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Autore: _alevia_    01/12/2013    3 recensioni
E' il sogno di ogni ragazza quello di incontrare il proprio principe azzurro durante una festa, magari dopo aver ballato un romantico lento. Ciò non accade però ad Evelyn, che in un giorno qualunque incontra casualmente un misterioso giovane dagli occhi color del miele che le ruba il cuore senza che lei neanche se ne accorga. Quello che non sa è che la sua vita sta per cambiare radicalmente e che sulla sua strada d'ora in avanti si staglieranno innumerevoli ostacoli, come la scelta che dovrà compiere. Ma scoprirà mai il legame di sangue, nascosto in un passato sepolto perchè troppo doloroso, che unisce Dan, il suo migliore amico a volte troppo misterioso, e Justin?
Saaaaaaalve! Mi raccomando: passate,leggete e recensite!!! fate sapere ciò che pensate e date taaaanti tanti consigli. ;)
xx
Genere: Avventura, Sentimentale, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Chaz , Justin Bieber, Nuovo personaggio
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Evelyn’s pov:
E così, dopo la sparizione di quel ragazzo, Justin, mi ritrovai smarrita e da sola nel bel mezzo della festa, come una povera stupida.
Ero un po' irritata dal comportamento di Dan, che mi aveva invitata e che aveva poi deciso di prendersela con calma, anche sapendo che quel tipo di feste erano quelle che preferivo di meno e che mi mettevano più a disagio. C'era troppa gente sbronza intorno a me, troppi corpi sudati che si muovevano senza controllo e che mi venivano a sbattere, mi sentivo confusa, come sotto l'effetto di una droga. Per un attimo ebbi paura, ma poi, quasi senza preavviso e senza alcuna scusante, il volto del mio misterioso principe si dipinse nella mia mente, i dettagli ancora definiti, il colore della pelle, la tonalità calda degli occhi, il profilo irregolare dei capelli e l'espressione sicura ed
 ironica agli angoli della bocca. Il suo odore era tutto intorno a me, quasi come uno scudo, una protezione. Avrei preferito che mi fosse rimasto vicino..... Una gomitata anonima mi fece tornare con i piedi per terra e con orrore mi
resi conto dei miei pensieri; come potevo aver pensato cose simili riguardanti un ragazzo di cui non sapevo assolutamente niente! Mi aveva semplicemente dato la sua giacca, dopo avermi bagnata con la sua bibita, e mi era addirittura venuto addosso.
Nonostante quello però, il suo sguardo continuava a fluttuare nei miei pensieri, in un piccolo e riservato cantuccio della mia mente; non gli avrei potuto concedere di più neanche se lo avessi voluto, ero troppo impegnata nella mia
ricerca di Dan. Dopo tre tentativi andati a vuoto, finalmente i miei occhi riconobbero un profilo familiare e così mi diressi verso di esso.
Gli picchettai sulla spalla con un dito e quando finalmente riuscii ad attirare la sua attenzione, sbraitai :
 -Alla buon'ora! Saranno quarantacinque minuti che vado in giro come un'idiota cercandoti! Ma si può sapere dove eri finito?!? Mi hai invitata tu d'altra parte, e sai benissimo come io non mi senta a mio agio a questo tipo di
 feste!- lo fissai con astio.
-Dai Eve, non te la prendere, ero con Mike.- disse indicando il ragazzo moro accanto a lui; lo guardai con sufficienza -e abbiamo fatto un giro prima di arrivare... voleva presentarmi alcune sue amiche- tentò di scusarsi, ma il mio sguardo lo fulminò alla parola "amiche". Girai i tacchi e me ne andai, cercando di crearmi un varco fra i corpi sudati
 dei ragazzi intorno a me.
-Eve!!- urlò dietro di me Dan, ma io non mi girai, sentii solo le parole di Mike e la sua risata.
 -Ops, stavolta l'hai fatta grossa, amico- disse con tono ironico. "bastardo" pensai.
 Finalmente raggiunsi la porta dell'edificio e una volta all'aria aperta sentii  la brezza di fine settembre sfiorarmi le spalle. Respirai a pieni polmoni e sentii che già un po' della rabbia accumulata stava sbollendo. Mi sedetti sul praticello che circondava la casa, nel luogo più appartato possibile, sotto un albero, sperando che nessuno venisse a disturbarmi.
Osservai il cielo e mi persi nei miei pensieri. Purtroppo però le mie preghiere non furono ascoltate e la mia pace fu interrotta. Un'ombra si avvicinò a me, ma io non ne fui spaventata, la conoscevo bene.
La prima cosa che sentii quando si fu avvicinato fu il suo fiatone, poi la sua voce:
 -Accidenti- disse ansimando forte - Ti ho cercata dappertutto; non devi scappare così, potrebbe essere pericoloso!- Dan s'interruppe per prendere un lungo respiro.
Non risposi, ma più per testardaggine che per altro, la gran parte della rabbia era già svanita.
-Ti prego Eve, mi dispiace davvero. Non avrei dovuto lasciarti così, ti avrei almeno dovuta avvertire. Scusa, davvero- mi abbracciò.
-Ma allora ti è almeno passata per l'anticamera del cervello un'idea del genere ;per fortuna, temevo che la compagnia di quel...di quel...di QUELLO LA' ti avesse completamente fuso il cervello- mormorai fra i suoi capelli, rompendo il mio silenzio.
-Mi perdoni?- mi chiese, ancora stretto nell'abbraccio, nascondendo il suo volto, probabilmente per l'imbarazzo.
-Va bene, va bene. Ma solo per questa volta, sappi che se mi dovessi ritrovare quel rompiscatole di nuovo fra i piedi non esiterò ad ingaggiare  una lotta all'ultimo sangue- dissi con tono minaccioso.
- Meno male- sospirò staccandosi -hai ritrovato anche il tuo solito spirito battagliero. Certo che qualcuno qui è davvero possessivo eh?-
-Come hai detto, scusa?-
-Niente, niente!- ridacchiò.-Ouch! Ok, ok, sto zitto. Ritira gli artigli, tigre- disse dopo un mio pugno ben assestato. Risi anch’io.
-Non sono possessiva, per quanto mi riguarda puoi incontrare quella testa di rapa ogni volta che vuoi, ma possibilmente tienilo alla larga da me, non mi piace come mi squadra dall'alto in basso... Comunque, non parliamo di lui adesso. Ti dispiace se restiamo un po' fuori? Dentro non si respira.- gli chiesi infine.
-Certo che possiamo rimanere. Possiamo anche andare via, se ti va. Però mi sembra strano, di solito, anche se ti senti a disagio, resti sempre un po' di tempo dentro per esaminare attentamente la fauna maschile, questa volta non hai
 trovato niente di appetitoso?- un sorriso beffardo spuntò agli angoli della sua bocca.
 -Come ti cerchi le rogne tu non se le cerca nessuno, eh?- dissi, irritata, assestandogli un bel calcio in uno stinco. Rise al mio tentativo di fare la dura.
Mi stuzzicò per alcuni minuti e alla fine cedetti, come sfuggire alla sua tecnica suprema del solletico? Gli raccontai del mio incontro con Justin e di come avesse preso possesso della mia mente. Mi ascoltò attentamente, gli occhi
 focalizzati su di me, con vero interesse. Era questo che mi piaceva di lui, sapeva quando scherzare e quando ascoltarmi, e io mi impegnavo al massimo per fare lo stesso con lui, grazie a questo la nostra amicizia era cresciuta  e si era consolidata anno dopo anno, nonostante litigi e battibecchi.
-Wow, un vero colpo di fulmine, eh?- disse infine. Ecco, il momento della serietà si era concluso.
-Taci.-
-Uhu! E allora perché sei arrossita?-
-Io co...Ti ho detto di smetterla!-
Scoppiò in una gran risata; quando finalmente tornò serio mi accorsi della sua leggera somiglianza con il ragazzo conosciuto a mala pena un'ora prima.
-Sai gli assomigli un po'- dissi senza neanche pensarci -Non è che per caso hai un fratello e non me lo hai mai detto?-risi per sottolineare che la mia era stata una battuta. Non sembrò afferrare il concetto; il suo viso era diventato accigliato tutto d'un tratto, quasi come se ciò che avevo detto avesse risvegliato un suo vecchio demone interiore.
-N..no, certo che no.- mormorò.
-Dan, ho detto qualcosa che non dovevo? È tutto ok?- gli chiesi apprensiva. Avevo paura di aver toccato un tasto sensibile a me  ancora sconosciuto.
-No, tranquilla, sto bene, non hai detto niente di male, ero solo sovrappensiero, scusami.- disse, e in un battibaleno il suo Io giocherellone tornò fuori, ma era stato come se per alcuni minuti una nuvola temporalesca e
 tempestosa avesse oscurato il sole che brillava in lui.
Continuammo a parlare del più e del meno fino quasi alle undici, e infine ci dirigemmo a casa. Arrivati davanti al mio portone mi chiese:
-Hai davvero intenzione di portartela a casa quella?- indicando la felpa nera che Justin mi aveva dato.
La domanda mi mise in difficoltà ed essendo con un piede fuori ed uno dentro alla suo macchina mi sbilanciai, rischiando di cadere.
-C..certo, perché non dovrei?- gli risposi impacciata.
-Non so, ho paura che tu ne possa diventare drogata. Guarda che ho visto come ogni tanto la annusavi- disse beffardo.
-M..ma smettila!!- balbettai, sbattendogli la portiera in faccia e correndo verso casa. Solo una volta arrivata mi girai e lo salutai con un gesto della mano. Quando entrai, la sua risata era ancora percepibile nell'aria.
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Justin's pov:
Quando uscimmo dalla casa, io e Chaz ci dirigemmo verso la macchina nera che ci stava aspettando alla fine del vialetto asfaltato. Speravo che Dimitri non fosse troppo arrabbiato, non avevo voglia di sorbirmi un'altra
 delle sue ramanzine, anche se questo era solo un eufemismo. Quello era il modo in cui gli piaceva chiamarle, per non incutere troppo timore, la verità era che quelle che ci riservava erano delle vere sfuriate, che in alcuni casi
 sfociavano in punizioni come la reclusione o gli allenamenti forzati. Io e il mio amico eravamo abituati oramai, ma eravamo esattamente immuni agli sforzi fisici che ci costringeva a fare in caso di severa punizione. Quando arrivammo alla macchina  Dimitri era al telefono:
-Si, li sto portando via, ho visto il ragazzino da queste parti e...- si  interruppe quando ci vide vicino allo sportello, e chiuse la telefonata.
-Salite- disse con tono perentorio. Senza fare domande io e Chaz entrammo nell'auto vettura e ci preparammo mentalmente.
-Ogni volta voi due- sibilò - ma si può sapere quando crescerete? Ora ditemi, come faccio a fare affidamento su due imbecilli che ogni volta che sentono il richiamo degli ormoni accorrono come due cuccioli ammaestrati! Se
 stasera un altro gruppo ci avesse teso un'imboscata la vostra bravata ci avrebbe privato di due membri!-
 Non rispondemmo, se avessimo tentato di difenderci dalle sue accuse la sua rabbia sarebbe cresciuta così come i nostri guai.
- Vi farò capire che è meglio per voi se non ve ne andate in giro bighellonando così a cuor leggero ogni giorno. Questa volta faremo qualcosa di più ingegnoso,  che ne dite? Dovrete allenarvi, sotto la mia stessa supervisione,
 gli altri vi trattano troppo con i guanti bianchi per i miei gusti, e qui si seguono solo quelli, per vostra sfortuna- concluse. Erano passati gli anni in cui credevo che lui fosse il mio salvatore e protettore; gli ero grato per avermi accolto, ma non ero più un bambino e il mio cervello oramai, che Dimitri lo volesse o meno, apparteneva solo ed
 unicamente a me. Certo, non avevo ancora trovato il modo per liberarmi di lui e fuggire, ma ero sicuro che prima o poi sarebbe accaduto, non potevo smettere di sperare, non ancora. Rientrato in camera mi preparai per andare a letto e mentre mi spogliavo mi ricordai di aver lasciato la mia felpa alla ragazza senza nome incontrata alla
 festa. Mentre mi coricavo il suo viso comparve nella mia mente: così ovale, quasi da bambina, ma che al contempo nascondeva una femminilità segreta; i suoi occhi profondi e brillanti di energia vitale, come non ne vedevo da anni, la sua pelle liscia nei miei ricordi non faceva altro che chiedere di essere accarezzata, mentre le sue labbra piene imploravano di essere baciate. Cosa mi stava succedendo? Erano bastati pochi secondi e il suo volto era entrato a
 forza dentro di me; chiudendo le palpebre potevo ancora immaginare le mie mani toccarle le spalle per appoggiarvi la felpa. Speravo che le avesse tenuto caldo, e che l'avesse tenuta con se, ma non riuscivo a darmi una ragione, non riuscivo a comprendere ciò che stavo provando. Sentivo che nonostante la punizione che avrei dovuto scontare di lì a poco non potevo rimpiangere di essere andato a quella festa, non potevo e non volevo farlo. Mentre mi rigiravo nel letto mi tornò in mente la sua espressione arrabbiata nel momento in cui l'avevo chiamata "bionda", era stato così divertente, quasi come vedere un gattino che tenta di minacciarti mettendo fuori gli artigli. Una risata sgorgò dalla mia gola all'idea della metafora e fui costretto a tapparmi la bocca con le mani per non svegliare Chaz; per fortuna lo sentii muoversi alcune volte per poi tornare a russare in maniera ritmata come era solito fare quando dormiva profondamente. Continuai a pensare alla ragazza per tutta la notte, nonostante la parola pensare non fosse la più adatta, la verità e che anche nel sonno la mia mente continuò a fantasticare. Come avesse fatto ad entrare così nel profondo della mia mente e del mio cuore restava per me un mistero, sapevo solo che in un attimo la mia vita aveva subito una leggera curvatura rispetto al suo monotono solito andare.
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Evelyn's pov:
Il mattino successivo mi svegliai già stanca all'idea di dover andare a scuola. Non avevo dormito molto bene e il mio umore non era dei migliori; i miei sogni erano stati costellati da immagini di ragazzi dagli occhi color ambra e i capelli delle sfumature del miele, da mani che si posavano sulle mie spalle e premevano in maniera al tempo stesso gentile e decisa e da un profumo di muschio e legno, una fragranza a me del tutto nuova che sembrava però fare già parte della mia vita. Mi ero girata e rigirata nelle coperte, nei momenti di semi coscienza, perché oppressa da domande senza risposta quali: chi fosse Justin e se lo avrei mai rincontrato. Ciò che però mi assillava di più era la ragione per la quale mi era entrato in modo così prepotente nella mente, e soprattutto nel cuore. Nulla da fare, non riuscivo a
 trovare neanche una delle risposte.
 Ero anche preoccupata per Dan: non avevo dimenticato la sua espressione persa, smarrita ed impaurita dell'altra sera; erano bastate poche parole e la sua solita personalità frizzante era tornata, ma cosa erano stati quegli attimi di
 smarrimento? Cosa avevo detto?
 Quando scesi a fare colazione quasi non mi accorsi del resto della mia famiglia, o meglio non vi feci caso fino a quando la voce di mio fratello maggiore non mi riportò alla realtà:
-Ma sei proprio svampita, sorella!-disse con tono di scherno. Tirai su lo sguardo dalla mia tazza di latte nel quale stavo inzuppando lentamente un biscotto al cioccolato.
 -Come scusa?- lo osservai stralunata; lui mi osservava divertito.
-Non ti sembra di aver scelto un abbigliamento un po' troppo audace?- disse infine, quasi sul punto di scoppiare a ridere. Mi accorsi che anche mia madre stava ridendo sotto i baffi, mentre mio padre aveva alzato una delle sue
sopracciglia in segno di perplessità. Il mio fratellino più piccolo rimase indifferente allo scambio di battute, intento a mordicchiare una fetta biscottata ricoperta di marmellata. Quello che accomunava i tre individui più
grandi era lo sguardo fisso sul mio corpo.
Finalmente mi guardai: ero vestita solo per metà, fortunatamente la canottiera era al suo posto ma per il resto, pantaloni scarpe e un calzino erano assenti. Sentii le mie guance colorarsi, e purtroppo, causa la mia pelle chiara come la porcellana, non potevo fare niente per mascherarlo.
 -A cosa stavi pensando mentre ti vestivi, eh?- chiese ancora Jordan.
 -I...Io ero indecisa e così ho pensato fosse meglio pensarci a  stomaco pieno>> dissi prendendo in mano la tazza del latte e cercando di scomparivi dietro.
Trangugiai la mia colazione e corsi in camera a vestirmi.
"Accidenti" brontolai tra me e me mentre mi infilavo i jeans e cercavo contemporaneamente il calzino smarrito; dopo averlo trovato, non senza una certa fatica, mi gettai alla ricerca di un paio di scarpe decenti, e optai per delle
 converse blu. Infine prima di scendere mi legai intorno alla vita la felpa che Justin mi aveva dato la sera prima, non ne avevo realmente bisogno visto che la giornata sembrava essere soleggiata, ma per scaramanzia preferii tenerla.
-Io vado!- gridai al resto della famiglia, senza degnarli di uno sguardo.
-Potresti aspettare tuo fratello una volta tanto- gridò mio madre di rimando.
-Lascia stare, mamma. La viene a prendere il suo ragazzo, non è ovvio?- rispose sarcastico Jordan, scoppiando in una fragorosa risata . Capii che mio padre non fosse del suo stesso avviso quando lo sentii strozzarsi con il suo caffè per poi rantolare un: -chi la dovrebbe venire a prendere?!?-.
-Papà è solo Dan, stai tranquillo!- gli gridai scocciata mentre chiudevo la porta di casa alle mie spalle, troncando ogni possibile obiezione.
-Ti vedo di buon umore-disse il mio migliore amico con ironia, quando mi vide salire sulla sua auto con un espressione imbronciata.
 -Grazie tante, e buon giorno anche a te!- risposi acida, chiudendomi lo sportello alle spalle. Sistemai lo zaino tra le mie gambe, poi mi feci coraggio pronta ad affrontare un interrogatorio di prim'ordine, e alzai lo sguardo sul
 profilo di Dan.
 -Ma non è possibile!- imprecai a denti stretti. Per un attimo mi era sembrato che il profilo del ragazzo seduto accanto a me fosse identico a quello di Justin. Ancora lui. Ma quante volte ancora il suo nome doveva comparire a
 caratteri cubitali nella mia mente? Sbuffai seccata.
-Cosa succede adesso?- chiese divertito il mio amico.
 Aprii la bocca, per spiegargli le mie allucinazioni, ma poi un'immagine mi si presentò davanti, distinguendosi dagli altri ricordi: Dan con un'espressione indecifrabile, accigliata e pensierosa, con un fondo di dolore nei suoi occhi. E
 tutto per la mia stupida battuta. Preferii evitare l'argomento e gli dissi solo che le immagini della festa del giorno precedente non mi avevano lasciato chiudere occhio per tutta la notte. Lui ascoltò con attenzione e poi distolse
 lo sguardo dalla strada per puntarlo su di me.
 -Stai mentendo- disse infine.
 Il mio viso sbiancò.
 -Cosa?-
 -Non hai sognato affatto la festa- si spiegò, e sul suo volto nacque un sorriso beffardo-hai sognato una persona in particolare, scommetto-.
 Le mie guance ripresero colore e divennero poi rosse per l'imbarazzo, non poteva crederlo anche lui, accidenti.
 -Ammettilo, dai, tanto ti conosco troppo bene-rise giocoso.
 -Ma fammi il favore....- borbottai; purtroppo quella risposta non lo soddisfece e così alla fine fui costretta a cedere e a raccontargli i miei sogni.
 -Wow- disse alla fine del mio racconto, ma non gli diedi molto ascolto, perché eravamo arrivati a scuola e, trovato finalmente un espediente per troncare future discussioni sull'argomento, aprii di botto lo sportello della macchina e
 scesi, sbattendomi la portiera alle spalle.
 -Quello che più mi irrita è però il fatto che non riesca a smettere di pensare a lui nonostante ci abbia a malapena parlato!- la frase mi scappò di bocca con tono stizzito e mi pentii subito di aver dato adito a possibili scherzi o allusioni, così mi tappai la bocca con una mano. Dan fece qualche passo in silenzio verso la scuola e poi si girò:
 -Ah, la mia migliore amica ha avuto un colpo di fulmine!- disse, ridendo sotto i baffi, poi si voltò nuovamente e si allontanò.
Purtroppo la mattinata andò di male in peggio: non riuscivo a seguire una sola parola di quello che dicevano i professori, come se fossi stata catapultata in un'altra dimensione nella quale tutti parlavano una lingua diversa dalla mia e io non avevo alcuna possibilità al mondo di impararla. Alla terza ora mi assegnarono addirittura una ricerca da fare entro due giorni sulla capacità riproduttiva dei funghi, un divertimento assicurato... l'unica cosa che in questo caso mi trattenne dall'urlare in faccia al docente fu il fatto che il mio compagno di tortura era Dan, e forse questo avrebbe un po’ addolcito la medicina.
 Non so come, riuscii a sopravvivere fino alla fine delle lezioni e confortata dalla consapevolezza che ad aspettarmi c'era il confortevole calduccio della macchina del mio migliore amico, mi trascinai fino al parcheggio.
 Dan arrivò poco dopo:
 -Nonostante le tue condizioni sei stata piuttosto veloce ad uscire. Non pensavo che uno zombie innamorato potesse correre, pensavo che al massimo fosse capace di produrre lamenti e muoversi come se avesse un crampo, ma come al solito tu mi smentisci- disse ridendo; poi si irrigidì e mi guardò con uno sguardo stralunato, piegando leggermente la testa sulla spalla sinistra e storcendo la bocca:-Arrrrr.....aaaarrrrr- fece, mentre mi si avvicinava, le mani tese verso di me.
-Oh ma smettila!- borbottai, e poi lo spinsi via con una mano, ridendo. Mi accorsi troppo tardi che tutti ci stavano guardando, e così, lanciandogli un'occhiataccia, entrai alla velocità della luce nella macchina. Quando ci fummo allontanati dall'istituto iniziai a lamentami con lui: non era possibile che mi facesse fare sempre delle figuracce!
 In realtà sapevamo entrambi quanto questo fosse insignificante; ci divertivamo, questo era ciò che contava e che era alla base del nostro rapporto.
Ma purtroppo anche il momento più bello può essere interrotto da qualcosa di così negativo come la scuola e così mi feci avanti, tentando la sorte e tirando in ballo la ricerca.
 -Hey Dan...-cominciai-ricordi la ricerca che dobbiamo fare?-
 -Certo, c'è qualche problema?-
 -Bé ecco, vorrei iniziarla oggi, ma a casa mia non si può fare perché mio fratello maggiore ha il colloquio per il college e quindi...- eccomi arrivata al punto più spinoso -..quindi mi chiedevo se non si potrebbe fare a casa
tua- evitai di guardarlo negli occhi e aspettai una risposta. Era sciocco essere così preoccupata, ma per Dan questo era un argomento delicato e quindi volevo esporlo nella maniera più appropriata per fargli capire quanto fosse
insensato da parte sua preoccuparsi per la propria casa; ero la sua migliore amica e non lo avrei giudicato per una cosa così futile. Ero sicura che questa volta avrebbe accettato. -No- fu la sua unica risposta, e tutti i miei programmi si incepparono. -No?- chiesi, guardandolo negli occhi e spalancando i miei-perché no? Dan, dopo questi anni di amicizia ancora non ti fidi di me? Pensi ancora che io sia il tipo di persona che critica guardando solo le apparenze o che magari non sappia mantenere un segreto? Come puoi...-ma mi interruppe. -No, non hai capito, non possiamo andare oggi perché- si fermò qualche secondo e poi riprese -perché anche oggi mi devo vedere con Mike, già, mi ero
 organizzato con lui, scusa mi sono dimenticato di dirtelo. Magari puoi lavorare tu oggi, e domani ti dò una mano con le rifiniture e imparo la mia parte- -Come scusa? Mi stai dicendo che dovrò sopportare questa tortura da sola? Che
dovrò fare il lavoro anche per te e poi darti anche la metà dei meriti? E tutto perché tu vuoi farti un giro con il tuo dorato amichetto Mike? Te lo puoi anche scordare!- dall'essere preoccupata iniziai ad alzare il tono di voce fino
quasi ad urlare. -Calmati Eve! Cosa vuoi che sia se per una volta non ti aiuto a fare uno stupido compito! Perché ti scaldi tanto?- cercò di difendersi Dan. -Sai che ci tengo ad andare bene a scuola e non è di certo la prima volta
che mi pianti in asso per uscire con quell'idiota! Dove andrete questa volta, ti presenterà altre belle ragazze?! Non mi piace per niente come si comporta-. -Ma io proprio non ti capisco, certo che voi ragazze siete strane! Ora fai
anche la gelosa, non sei mica la mia ragazza-. disse infine sbraitando. Non aveva capito niente.
-Ferma la macchina-sussurrai in tono gelido.
-Eve, ma cosa...- provò a controbattere ,ma non gliene diedi la possibilità.
 -Ti ho detto di fermare questa maledetta macchina, Daniel- Dan, senza più opporsi, decelerò e si accostò al marciapiede. Io semplicemente mi tolsi la cintura di sicurezza e scesi, sbattendomi la portiera alle spalle.
 -Devo rinfrescarmi le idee- detto questo me ne andai, lasciandolo lì a rimuginare sulla nostra discussione.
Mentre camminavo non riuscivo a non pensare all'accaduto; come aveva potuto essere così insensibile!
E poi, credere addirittura che io fossi interessata a lui...gelosa!  I maschi sono così egocentrici, è vero che da quando eravamo diventati amici avevamo passato un sacco di tempo insieme e che oramai ci dicevamo tutto, o quasi, ma
davvero non riuscivo a capire come fosse stato anche solo capace di pensare una cosa del genere. Io gelosa come se fossi la sua ragazza, figuriamoci! Neanche mi piaceva. O forse si? In un baleno ripensai a tutti i momenti passati con lui, quelli belli e quelli brutti, pieni di scherzi e di spensieratezza, ma anche di dolore, fino ad arrivare a quello stesso pomeriggio. Possibile che mi fossi accidentalmente presa una cotta per Dan, senza neanche accorgermene?!?
 Immersa nei pensieri, non mi accorsi della direzione presa inconsciamente fino a quando il rumore di  un clacson mi fece tornare alla realtà bruscamente. Mi trovavo in periferia, in una zona mai visitata prima e probabilmente poco
raccomandabile, e un ragazzo mi stava osservando curiosamente dal finestrino. Cercai di guardare meglio e mi accorsi che la mia vista era offuscata dalle lacrime, oltre quel velo però vidi che il giovane era Mike.
-Hey biondina, che fai, piangi? Cos'è, ti ha lasciato il ragazzo?- disse quel verme con meno tatto possibile.
-Gira alla larga, Mike, oggi non ho tempo per i tuoi giochetti idioti e NON chiamarmi "biondina"!-gli ringhiai.
-Ok, ok, ritira gli artigli. Ti volevo solo chiedere se ti serviva un passaggio, visto che oggi non ho impegni-.
-Non mentire, viscido. Lo so che ti devi vedere con Dan- gli risposi scocciata.
-Spiacente dolcezza, ma non è così. Allora lo vuoi si o no questo passaggio?-.
-Andatevene tutti all'inferno- sibilai voltandogli le spalle e prendendo un sentierino laterale fra gli alberi.
Come facevo a sapere chi dei due stesse mentendo? Normalmente non avrei minimamente dubitato del mio migliore amico, ma in quel momento mi stavo seriamente chiedendo se Dan non fosse stato rapito dagli alieni e sostituito con uno strano e lunatico androide. Come se non fosse abbastanza iniziò a piovere e in men che non si dica mi ritrovai bagnata fino al midollo e così corsi in cerca di un riparo. Ero stata sciocca ad allontanarmi così tanto senza avere neanche un mezzo per tornare a casa, ma evidentemente quella non era la mia giornata. In lontananza vidi un capanno in legno che sembrava essere abbandonato, nel mezzo di una radura, e decisi di
aspettare lì che il tempo migliorasse.
Quando ero oramai ad una ventina di metri udii dei rumori provenire dall'interno e mi fermai di colpo. Pochi secondi dopo il rumore di uno sparo riecheggiò nello spiazzo verde, e non so cosa diavolo mi spingesse a farlo, ma avanzai fino ad arrivare sulla soglia della porta. Una volta lì, mi affacciai e rimasi schockata da ciò che si trovava all'interno, o meglio da chi.
All'altro capo della stanza c'era Justin, non una mera allucinazione, proprio lui in carne ed ossa. Era in pedi  e davanti a lui si trovava un uomo col volto coperto che gli stava parlando in tono rude. -Ancora non va bene! Non ti vedo convinto, quindi riprendi dall'inizio e vedi di svolgere meglio l'esercizio. Non fare la femminuccia! Muoviti!- gli urlò.
Justin senza dire una parola iniziò a correre seguendo un percorso definito che evidentemente conosceva bene e arrivato alla fine di esso, alzata la mano sinistra, puntò una pistola contro un manichino. Quando lo vidi premere il grilletto ,il mio corpo si irrigidì e un urlo mi nacque in gola, ma prima che potessi dare fondo al mio sconcerto, due mani misteriose mi tirarono nell'oscurità di uno sgabuzzino laterale, una che mi cingeva la vita e l'altra che mi chiudeva la bocca.
Ma dove mi ero cacciata?! Questo non era di certo il mio giorno fortunato....
 
Beeeeeene!! Salve a tutti! Con un bel po' di ritardo siamo finalmente riuscite a continuare questa storia, e speriamo vivamente che vi piaccia questo nuovo capitolo.
RECENSITEEEE!
E fateci sapere quello che pensate; qual è il grande segreto di Dan? Perchè ha mentito a Eve? Ma soprattutto cosa ci fa Justin in un capannone abbandonato con un'arma? E chi ha preso la nostra protagonista?
 Per qualsiasi cosa fatevi sentire sul nostro account twitter:    https://twitter.com/_alevia_
  
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