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Autore: thefallingrain    04/12/2013    3 recensioni
Taylor è una diciassettenne figlia di un ricco imprenditore londinese, ha due sole passioni: lo skateboard e il caffè.
E se per motivi lavorativi del padre Taylor si ritrovasse a traslocare in una piccola cittadina del North Yorkshire? E se si ritrovasse ad avere a che fare con un nuovo amore impossibile?
[ -è sbagliato.- Sussurrai abbassando la testa tristemente.
-Una cosa che ti fa sentire così bene non può essere sbagliata.-]
Genere: Commedia, Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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CAPITOLO SETTE - IT WILL RAIN
 
[punto di vista di David]

 «David?»
La voce di Taylor mi raggiunse esitante, strappandomi dai miei pensieri.
Quando mi voltai a guardarla l’unica cosa che mi venne in mente fu l’aggettivo adorabile.
Era stata adorabile quella sera quando mi si era stretta addosso seppur ubriaca, era adorabile ora che mi osservava lievemente accigliata probabilmente chiedendosi cosa mi avesse sconvolto in quel modo.
«Stai bene?» Continuò la ragazza.
Distolsi lo sguardo prima che i suoi occhi verdi mi catturassero di nuovo.
No, non stavo bene, il ricordo della dolcezza delle sue labbra mi tormentava dalla sera della festa.
Respirai a fondo tornando a guardarla.
 «Si, sto bene.»
Taylor mi guardò ancora per qualche secondo per poi stringersi nelle spalle e alzarsi unendo le mani e portando le braccia verso l’alto con un mugolio soddisfatto.
«Sei già stanca?» La provocai, anche se tra noi due quello disteso a terra, ero io.
Mentre lei mi regalava un’occhiata di divertito rimprovero provai ad alzarmi e mi resi conto che non ci sarei riuscito facilmente da solo.
Con un sospiro stanco mi lasciai andare nuovamente verso il pavimento sentendo il fianco pulsare dolorosamente a causa della caduta di poco prima.
 Il movimento attirò nuovamente l’attenzione di Taylor che si abbassò sedendosi sui talloni.
«Sicuro di star bene?» Mi chiese di nuovo mordicchiandosi leggermente il labbro inferiore, gli occhi che continuavano a vagare su di me.
«Sono solo un po’ ammaccato. Non sono più un ragazzino.» Accennai un sorriso per tranquillizzarla, ma nonostante i miei sforzi nel suo sguardo potevo leggere ancora un po’ di preoccupazione, così alzai una mano e le sfiorai attentamente  i capelli.
«Ehi…sto bene, davvero.» Sussurrai.
«Hum…cosa ci fai ancora lì per terra?» Domandò con un lieve sorriso sarcastico che sparì quando non le risposi,  affondai invece la mano tra i suoi capelli per arrivare a poggiarla sul suo collo.
«Io…» Esitai. Cosa stavo per dire? “Io ho una voglia matta di baciarti?”
«Aiutami ad alzarmi, per favore.» La pregai, abbassando la mano per potermi appoggiare al terreno mentre cercavo di tirarmi almeno a sedere.
Taylor mi passò un braccio intorno ai fianchi e mi sostenne mentre tornavo in posizione eretta, un po’ dolorante ma saldo.
«Grazie.» Le sorrisi, ma senza ottenere la sua completa attenzione.
Era impegnata ad osservare il cielo,  solo in quel momento mi accorsi che le nuvole si erano raccolte a nascondere il timido sole.
«Sta per piovere, ci conviene andare via.» Mi esortò a bassa voce, aiutandomi poi ad arrancare verso l’uscita, barcollando e ridacchiando sotto il mio peso. Quando scivolammo lungo il muro accanto alle sbarre del cancello d’entrata sembravamo due bambini, la nostra risata echeggiava nell’aria coprendo leggermente il suono rilassante della pioggia che aveva iniziato a battere copiosamente sull’asfalto.
«Cavolo, sei davvero pesante! Dove li nascondi tutti i chili?» Disse con un sorriso spensierato sul volto.
La osservai ridendo piano mentre si risistemava i capelli su una spalla, poi mi strinsi nelle spalle. «Forse sei tu che devi mettere su un po’ di muscoli.» Allungai una mano a prenderle un braccio, scrollandola delicatamente.
«Insomma, guarda qui! Niente muscoli!»
Lei scoppiò a ridere e mi guardò con ironia.
 «Beh, non credo proprio che tu nasconda una tartaruga sotto quel maglione!»Controbatté con tono di sfida.
«Vuoi controllare?» La stuzzicai tirandola piano verso di me. Il fatto che lei non si fosse opposta mi fece salire il sangue alla testa. Avrebbe potuto benissimo liquidarmi con una delle sue battutine, eppure si avvicinò e appoggiò una mano sul mio ventre con delicatezza, quasi come se avesse paura.
Distesi le gambe senza nemmeno sapere bene come ci fossimo trovati stretti l’uno all’altra, lei rannicchiata contro di me, le sue mani sul mio corpo e i suoi occhi ad un soffio dai miei.
«È sbagliato…» Sussurrò, probabilmente nemmeno lei sapeva a cosa si riferisse, e per un attimo mi chiesi se nella sua mente fossero riaffiorate le immagini della sera della festa, ma quel pensiero venne subito scacciato dal suo sguardo: mi osservava come avrebbe fatto  una lepre davanti ai fari di un auto, spaventata come se io la stessi travolgendo.
Alzai lentamente le mani e le circondai il collo, respirando a fondo il suo profumo di sigaretta e donna, quella dolcezza inebriante che avevo notato fin dalla prima volta che mi si era avvicinata.
La vidi chiudere lentamente gli occhi mentre si avvicinava a me e quando le sue labbra si posarono di nuovo sulle mie mi sentii come se stessi esplodendo.
Non pensavo alla nostra differenza d’età, al fatto che fosse una mia alunna, che qualcuno – i suoi genitori per esempio – avrebbe potuto vederci e saremmo potuti finire nei guai, in particolar modo io.
L’unica cosa che c’era era quella meravigliosa sensazione che agognavo da tanto tempo.
A separarci fu l’inizio di un vero e proprio temporale, facendoci allontanare di scatto quasi come se ci fossimo ustionati.
Lei tossicchiò imbarazzata, aveva le guance arrossate e gli occhi languidi, sembrava quasi che avesse bevuto di nuovo, ma nonostante ciò non riuscivo a non guardarla amorevolmente.
«Ora dobbiamo andare davvero.» Mormorò, alzandosi velocemente in piedi con i capelli già bagnati fradici.
Mi tese una mano che afferrai senza esitare, senza dire una parola, Con la paura che qualsiasi cosa potessi dire l’avrebbe fatta scappare, e non era ciò che volevo, affatto
 
 
 

L’unico momento in cui parlammo fu quando la convinsi a farsi offrire un passaggio fino a casa.
Dopo aver protestato per un bel po’ osservò sconsolata il suo skateboard e accettò.
Così salimmo in macchina in silenzio, non feci a meno di chiedermi cosa le stesse passando per la mente.
Forse si stava chiedendo che razza di uomo fossi e se era mia abitudine andare in giro a baciare diciassettenni.
«Non so dove abiti, dovrai darmi le indicazioni.» Dissi bruscamente, me ne resi conto anche da solo, ma il nervoso che mi attanagliava lo stomaco mi impediva di comportarmi normalmente.
L’avevo baciata alla luce del giorno e lei non ricordava che in realtà era stata lei la prima a farlo.
Merda.
«Va bene.»
La guardai con la coda dell’occhio, era rannicchiata contro la portiera come se avesse paura che le saltassi addosso da un momento all’altro. Nel darmi le indicazioni quasi sussurrava, come se non fosse veramente presente, e ancora una volta mi chiesi cosa stesse pensando.
E se con il gesto avventato di poco prima l’avessi spaventata?
Alla fine arrivammo nel cortile di casa sua, una volta spenta l’auto il silenzio calò tra  noi.
Fui io a parlare per primo, non riuscivo più a tenermi dentro quello che lei, probabilmente non ricordava.
«Taylor, io…»
«Dimmelo.» Sembrava avesse capito che ci fosse qualcosa di cui non era pienamente a conoscenza.
Mi passai una mano sul viso e sospirai leggermente prima di voltarmi a guardarla.
Con quella risposta avrei potuto cambiare tutto.  
«Ricordi sabato sera? Quando ti ho riportata alla festa?»
«Uhm.» Mugugnò pensierosa.
Esitai ancora un istante, poi scrollai le spalle.
«Mi hai baciato.» Svuotai il sacco.
«Cosa?!» Scattò sul sedile come se le avessero fatto l’elettroshock provocandomi un sussulto.
Sembrava così sconvolta dalle mie parole che avrei voluto non averle mai dette.
«Taylor, eri ubriaca, non sapevi cosa stavi facendo!» Cercai di calmarla, ma ogni parola che dicessi non sembrava tranquillizzarla affatto. La guardai negli occhi, così intimorita e confusa che  avrei voluto abbracciarla, ma non ci provai nemmeno perché sapevo che l’unica cosa che avrebbe voluto fare in quel momento fosse fuggire, nascondersi.
«Ma prima sì!»
Quella replica mi mise a tacere. Non si era ribellata al mio bacio poco prima, anzi, aveva fatto tutto il contrario.
«Grazie per il passaggio.» Mormorò in fretta aprendo la portiera per scendere, era imbarazzata.
Mi allungai velocemente verso di lei per prenderle un polso portandola a girarsi nuovamente verso di me.
La guardai per qualche secondo per poi lasciarla andare di nuovo.
 
[punto di vista di Taylor]
 
Mi chiusi la porta di casa alle spalle e mi ci appoggiai tremando, senza sapere se fosse per il freddo della pioggia o per quello che era appena successo.






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ANGOLO DELL'AUTRICE


Buon pomeriggio lettrici!(o almeno,voi che siete ancora qui dopo questa luuuuuunga pausa)
Da dove iniziare....
Prima di tutto chiedo mille volte scusa per non aver pubblucato per un'infinità di tempo, ma con l'inizio della scuola non trovo mai il tempo e le condizioni adatte per scrivere, tuttavia avevo pensato di continuare a scrivere i capitoli a 4 mani con qualcuna ma niente da fare... non ho trovato nessuno disposto ad aiutarmi almeno nella stesura principale!
Quindi per il momento i capitoli saranno piu corti ( come potete notare da questo) in modo da essere meno impegnativi da scrivere.
 Se tra di voi c'è qualcuno che ha gia scritto o che potrebbe essere interessata ad aiutarmi si faccia pure avanti!
Detto questo, le cose tra i nostri due protagonisti iniziano a farsi piu interessanti... chissà.
Grazie mille a chi recensisce, a chi inserisce nei preferiti, nelle ricordate e nelle seguite; spero di leggere delle recensioni e magari anche delle critiche in caso.
Al prossimo capitolo!
Shell :)

 
  
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