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Autore: ValeA    02/12/2013    1 recensioni
«Suppongo che mia sorella non ti abbia raccontato di Jamie Stuart...» non appena Louis completò la frase, sua sorella si alzò leggermente dal suo posto e gli diede uno schiaffo sulla nuca.
«Idiota.» lo definì. Lui in risposta ghignò.
Mi chiedevo il perché di quella reazione, in fondo Jenny mi raccontava sempre tutto. Anche di più di quello che volessi sapere. E perchè adesso non voleva che sapessi di questa "Jamie Stuart"?
«No, chi è?» domandai incuriosita.
Helen non disse nulla, partecipava poco alla conversazione ma ero sicura che stesse ascoltando. Jennifer al contrario, se avesse potuto avrebbe preso il fratello a testate.
«Nessuno.»
«Una ragazza che morì circa centocinquanta anni fa in montagna, oggi è l'anniversario della sua morte.» risposero all'unisono, confondendomi.
Ovviamente la risposta della mia amica era quella più veloce ed evasiva.
«Al riguardo c'è una leggenda, si dice che il suo fantasma vaga sulla terra senza pace e ogni trentuno ottobre di ogni anno chiunque si trovi per la sua strada viene ucciso.» Nonostante non fossi amica di Louis, mi conosceva abbastanza da sapere che mi spaventavo per le cose di questo genere.
Genere: Dark, Mistero, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Louis Tomlinson, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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1. Halloween's Night


«Ho delle buone notizie.» mi risvegliai dallo stato di trance o di dormiveglia in cui ero caduta, rivolgendo l'attenzione a Jennifer che era appena arrivata di fronte a me, speravo non avesse notato che mi stavo per addormentare con il viso dentro il mio armadietto. Era troppo sorridente. Era solo la prima ora, qualcosa non andava. Lei per le prime tre ore scolastiche era intrattabile, più di quanto lo potesse essere suo fratello Louis.
E proprio come se i miei pensieri l'avessero chiamato, lui spuntò in corridoio e camminava con un braccio avvolto nelle spalle della sua ragazza per trattenerla a sè, mentre lei ricambiava con un braccio stretto alla vita del ragazzo. Quanto la invidiavo.
Per quanto il suo carattere fosse peggiore di quello di una ragazzina nel periodo di ciclo mestruale, carattere che come detto prima era uguale a quello di Jennifer, se ti voleva bene o ci teneva anche un minimo a te, ti avrebbe dato anche l'anima.
E io me n'ero innamorata qualche anno fa, credo proprio fosse il mio primo anno da liceale, e adesso dopo due anni non mi era ancora passata. Quindi sì, penso proprio che fosse amore quello che provo per lui. Se fosse stata una semplice cotta, mi sarebbe già passata, penso.
«Hai finito di mangiarti con gli occhi mio fratello?» domandò infastidita perché non la stavo degnando di nessuna attenzione.
«Sì, scusami...» diedi un'ultima occhiata, poi la coppietta scomparve dalla mia vista e «Dimmi...» la invitai a darmi queste sue "buone notizie" che mi chiedevo quanto lo potessero essere anche per me.
Io e Jennifer avevamo un concetto differente di buono.
«Ti ricordi della casa in montagna della mia famiglia di cui ti parlo sempre?» in realtà nemmeno sapevo che ne avessero una, non me ne aveva mai parlato. Non mi diede neanche il tempo di rispondere che... «Mio fratello ha avuto il permesso dei miei di andarci per la notte di Halloween.» ecco, quindi dove voleva arrivare con questo discorso? «Ovviamente con i suoi amici e tu sai quanto mi piaccia Zayn...» sì, non faceva altro che parlarmene. «Quindi dopo aver parlato con mio fratello, ha detto che gli farebbe piacere se ci andassimo anche noi.» non era una buona idea quella che mi stava dando, l'avevo detto io. 
Preferivo il programma iniziale, ovvero stare a casa con lei e le altre a guardare un film. 
«Con cosa l'hai ricattato?» conoscevo abbastanza Louis da immaginare che non volesse tra i piedi la sorella, quindi per dirle di sì, erano scesi a compromessi.
«Niente, solo che avrei avvisato mia madre dell'ultimo festino organizzato in casa mentre lei era da mia zia a Londra. E tutte le conseguenze di quel festino, come ad esempio la polizia in casa.» se voleva, sapeva come essere tremenda.
Sapeva sempre farsi rispettare da chi voleva metterle i piedi in testa.
«Comunque io non penso che sia una buona idea...» commentai, distruggendo il suo piccolo attimo di gloria.
«perché?» era quasi sconcertata. «C'è mio fratello, magari potresti farti avanti con lui!» alcune volte sembrava che prima di parlare, spegnesse il cervello. Tanto per essere sicura che dicesse una stupidaggine.
«Lui ha una ragazza» le ricordai. « e poi non ne avrei nemmeno il coraggio di dirgli qualcosa.» sbuffò.
La pensavamo troppo diversamente, eppure eravamo amiche dal primo giorno di asilo.
Finalmente o sfortunatamente, dipende da quale parti si sarebbero poi schierate, arrivano le gemelle più ritardatarie della storia, Jade e Amanda.
Dopo i soliti convenevoli, Jennifer iniziò a raccontare del cambio di programma.
«Sì, per me va bene. Io dovevo andarci con Liam però poi avevo preso impegni con voi e gli ho dato buca.» era ovvio che Jade fosse d'accordo, aveva l'occasione di stare con le amiche e il fidanzato contemporaneamente. 
Riponevo le mie speranze in Amanda, lei non aveva niente a che fare con gli amici di Louis. «Per me è ok.» rispose quest'ultima.
Ma c'era qualcuno che ce l'aveva con me lassù?
Sbuffai sonoramente proprio per far notare il mio disaccordo.
«Siamo tre contro uno. Arrenditi.» Jennifer concluse il discorso.
Suonò la campanella per l'inizio della prima ora, le salutai e sconfitta mi diressi verso l'aula di matematica.
Sarebbe stato il peggior Halloween di sempre.



Non facevo altro che pentirmene della mia scelta, minuto dopo minuto. Non potevo dire che me ne restavo a casa? 
Alla "festa" in montagna di Louis, io e le mie amiche non eravamo di certo le benvenute. Eravamo di troppo. Preferiva non averci tra i piedi, soprattutto non voleva Jenny che a primo errore del fratello, l'avrebbe ricattato e fatto presente ai genitori. Proprio come aveva fatto qualche giorno fa per farci andare con loro stasera.
Ero in macchina con Louis, Jennifer e la sua fidanzata, Helen. Stavamo andando a prendere Zayn perché Jenny aveva torturato il fratello affinché fosse lui a dargli il passaggio. Io non facevo altro che sentirmi a disagio e l'intrusa di turno.
«Tutto bene lì dietro?» domandò Louis, guardando me e la sorella dallo specchietto retrovisore.
Jenny mi spinse leggermente il braccio per far rispondere me. Speravo solamente che lui non avesse notato quel movimento improvviso.
«Sì, sì.» mi sentì una stupida. «Tutto bene.» cercai di mostrarmi più convinta.
Mi voltai verso Jenny e lei mi fece il segno del pollice alzato e mimò qualcosa che non capì. E forse era anche meglio così.
«Suppongo che mia sorella non ti abbia raccontato di Jamie Stuart...» non appena Louis completò la frase, sua sorella si alzò leggermente dal suo posto e gli diede uno schiaffo sulla nuca.
«Idiota.» lo definì. Lui in risposta ghignò.
Mi chiedevo il perché di quella reazione, in fondo Jenny mi raccontava sempre tutto. Anche di più di quello che volessi sapere. E perché adesso non voleva che sapessi di questa "Jamie Stuart"? 
«No, chi è?» domandai incuriosita.
Helen non disse nulla, partecipava poco alla conversazione ma ero sicura che stesse ascoltando. Jennifer al contrario, se avesse potuto avrebbe preso il fratello a testate.
«Nessuno.» 
«Una ragazza che morì circa centocinquanta anni fa in montagna, oggi è l'anniversario della sua morte.» risposero all'unisono, confondendomi.
Ovviamente la risposta della mia amica era quella più veloce ed evasiva.
«Al riguardo c'è una leggenda, si dice che il suo fantasma vaga sulla terra senza pace e ogni trentuno ottobre di ogni anno chiunque si trovi per la sua strada viene ucciso.» Nonostante non fossi amica di Louis, mi conosceva abbastanza da sapere che mi spaventavo per le cose di questo genere.
Sapeva che non riuscivo a vedere un film horror per più di un minuto, che a ogni rumore sospetto sussultavo, che accendevo sempre le luci in ogni stanza in cui mi trovavo per non restare al buio e sapeva anche che la notte dormivo con una piccola lucina. Ed era a conoscenza di queste cose perché da piccoli eravamo "compagni di giochi" e per un piccolo periodo avevo vissuto con i suoi, ovvero quando i miei divorziarono ed erano in atto le pratiche del divorzio. 
Mi avevano allontanata per non farmi soffrire di quella situazione e la madre di Louis era stata contenta di ospitarmi.
Lei e mia madre si conoscevano dai tempi del liceo, era stata proprio la prima a proporre di prendermi con sé finché fosse necessario.
«Louis, sta' zitto.» lo rimproverò la sorella.
«Smettila Louis...» concordò anche Helen. «Non la spaventare per una sciocca leggenda.» e nonostante tutto, non riuscivo neanche a farmi stare antipatica la ragazza di Louis. Era maledettamente gentile, simpatica e bella. 
Il resto del viaggio proseguì in silenzio e dopo che salì in macchina anche Zayn, gli unici a parlare furono proprio quest'ultimo e Louis riguardo all'ultima partita di calcio disputata contro un liceo di un paese vicino al nostro.




Ero spaventata e disgustata e avevo preferito scappare da quel salone dove regnava confusione, odore eccessivamente forte di alcool e fumo. Io al contrario di tutti gli altri, non ne ero abituata.
Ero rintanata in bagno, sciacquai il mio viso con l'acqua gelida e poi mi guardai allo specchio.
Non mi riconoscevo neanche, avevo superato ogni mio limite. 
Sapevo che stavo sbagliando a venire ma Jenny era riuscita a convincermi. Come sempre, del resto.
Speravo che nessuno si accorgesse della mia assenza. Per adesso avevo bisogno di stare da sola.
Asciugai il viso nella mia stessa maglietta e mi accasciai nel pavimento, sicura di aver chiuso la porta a chiave. O forse no ma non mi interessa, adesso non avevo proprio voglia di alzarmi per controllare.
La testa iniziava a far male, la vista un po' confusa però ricordai che avevo solo bevuto un sorso di birra e subito dopo tanta, tanta acqua per togliere alla bocca il saporaccio della bevanda precedente.
Avvicinai le gambe al petto e le tenni strette con le braccia, racchiudendo il mio viso tra esse.
Se fosse servito, sarei uscita da qui anche domani quando saremo dovuti tornare a casa.
Ma ogni mio desiderio e ogni mia speranza andarono in frantumi quando sentì lo scricchiolare della porta e la maniglia di essa, abbassarsi.
Alzai il mio viso in direzione della persona appena arrivata e guardai chi fosse. Era Louis.
Era così tanto ubriaco che non si accorse nemmeno che non era solo, che c'ero anche io.
Feci un po' di rumore per farmi notare, non avevo il coraggio di chiedergli niente, neanche nelle condizioni in cui si trovava. Questa sera l'avevo visto così tanto bere che anche se gli avessi detto qualcosa, domani sicuramente l'avrebbe dimenticato quindi in realtà non avevo niente da perdere.
Finalmente sembrò notarmi e sorrise. Si stropicciò gli occhi un paio di volte e io lo fissai incapace di dire qualcosa. Aspettavo che prendesse lui la parola. E così fece.
«Alex...» mi guardò attentamente. «che ci fai qui?» domandò.
In quel momento rimasi senza nulla da dire, non sentivo la sua voce pronunciare qualcosa rivolto verso di me da tanto tempo.
«Non ti stai divertendo?» continuò sempre lui.
Era così evidente che non mi stessi divertendo?
"Ma dai, c'è anche mio fratello" aveva detto Jennifer in una delle tante volte che provò a convincermi e io stupida mi ero arresa e avevo accettato di venire.
«No.» risposi infine alla sua ultima domanda.
Io odiavo questi tipi di feste. Non ne prendevo mai parte. 
In tutta la mia vita forse avevo partecipato solo a tre di esse dopo essere stata convinta sempre da Jennifer.
«Ah, già...» lasciò la frase in sospeso. «Tu odi questo genere di cose.» la completò qualche secondo dopo.
Lo guardai interrogativa mentre lui si avvicinava a me. Barcollava a destra e a sinistra ma nonostante tutto sembrava più lucido di quanto lo fossi io poiché aveva il pieno controllo di sé stesso.
Era calmo, non era euforico come uno che esagera con gli alcolici.
Ma ancora non mi spiegavo il senso della sua ultima affermazione. Stavo per chiederglielo ma lui mi precedette.
«Mi ricordo ancora, Alex.» persi qualche battito sia perché mi aveva confermato che non si era dimenticato di questi particolari, sia perché ancora dovevo abituarmi al fatto che mi chiamasse per nome.
Ormai non lo faceva mai e se succedeva che si dovesse rivolgere a me, lo faceva con un normale "tu" e se invece parlava di me con la sorella, ero definita con un "lei" o "la tua amica".
«Davvero?» cercai di ricompormi e mi alzai dal pavimento.
«Sì, anche se adesso non siamo amici come lo eravamo da piccoli...» ci aveva definiti amici? Speravo che non si accorgesse della mia felicità improvvisa a quelle sue parole. «ricordo ancora cosa ti fa paura e cosa ti disgusta.»
«Ah.» risposi non sapendo che altro dire. Avevo scollegato un attimo il cervello per la contentezza.
Ero sicura di essere appena diventata rossa in viso. Ne ebbi la conferma quando lo vidi sorridere.
Mi distrassi due secondi, secondi in cui mi persi nei suoi bellissimi occhi azzurri e mi accorsi che si stava sbottonando i pantaloni.
«Ma che fai?!» la voce mi fuoriuscì eccessivamente acuta.
«Quello per cui ero venuto qui.» disse ovvio. 
Come se fosse normale fare i suoi propri bisogni fisiologici davanti a me. Portai la mano sugli occhi.
«Potevi anche chiedermi di uscire e darmi il tempo di farlo!» senza che vedessi niente, avendo gli occhi chiusi e il viso coperto dalla mia mano, cercai di raggiungere la porta, invano.
Al contrario mi scontrai con lui e si mise a ridere.
«Ma tu non vuoi uscire...» sussurrò al mio orecchio e non potei impedire al mio corpo di rabbrividire quando il suo alito mi arrivò dritto sul collo, solleticandolo. «Non vuoi tornare in mezzo a quella gente.» era vero ma non potevo neanche rimanere in bagno con lui.
Levai le mani dagli occhi, guardai Louis in viso e cercai di non far cadere lo sguardo in giù, nonostante sapessi che non aveva ancora tirato giù i suoi pantaloni
«Devo andare...» presi la situazione in mano.
«Non ti immaginavo così pudica, Simpson.» non poteva immaginarmi in nessun modo non avendo più nessuno rapporto con me. «Non è neanche la prima volta che mi vedi nudo.» disse malizioso.
Sapeva solo con poche parole come mettermi in imbarazzo. «Ma non avevamo più di otto anni, non è la stessa cosa...» prima eravamo due bambini innocenti, adesso lui era diventato un uomo e io una donna. L'unica cosa che non era cambiata, era quello che provavo per lui. Già fin da piccoli mi piaceva.
Ma le cose adesso stavano diversamente, la maggior parte delle volte a scuola faceva finta di non vedermi. Solo perché lui aveva una reputazione da difendere, una fidanzata e degli amici popolari.
Non poteva permettersi di salutare l'amichetta della sorellina con cui non andava tanto d'accordo.
Mi salutava più Helen che lui.
Quelle poche volte che lui lo faceva, era solo un veloce cenno della mano accompagnato da un mezzo sorriso. E ovviamente nei corridoi era sempre solo.
Non ero una tipa dalla risposta pronta, quindi non sapendo che altro aggiungere, convenni che era meglio andare via da lì ma lui mi bloccò per un polso prima che potessi farlo.
«Aspettami sul portico, neanche io ho tanta voglia di ritornare di là.» fece segno verso il salone «Ci facciamo un giro nei dintorni...» mi propose sorridendo.
Normalmente avrei rifiutato ma lui era Louis Tomlinson e mi stava offrendo la sua compagnia, perché non accettare?
«Ok.» risposi e poi uscì definitivamente da lì.







Note dell'autrice:
Ok, non so cosa sia questa cosa... 
Ero a scuola, mi stavo annoiando e mi è balenata questa idea in mente e l'ho scritta tra una lezione e l'altra, può sembrare simile a un'altra mia storia (
When nothing goes right, go left.) ma penso che prenderà una piega diversa, anzi ne sono più che sicura :)
Beh, non so cosa aggiungere, mi farebbe piacere sapere qualche opinione riguardo questa "cosa".
Dal prossimo si entrerà nel vivo della storia, questo era solo per introdurre un po' la situazione in cui si trovano i protagonisti e boh, è tardi quindi buonanotte, un bacio <3 
  
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