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Autore: Allyn    03/12/2013    4 recensioni
Per la vita o per la morte è una long che vede protagonisti Sasuke e Naruto, in un universo alternativo sono due ragazzi dell'ultimo anno di superiori, Sasuke con il suo passato ricco di dolore, tessuto in una trama di sangue e follia, Naruto invece con molta sofferenza alle spalle eppure carico di una voglia di vivere contagiosa. Le loro vite si incroceranno, scatenando così una serie di eventi e di cambiamenti in entrambi... fino all'epilogo di questa storia, con una corsa disperata contro il tempo, con il cuore pronto a esplodere nel petto, nel tentativo di uno di raggiungere l'altro, che sia per la vita, o per la morte.
Nella speranza che vi piaccia!
***
Sasuke mi guardò, senza dir niente, fissò il rosso che tingeva la mia pelle, guardò dentro i miei occhi, scrutò, forse alla ricerca di qualcosa per cui urlarmi contro.
Provò a ritrarre la mano, ma la trattenni a me, stringendola, facendogli male là dove la ferita pulsava.
“Non mandarmi via” Pregai.
Le lacrime vicino ai suoi occhi non si erano ancora asciugate.
“Non mandarmi via” Lo abbracciai, tenendo ancora stretta la sua mano nella mia, sporcandomi di rosso la maglietta.
***
Genere: Drammatico, Erotico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Naruto Uzumaki, Sasuke Uchiha, Un po' tutti | Coppie: Naruto/Sasuke
Note: AU, Lemon, Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Nessun contesto, Contesto generale/vago
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Ho aggiornato prestissimo questa volta, e finalmente la prima scena un po’ più...ehm... beh, le altre arriveranno dopo, anche se fanno solo da corredo a qualcosa che mi preme di più, il rapporto tra questi due, persi, soli insieme...Naruto riesumerà i frantumi dell’anima di quell’Uchiha scuro e triste?

Beh, un grazie speciale a chi recensisce dandomi la voglia di continuare ad aggiungere capitoli a questa storia...spero vi piaccia! Un bacione grande!

A prestissimo con il capitolo 5!

Allyn, che spera di leggere tante vostre impressioni, consigli, insulti, pomodori!

 

Capitolo 4

Per tutto il tragitto dal piccolo supermercato a casa sua Sasuke non disse una parola,  si limitò ad un cenno del capo solo quando mi offrii di portare metà delle buste della spesa, poi niente, neppure una sillaba. A parlare fu solo il vento, il suo soffiare furioso tra gli alberi del viale che stavamo percorrendo, sempre più forte, nel buio di una sera gelida.

Il sole era già calato quando Sasuke si voltò, mostrandomi il suo viso, dato che fino a quel momento avevo solo visto il retro del suo giacchetto scuro e i capelli scompigliati e lisci venire carezzati dal vento; mi porse la busta della spesa e tirò fuori dalla tasca un mazzo di chiavi a cui era appeso un piccolo ciondolo a forma di ventaglio bianco e rosso.

“Vieni, entra” Sussurrò, e mi sembrò di scorgere una ruga di preoccupazione tra le sue sopracciglia nere.

Gli sorrisi, poi varcai la soglia di casa sua.

Pochissimi mobili e tanto spazio, stanze grandi, pareti chiare, fredde.

“E così questa è casa tua!” Esclamai guardandomi attorno. Avrei voluto dire che gli assomigliava, che era essenziale e algida, proprio come lui, ma mi trattenni.

“Già...” Borbottò, facendomi strada fino alla cucina, dove poggiai le buste della spesa.

Lo osservai, sembrava a disagio, con le mani nelle tasche del giacchetto che non si era ancora tolto, non capivo cosa lo preoccupasse tanto.

“Ehi Sasuke, mostrami la tv!” Gli dissi.

Si sciolse in un sorriso e mi guidò in salotto, dove finalmente si tolse la giacca, invitandomi ad imitarlo.

Neppure nei miei sogni più belli, un enorme schermo piatto troneggiava su una parete spoglia su cui spiccavano solamente due mensole chiare piene di libri.

“E tu...che ti ostinavi a guardare la tv a casa mia!” Borbottai per poi lanciargli un’occhiataccia.

Sasuke sospirò, poi si avviò al piano si sopra.

“Ehi, dove vai?” Chiesi.

“A fare una doccia e a cambiarmi, accendilo se vuoi” Mi sorrise, indicando un telecomando poggiato tra i cuscini del divano.

Annuii.

Dopo cinque minuti di programmi in HD sentii partire lo scroscio della doccia. Mi alzai, con il canale del telegiornale a tutto volume. Curiosai nel suo frigo, riponendo parte della spesa che avevamo fatto assieme, risi della sua scorta di pomodori, pelati, sott’olio, marinati, in conserva...poi tornai nell’ingresso, senza Sasuke in giro riuscii a guardarmi attorno con più attenzione, a leggere i tanti piccoli dettagli di solitudine che accomunavano quella casa alla mia. Un solo ombrello all’attaccapanni, un solo paio di scarpe oltre alle mie erano poggiate vicino alla porta, era una casa vuota, dove Sasuke viveva come un fantasma.

Lo immaginai, solo, vagare per quelle stanze così grandi, fredde, senza nessuno che si occupasse di lui, senza nessuno che si preoccupasse di farlo sorridere al mattino, o di preparargli il pranzo, di chiedergli se avesse bisogno di qualcosa, qualsiasi cosa, anche un abbraccio.

Avrei voluto salire quelle scale, raggiungere il piano superiore, correre da Sasuke e stringerlo, dirgli che capivo, capivo l’eco di un luogo così vuoto, capivo la tristezza, capivo i suoi occhi, avrei voluto dirgli che se voleva potevo rimanere lì, se mi voleva potevo rimanere con lui quanto desiderava, poteva rimanere con me, a guardare quegli insulsi programmi sulle televendite.

I piedi e le gambe mi tradirono, salii i gradini due per volta, vittima di ogni sorta di emozione,preso da una foga estranea; poi lo vidi.

Aveva lasciato la porta socchiusa, sicuro che non salissi. Mi dava la schiena, in piedi con la fronte contro le piastrelle blu del bagno, il getto d’acqua a carezzargli le spalle bianche e larghe, scivolando sulla linea dritta della colonna vertebrale e più giù, sul sedere tondo, bellissimo. Lo sentii ansimare pianissimo, per poi notare il suo gomito flesso, la mano persa, fuori dalla mia visuale, nascosta, davanti...si muoveva, lentamente.

Sasuke si stava toccando, come facevo io, la notte, o la mattina, sotto le lenzuola, in quegli ultimi tempi di nascosto e di fretta, nel mio piccolo bagno, mentre lui ancora dormiva tra le mie coperte, mentre lui, addormentato ignorava che nella mia testa ci fosse il suo viso, poi le sue labbra, poi il senso di colpa, mentre mi sporcavo la mano, mentre dopo, ipocrita lavavo via le tracce con il sapone.

Non riuscivo a muovermi, a non guardare, più sentivo il suo respiro divenire affannoso, più la sua mano aumentava la velocità del movimento, costringendo i muscoli dell’avambraccio a contrarsi, più il mio cuore si faceva pesante, più lo stomaco si chiudeva in una morsa...mi struggevo, di desiderio, di qualcosa che non riuscivo a spiegarmi, ma che una parte della mia testa catalogava come “sbagliato”.

Gettò un poco la testa all’indietro, i capelli bagnati sembravano fili d’inchiostro liquido, non ne avevo mai visti di così neri e luminosi.

Rimasi aggrappato a lui, alla sua immagine pallida e sottile, incredibilmente elegante anche in quel contesto, con le spalle che tremavano un poco per l’orgasmo, e la mano che rallentava la corsa fino a fermarsi del tutto, a carezzare quella parte di lui che non riuscivo a vedere e il cui solo pensiero mi mandava in cortocircuito sinapsi e neuroni.

Perché?

Mi risuonò in testa solo quella domanda, mentre mi allontanavo da lui, dalla sua bella figura, ora accovacciata nella doccia, mentre nei boxer sentivo il peso ingombrante della mia vergogna inappagata.

“Scusa” Pensai voltandomi, facendo per scendere, quando qualcosa attirò la mia attenzione.

Ad una parete del piccolo corridoio del piano superiore vidi affisse alcune foto, mi avvicinai, sia con l’intento di togliermi di dosso l’idea del corpo nudo di Sasuke, sia mosso dalla curiosità, erano le prime foto che notavo in quella grande casa.

Le prime erano normalissime foto di paesaggi, un tramonto, qualche collina, un piccolo villaggio di campagna. Seguii la scia di foto, percorrendo tutto il corridoio, fino a giungere ad una porta bianca, la aprii, senza curarmi di Sasuke, senza curarmi del fatto che mi avesse implicitamente chiesto di rimanere al piano inferiore.

La sua camera.

Non come l’avevo immaginata, dopo aver visto il resto della casa.

Ordinata, certo, immacolata nella pulizia e nell’organizzazione del mobilio ma...calda, rispetto al resto, vera, vissuta. Una pila di libri sulla scrivania, gli occhiali da lettura che utilizzava la sera, un maglione blu buttato su una sedia girevole, il poster di un gruppo Rock affisso ad una parete. La camera di un ragazzo, un ragazzo come me.

Come se Alice avesse avuto l’opportunità di visitare la tana dello sfuggente Bianconiglio, carpirne i segreti e misteri, mentre questo era assente, mentre questo non lasciava mai trapelare nulla, non spiegava mai il perché della sua fretta, così come Sasuke il perché del suo enorme dolore.

Un letto grande, molto più del mio, un piumone blu su cui troneggiava un dinosauro-peluche, immaginai ricordo d’infanzia. Lo sfiorai con la punta delle dita, fino ad afferrarlo, per poi rilasciarlo piano.

Su un piccolo comò a fianco del letto ticchettava una sveglia, poi eccole, due cornici, una grande e argentata, accoglieva il ritratto di una famiglia, madre dal sorriso dolce, padre impostato e un ragazzo simile a Sasuke, in braccio un bambino piccolo con gli occhi scurissimi.

La presi in mano e la guardai alla luce della abatjour azzurra.

Quel ragazzo con i capelli lunghi non era Sasuke, era suo fratello, e quelli alle loro spalle i genitori, capii in quel momento quanto la bellezza della madre dai capelli color ebano e gli occhi altrettanto scuri si fosse ben trasmessa ai due figli, e di come Sasuke avesse avuto ragione, quando mi aveva detto che la persona a cui assomigliava di più fosse suo fratello.

Sospirai, ripensando alla foto dei miei genitori, chiedendomi se anche lui ogni tanto parlasse con i suoi, o con quel ragazzo con i capelli lunghi.

Posai la foto e guardai l’altra cornice, era abbassata sul piano del comò, quasi fosse caduta, mi chiesi se inavvertitamente l’avessi urtata, ma non lo ricordavo, così la tirai su.

Un Sasuke piccolo, ma facilmente riconoscibile, con gli occhi nerissimi, ciglia fitte e volto sorridente. Immortalato per sempre con suo fratello, lì più grande, lo sguardo stanco e un sorriso sul volto bello, mentre abbracciava il più piccolo.

“Hai finito?” Una voce alle mie spalle, quella di Sasuke, mi fece sobbalzare per lo spavento, costringendomi ad abbandonare la presa sulla cornice, che cadde a terra. Lo schianto del vetro riempì il silenzio.

 

   
 
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