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Autore: Flam92    01/12/2013    3 recensioni

- Anja –
Tre anni prima . . .
Basta, me ne vado, sono arrivata al limite della sopportazione . . . È questo che ho ottenuto per essermi sacrificata all’inverosimile?! Il fatto che tra meno di un decennio sarò morta e sepolta, la donna che mi ha dato la vita mi ha insultato in ogni lingua conosciuta e non, e che devo lasciare tutto e tutti per andare oltreoceano?
- Loki –
Un anno prima . . .
In una cella, di nuovo!! Maledizione, odio stare qui dentro, mi manca l’aria, non posso muovermi . . . almeno mi hanno levato quel dannato bavaglio. Uff . . . che cosa dovrei fare per i prossimi due secoli? No, se non esco prima di qui finisce che divento pazzo sul serio.
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Loki, Nuovo personaggio, Tony Stark/Iron Man, Un po' tutti
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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CAPITOLO 15: "La storia di Loki, parte 2 : Problemi all'orizzonte"

 
- Loki –
         - Mi svegliai di soprassalto nell’udire un fioco rimbombo tra le pareti della grotta; scattai immediatamente sulla difensiva, un pugnale stretto in mano. Ad un mio cenno il piccolo falò si spense, lasciandomi nel buio più totale. Silenziosamente scesi dal masso su cui ero seduto e mi mossi circospetto mentre cercavo un nascondiglio. Della causa di quel rumore, però, non c’era alcuna traccia, o così sembrava. Era stato un momento, e poi più nulla, solo silenzio intorno a me.
         Raccolsi in fretta le mie cose e mi resi invisibile con un incantesimo, ben sapendo che dall’oscurità delle viscere della terra può uscire qualunque creatura… e alcune sono davvero poco piacevoli da incontrare.
Nascosto nell’ombra di una colonna di pietra, rimasi in attesa; fu questione di qualche minuto, credo, prima che quel rumore che mi aveva destato si rifacesse vivo, solo che ora la sua eco mi giungeva meno smorzata. Sembravano passi cadenzati, marziali quasi e alla fine, da un’imboccatura secondaria tra quel mare di cunicoli, apparve una schiera di Nani, i corpi deformi e muscolosi coperti di semplici pelli e cuoio illuminati da piccole lanterne, che spargevano nel buio una debole luce giallastra.
         Non erano Nani qualunque, di questo ero certo; infatti notai che ciascuno di loro portava al collo un medaglione con un simbolo piuttosto peculiare: un’ascia incrociata ad una spada, circondate da una catena. Nani Armaioli, realizzai subito dopo: carica, questa, che li poneva direttamente sui gradini più alti della rigida gerarchia di Afvaldr. Il che volgeva proprio a mio favore.
         Li osservai mentre studiavano i glifi sulle pareti che io già avevo esaminato; borbottarono qualcosa tra loro e quindi si avviarono per un altro dei cunicoli che si dipartivano dalla grotta. Sempre attento a non farmi scoprire, gli tenni dietro: dopotutto, si sa, non c’è guida migliore di un Nano se si vuole esplorare le gallerie sotterranee del Nidavellir… e uscirne vivi.
         Popolo curioso, quello dei Nani: sono in grado di manipolare qualunque sostanza, renderla indistruttibile ma allo stesso tempo leggera come seta. Non possiedono capacità magiche di alcun tipo, ma sono gli unici a saper costruire gli artefatti che permettono ai maghi di canalizzare il Seidr; conoscono il modo di incantare alcune pietre particolari in modo tale che rispondano alla magia, o che forniscano protezione contro di essa. Infine, sono tanto degli ottimi gioiellieri quanto eccellenti costruttori di armi, e quando combattono sono dotati di una tenacia spietata e pervicace nell’uccidere chiunque considerino un nemico.
 
         Fu una marcia estenuante, quella cui mi sottoposi: man mano che ci avvicinavamo al cuore delle montagne la temperatura continuava a salire, segno inequivocabile che le fucine erano sempre più prossime a noi.
         Le gallerie si susseguivano una dopo l’altra, tutte uguali; avevano pareti lisce come vetro, ma di un colore scuro e indefinito che rifletteva in modo assai sinistro la fioca luce delle lanterne. Non si vedevano pilastri di sostegno per le volte, e nemmeno puntelli, ma nonostante ciò quelle gallerie e quei cunicoli avevano una forma impossibilmente circolare,  pressoché perfetta,senza crepe né incrinature. Un lavoro mirabile, indubbiamente, che testimoniava la grande padronanza dei Nani delle loro arti. Di tanto in tanto sulle pareti comparivano rune o strani glifi, che interpretai, probabilmente a ragione, come dei segnali per orientarsi in quel labirinto sotterraneo.
Nessuno si accorse di me che li seguivo, e stavo bene attento a non eccedere nell’uso della magia, sia per non stancarmi più del dovuto, sia per continuare a passare inosservato.
         In una delle rare soste che quei Nani si concessero, sempre nascosto nelle ombre che permeavano quelle gallerie, ebbi modo di osservare più da vicino alcune incisioni sulla parete alle mie spalle: a differenza delle altre che avevo visto lungo il tragitto, queste sembravano raccontare una storia.
Narravano dell’alba dei tempi, quando i Novi Mondi, e Yggdrasil stesso, erano ancora giovani; vidi raffigurata sulla roccia la storia della stella del Destino, di come ruppe il suo cuore per donarne un frammento a ciascun mondo… e qui la mia attenzione venne catturata da un  particolare che non compariva in nessuna delle fonti da cui mi ero documentato: sembrava che una delle Gemme, solamente una, si fosse divisa spontaneamente in due cristalli gemelli, aventi in comune solamente la parte inferiore.
         Ero ansioso di saperne di più, ma in quel punto i glifi erano troppo rovinati per poter essere leggibili, come se qualcuno li avesse scalpellati via per nascondere la parte più importante della storia.
Feci per avanzare, mantenendo l’incantesimo che mi permetteva di non essere visto, e quasi mi feci scoprire, poiché inciampai su un cumulo di piccozze che caddero con un gran fragore. Rimasi immobile dov’ero, senza fiatare, finchè i Nani non smisero di guardarsi attorno accigliati mentre borbottavano frasi sconnesse tra loro. Quindi riprendemmo la marcia.
 
         Anche in questo caso persi del tutto la cognizione del tempo e cominciavo ad avere seri problemi con gli spazi chiusi e ristretti di quelle gallerie scavate a misura di Nano, il che mi aveva costretto a procedere quasi sempre chino in avanti.
         La situazione migliorò leggermente quando arrivammo alle fucine: a parte il calore insopportabile, il cunicolo che stavamo percorrendo si aprì finalmente in un’enorme caverna di cui era impossibile scorgere la cima, sia per la volta incredibilmente alta, sia per la spessa coltre di fumo nerastro che si alzava incessantemente dai crogioli ricolmi di metallo fuso. Si sentiva il tonfo continuo dei martelli sulle incudini, lo sfrigolio del metallo rovente raffreddato nell’acqua, il vociare ininterrotto degli armaioli al lavoro, lo sbuffo sibilante degli enormi mantici per mantenere vive le fiamme delle gigantesche fornaci.
         Era uno spettacolo non indifferente, quello che avevo davanti agli occhi, con i fiumi di metallo incandescente che scorrevano un po’ ovunque; tuttavia fu ben altro ad attirare davvero la mia attenzione. Notai infatti che in quell’immenso spazio circolare sembrava esserci un punto separato da tutto il resto: non che ci fossero confini fisici di sorta, ma tutta quella zona pareva troppo tranquilla e silenziosa rispetto al fermento che pervadeva tutta la caverna. In più, solo determinati Nani sembravano averne accesso, e ognuno di loro portava il simbolo degli Armaioli attorno al collo.
         Questo fatto assolutamente non trascurabile mi portò a sospettare che, con un inaspettato colpo di fortuna, la mia ricerca potesse dirsi quasi conclusa.
         Ovviamente, nulla poteva essere più lontano dalla verità, ma questo, all’epoca, ancora non lo sapevo. Il Fato ha sempre avuto una singolare… predilezione per me e per mandare a monte i miei piani.
         Comunque, mi avvicinai di soppiatto alla zona incriminata, per così dire, e mi accorsi immediatamente che qualcosa non andava: infatti lì attorno era stata eretta una potente barriera magica, che impediva l’ingresso a chiunque, a meno che non portasse proprio quel simbolo distintivo.
         Se fossi stato un mago non molto potente o poco esperto, sarebbe bastato un nonnulla per farmi scoprire e magari finire vaporizzato dalla magia della barriera stessa. Invece, essendo già allora uno dei maghi più potenti dell’universo  -e queste non sono mere vanterie, ma dati di fatto- fu particolarmente facile aprirmi un piccolo varco, tramutarmi in serpente e passare inosservato all’interno di quella zona proibita ai più.
         Passai per l’ennesimo cunicolo, tutto curve e svolte, e infine giunsi in una piccola grotta… Ciò che vidi davanti ai miei occhi fu uno spettacolo incomparabile e di rara bellezza, circonfuso da un potere puro come mai se n’era visto…. –
 
- Thor –
         Mentre il fratello parla, il Dio del Tuono non riesce a distogliere lo sguardo dal viso affilato e elegante del minore, in particolare da quegli occhi impossibilmente verdi e luminosi che sembrano brillare di divertimento, ma anche di… malinconia, forse? Non gli pare tanto strano che Loki possa sentire la mancanza della libertà di spostarsi e muoversi a suo piacimento, esattamente come faceva durante la loro giovinezza.
         Spesso spariva interi mesi, quando tornava era ridotto uno straccio, pieni di lividi e tagli, ancora più magro ed emaciato di quanto non fosse normalmente, e persino più cupo e taciturno del solito. Non ne parlava mai con nessuno, anzi, si chiudeva nella sua stanza e non ne riemergeva che per mangiare o per andare a consultare testi su testi nella Biblioteca di Palazzo, sordo ai richiami e incurante di tutto, persino della preoccupazione di Frigga.
         Thor non l’aveva mai sentito lamentarsi di tutte le ferite e i patimenti subiti, né era mai riuscito ad estorcergli più di qualche parola in merito, prima che Loki lo sbattesse fuori dalla sua stanza senza tanti complimenti e con una mancanza di finezza davvero preoccupante, tratto, questo, più tipico di Thor che non del moro.
         Gli torna in mente, come un fulmine a ciel sereno, un episodio in particolare, uno di quelli che mai potrebbe dimenticare, in quanto coincidente con uno dei più eclatanti – e terribili- scoppi d’ira di Padre Odino. Scoppio d’ira talmente violento da aver quasi raso al suolo l’intera sala del trono. Solo l’intervento provvidenziale di Frigga aveva scongiurato il peggio.
         Loki era appena tornato da uno dei suoi innumerevoli viaggi, dopo essere sparito nottetempo senza dire alcunché ad anima viva, come suo solito.
         Dopo tre mesi di assenza, se non di più, era rientrato di soppiatto, o almeno, questo era quello che avrebbe voluto, perché era riapparso, più morto che vivo, di fianco ad uno dei bracieri del portico del giardino, che aveva trascinato con sé nella sua rumorosa caduta. Fortunatamente per lui, Thor stava ritornando nelle sue stanze e il resto del Palazzo era profondamente addormentato.
         Trovarsi davanti il fratello, più somigliante ad un cadavere, ad essere onesti, lo aveva riempito sia di sollievo sia di preoccupazione. Aveva notato che stringeva a sé quella che pareva un’alabarda, alta quanto lui, con una incredibile e luminosa gemma blu in cima. Quell’oggetto, ricorda di aver pensato, era di sicuro opera dei Nani.
Cercando di essere il più delicato possibile aveva sollevato Loki e lo aveva portato nei loro appartamenti; all’epoca, infatti, andavano ancora abbastanza d’accordo da vivere assieme, solo le stanze erano separate.
C’era voluta quasi una settimana perché Loki si riprendesse abbastanza da poter stare seduto e mangiare qualche boccone, e altrettanto tempo perché riuscisse a stare in piedi e muoversi senza l’aiuto di qualcuno. In quelle due settimane non aveva aperto bocca, né aveva accettato la presenza di altri che non fossero Frigga. Avevano sempre avuto un rapporto stretto, loro due, quasi privilegiato.
Qualche giorno dopo Odino aveva convocato il fratello; tutti avevano subito pensato che fosse per qualcosa di grave, dal momento che né a Frigga né a Thor era stato permesso di assistervi, per esplicito ordine dello stesso Re. Ma le urla ferine del Padre degli Dèi si erano sentite ovunque e avevano paralizzato l’intero Palazzo, quel giorno. E le proteste furiose e veementi di Loki, di solito calmo e compassato, non erano state da meno. Dopo quella lite furibonda i rapporti tra i due si erano deteriorati rapidamente e Odino aveva sbattuto Loki in cella per interi mesi.
Da quel preciso momento suo fratello aveva perso la sua libertà.
         E anche adesso, mentre lo ascolta raccontare una parte della sua storia di cui non era a conoscenza, Thor sente di ammirare Loki come lo aveva ammirato allora. Non sono in molti a poter dire di aver conosciuto la furia di Odino ed esserne usciti pressoché indenni, meno ancora quelli che sono entrati e usciti dalle carceri senza aver perso un briciolo della propria dignità. Sembra quasi un paradosso, quest’ultimo pensiero… ma Loki è davvero l’unico che ha sempre conservato tutto il suo orgoglio e alle umiliazioni che tentavano di infliggergli ha sempre risposto con la sua lingua tagliente, piuttosto che ammettere le sue debolezze… e forse nessuno di noi, anche dopo quel fatto, gli ha mai mostrato il rispetto che meritava e merita… io per primo non l’ho fatto, eppure grazie al suo acume ci ha cavati d’impiccio non poche volte.
         E una delicata e fragile dama di Midgard si è accorta di tutto questo molto prima di tutti noi, constata con amarezza, riportando quindi la sua attenzione su Loki e la sua storia.
 
- Loki –
         - Ciò che vidi davanti ai miei occhi fu uno spettacolo incomparabile e di rara bellezza, circonfuso da un potere puro come mai se n’era visto…
Al centro della caverna svettava un’alta pedana circolare di pietra nera, sospesa nel vuoto più assoluto: per raggiungerla c’era solo uno stretto ponte di roccia sottile come vetro. Nel mezzo della pedana, poi, si ergeva maestosa una colonna, anch’essa di pietra, lavorata ed istoriata con una maestria e una bravura senza pari. Tuttavia, ciò che davvero mi lasciò sbalordito fu la gemma collocata in cima alla colonna: era immensa, di un meraviglioso colore blu scuro, quasi nero, circondata da un’aura di potere, potere puro come mai ne avevo percepito in vita mia. Sembrava avere vita propria, quella gemma, di certo era qualcosa di unico… Mi avvicinai quasi in uno stato trance all’inizio del ponte di roccia, per meglio ammirare quella meraviglia.
         Fui molto sorpreso, quando mi accorsi che quella gemma non era un blocco unico, come la distanza e l’alone di potere che la circondavano facevano credere, bensì presentava due tronconi gemelli, tenuti uniti solamente dalla base del cristallo stesso.
Ben presto mi convinsi di aver effettivamente trovato la Gemma di Svartàlfheim… e del Nidavellir, considerando la particolare affinità che sembrava, come ora, legare questi due territori.
         Non potendo resistere al richiamo ipnotico della magia della Gemma -la mia natura curiosa e assestata di sapere me lo impediva-  mi avventurai sullo stretto ponte di roccia; la potenza della barriera magica che sperimentai sulla mia propria pelle fu così immensa e devastante da piegarmi in ginocchio, sicché fui costretto ad avanzare carponi e a testa china, i palmi delle mani sanguinanti e le dita martoriate a causa della roccia tagliente e, mai l’avrei detto, tanto calda da essere ustionante.
         Alla fine riuscii ad arrivare in prossimità della colonna, la Gemma sospesa sopra di essa che fluttuava invitante. Istintivamente allungai una mano, quasi per prenderla, e accadde qualcosa che mai avrei potuto prevedere: parte della sua aura si contrasse e cominciò a vorticare; venne verso di me, un turbine blu che si avvolse attorno alla mia mano tesa. Non avevo pronunciato nulla, nemmeno una sillaba, eppure pareva che la Gemma avesse agito di propria volontà. Credo che mi avesse riconosciuto come mago, come anche che fossi degno di avere un suo frammento per me.
         Tuttavia, questo fatto straordinario aveva sollevato più problemi di quanti ne avesse effettivamente risolti: in primo luogo, lo scompenso di energia magica che avevo avvertito si era senza dubbio propagato ovunque, e altrettanto certamente qualche mago tra gli Elfi Neri lo aveva notato… il che voleva dire che ormai sapevano della presenza di un mago molto potente. In secondo luogo, non avrei potuto reclamare ciò che era mi di diritto perché mi ero introdotto di soppiatto nel loro regno, al pari di una spia e di un traditore.
         Per dirla in parole povere: non potevo portare via la pietra senza un adeguato supporto, fabbricabile solo dai Nani; avevo con ogni probabilità una taglia sulla mia testa e uno squadrone di Elfi Neri e Nani alle calcagna… e naturalmente, ora che ero stato scoperto, non potevo certo scomparire e ritornare ad Asgard. Sarebbe stato alquanto comico, e particolarmente complicato, spiegare ad Odino che cosa facessi sulla soglia di casa con un frammento di una Gemma dei Mondi e un esercito di Nani ed Elfi guerrieri alle costole.
         Molto saggiamente decisi quindi di ritornare alla forma di serpente e di nascondermi prima che qualcuno mi vedesse lì dov’ero.
Strisciai via dalla caverna della pietra, sempre badando a restare nei punti più bui, e maledicendo la mia avventatezza nell’essermi avvicinato ad una fonte di magia tanto potente senza pensare a quali avrebbero potuto essere le conseguenze.
         Ritornai nella zona delle fucine, individuai di nuovo i Nani che avevo pedinato sino a quel punto e li seguii nuovamente, sperando che mi conducessero fuori da quelle dannate gallerie.
 
         La risalita fu molto più veloce; man mano che ci allontanavamo dalla zona delle fucine stavo sempre meglio… il caldo torrido è sempre stato mio nemico, mentre il freddo non mi turba affatto.
Ad ogni modo, dopo qualche giorno di marcia serrata, in cui riuscii a malapena a ingurgitare qualcosa per tenermi in forze, arrivammo finalmente all’uscita di quelle maledette miniere e fucine sotterranee.
Rimasi davvero sorpreso nel constatare che avevamo, di fatto, attraversato tutta una catena montuosa passandoci  sotto, piuttosto che aggirarla o inerpicarci per quei sentieri maledettamente ripidi. Se non avessi avuto quell’insperato colpo di fortuna, probabilmente starei ancora vagando sotto quelle montagne.
         Seminare le mie “guide” non fu affatto facile, soprattutto perché i Nani hanno sensi eccellenti, difficili da ingannare; tuttavia alla fine ci riuscii, e mi allontanai abbastanza dall’uscita delle gallerie da poter rischiare di assumere di nuovo la mia forma.
Avevo per le mani una scoperta di proporzioni inaudite… che non potevo in alcun modo usare. Era questo su cui riflettevo con amarezza, nascosto in una specie di recinto di rocce addossato alla parete ripida del monte alle mi spalle. L’unica soluzione applicabile era introdursi di soppiatto nello Svartàlfheim, arrivare alla corte di Afvaldr, mostrarmi per ciò che ero e costringere il re a ordinare ai suoi sottoposti di farmi avere ciò che era mio di diritto. Quasi risi di me per la stupidità del piano… pur non avendo, di fatto, altre alternative. Prima che potessi formulare nuove ipotesi per cavarmi d’impiccio, il sonno mi colse e crollai addormentato.
 
         Alla fine la fortuna mi aveva arriso, almeno in parte.
Infatti, dopo circa una settimana passata ad arrovellarmi nel mio nascondiglio, scorsi una carovana che procedeva, sfidando il vento e le frequenti tempeste di sabbia, a forse un paio di miglia dal punto in cui ero. C’erano Nani Armaioli e mercenari armati fino ai denti, segno inequivocabile che ciò che scortavano nel carro coperto fosse destinato alla corte di Afvaldr.
Così quella notte, col favore delle tenebre e sfruttando la mia abilità di muovermi silenziosamente, mi avvicinai al campo che avevano allestito, uccisi un mercenario e presi il suo posto, avendo cura di far sparire il suo cadavere.
         Nessuno si accorse dello scambio di persone per tutta la durata della marcia in mezzo al deserto.
All’alba, se di alba ha senso parlare in un luogo soffocato da un eterno crepuscolo, vidi finalmente il confine tra i due regni e lo stretto passaggio che li metteva in comunicazione. Tale passaggio constava di uno stretto valico scavato nella profonda gola tra due montagne ripide: l’unico segno che lo identificava come opera di un qualche essere vivente erano dei semplici lastroni di pietra che uniformavano lo stretto camminamento, e un architrave di pietra sorretto da due colonne squadrate. A parte le guardie sui due lati della gola che guardavano il passaggio a vista, tutto il resto era brulla roccia scura e natura selvaggia.
         Dopo altri giorni infiniti di spostamenti rapidi, quella dannata sabbia nera e ruvida che si infilava dappertutto per colpa del vento continuo, giungemmo infine alla capitale del regno militare di Afvaldr: la città di Yngvildr, il cui profilo di speroni appuntiti e torri acuminate svettava contro il cielo scuro.
         Ai cancelli della città mi attendeva un’amara sorpresa: due maghi, piuttosto potenti a giudicare dal riverbero della loro aura e dalla forza del loro Seidr, piantonavano la stretta porta che si apriva nelle spesse mura di Yngvildr.
Inutile dire che mi furono addosso come mi videro: evidentemente, la Gemma doveva aver lasciato su di me un traccia magica non indifferente, e lo scompenso provocato dagli avvenimenti nella grotta dove essa era custodita aveva con ogni probabilità avuto un’eco molto maggiore di quanto credessi. Quando sono in gioco forze di tale portata, è difficile persino per la mente più accorta fare previsioni precise delle possibili conseguenze. Io avevo nettamente sottostimato i danni, per così dire.
         Se c’è una cosa che davvero non mi ha sorpreso, in quel momento, è stata la poca delicatezza e la ferocia mai vista di quei maghi: mai mi era capitato di essere atterrato e bloccato così rudemente e con una tale cattiveria. Capii all’istante i motivi per i quali gli Elfi Neri avevano, e hanno tutt’ora, fama di essere particolarmente crudeli sotto ogni aspetto.
         Non avrei rinunciato per alcun motivo al mondo, tuttavia, ad impossessarmi di parte della loro Gemma, perciò decisi di volgere a mio favore quel piccolo… inconveniente.
Prima che inibissero i miei poteri assunsi di nuovo le mie sembianze; fu particolarmente gratificante vedere le loro espressioni basite, nel realizzare chi avevano di fronte. Tra tutti i possibili intrusi, di certo non si aspettavano uno dei principi di Asgard.
Fu così che uno dei due mi apostrofò: “Che cosa vuoi da noi, Asgardiano? Che cosa porta un membro della famiglia reale nella capitale di Afvaldr?”
         “Mi sono trovato costretto a venire nel vostro Regno, dopo che i miei mi hanno bandito per altro tradimento, poiché anche io, come certamente avrete capito, pratico la nobile arte della manipolazione del Seidr.”
         Invero, mi fu davvero facile inventare una storia del genere, che suonava peraltro molto verosimile: è noto ovunque che gli Asgardiani temono la magia sopra ogni altra cosa… ma torniamo a noi.
         “Non hai risposto alla nostra domanda, Asgardiano” fece notare l’altro mago, infastidito.
         “Sono in cerca di vendetta”, fu la mia replica, “Vendetta per chi, temendomi, ha decretato il mio esilio, senza che io avessi fatto nulla per meritarlo. E so per certo che anche voi bramate di pareggiare i conti… dopotutto, non fu forse mio padre ad uccidere il vostro precedente re? Io posso darvi ciò che più desiderate, se mi aiuterete.”
         A quelle parole vidi i volti dei due Elfi brillare di soddisfazione,  pregustando l’idea di dare una sonora lezione alla Città d’Oro; tuttavia quel bagliore sparì in un momento, lasciando di nuovo il posto ad espressioni granitiche e imperturbabili.
         “Vieni con noi, mago” esordì il primo che aveva parlato “Ti porteremo alla corte del re Afvaldr… Lui deciderà se dare o meno ascolto alle tue parole.”
         “Spera di essere convincente” aggiunse l’altro in un sibilo “In caso contrario, sarà per me un immenso piacere tagliarti la testa”.
         “Se posso azzardare una previsione” risposi tranquillo, seguendo l’Elfo che si era avviato su per il pendio dove sorgeva la città, “Non credo che il vostro re rimarrà… deluso, da ciò che intendo proporgli. Sono alquanto certo che entrambe le parti ne ricaveranno notevoli benefici”
Detto questo, mi ripromisi di non proferire più nulla, finchè non fossi stato a tu per tu con Afvald.
         Mi presi del tempo, invece,  per studiare con le dovute cautele e tutta l’attenzione possibile ogni aspetto di quella città, dalla sua planimetria alla disposizione delle truppe di guardia, dalle difese interne alle sue mura: qualunque cosa, qualunque punto debole, dovevo sapere tutto, in modo da poter avere dei piani di riserva e delle vie di fuga assicurate, nel caso gli avvenimenti avessero preso una brutta piega.
         Quello che erano riusciti a fare, sia pure avvalendosi della maestria dei Nani, era davvero incredibile: quella città, scaturita dal nulla, era ben costruita, le fondamenta piantate nella solida roccia, le costruzioni robuste e squadrate per meglio resistere alle violente raffiche di vento che, la notte soprattutto, sferzavano quei territori desolati. L’onnipresente pietra nera –della quale, ad essere onesti, non ho mai capito il nome, ma poco importa-  era il mattone fondamentale per la costruzione di qualunque edificio, anche delle mura stesse. A proposito di queste, non ne ho mai viste di migliori, tranne forse quelle della stessa Asgard. Quindi, pensare anche solo di scalfirle era un azzardo.
         La città era stata edificata sul fianco di una montagna, credo fosse una delle più alte di quel posto maledetto, e la strada maestra che la percorreva per tutta la sua lunghezza si inerpicava sul versante, sempre più ripida man mano che ci avvicinavamo alla cima. Le mie guide procedevano silenziose e spedite, quasi che non si curassero se li stessi seguendo oppure no; tuttavia sapevo che non mi perdevano d’occhio nemmeno per un momento.
         Finalmente arrivammo in cima alla montagna, sperando di non dover muovere un altro passo sui quei maledetti e onnipresenti lastroni scivolosi che rivestivano ogni strada e ogni vicolo di quel dannato posto. Ovviamente, la parte più impervia del percorso cominciava proprio allora.
         In mezzo alle rocce acuminate si apriva infatti uno stretto sentiero lastricato, avvolto da una fredda nebbia scura, cosicchè mi era impossibile scorgerne la fine, o una qualsivoglia sagoma che mi indicasse dov’era il palazzo. Il fatto che questo fosse così isolato comportava non pochi problemi: in primo luogo, una sola via d’accesso significava anche una sola via di fuga; secondariamente, su quello stretto sentiero era impossibile trovare un qualunque nascondiglio per sottrarsi agli inseguitori, in più si era facile bersaglio per un arciere anche non molto esperto, e quelli di Afvaldr dovevano essere indubbiamente molto capaci. Terzo e ultimo punto, il palazzo sorgeva, con molta probabilità, su uno sperone roccioso in mezzo al nulla… il che voleva dire che era impossibile scappare scendendo dal fianco della montagna, a meno di non volerci rimettere tutte le ossa del corpo.
         “Da questa parte, mago”, mi disse uno dei due Elfi, distogliendomi dall’analisi che stavo facendo e al contempo accorgendomi di essere fermi davanti alla soglia del palazzo. Annuii e gli feci cenno di farmi strada, mentre il suo compagno chiudeva la fila.
         “Non fare scherzi, Asgardiano, o te ne pentirai”, soggiunse l’Elfo che mi stava dietro. Alla sua affermazione replicai con un cenno della testa. Credevano davvero che mi sarei compromesso prima arrivare ai miei scopi? Illusi, evidentemente non sapevano con chi avevano a che vedere… o forse tendevano a sottovalutarmi. Ad ogni modo, avevo sempre il vantaggio dell’effetto sorpresa su di loro, bastava solo tenere alta la guardia e un basso profilo. Due comportamenti che avevo fatti miei molti secoli addietro, quand’ero ancora un fanciullo.
         L’interno del palazzo era enorme: soffitti dalle volte altissime, le cui decorazioni arrivavano fino a terra; il mobilio era di fattura squisita, non di legno ma di quelle che parevano, a prima vista, leghe metalliche o qualcosa di simile. Non avevo visto molte foreste, in quel luogo, e le poche che avevo notato erano tutto meno che estese.
Le finestre che si aprivano negli spessi muri erano piccole e lasciavano filtrare solo qualche raggio della debole luce esterna, disegnando ombre grottesche sulle pareti e sul pavimento.
         Le mie guide mi condussero in un dedalo di corridoi, sui quali si affacciavano molte porte scure, tutte chiuse, un silenzio spettrale permeava ogni anfratto di quel luogo, rendendolo ancora meno accogliente di quanto già non fosse.
Ad un tratto si fermarono davanti ad una porta, una delle tante tutte uguali sui due lati del corridoio; uno dei due mi fece cenno di entrare nella stanza, piuttosto disadorna rispetto al resto del palazzo, quindi si congedarono dicendomi: “Renditi presentabile, Asgardiano, tra un’ora esatta torneremo a prenderti. Se il re vorrà conferire con te o meno, lo scoprirai allora. Nel frattempo, ti è proibito lasciare questa stanza”
         La porta si chiuse con uno scatto davanti a me; i miei poteri erano ancora inibiti e non riuscivo a capire che tipo di incantesimo avessero usato, perciò non potevo disfarlo e liberarmi. Optai quindi per la cosa più saggia da fare, ovvero dare retta ai miei carcerieri: avrei fatto un bagno, mi sarei reso presentabile come da richiesta, dopodiché avrei pensato ad un modo per mandare avanti quella farsa in modo credibile, senza perdere di vista il mio scopo ultimo, cioè avere uno scettro con una parte della Gemma tutto per me. Dovevo muovermi con molta, molta cautela, d’ora in avanti. Se c’era una cosa certa, era che Afvaldr non era re di un branco di tagliagole e guerrafondai per caso. Né lo era che lo chiamassero “lo Sterminatore di Popoli”
Una volta messa a punto la mia strategia, mi sedetti sullo scomodo letto e aspettai… -
 
- Anja -
         Riapre gli occhi scatto, sussultando violentemente, come se si fosse appena destata da un incubo. Si guarda attorno spaesata, salvo poi ricordarsi di essere ancora in una base dello S.H.I.E.L.D. in Alaska, bloccata lì per colpa dei Vendicatori, di quel maledetto monocolo, di Loki e di più o meno tutto il mondo, che pare proprio avercela con lei.
         Realizza a malapena di avere una coperta sulle spalle: strano, non ricorda minimamente di averne presa una… a meno che qualcuno, mosso a pietà, non gliela abbia posata addosso. Si stringe con più forza tra le pieghe del tessuto, il freddo ora si fa sentire.
         A proposito di Loki… oh, giusto, è a causa sua che lei ora si trova in questi stato! A quanto sembra, il dio sostiene che lei gli ha mandato una specie di… di cosa? Una richiesta di aiuto criptata?! Un messaggio supersegreto diretto precisamente a lui?! Che assurdità, insomma, cose del genere accadono giusto nei fumetti e nei cartoni animati, no?
         E se invece fosse tutto vero? Riflettici, Anja: quante probabilità c’erano che, tra tutti gli dèi che potevi trovarti in mezzo ai piedi, fosse proprio Loki quello che aveva tutte le risposte?
Ecco, ora ci si mette persino la sua coscienza a fare discorsi astrusi. Esasperata, da cosa non lo sa nemmeno più, se parte dal presupposto che qualcosa  sapeva prima di tutto quell’enorme macello, decide di mettere in pratica il suo personale motto: “Se il corpo fa, la testa non pensa”, ovvero, qualunque cosa è meglio di rimuginare.
         Prende quindi a vagare come un’anima persa per i quattro angoli della base, sempre stretta nella coperta; tuttavia, a nulla valgono i suoi tentativi di concentrare la sua attenzione altrove, perché le parole di Loki continuano a rimbalzare nella sua mente, portando prepotentemente l’attenzione su di loro, esattamente come fa chi le ha pronunciate.
         Con un sospiro si abbandona sulla prima superficie disponibile, che il caso ha voluto essere una sedia in quella che, probabilmente, è la sala mensa.
Si prende la testa tra le mani e fissa il proprio riflesso distorto, che il piano d’acciaio del tavolo le rimanda.
         Questa non sono più io… da quando è arrivato Loki tutte le mie certezze sono andate in pezzi. Con tutti quelli tra cui potevo scegliere, proprio per uno del genere dovevo prendermi una sbandata?
Ma non è solo una sbandata, dolcezza, è la risposta piccata della sua parte più istintiva, quella cui si è appellata più volte, quella che spesso e volentieri l’ha tolta dai guai, prova ne è che lo hai lasciato avvicinare al punto di permettergli di rivoltare la tua vita come un calzino senza fare resistenza. Senza contare che ora sei qui a rimuginarci sopra.
         Anja scuote vigorosamente la testa, per scacciare quei pensieri, senza curarsi del fatto che possano prenderla per matta; anzi, forse l’hanno già fatto.
No, no, no! Continua a ripetersi nella sua testa, tutti ma non Loki. Stavolta è davvero convinta di aver scelto la persona, no, il dio sbagliato, come oggetto della sua sbandata. Eppure, c’è sempre qualcosa che la spinge inesorabilmente a tornare da lui.
         Passando all’altro nodo gordiano, come spiegare che lei lo ha chiamato? Ancora non riesce a capire in che modo potrebbe averlo fatto, se si assume che Loki abbia ragione su questo punto. Tra l’altro, il Dio degli Inganni sembrava incredibilmente sicuro di tale fatto…
         L’unica cosa che sembra aver attinenza con questa storia è un episodio accaduto parecchio tempo prima… circa un anno fa, in effetti.
 Quel giorno aveva avuto davvero una pessima giornata: soliti litigi con la madre, sempre per lo stesso motivo, ennesima discussione con quegli imbecilli dei suoi sottoposti e, dulcis in fundo, mezza libreria le era crollata sul naso per colpa di quell’idiota d’un felino che era il suo gatto. Quello era stata la proverbiale goccia che fa traboccare il vaso e che l’aveva spinta a insultare tutti gli dèi di tutti i pantheon che conosceva, chiedendo sarcasticamente a ciascuno di loro se non ci fosse nessuno che avesse voglia di darle una mano…
          Alt, un momento. Assumendo che gli dèi non esistono, quello era stato giusto uno sfogo innocente di una ragazza ormai prossima ad un esaurimento nervoso.
Partendo invece dal presupposto che gli dèi esistono… oh, questo cambia tutte le carte in tavola. L’ha chiamato sul serio, in qualche modo astruso, ma l’ha fatto.
Brava, ci sei arrivata finalmente! Il tuo cervellino funziona ancora a dovere, dolcezza.
         Si passa più e più volte le mani sul viso, cercando di riportare un po’ di calma nella sua mente devastata; l’unico pensiero sensato che riesce a formulare è che il dio in questione le deve dei chiarimenti molto, molto approfonditi… e per una volta, senza fare tanto il misterioso. L’unica cosa che non capisce è però l’attrazione che sembra esserci tra di loro, e che difficilmente è solo per questo motivo che non paiono capaci di stare lontani troppo a lungo.
         Soffoca un singhiozzo mordendosi il labbro con forza, fino a sentire in bocca il sapore ferroso del sangue. Posa le mani sul piano del tavolo e fissa il proprio riflesso distorto che questo le rimanda. La donna che vede non è più lei, non lo è più da qualche tempo a questa parte. Se si concentra, può quasi sentire le crepe correre sulla sua corazza costruita con tanta fatica. Ora la sente, la sente andare in pezzi con un rumore di vetri infranti… ed è bastato un solo sguardo di un paio di magnetici occhi verdi…
 
 
N.d.A
Rieccomi a voi! Vi sono mancata? XD Bando alle ciance, ecco qui il nuovo capitolo: come potete ben vedere, la trama si complica sempre di più… ma d’altro canto, si parla di Loki, quindi le cose non potevano essere troppo facili, no? ;) Col prossimo capitolo dovrebbe concludersi l’antefatto e la storia riprendere da dove ci eravamo lasciati. Per quanto riguarda i POV di Anja e Thor, ho preferito metterli insieme per coerenza, visto che entrambi sostengono Loki, ciascuno a suo modo. Ebbene sì, la nostra fanciulla ha dovuto arrendersi e soccombere al nostro cattivo preferito! Prossimamente, vedrete come finirà! XD
NB: questa storia non ha nulla a che vedere con Thor: The Dark World, perciò state tranquilli, in questa sede il film non verrà minimamente nominato!
Ringraziamenti:
Per le recensioni: Erika_00, Alexien e Ebi Tempura e La_Polly  - come sempre, aspetto con ansia i vostri pareri XD-
Per averla inserita nelle preferite: akiralovemanga, DarthGiuly, Erika_00 , Welcome to the darkside e  La_Polly, Stella_Ely, e _montblanc_   - sono felice di vedere che siete aumentate!!-
Per averla inserita nelle seguite: Alexien, big gio 98, Destiel_Doped, nakimire, sakura92, silvermoon74, simo95, tykisgirl, La_Polly, Strix, Ebi Tempura, dama galadriel, Welcome to the darkside, ponyothewitch  e veronika87, dbclaudia, maura 77, Stella_Ely, TaylorAllisonSwift, angelika4ever, Audrey_20 , Lady of the sea –wow, aumentate ogni giorno di più! XD infinite volte grazie, sono contentissima!!-
Per averla inserita tra le ricordate: Feelings, Zakurio e Elenoriel - un grazie speciale anche a voi, che vi ricordate della mia follia! Che bello vedere che siete aumentate! XD-
Bene,per ora è tutto! A settimana prossima, stavolta cercherò di essere puntuale, e mi raccomando, sotto con le recensioni!!!

Tanti bacioni, la vostra affezionatissima Mòrrigan <3
 
  
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