusca.
Dopo aver attraversato la stanza a grandi passi, si lasciò cadere sul letto. «Non è andata molto bene» borbottò poi, sospirando.
«Vi abbiamo sentito, temo» mormorai, prima di gridare, tentando malamente di imitare l’accento irlandese di Angie:  «NÉ ADESSO! NÉ MAI!»
Vidi che la mia – sebbene pessima – imitazione aveva suscitato l’effetto sperato: l’espressione corrucciata sul volto di Angie si distese e la ragazza scoppiò a ridere fragorosamente, prima di bloccarsi di colpo.
«Che c’è?» chiese Arianna, alzando gli occhi dal libro che stava leggendo.
«Avete sentito tutto?» domandò Angie, le guance leggermente purpuree, e notai che stava fissando me.
Quando le rivolsi un’occhiata interrogativa, lei distolse in fretta lo sguardo.
«Solo le grida del tuo litigio con Night» intervenne Beth, scrollando le spalle.
«Con Night? Bene.»
La ragazza bionda tirò un sospiro di sollievo, ma notai che continuava ad evitare il mio sguardo e la cosa non mi piacque. Sperai si trattasse solo di una mia impressione.
«Cioè, in realtà non va bene per niente!» esclamò poi, ridacchiando. In un attimo sembrava tornata quella di sempre. «Vi rendete conto di cosa ha combinato..?»
A metà del suo racconto sullo spogliarello di Night, sia io che Beth avevamo le lacrime agli occhi dal ridere. Mi accorsi che anche Arianna, che ci teneva a mantenere sempre un profilo austero e impassibile, stava ridacchiando sommessamente, coperta dalle pagine del suo romanzo rosa.
«Ah, ragazze» fece poi, scostando il libro per dare un’occhiata al suo orologio da polso. «Siamo in ritardo per la cena.»
 
****
 
Il giorno dopo la scuola fremeva dall’eccitazione per la partita, che si sarebbe tenuta a metà pomeriggio, troncando a metà l’orario delle lezioni pomeridiane. Con nostro grande dispiacere.
Non si parlava d’altro, nei dormitori, in mensa, nelle classi e persino nei gabinetti. L’unico argomento di conversazione, oggetto anche di numerose scommesse, era quella fantomatica partita di basket, l’incontro più importante dell’anno per la nostra scuola, in quanto si sarebbe giocata le qualificazioni per le nazionali dell’anno dopo.
Personalmente, non avevo mai sentito nominare la scuola dalla quale proveniva la squadra avversaria ma, come mi raccontò Annie nei bagni, quando la incontrai quella mattina, era nota per essere una delle migliori di tutta la contea.
«E noi saremo in grado di batterla?» le avevo chiesto, colpita.
«Noi abbiamo Lucas Smith: abbiamo già vinto, Kia» aveva risposto lei, con ovvietà.
Come Annie, quasi tutti gli studenti della scuola contavano su Lucas per la vittoria: dopotutto era il ragazzo più talentuoso dell’istituto e persino io, che sapevo a malapena cosa fosse il basket, mi ero accorta di quanto fosse dotato, le rare volte che accompagnavo Arianna a vedere i suoi allenamenti.
Spesso mi domandavo come la mia amica reagisse di fronte a tutta la popolarità che aveva il ragazzo che ormai chiaramente l’aveva puntata, chiedendomi se l’avrei mai colta a disagio o imbarazzata da quella situazione, ma non era mai successo.
Arianna, con mia sconfinata ammirazione, manteneva sempre un certo aplomb e non dava peso alla notorietà che subiva di riflesso, comparendo sempre più spesso al fianco di Lucas: essendo già stata una ragazza popolare nella sua precedente scuola, doveva esserci abituata e forse, anche se non lo dava a vedere, le piaceva stare sotto i riflettori.
Durante l’ultima ora di lezioni di quel giorno, in cui il professor Anderson ci stava spiegando con non tropo successo le rivoluzioni inglesi del Seicento, bussarono alla porta.
Io avevo appena ricevuto un bigliettino da Beth, in cui la mia amica mi comunicava con una certa serietà che avrebbe fatto un giro di telefonate per scoprire se il professor Anderson fosse suo parente o meno e, quando il professore in questione aprì la porta, dovetti trattenermi dal non scoppiare a ridere.
«Vedo che Oliver Cromwell ti sta appassionando molto» mi canzonò Angie, voltandosi verso di me mentre ci alzavamo in piedi per salutare il nuovo arrivato.
La nuova arrivata, realizzai, vedendo che una donna era appena apparsa sulla soglia. Non era troppo alta, dai capelli a caschetto tinti di biondo e, a giudicare dalle numerose rughe che solcavano il suo volto, doveva essere sulla cinquantina. Dietro un paio di occhiali rossi, dalla montatura spessa e fuori moda, aveva due occhi scuri, tanto che non distinsi l’iride dalla pupilla, severi ma gentili. Se si trattava di una professoressa, non l’avevo mai vista prima d’ora.
Inoltre, non mi sfuggì la rapida ma omicida occhiata che si scambiarono lei e Night.
«Buongiorno professore» disse e sobbalzai. Conoscevo quella voce! L’avevo identificata come quella della preside, quando avevo origliato una sua conversazione, diverso tempo prima.
Il professor Anderson fugò ogni mio dubbio, quando disse, rivolgendosi a noi: «Ragazzi, la preside è qui per farvi un annuncio.»
I battiti del mio cuore accelerarono, mentre spostavo lo sguardo sulla persona che pensavo di aver sentito parlare con la preside, quello stesso pomeriggio d’autunno: il suo volto era impassibile, e mi chiesi se stesse solo fingendo. Cercavo di non pensare mai a quell’episodio, perché altrimenti sarebbe stata dura trattenersi dall’inscenare un interrogatorio, e mi dissi che prima o poi me l’avrebbe confessato di sua spontanea volontà. O almeno così speravo.
Stropicciando il bigliettino che avevo ricevuto, mi rimisi a sedere come gli altri, mentre la preside iniziava a parlarci con voce stanca.
«Siete tutti pregati di ascoltare, anche se, per chi frequenta questa scuola già da tempo, non sarà certo una novità...»
Un sottile brusio iniziò a diffondersi fra i banchi ed io guardai le mie amiche con aria interrogativa.
«Dovete sapere che tutti gli anni, a Dicembre, il liceo di Saint Elizabeth organizza un ballo d’Inverno, per salutare i suoi studenti prima delle vacanze natalizie. Quest’anno abbiamo deciso di darvi un margine di libertà: ogni ragazzo sarà libero di invitare due persone a testa che non siano necessariamente alunni di questo istituto.» disse e fece una pausa d’effetto, sorridendo leggermente quando diversi ragazzi esultarono.
«Abbiamo deciso di fare le cose in grande, come piace a noi. Fatelo sapere ai vostri amici per tempo: il ballo si terrà il venti e nei prossimi giorni vi verranno date ulteriori informazioni. Grazie per l’attenzione.»
Dopo che la preside ebbe lasciato la classe, in classe scoppiò l’anarchia.
I ragazzi gridarono ed esultarono, alzandosi in piedi con euforia, senza che il professor Anderson peraltro li richiamasse. L’uomo si limitò a sedersi alla cattedra, sconsolato: doveva aver capito che la storia, per quel giorno, avrebbe dovuto aspettare.
Dal canto mio, rimasi seduta al mio posto, ma con la testa ero da tutt’altra parte. Un ballo? Un ballo d’Inverno? Ero assolutamente elettrizzata all’idea. E poter invitare anche i propri amici era davvero il massimo… io e Beth ci scambiammo uno sguardo d’intesa e sorridemmo.
I miei migliori amici mi mancavano da impazzire e andare ad un ballo tutti insieme sarebbe stato grandioso!
Già sognavo il rinfresco, le musiche, e già ridevo per quando avrei visto Leo in abito da sera, quando il mio sguardo incrociò per un attimo quello di Shadow, accanto a me, e tornai bruscamente alla realtà.
Mi morsi il labbro. Non avevo fatto i conti con un piccolo particolare: se si fosse presentato anche lui, come avrebbe reagito Shadow?
Dopo come mi ero comportata la sera della festa, senza alcun chiarimento da parte mia…
Avevo lo stomaco in subbuglio, mentre riflettevo e con la coda dell’occhio osservavo il suo profilo. Lo vidi punzecchiare la spalla di Night con la punta della penna e, dopo che quello si fu voltato, perplesso, scoppiare a ridere come un bambino. Si passò una mano tra i folti capelli scuri e, tra me e, presi una decisione.
Dovevo dirglielo.
 
Quel pomeriggio, dopo aver pranzato, decidemmo di rintanarci tatticamente in camera in attesa dell’incontro, l’unico posto dove potevamo trovare un po’ di pace.
«Dio! Non parlano d’altro che di questa partita» brontolò Beth e non potei che essere più d’accordo.
Angie, sdraiata sul letto, non poteva sentirci perché aveva la musica talmente alta nelle cuffie che potevamo udirla chiaramente anche noi, ma annuì all’affermazione di Beth per pura solidarietà.
Arianna non era con noi: dopo pranzo era salita nei dormitori a prendere la sua uniforme ed era scomparsa, liquidando ogni spiegazione dicendo che “c’era bisogno di lei tra le cheerleader”. Qualcosa mi diceva che non l’avremmo più vista fino alla fine della partita.
Quando iniziammo a udire dei tramestii in corridoio e Beth, dopo essersi affacciata alla porta, ci informò che i ragazzi stavano iniziando a scendere al piano di sotto, lasciammo la camera per unirci alla massa di studenti esultante.
L’atrio era quasi del tutto irriconoscibile, quando vi arrivammo, tanto era gremito di persone: sembrava che l’intera scuola si fosse riunita lì e probabilmente era davvero così.
C’era un chiacchiericcio talmente fitto che per parlare fummo costrette a gridare, nonostante fossimo a neanche un metro di distanza le une dalle altre.
«E ora che si fa?» urlai, cercando di sovrastare l’incessante brusio.
Angie scrollò le spalle. «Seguiamo il gregge!» spiegò con aria pratica, indicandoci il corridoio diretto al campo all’aperto, punto in cui gli studenti sembravano affluire.
Ci accodammo agli altri ragazzi, ma nella folla persi di vista sia Angie che Beth. Non potendo guardarmi intorno, poiché avevo persone che mi spintonavano da ogni lato, proseguii in avanti e sperai di potermi ricongiungere alle ragazze una volta uscita all’aperto.
Fu proprio così: all’ingresso del campetto mi aspettavano Angie e Beth, una d’un tratto nervosa, l’altra tutta sorridente.
«Temevamo di averti persa!» fece Beth, sollevata. «Abbiamo appena incrociato Shadow e Night, stanno per entrare in campo» mi disse, facendo una pausa significativa quando pronunciò il nome del ragazzo che avevo ferito. Capii che, tra le righe, mi stava chiedendo come mi sentivo al riguardo.
«Bene!» dissi, strizzandole l’occhio. «Significa che la partita sta per iniziare. Forza, sbrighiamoci!»
Le diedi un rapido abbraccio, prima di dirigerci tutte e tre verso le tribune.
Angie non aveva ancora spiccicato parola e mi chiesi se c’entrasse qualcosa l’incontro che avevano avuto poco prima, quand’ero ancora persa nella mandria di ragazzi.
Salimmo sugli spalti, alla ricerca di tre posti liberi. Non era facile, perché i ragazzi cercavano di accaparrarsi i migliori e la maggior parte delle sedie era già stata occupata, ma Beth, davanti a noi, individuò in un attimo una fila quasi del tutto libera, in una buona posizione, centrale e piuttosto rialzata.
«Venite!» disse, indicandoci i posti accanto al suo.
Angie ed io la affiancammo e finalmente potei dare una scorsa al campo davanti a me: era davvero un’ottima postazione! Avevamo avuto proprio un colpo di fortuna e stavo per comunicarlo alle mie amiche quando, voltandomi, ebbi un tuffo al cuore: Angie era a capo chino, avvolta in un silenzio che non era proprio da lei.
Quell’aria insolita mi preoccupava, così le diedi un colpetto sulla spalla, senza farmi notare da Beth.
«Abbiamo davvero un’ottima visuale, da qui!» stava dicendo lei che, al contrario della bionda, era completamente su di giri.
Angie nel frattempo si era voltata verso di me e, ad un mio cenno, indietreggiò con la schiena fino a vedermi completamente; io feci lo stesso, mentre Beth continuava a chiacchierare allegramente.
«Ehi, ma quelli sono i ragazzi dell’altra squadra!»
«Angie!» bisbigliai, avvicinandomi a lei dietro la schiena di Beth. «Perché sei così giù? Se…»
«Non ho niente che non va» tagliò corto lei, ma il suo sguardo diceva altro. Non era mai stata particolarmente brava a fingere.
«Wow… siamo davvero così sicuri di vincere?» continuò la mora.
«Guarda che se hai dei problemi con Night, a me puoi…»
«Niente» sibilò lei e tornò di scatto al fianco di Beth.
«In effetti sono alti il doppio dei nostri!» commentò poi, dandole di gomito, come se nulla fosse.
Per niente rassicurata e un poco infastidita dalla sua risposta, evitai di guardarla e, lo sguardo dritto davanti a me, cercai di concentrarmi sulla partita.
Le due squadre, la nostra in rosso, quella avversaria in blu, si fronteggiavano ai lati del campo.
Beth in effetti non aveva tutti i torti: i ragazzi dell’altra scuola erano delle pertiche, alti il doppio dei nostri giocatori, anche se non altrettanto massicci. Inoltre le loro espressioni non erano delle più amichevoli e improvvisamente fui contenta di trovarmi lì, al sicuro sulle tribune.
Tra i nostri, notai spostando lo sguardo, spiccava Lucas, con la maglia rossa della squadra che metteva in risalto i suoi muscoli scolpiti. Quando salutò il pubblico con un sorriso entusiasta e sicuro di sé, le ragazze impazzirono e i nostri timpani implorarono pietà.
Riconobbi tra i membri della nostra squadra anche Night e Shadow, un po’ in disparte, che stavano parlando fitto fitto tra loro, e beccai Angie a fissarli, con il labbro che le tremava impercettibilmente. Inarcai un sopracciglio, ma evitai di commentare.
«Guardate!» esclamò Beth. «C’è Arianna!»
Angie ed io seguimmo il suo sguardo. Ad un cenno dell’allenatrice, la professoressa Cooper, le cheerleader stavano entrando in campo, tra gli applausi e qualche fischio d’ammirazione del pubblico. Con la loro divisa bianca e rossa tutte facevano davvero la loro figura, ma notai con una certa soddisfazione che Ari, bellissima e flessuosa, era in testa al gruppo e stava spiegando gli ultimi dettagli della coreografia alle altre, al centro del capannello creatosi.
Sorrisi tra me e me: c’era poco da fare, se Arianna si impegnava riusciva in tutto, tranne forse nell’essere allegra.
«È già diventata il capo» commentò Angie, scuotendo la testa divertita.
Beth si stava guardando intorno. «Quello stupido…» borbottò. «Non è da nessuna parte!»
«Chi?» chiesi.
«John!» rispose ed io la guardai sorpresa. Da quando tutto quell’interessamento?
«Che ti aspettavi da quell’asociale?» mormorò Angie, stringendo le braccia al petto.
«Che si comportasse come tutti gli altri» mugugnò l’altra.
Sforzandomi di ignorarle, decisi di concentrarmi unicamente sul numero delle cheerleader.
 
Lucas osservò un momento i suoi avversari, che lo fissavano con aria di sfida, avendo riconosciuto in lui il playmaker, ma non si lasciò scalfire dai loro sguardi minacciosi.
Salutò la sua scuola sulle tribune con un cenno e, incoraggiato dal boato che esplose dagli spalti, seguito da uno scroscio di applausi, si ringalluzzì e si rivolse alla squadra.
«Cerchiamo di dare il massimo d’accordo?» gridò, osservando i suoi ragazzi uno per uno.
«E tu, Shadow… via quella faccia da funerale e cerca di impegnarti» aggiunse, vedendo che il  moro non sembrava del tutto a suo agio e se ne stava in disparte, imbronciato.
«E tu vedi di concentrarti sugli avversari e non sulla gonna della Riv...» fece lui a mezza voce, ma Night gli rifilò un calcio nello stinco e lo zittì, impedendo a Lucas di capire la fine della frase.
«Cioè… vedrò di giocare bene» farfugliò, massaggiandosi la gamba.
Lucas gli sorrise, quindi richiamò i ragazzi intorno a sé e illustrò loro nuovamente la linea d’attacco.
Nutriva grandi speranze per Adam, quindici anni e folti capelli rossi, che era entrato in squadra solo quell’anno e si era rivelato fin da subito un vero fuoriclasse. In quella partita, infatti, avrebbe fatto da numero due.
Dopo aver augurato a tutti buona fortuna, Lucas sciolse l’assembramento e la squadra si avvicinò compatta a bordo campo.
Le cheerleader si stavano esibendo proprio in quel momento. I giocatori cercarono di rimanere indifferenti ai loro movimenti, ma non fu cosa da poco.
Lucas cercava di non fissare Arianna troppo a lungo, concentrandosi sulla squadra avversaria, sulle tribune gremite di persone, su qualsiasi cosa non fosse la gonnellina a pieghe della ragazza che si sollevava pericolosamente ad ogni suo passo. Perché lo sguardo continuava a cadergli proprio lì?
«Gonnellina al Vento non è più un soprannome adatto solo per la Stevens, decisamente...» mormorò Night accanto a lui, colpito anch’esso dalle movenze della ragazza.
«Che dici?» domandò Shadow, che invece stava osservando le tribune.
«Avvicinati un po’, che ti stai perdendo lo spettacolo
Lucas osservava rapito la ragazza, la sua lunga coda di cavallo che ondeggiava a destra e sinistra mentre danzava, la sua figura sottile come un giunco che si piegava e saltava apparentemente senza sforzo, sollevata dalle altre cheerleader della squadra un attimo prima che cadesse a terra, sotto gli occhi affascinati del pubblico.
Mentre le ragazze si disponevano a formare una piramide umana, di cui Arianna doveva essere la punta, Lucas notò con una punta di fastidio che anche Adam sembrava particolarmente interessato alla ragazza, o forse solo al suo fondoschiena, dato che continuava a fissarlo senza neanche troppa discrezione.
Il ragazzo fece finta di nulla, ma non gli sfuggirono le occhiate fameliche del rosso e dentro di sé iniziò a ribollire di rabbia: non voleva che lui la guardasse in quel modo, con quello sguardo con cui sembrava violarla senza neppure sfiorarla. Era terribilmente sbagliato.
Dopo che Arianna fu giunta in cima alla piramide, si lasciò cadere in avanti, compiendo una avvitamento in aria mozzafiato, alla fine del quale atterrò in piedi, con un movimento aggraziato, sancendo la fine dell’esibizione.
Il pubblico si alzò in piedi, applaudendo ed esultando a gran voce, ma Lucas era così inquieto che non si godette quell’ultima straordinaria mossa acrobatica.
Non aveva occhi che per Adam, a sua volta rapito dal culo di Arianna, e la sua stima verso di lui era ormai pari a zero: peccato fosse ormai troppo tardi per relegare quel bastardo in panchina, perché se lo sarebbe meritato.
Mentre le cheerleader, dopo un inchino, si apprestavano a lasciare il campo, Arianna rivolse un cenno di saluto a Lucas. Il biondo, salutandola a sua volta, notò Adam  dirigersi furtivamente dietro di lei e, incapace di staccargli  gli occhi di dosso, lo vide allungare una mano e palparle il fondoschiena.
I giocatori della squadra lo fissarono ammutoliti, mentre Arianna, pietrificata, si faceva dello stesso colore vermiglio della loro uniforme.
«Razza d’infame!» gridò, voltandosi di scatto verso di lui e alzando una mano per schiaffeggiarlo, ma il pugno di Lucas fu più veloce: colpì Adam in pieno volto e lo spedì a terra.
Nel campo calò di botto il silenzio. Le cheerleader ed i giocatori di entrambe le squadre rimasero a bocca aperta e sembrò che persino il pubblico, sulle tribune, avesse trattenuto il fiato.
Adam rimase immobile a terra, il volto sanguinante e, in quel momento in cui il tempo sembrava essersi fermato, gli sguardi di Lucas e Arianna si incrociarono: lui le rivolse un sorriso sghembo e la ragazza, inaspettatamente, arrossì ancora di più.
 
 
 
 
 
  
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