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Autore: fearless13k    01/12/2013    1 recensioni
*Dal terzo capitolo*
-No! Non mi liquiderai così in fretta! Qual è il problema, eh? Sono le mie scarpe? È il mio cognome? Non è quello che determina la personalità di una persona!- continuai a dire ad alta voce, in modo che mi potesse sentire, nonostante il presunto sordismo (sì, continuerò ad utilizzare questa parola!) e i tre metri che ci separavano a causa delle mie scarpe da riccona. Accidenti di nuovo a loro! Stronze.
Liam si fermò in mezzo al corridoio e si girò, visibilmente incazzato. Come si permetteva di incazzarsi? LUI? Io ero appena stata definita Superficiale! Io mi sarei dovuta incazzare!
-Il problema non sono le scarpe, non è il cognome. Non sono queste cose in sé per sé, sono queste cose per quello che rappresentano, ovvero una persona ricca, che disprezza quelli che non sono come lei e se non li disprezza, li considera meno di zero e io non voglio che succeda a me.-
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Liam Payne, Niall Horan, Nuovo personaggio
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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6. A lovely surprise

 
Adesso affrontare la settimana sarebbe stata un pacchia, con la certezza che Liam mi avrebbe chiamata pur di non avermi più fra i piedi a lavoro. Non so se fosse un a cosa positiva, insomma aveva ceduto a quella che da parte mia era stata davvero una minaccia. Non era affatto nel mio stile minacciare i ragazzi per poterci uscire, di  solito dovevo convincerli a fare il contrario invece!
Questa faccenda si preannunciava come la mia più complicata e insolita faccenda amorosa ed ero follemente curiosa di vedere come sarebbe andata a finire. Meglio se non fosse finita, a pensarci bene.
Mandai un messaggio a Bess per informarla di come erano andate le cose, ma non mi aspettavo che rispondesse tanto presto, considerato che era con Jack.
Mi concessi dunque un giro al parco, prima di rientrare nella mia casa desolata.
Certo, era stupendo avere una villa così grande non lontano dal centro chic di Philadelphia, ma il fatto di doverci abitare praticamente da sola era piuttosto deprimente.
Mia madre e mio padre avevano divorziato quando ero molto piccola, non me ne ero neanche resa conto al momento. Un giorno mio padre era in salotto sulla poltrona a leggere il giornale e il giorno dopo non c’era più. Forse gli ho anche detto addio, ma non ne ho memoria. . . tra l’altro in questi dieci e passa anni trascorsi dal loro divorzio, io e mio padre ci siamo visti quattro volte a dir troppo.
Mio fratello non viveva con noi da molto tempo ormai. Mi mancava tantissimo.
E mancava tanto anche a mia madre che nonostante tutto, nonostante il mare di emozioni che provava, si impegnava a non far trasparire nulla. La donna di ghiaccio la chiamavano i giornali e i recensori della sua galleria d’arte. Perché era questo il lavoro che teneva mia mamma lontana da casa almeno quattro giorni a settimana se non di più. Aveva una famosa galleria d’arte nel quartiere più in di Philadelphia e viaggiava spesso per andare in giro per il mondo a scovare nuovi artisti e nuove opere d’arte assurde. Alcune erano veramente brutte, lo ammetto, ma altre erano la fine del mondo e non potevo non invidiare mia madre per quei suoi innumerevoli viaggi.
 
Guardai le papere che sguazzavano felici nel lago artificiale, i bambini che andavano in altalena (vedete? Non li odio tutti, i bambini!) e infine, dopo aver stazionato su una panchina al freddo al fine di assorbire quei pochi raggi di sole appena usciti in cielo, mi diressi alla mia volvo e me ne tornai a casa. Ero piuttosto nostalgica a quel punto. Tutto mi ricordava vagamente la mia infanzia non del tutto felice e la solitudine che mi aspettava a casa.
 
Martedì mattina non era la peggiore della settimana, per fortuna il lunedì era già passato e il sabato si faceva sempre più vicino! Insomma, la vita faceva già meno schifo rispetto al lunedì ed io ero piena di brio, tanto da farmi altamente i cazzi miei durante la lezione di Biologia della terza ora, continuando a rimirarmi nello specchietto che tenevo accuratamente nascosto dentro al mio astuccio.
Era un’arma segreta che mi era stata più volte utile negli ultimi anni di scuola.
Il bello della mia prof di Biologia era che mi adorava. Letteralmente. Non avevo bisogno di spaccarmi la schiena più di tanto, perché fortunatamente detestava interrogare e quindi ci faceva dei periodici test scritti, nei quali più scrivevi più alto era il voto e non so quali fossero gli altri parametri, visto che in classe mia c’erano due ragazze asiatiche con voti decisamente più alti dei miei in tutte le altre materie, tranne che  in Biologia, dove riuscivo sempre a prendere più di loro. Una piccola soddisfazione personale.
Avevo la convinzione di essere simpatica alla prof Mary Murges per un fattore del tutto differente dalla mia intelligenza e dalle mie capacità scolastiche.
Quando ero al primo anno, giravano varie voci sulla prof di Biologia pazza, che era stata cacciata dalla NASA per un incidente con dello smalto e che se ti mettevi un tailleur nero con camicia bianca, orecchini pendenti e smalto rosso per l’interrogazione, ti metteva una A- assicurata, se avevi anche i capelli in ordine, la A diventava permanente. E così era successo a me, che per non saper né scrivere né leggere (è un detto, io so scrivere e leggere, non fraintendetemi) avevo deciso di seguire le istruzioni delle voci di corridoio e in mezzo alla strage di F della prima interrogazione, spiccai con una bella A-.
Alla facciaccia di quelle che a vedermi in tailleur mi avevano preso in giro. BENE, stronze!
Certo, poi mi ero beccata un’ammonizione disciplinare per non aver indossato la divisa, ma intanto avevo una A in Biologia assicurata per tutto il liceo!
Insomma, le lezioni di Mary Murges erano l’ultimo dei miei problemi al momento, per cui, quando iniziò a vibrarmi il cellulare nella tasca del blazer, non mi feci tanti scrupoli nel chiedere di uscire per “andare al bagno”.
-Chi caz. . .spiterina è che mi chiama al cellulare durante la mattina? Non lo sai che ho diciassette anni e vado a scuola?!- esclamai, rispondendo alla chiamata dal bagno delle ragazze, che stranamente era deserto.
-No, effettivamente non lo sapevo, io ne ho diciotto.- disse la voce maschile all’altro capo del telefono.
O cazzo. Non poteva essere. Rimasi in silenzio a guardare con gli occhi strabuzzati il display del cellulare.
Numero sconosciuto. Non poteva essere.
-Potrei sapere con chi parlo?- domandai, con quanta più calma potessi. Era difficile rimanere con i nervi saldi, quando all’altro capo del telefono c’era il libraio più sexy di tutta Philly!
-Sono Liam Payne, l’impiegato modello di WHS- mi informò Liam con la sua voce profonda e monotòno.
Riuscii a stento a trattenere una risatina isterica, ma non riuscii ad evitare il saltello euforico che la accompagnava di solito.
-Oh, ciao.- risposi nervosa , - Anche se hai diciotto anni, non dovresti essere a scuola pure tu?- gli domandai nuovamente, sorridendo fra me e me immaginandomi un fichissimo Liam Payne con la divisa, che passeggiava per il cortile della sua scuola.
-Sono a scuola, infatti, ma ho un’ora di buco e ho pensato di levarmi il dente il più in fretta possibile.- fu la risposta.
Mi ero infilata nel bagno più vicino e visto che non c’era nessuno, mi misi a mio agio, guardandomi tranquillamente allo specchio sopra il lavandino. Ci fu un breve silenzio, dopo che Liam ebbe parlato. Uno di quei silenzi assurdi, tipici del Libraio. Stavo iniziando a stufarmi di quei silenzi. Prima o poi glielo avrei fatto presente.
-Non è tanto carino che tu mi paragoni ad un dente dolorante e che paragoni la nostra uscita ad un appuntamento dal dentista.- dissi, un po’ contrariata. Nessuno mi aveva mai paragonata a cose tanto sgradevoli e c’ero rimasta male.
-Non era fra le regole l’essere gentili, mi sbaglio?- mi fece notare, con una punta di acidità nella voce.
All’improvviso, mi venne in mente che molto probabilmente Liam non frequentava affatto una scuola privata e la fantasia sullo scolaretto sexy sfumò dalla mia mente.
-È la prima regola di chiunque, caro Liam Payne.- risposi prontamente.
“Bene! Prendi questo strike, Libraio dei miei stivali. Continua a fare lo stronzetto, vedrai come ti tratto io!” pensai, infastidita dal suo atteggiamento indisponente. Non mi andava giù quell’aria strafottente che Liam aveva nei miei confronti.
-Touché. Dunque, a quando il nostro rendévouz?- mi disse, eclissando il mio appunto sulle buone maniere.
Stetti un attimo in silenzio, ripassando i miei impegni settimanali, ma Liam travisò quella pausa, -Vuol dire “appuntamento” in francese.- mi fece presente. Che stronzetto.
-Guarda che lo so, frequento il terzo anno del corso di Francese, impari come flirtare alla fine del primo, ma chérie- ribattei, visto che mi dava sui nervi mi considerasse molto più tonta di quanto non fossi veramente.
-Stavo pensando a quando ho tempo libero: ho gli allenamenti di lacrosse il lunedì e il venerdì, il club del giornalismo il giovedì, ma per il resto sono libera!- conclusi, iniziando ad arricciarmi una ciocca intorno all’indice.
-Io lavoro il lunedì, mercoledì e venerdì, più il sabato. Mi sa che non si può proprio fare.- disse, con finto rammarico nella voce.
-Attento, Liam Payne, ci passi davvero da stronzo a rispondere così!- cantilenai, - E comunque, la riunione di giornalismo dura soltanto un’ora. Sarò libera dalle cinque. Tutta a tua disposizione!- gli dissi con soddisfazione, adesso non poteva più scaricarmi. Bene, stronzetto. Chi è più stronzetto adesso? Devo smettere di dire stronzetto.
-Allora è andata. Dove ci troviamo?- continuò, senza fare un commento che fosse uno sull’insulto che gli avevo rivolto. Sorrisi soddisfatta ed eccitata: la nostra uscita si avvicinava sempre di più!
-Direi che potremmo incontrarci al parco vicino al centro commerciale, hai presente dove c’è la statua di Ben Franklin?- proposi, visto che era il luogo più neutro che mi fosse venuto in mente e considerato anche che adoravo passeggiare e la vista dalla collina su cui era situato il parco era magnifica.
-Ho presente. Ci troviamo lì alle cinque e mezza, così hai il tempo di arrivare da scuola.- concluse lui e me lo immaginai mentre annuiva e stringeva le labbra. Ancora non l’avevo visto neanche una volta sorridere, ma sapevo che sarebbe stato straordinario.
Ci fu l’ennesimo supersilenzio. Possibile che non passasse nessuno a fare schiamazzi né nel bagno delle ragazze né nel luogo in cui si trovava adesso Liam? Assurdo.
-Allora a giovedì.- disse poi, rompendo il fantomatico silenzio.
-A giovedì, Liam Payne.- risposi, annuendo a me stessa nello specchio, lanciandomi uno sguardo molto intenso che, pensai, avrei dovuto riciclare per Liam il giorno dell’appuntamento.
-Okay.- aggiunse nuovamente e me lo immaginai ancora mentre storceva la bocca nella cosa più simile ad un sorriso che potessi ideare.
-Okay.
Chiusi la chiamata e mentre tornavo in classe digitai in fretta un messaggio a Bess, che aveva lezione di Algebra al momento. “Mister Impassibile ha chiamato durante l’ora di Bio, ci siamo accordati per giovedì. Evita di pedinarci. S.”

 
Hello everybody!
Finalmente il nuovo capitolo, spero che vi piaccia e che vi soddisfi almeno per adesso.
Mi è stato fatto notare che i capitoli erano troppo corti e così
ho tentato di rimpinzare questo più che potevo,
Spero di essere riuscita a migliorare un po'.
E che i personaggi e lo sviluppo che sta prendendo la storia
vi piacciano :)
commentati e mettete fra i preferiti,
grazie a quelle che già lo fanno :)
un bacione grande,

LA
 



"Non lo sai che ho diciassette anni e vado a scuola?!"

 
  
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