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Autore: _Becky    01/12/2013    1 recensioni
Tutto ciò che chiedeva era solo tranquillità, serenità e magari qualcosa di bello dalla vita.
Perché Giulia, dalla vita, non aveva mai ricevuto niente di bello e dopo undici anni di continui spostamenti fra i vari ospedali d’Italia, tutto ciò che chiedeva era solo quello.
Non ne poteva più di sale d’attesa, risonanze magnetiche, esami su esami, infermiere, dottori, letti e stanze bianche asettiche d’ospedale e di tutti i reparti che aveva ormai imparato a memoria.
Varie patologie si alternavano nel suo corpo, quasi volessero prendersi gioco di lei, facendola impazzire.
E mai e poi mai, Giulia avrebbe immaginato che per un incontro-scontro avrebbe trovato qualcuno a cui di queste patologie, non importava niente.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Tutto ciò che chiedeva era solo tranquillità, serenità e magari qualcosa di bello dalla vita.
Perché Giulia, dalla vita, non aveva mai ricevuto niente di bello e dopo undici anni di continui spostamenti fra i vari ospedali d’Italia, tutto ciò che chiedeva era solo quello.
Non ne poteva più di sale d’attesa, risonanze magnetiche, esami su esami, infermiere, dottori, letti e stanze bianche asettiche d’ospedale e di tutti i reparti che aveva ormai imparato a memoria.
Varie  patologie si alternavano nel suo corpo, quasi volessero prendersi gioco di lei, facendola impazzire.
“Ci vorrebbe un percorso psicologico”, le aveva consigliato il dottore dopo l’ennesima visita per l’ennesima patologia.
Giulia l’aveva guardato ma non aveva risposto, poi, una volta fuori da quell’edificio che somigliava più ad una grande impresa, aveva detto il suo pensiero ai genitori: “Io non ho bisogno di uno psicologo! Non sono pazza!”, ma solo col senno di poi si era accorta di quanto potesse essere importante aver intrapreso un percorso del genere, considerate le continue crisi appunto psicologiche, con conseguenti flashback di quand’era solo una bambina e veniva spietatamente presa in giro, fino al punto di non voler più frequentare la scuola, elementare d’altronde.

“Cazzo” sbottò, una volta arrivata al portone del suo palazzo.
“Cos’è successo?” le chiese l’amica, Emily, affiancata da Camilla.
L’unico obiettivo di quel pomeriggio era fare una passeggiata in centro e bere una cioccolata calda, chiacchierando delle ultime novità che il piccolo paese poteva offrire.
“Ho scordato gli occhiali da sole sopra.”
“Credevo cosa fosse successo! Che t’importa?!”
“Col cazzo!” rispose, irritata da se stessa. “Sono senza trucco, sembro un buldozer.”
“La devi smettere Giulia! Come fai a non truccarti e poi a voler necessariamente indossare gli occhiali da sole anche se ci sono dei nuvoloni e la pioggia?”
“Perché non mi piace il trucco. Non ci sto bene, ma non voglio farmi vedere in giro come un mostro.”
Le amiche sbuffarono, con lei era una battaglia persa in partenza. Dopo i soliti ‘sei bellissima con tutti i tuoi problemi patologici’ , (quali la vitiligine che le occupava quasi tutto il corpo) si erano arrese, perché lei rispondeva male e non le ascoltava nemmeno.
Salì velocemente le scale, tirò fuori le chiavi e aprì la porta, corse nella sua cameretta afferrando i ray ban e poi ripetendo le operazioni, scese di nuovo dalle amiche.
“Ecco fatto.” Sorrise. “Visto?Tanto casino per niente!”
E sorridendo, inforcò gli occhiali dai vetri scuri e dalla montatura dorata, ovali.
Uscirono dal piccolo vicolo e si avviarono per raggiungere la piazza. Entrarono subito nel loro bar preferito e dopo essersi sedute, chiamarono la barista e ordinarono i loro cappuccini e cioccolata calda.
“Come va con Andrea?” domandò a Camilla.
La bionda sorrise, uno di quei sorrisi ebeti e rispose: “Alla grande.”
Giulia alzò le sopracciglia.
“Smettila con quell’espressione da ebete.” Disse disgustata, assaporando la sua cioccolata.
“Giulia!” la ammonì Emily.
“Che c’è?” si difese.
“Cosa c’è di male nell’espressione di Camilla?”
“E’ sdolcinata al massimo, bleah.”
“Avrai pure tu quest’espressione quando t’innamorerai o quando ti piacerà semplicemente qualcuno!” parlò di nuovo Camilla.
“Si, si..Fra cinque-sei anni..Forse mai.”
Emily sbuffò. “Giulia, hai diciotto anni, quando hai intenzione di metter su qualcosa di serio con qualche ragazzo? Non sei mai stata con nessuno, è ora!”
“Quando troverò un ragazzo come dico io.”
“Dai, illuminaci. Come deve essere?” borbottò Camilla.
Giulia posò la tazza sul tavolino tenendola però fra le mani per riscaldarsi e finse di pensarci.
“Dev’essere biondo e con gli occhi azzurri. Dolce, romantico, tranquillo. Queste cose rispecchiano il mio uomo ideale.”
“Ho trovato la soluzione allora” si animò Emily.
“Cioè?” ridacchiò Camilla, capendo a volo l’amica.
“Fai la richiesta all’asl, Giulia.”
Camilla rise, seguita da Emily, invece Giulia le guardò e fece una specie di smorfia, alzando gli occhiali e mettendoli fra i capelli.
“Ah-ah-ah.” Rise sarcastica.
Riprese a bere la cioccolata e come le sue amiche, si voltò quando entrò un gruppo di ragazzi, facendo un baccano enorme e portandosi al bancone.
La ragazza sbuffò. Già di per sè era un casino e stare in mezzo ad altro casino non le faceva bene.
I ragazzi appena entrati si spintonavano scherzosamente e dicevano parole che davanti alle ragazze nessuno dovrebbe dire, come se loro non ci fossero. Li guardò sbigottita ed ebbe la voglia di urlargli “Qua ci sono delle ragazze, sapete?” , ma fu bloccata da uno sguardo eloquente delle amiche.
Alzò gli occhi verso il soffitto azzurro del bar e si promise di starsene tranquilla.
I ragazzi di prima andarono a sedersi al tavolo in fondo al bar, mentre uno di quelli che aveva fatto più casino, rimase li.
Giulia bevve un altro po’ di cioccolata calda sovrappensiero, senza raffreddarla prima un poco con le labbra e si ritrovò con la lingua scottata. Si alzò di scatto sotto lo sguardo scettico delle sue migliori amiche e corse al bancone.
“Un bicchiere d’acqua” disse frettolosamente, con voce che non era realmente da sua, causata dalla scottatura.
La barista annuì e dopo averle riempito il bicchiere d’acqua portò contemporaneamente un bicchierino di qualche cocktail al ragazzo accanto, che da quando si era avvicinata al bancone, non aveva smessa di scrutarla.
Giulia prese il bicchiere, restando attenta a tenere le maniche della maglia che le coprissero le mani, senza lasciar trasparire le chiazze bianche e cercò di girarsi per tornare al suo posto, ma il ragazzo le passò vicino e le diede una spallata, facendo rovesciare l’acqua sulla maglia e i pantaloni della ragazza.
Giulia aprì la bocca ad O e vide lo sguardo sorpreso delle amiche un po’ più in la, mentre gli amici di quello che stava sorridendo beffardo davanti a lei non stavano guardando, forse abituati alle sciocchezze che combinava.
“Ma che fai, stronzo? Mi hai fatta bagnare tutta!”
Il ragazzo le sorrise malizioso e lei capì subito il doppio senso, ma era troppo arrabbiata per poterlo insultare anche per quello.
“Scusa, non ti avevo vista.” Rispose beffardo quest’ultimo.
“Non mi avevi vista? Ero al tuo fianco, cretino! Almenochè tu non sia cieco ad un occhio mi hai vista!” urlò.
L’espressione del ragazzo cambiò radicalmente, trasformandosi in una seria.
“Io sono cieco ad un occhio.”
Abbassò lo sguardo e Giulia volle morire.
“Oh,io..”
Lo sguardo del ragazzo si spostò alle sue labbra, si avvicinò di un passo e alzò la mano, toccando con il pollice l’angolo della bocca semi dischiusa della ragazza.
In un’altra situazione Giulia lo avrebbe scostato malamente e preso a parole, ma non poteva, dopo quella confessione, dopo quella figuraccia che le aveva fatto desiderare di sparire.
Sussultò leggermente quando il pollice di quel ragazzo sconosciuto premette leggermente, spostandosi sul labbro inferiore, poi lo tolse.
“Avevi della cioccolata” le sorrise e lei ricambiò.
“G-grazie..” balbettò incerta.
L’espressione del ragazzo cambiò nuovamente in una beffarda e Giulia si trovò a domandarsi se oltre ad essere mezzo cieco, quel ragazzo fosse anche mezzo pazzo.
“Comunque stavo scherzando” prese a parlare con sbruffonaggine e a sghignazzare. “I miei occhi funzionano benissimo” e si lasciò andare ad una risata.
Giulia fu per un attimo colpita da quella risata così bella, poi ricompose le parole che quel ragazzo le aveva detto venti secondi prima.
Aprì la bocca, boccheggiante e siccome di parole non ne aveva, gli tirò il bicchiere di plastica che ancora reggeva nelle mani, con ancora un quarto d’acqua dentro, addosso. Non si curò nemmeno di informare le sue amiche, ma a grandi passi si diresse fuori da quel bar ancora boccheggiante e si calò di nuovo gli occhiali da sole, accorgendosi solo in quel momento che tutto il tempo era stata senza. Ma che importa, pensò poi, tanto quel tipo era castano, sia di occhi che capelli, ed era pure un bugiardo, galletto e stronzo. Niente che faceva per lei.
Mentre camminava, senza sapere da che parte andava effettivamente, sentì qualcuno afferrarle un braccio, facendola girare. Si ritrovò davanti quelle iridi castane che poco prima le avevano mentito. Fece per girarsi e andarsene di nuovo, ma il ragazzo la fermò nuovamente.
“Aspetta!” le disse, facendola rigirare.
Giulia sbuffò e incrociò le braccia al petto.
“Che.cosa.vuoi?” scandì le parole con rabbia.
“Stavo scherzando prima.”
“L’ho capito.” Rispose acida.
“E quindi perché sei arrabbiata? L’acqua l’hai versata anche tu addosso a me alla fine, siamo pari.” Disse il ragazzo indicandole i pantaloni beige ormai bagnati.
“Perché non si scherza così, okay? Non ci si burla di una patologia che potrebbe avere chiunque. Non ci si burla di una cosa solo per scherzare e fare il figo!”
“Ma io non volevo offendere colore ch-”
“Beh, l’hai fatto. E se lo hai fatto è perché non sai cosa si prova ad essere presi in giro, anche inconsapevolmente. Non sai cosa si prova, non sai niente, sfigato!” gli urlò contro e liberandosi della sua stretta corse via, con le lacrime che iniziarono a sgorgarle lungo il viso.
 
I walk a lonely road,
The only one that I have ever know,
Don’t know where it goes,
But it’s home to me and I walk alone
 
No, lui non lo sapeva. Nessuno che non avesse problemi poteva saperlo. Nessuno poteva sapere che per aver subito le prese in giro di quando era piccola, per esempio: sembri una biancheria, sei tutta bianca. Oppure: Ma hai la pelle del serpente? Sembra che ce ne hai due! Ahaha , oppure ancora sembri il ringo, sfigata, le era rimasta un trauma ed ogni due per tre cadeva in un periodo buio, apatico, senza emozioni, con il buio a farla compagnia, insieme a quella sua patologia che anche se insignificante in confronto ad altre perché solo estetica, le aveva rovinato la vita.
 
I walk this empty street
On the boulevard of broken dreams,
Where the city sleep and I walk alone.
 
Il cellulare squillò e lei sbuffando rispose. Le amiche le domandarono dove si fosse cacciata e lei, passandosi una mano fra i capelli si guardò intorno spaesata per un momento, poi le disse il posto esatto in cui si trovava e queste la raggiunsero subito dopo.
 
My shadow’s the only one that walks beside me,
My shallow’s heart the only thing that’s beating.
 
Quando tornarono a casa, Giulia si cambiò con una tuta e si legò i capelli castani in una coda scombinata, poi si sdraiò sul letto con le cuffiette alle orecchie e la sua canzone preferita: Boulevard of broken dreams dei Green Day.
 
Sometimes I wish someone out there will find me,
‘till then I walk alone.
 
La canzone s’interruppe all’improvviso, senza un apparente motivo, così Giulia prese il cellulare e controllò il display: un nuovo sms.
 
Sono sotto casa tua, scendi.  Il ragazzo di oggi.
 
Il cuore di Giulia si fermò per un istante. Cosa voleva? Chi gli aveva dato numero e indirizzo? Era uno stalker?
Al posto di lasciar perdere, rispose all’sms:
 
Cosa vuoi? ..Non ci metto nulla a chiamare la polizia.
 
Premette il tasto d’invio e togliendo le tende, si affacciò alla finestra. Il suo vialetto era pieno di auto e gente che correva a destra e a manca, non ci sarebbe stato pericolo.
Un auto blu scura, una range rover che non aveva mai visto, era fermata un po’ più in la e un ragazzo – quel ragazzo- era appoggiato allo sportello e si guardava intorno con aria spaesata, dopodiché guardò il cellulare e iniziò a digitare qualcosa sui tasti, probabilmente in risposta al suo sms.
Notò che si era cambiato, ora portava un jeans a vita bassa ma non troppo, un maglione verde scuro e le scarpe del medesimo colore e non mancavano, con sua sorpresa, gli occhiali da sole, ray ban quadrate.
Il cellulare trillò di nuovo.
 
Non sono uno stalker, tigre! Le tue amiche mi hanno dato numero e indirizzo. Voglio solo chiarire.
 
Giulia si trovò a maledire le sue due migliori amiche, chiedendosi cosa le fosse saltato in mente.
Nonostante le imprecazioni contro le due ragazze, la risposta all’sms fu un’altra: ora scendo.
Il tempo di indossare le sue pantofole rosa colorate col pelo e scese, chiudendosi il portone del palazzo alle spalle e avviandosi verso quel ragazzo.
Quando gli arrivò di fronte, il ragazzo sorrise incerto e lei gli restituì un’espressione disgustata.
“Ti funzionava l’altr’ occhio per arrivare in questo vialetto stretto?” chiese sarcastica.
Il ragazzo sfilò davanti all’auto e andò a sedersi sulla panchina vicino; Giulia restò dov’era e il ragazzo ne approfittò per guardarla meglio: tuta e pantofole, struccata e mal pettinata. Un po’ stronza, il 90% da salvare, qualsiasi cosa l’avesse portata ad arrivare a battersi con giustizia per uno scherzo di cattivo gusto, era sicuramente perché anche lei aveva vissuto qualche brutta situazione, forse simile, e solo quando spostò lo sguardo sulle sue mani capì il perché, Però, quanto aveva aspettato quel tipo di ragazza!
Giulia fece di nuovo una smorfia, stanca di essere guardata e lo raggiunse sulla panchina.
“Su, dimmi cosa vuoi.” Lo esortò.
“Te l’ho detto, voglio solo chiarire. Innanzitutto ti chiedo scusa per l’acqua, anche se so che non è quello il motivo della tua incazzatura. L’ho fatto per attirare la tua attenzione, la prima cosa che ho notato quando sono entrato nel bar sei stata tu e i tuoi continui sbuffi per il casino che stavamo facendo. Volevo conoscerti, sapere il tuo nome e mi è uscita quest’idea, stupida, devo ammettere. Per l’altro scherzo, beh, mi sento uno stupido. Non volevo davvero offendere nessuno, ma siccome sono un cretino cronico che ha la testa per dividere le orecchie, inconsapevolmente l’ho fatto, facendo star male anche qualcun altro…” e le lanciò uno sguardo per farle capire che era di lei che parlava. “Io mi scuso di nuovo e prometto che non scherzerò mai più su cose del genere, ho capito che può far star male chi in situazioni simili ci è capitato. E..mi sento un coglione perché se i miei amici fossero qui a sentirmi mi prenderebbero in giro per il resto dei miei giorni, perché non sono mai stato così carino con nessuno e non sono mai arrivato ad andare sotto casa di una ragazza. Vabbè, lascia stare i miei ultimi farneticamenti.”
Giulia restò a bocca aperta e fissò incredula il ragazzo. Non era più sicura che fosse quello del pomeriggio. Anche prima, quando aveva notato che il ragazzo stava osservando le chiazze sulle mani, si era meravigliata perché non l’aveva guardata con disgusto, come la maggior parte delle persone, ma come una persona normalissima.
Annuì. “Scuse accettate.”
Il ragazzo sorrise.
“Penso che siamo partiti con il piede sbagliato. Se vuoi possiamo ricominciare.”
Giulia annuì ancora, emozionata quasi.
“Piacere, io sono Andrea.”
Andrea le tese la mano e lei la strinse e sentì che le guance le andavano a fuoco.
“Piacere mio, io sono Giulia.”
“Ciao Giulia, ti va di uscire domani sera?”
Giulia rimase ancora una volta sorpresa, era il primo ragazzo che le chiedeva di uscire e non la guardava con disgusto.
Vedendo il suo sguardo, Andrea si affrettò a precisare. “M’interessi davvero.”
Allora Giulia sorrise e vaffanculo se non era biondo, con gli occhi azzurri, tranquillo, romantico (su questo c’era ancora da discutere!), a lei piaceva.
“Con piacere, Andrea.” gli rispose.
Si guardarono e scoppiarono a ridere, poi si diedero appuntamento per l’indomani alle 21:00 e si salutarono.
Quando chiuse il portone del palazzo dietro di sé, Giulia sospirò felice.
Forse ora poteva capire l’espressione ebete di Camilla, quella che in quel momento sfoggiava anche lei.
 
 
Sometimes I wish someone out there will find me,
‘till then I walk alone.
 

E dall’indomani in poi, partendo dalle 21:01 Giulia sentì che non avrebbe camminato mai più da sola.
  
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