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Autore: masked_lady    07/05/2008    3 recensioni
Hook è stato inghiottito dal coccodrillo, ma è davvero morto? E soprattutto, la sua anima è davvero nera? La storia di un uomo affascinante, crudele e senza pietà il cui cuore di ghiaccio sarà scaldato da qualcuno di molto speciale.FINORA NOTO CHE MOLTI LEGGONO MA POCHI LASCIANO RECENSIONI. PER FAVORE, RECENSITE, SIA IN POSITIVO CHE IN NEGATIVO. MI FA PIACERE SE COMMENTATE. BACI
Genere: Romantico, Fantasy, Erotico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Guarito

Guarito

Trascorse una settimana. Una settimana di sguardi più eloquenti delle parole. Non avevano parlato molto, in verità, ma quel poco che si erano detti, anche se riguardava ferite e metodi per curarle, portava con sé mille pensieri.

Hook era sempre meno padrone di se stesso e la cosa lo infastidiva indicibilmente, ma tanto non poteva farci nulla. Era troppo tardi, anche se non se ne rendeva pienamente conto. In quella settimana sentiva come ore i minuti che Arabelle trascorreva lontano dalla stanza dove lui era sdraiato. Era molto più in forze rispetto ai giorni precedenti, tanto che era riuscito ad alzarsi dal letto e a mettersi seduto più comodamente su una poltrona di broccato che si trovava in un angolo della stanza. La ragazza trascorreva molto tempo con lui, ma da quando avevano dormito insieme la notte del suo delirio, si era fatta più seria, taciturna, un vero fiore d’acciaio. Impenetrabile come un diamante.

I suoi silenzi erano particolarmente inquietanti per Hook, che spesso la guardava leggere per lui o finire di medicarlo come a voler svelare almeno uno dei suoi tanti misteri. Primo dei quali era sicuramente la sua impossibile bellezza. Ogni giorno sembrava più radiosa almeno nei lineamenti. O forse era lui che la vedeva così? Fatto sta che quando si trovava vicino a quella pelle, quei capelli e quel volto, egli non desiderava altro che avvicinarsi e toccarli. Contemporaneamente sentiva anche quella strana sensazione che gli diceva di non profanare quella bellezza anche solo sfiorandola. Questo poi era un fatto ancora più strano ed irrazionale del suo desiderio di lei: lui aveva sempre trattato le donne con poco rispetto, in particolare le sue amanti. Una donna non poteva essere profanata dal tocco di un uomo, secondo il suo modo di pensare: era a quello che servivano le donne. E allora perchè lei avrebbe dovuto essere differente?

Non sapeva come comportarsi. Non lo sapeva e ciò lo irritava profondamente. L’unica cosa che riusciva a consolarlo da quella situazione a lui così estranea e sconosciuta era la consapevolezza del fatto che stava guarendo. Sentiva le forze animargli di nuovo i muscoli in tutta la loro potenza. Non mancava molto al momento della libertà.

Della libertà o della solitudine? Si chiedeva continuamente.

Un altro mistero che non era riuscito a svelare era quello della misteriosa voce che cantava la notte o al mattino presto. Durante quella settimana l’aveva udita altre volte, ognuna delle quali aveva sortito su di lui il medesimo effetto. Quando sentiva quei suoni celestiali, era come se un laccio lo afferrasse stretto al petto e stringesse fino a dolergli. Poi il laccio cominciava a diventare quasi parte di lui, a fondersi con la stessa natura del suo essere. Improvvisamente, infine, svaniva nel nulla, lasciando al suo posto un vuoto incolmabile. Che cosa poteva essere? Quale forza misteriosa al mondo poteva avere un tale effetto su di lui, che aveva il cuore di pietra e l’anima dannata come l’Inferno al quale era destinato?

In quei giorni stava scontando ancora il contrasto tra mente e cuore. Un contrasto che non era in grado di fronteggiare.

Quando la settimana terminò, si sentiva ancora più collerico e adirato con se stesso e con il mondo intero, e anche con Arabelle, per avergli sconvolto l’esistenza a tal punto. Ciononostante non poteva fare a meno di lei. Lui, uomo, pirata anche se raffinato a suo modo, desiderato da tutte le donne dell’isola dei pirati, temuto, rispettato, riverito, assassino, lui non riusciva a fare a meno di quella donna. Quella donna che era poco più di una fanciulla, con ben diciassette anni meno dei suoi e molto più cuore di quanto lui ne avrebbe mai potuto sognare. Lui aveva bisogno di lei.

Quanto tempo era trascorso da quando lui era stato portato da lei nel castello? Quarantacinque giorni, a detta di lei. In quarantacinque giorni Arabelle aveva penetrato la cortina di ghiaccio che gli rivestiva il cuore e lo aveva reso impotente di fronte a qualcosa che mai aveva saputo controllare: i sentimenti. Quegli stessi sentimenti che persino Peter Pan era riuscito infine a provare, portando la sua piccola Wendy con sé nel suo mondo. Quei sentimenti che solo a lui, ormai erano rimasti preclusi. E che ancora lo erano, perché una parte di lui vi si opponeva con tutte le sue forze, chiamando Arabelle strega e lui sciocco e debole.

All’esatto scadere della settimana, Hook era deciso a porre fine a quello straziante conflitto interiore, in un modo o in un altro. Arabelle era stata con lui per tutta la mattina a per buona parte del pomeriggio. Infine, quando erano ormai le sei, ella si congedò rapidamente da lui, dicendo che aveva bisogno di riposare anche lei. Promise che sarebbe tornata quando fosse stato il momento di cenare.

Hook la vide andare via a malincuore, ma non disse una parola. Rimase sulla poltrona a riflettere e aspettando che arrivasse l’ora di cena con un’impazienza che smentiva la sua collera nei confronti della situazione.

Non passò mezz’ora da quando lei si era assentata che egli trasalì nel sentire di nuovo, per l’ennesima volta in quei giorni, quella voce. Stavolta i suoni che emetteva erano molto meno tristi e malinconici. Sembrava una canzone che recava gioia più che dolore. Inoltre, Hook riconobbe che la lingua non era elfica. Non seppe distinguerla, ma fu certo che non si trattasse di uno dei dialetti di quello strano popolo. Durò più del solito stavolta, e come sempre lui attese che smettesse assaporando ogni nota, ogni accento di quella meravigliosa voce che lo rapiva. Provò le solite sensazioni e strinse quasi convulsamente i braccioli della poltrona tanta era la concentrazione su quei suoni. Quando il canto cessò, portò la stessa sensazione di vuoto che sempre generava nell’uomo. Egli fu tentato di chiamare Arabelle come aveva fatto quando gli era salita la febbre, ma pensò che non fosse necessario. La ragazza doveva essere distesa in quel momento, forse addirittura addormentata. Si ripromise, tuttavia, di parlarne con lei non appena gli avesse portato la cena.

Era ancora di quell’opinione quando Arabelle fece il suo ingresso nella camera, portando con sé un piatto dal quale proveniva un profumo molto invitante. Era splendida, con i soliti pantaloni neri a fasciarle le gambe superbe e tornite e una camicia nera da donna stavolta. Questo fatto era un cambiamento apparentemente banale ma notevole nel risultato: la stoffa leggera le disegnava la vita ed una scollatura modesta le incorniciava un decolletè perfetto e delicato. I capelli sciolti ravviati all’indietro erano una morbida cascata di onde e boccoli perfettamente disegnati. Era seria, impassibile, quasi, ma gli occhi le brillavano di una luce che avrebbe potuto illuminare l’isola intera.

« Sono riuscita a pescare stasera. » lo disse con poco entusiasmo, ma Hook sapeva che era contenta di aver procurato qualcosa di diverso dalle bacche come pasto. Molte volte era già accaduto che ella portasse al castello un pesce o una pernice, che poi aveva fatto arrostire su un focolare di fortuna.

« Devi mangiare. » gli disse, sedendosi in maniera composta accanto a lui. Forse troppo composta, quasi rigida. Hook cominciò a trafficare con un filetto di pesce che probabilmente era stato pescato nel laghetto poco distante dal castello. Era stato ben cucinato, anche se la sua preparazione era stata arrangiata secondo le possibilità offerte dalla situazione.

Mentre mangiava osservò attentamente la ragazza e notò che sembrava inquieta. Quando aveva finito metà del pasto, ella si alzò dal letto e cominciò a passeggiare avanti e indietro lungo la stanza, con lentezza esasperante.

« Arabelle » la chiamò lui appena ebbe finito « ho una domanda »

« Parla! » disse lei tornando ad avvicinarsi a lui e con voce nettamente più naturale.

« Io… » per quanto non fosse un uomo con peli sulla lingua, Hook trovava difficoltà a farle la domanda che tanto aveva desiderato porle. « Io ho sentito qualcosa prima che tu arrivassi. ».

« Sarebbe? » domandò lei, guardandolo curiosa.

« È una voce. Sicuramente si tratta di una voce. L’ho sentita molte volte da quando sono qui…una volta persino sulla spiaggia, prima che mi trovassi. » prese un bel respiro « Tu non hai mai sentito nulla? »

Arabelle lo guardò attonita « No. Assolutamente no! » scosse la testa per enfatizzare la risposta.

Lui la guardò incredulo ed insistente « Ne sei sicura? »

« Si. » disse lei « Ma perché ti interessa tanto? »

Questa era la domanda che temeva di più in assoluto. Se l’era anche aspettato, ma aveva sperato fino all’ultimo che non glie la rivolgesse. Ma ora non restava altro da fare che dire la verità. Magari non tutta, ma la verità.

« È da tempo che voglio sapere di chi è quella voce così strana. »

« Strana? Perché la definisci in questo modo? » lo interruppe lei

« Perché è troppo bella per essere vera. È come se fosse magica. » spiegò lui soprappensiero, cercando le parole giuste per descriverla « Ho sentito alcune volte della musica elfica, che è tra le più celestiali al mondo, ma mai ho sentito qualcosa che si avvicinasse allo splendore di quella voce. » Si fermò per osservare Arabelle in volto. Quelle parole sembravano così strane pronunciate da lui, con la sua voce roca e profonda, graffiante.

« È dunque così bella? » la ragazza sembrava incredula

« No! » disse lui « È più che bella. Se non l’hai mai sentita non puoi comprendere. Mi ha rapito. »

Arabelle era più seria che mai « Quando l’hai sentita l’ultima volta? »

« Poco più di un’ora fa. ».

« E cosa cantava? »

« Non saprei dirlo. » rispose, sforzandosi a tal punto per non cedere al ricordo delle sensazioni che aveva provato che strinse a pugno la sua unica mano. Era solito fare quel gesto quando era in difficoltà a sotto grande fatica mentale. « Ma una volta ho riconosciuto un dialetto elfico in una ballata molto triste. Troppo triste per una persona sola. Sembra che ogni volta canti in una lingua differente. »

« E l’hai udita la prima volta la sera che ti ho portato qui? »

« Si. Sulla spiaggia. Proprio prima di perdere i sensi. ». Non capì perché gli avesse rivolto quella domanda, dato che ne conosceva già la risposta.

Dopo un attimo di silenzio, Arabelle scoppiò a ridere. Hook la fissò incredulo, stranito da quella reazione così strana. Lei rideva e rideva. Rise fino alle lacrime, eppure con una compostezza senza pari. Ogni tanto l’uomo vedeva che tra le risate lei lo guardava e lui non poteva fare a meno da pensare che si era reso ridicolo di fronte a lei. Lui. Lui ridicolo di fronte ad una donna.

Maledetta ragazza! Per colpa tua sono vulnerabile. Non so come né perché, ma è così che mi sento.

Arabelle nel frattempo continuava a ridere e a ridere, tenendosi lo stomaco. Era così bella quando rideva! Le si illuminava ancora di più il volto, mentre le si disegnava una lieve fossetta ai lati della bocca. I capelli ondeggiavano seguendo i fremiti del suo petto; la pelle lievemente arrossata.

« Che diamine hai da ridere? » Non riuscì ad essere brusco come avrebbe voluto, aveva quasi rinunciato a provare ad essere come era sempre stato, con lei ma si sentiva che era chiaramente irritato dal comportamento della ragazza, che non aveva nemmeno fornito spiegazioni al riguardo.

Finalmente Arabelle parve calmarsi e lo guardò dritto negli occhi sorridendo. Non era un sorriso lieto, però, ma quasi mesto. « Rido perché la sorte è buffa Jason Hook. »

Hook si fece sospettoso « Che diavolo stai dicendo? »

La giovane sorrise ancora, poi si alzò in piedi e fece alcuni passi verso il centro della stanza, dandogli le spalle.

« Dannazione! Dove pensi di andare? Mi devi almeno delle spiegazioni!! » Era adirato stavolta. Davvero adirato.

« E le avrai le tue spiegazioni, non temere. » Rispose lei, quasi un sussurro. Gli dava ancora le spalle e dopo un po’ Hook cominciò a domandarsi seriamente se ella non si stesse prendendo gioco di lui. Poi, però, Arabelle fece un respiro profondo e accadde l’impensabile.

When I saw you I was stunned, afraid

Because you were all I wanted and all I was scared of

Then I knew you and my soul began to be yours.

( Quando ti ho visto ero attonita, spaventata perchè tu eri tutto ciò che volevo e che temevo, poi ti ho conosciuto e la mia anima ha cominciato ad essere tua )

Era la voce che aveva udito! In quel momento, seppure la voce della ragazza gli stava infondendo le stesse emozioni di sempre, Hook era anche incredulo oltre ogni dire per quella scoperta.

Dunque la voce misteriosa…era quella di Arabelle! Non è possibile! Devo stare sognando… non può essere… E invece, sebbene tentasse di trovare un modo per dimostrare a se stesso che non si trattava di lei, non c’era nulla da fare. Avrebbe riconosciuto quel timbro tra mille se glie ne avessero proposti tanti. Quegli accenti celestiali che facevano vibrare le note più dolci e tristi mai scritte erano gli stessi che lo avevano tenuto sveglio la notte, a domandarsi chi fosse l’essere dotato di un talento simile.

What should I do now?

Have I to love you? To kill you?

I’d kill you if this would be the way,

The way to set me free.

( Cosa dovrei fare ora? Devo amarti? Ucciderti? Ti ucciderei se questo fosse il modo per rendermi libera )

Hook aggrottò la fronte e ascoltò, chiudendo gli occhi. Assaporava ogni sillaba pronunciata da quelle labbra d’angelo. Labbra che ora non poteva vedere, perché Arabelle gli stava dando ancora le spalle. Che avesse paura di guardarlo? Eppure non ne aveva mai avuta….

No, I can’t kill you

It would be another way to kill myself and I don’t want this for us.

So I’ll kill myself

Only then you’ll be able to see me and understand

Only then you’ll love me.

( No, non posso ucciderti, sarebbe un’altro modo di uccidere me stessa. Allora mi uccido; solo allora sarai capace di vedermi e di capire. Solo allora mi amerai. )

Con un ultimo, profondo suono, la canzone si spense, lasciando un eco prolungato e il vuoto nel petto di Hook, che sembrava come fosse in trance. Teneva ancora gli occhi chiusi, per concentrarsi completamente sul suono e non perdere neppure un secondo di quel canto. Quando l’eco fu spento, egli aprì gli occhi, ma aggrottò ancora di più la fronte. Guardò Arabelle che ancora era di schiena e pregò dentro di sé che si voltasse. Fu esaudito, perché la ragazza si girò molto lentamente per guardarlo a sua volta. Aveva gli occhi lucidi, probabilmente commossi dalla canzone che lei stessa aveva cantato. Per il resto era impassibile, diritta e fiera come una dea.

« Ora hai avuto la tua risposta. » gli disse, con voce ferma « E anche le tue spiegazioni. »

Hook non potè fare altro che fissarle gli occhi lucenti di lacrime non versate e sussurrare « Si. »

« Sei soddisfatto? » continuò a domandargli.

« Si! » un altro sussurro. Era come se la capacità di parlare gli fosse stata tolta improvvisamente. Avrebbe voluto dire mille cose, invece riuscì soltanto a formulare quella risposta sintetica e monosillabica che aveva dato. Si sentiva stranamente leggero. Leggero e pesante al medesimo tempo, colmo e vuoto, triste e felice, adirato e calmo. Che cosa mi sta accadendo?

Nessuno dei due parlò per un po’ , poi Arabelle si avvicinò nuovamente al letto dove Hook era disteso, fino ad arrivargli di fianco.

« Devo controllare il taglio » Egli sapeva a quale si riferiva. Il taglio che si era procurato sul petto era l’unico che aveva impiegato molto tempo per cicatrizzarsi. Arabelle gli scoprì il petto e osservò con attenzione la ferita. Ma a quel punto non c’era più nessuna ferita. Al suo posto una sottile cicatrice che attraversava il torace dell’uomo in tutta la sua ampiezza. Vi posò sopra una mano, delicatamente. Hook quasi gemette per quel contatto così lieve e così agognato da parte sua. Quando lei lo toccava, o lo sfiorava anche lievemente, in lui si accendeva un fuoco che non aveva mai provato in tutta la sua esistenza. E quello stesso desiderio ora lo aveva totalmente imprigionato, costretto a subirne l’autorità come uno schiavo subisce quella del padrone. Involontariamente, ma con necessaria, devota, obbedienza.

« La ferità si è completamente rimarginata. » osservò la ragazza « Le tue forze? »

Hook la guardò intensamente « Mi sento vivo. »

« Vuol dire che ti senti in forze? »

« Si. Decisamente si. » Effettivamente, l’uomo si sentiva molto bene. Ora poteva camminare e muoversi con la stessa agilità e forze che aveva prima del suo scontro con Pan e poi con il mostro.

« Allora posso dirti che sei completamente guarito. » sentenziò la ragazza.

« Completamente? » Il pirata sembrava scettico. In realtà non si aspettava di guarire tanto velocemente. Inoltre sapeva che cosa lo aspettava una volta finita la convalescenza.

« Si, Jason. Completamente » confermò lei « tra due, tre giorni al massimo potrai tornare alla Jolly Roger ».

Sentendo quelle parole, qualcosa si risvegliò nell’uomo. Non seppe cosa, ma fece svanire tutti i dubbi, le indecisioni e le inconsapevolezze riguardo lo strano incantesimo che Arabelle aveva fatto su di lui.

La ragazza aveva tenuto la mano sul petto di lui tutto il tempo, e ora stava lentamente scostandola con l’intenzione di uscire dalla stanza. Non fece in tempo, perche Hook vi mise sopra la sua, imprigionando la piccola mano di lei tra il suo petto e le sue dita.

« Tu cosa farai? » le chiese.

Arabelle sorrise « Io? Cosa mai potrei fare io, Jason Hook? » disse tristemente « Io andrò per la mia strada. Lascerò questo castello al più presto. Ognuno tornerà al suo posto, come desideravi. » Lo guardò nel profondo degli occhi « Anche io mantengo la parola data. ».

Hook non era più padrone di sé in quel momento. Lui che era sempre stato privo di sentimenti che non fossero odio e rabbia, sempre controllato, attento a non far trasparire nulla che non fosse la malvagità che lo animava, non sapeva più controllarsi. Era accaduto tutto in un istante, o forse era lui che non si era reso conto di quanto quella giovane creatura avesse aperto una breccia nel suo cuore, rendendolo sensibile a lei. Ora si sentiva attraversato da brividi e spasmi e i suoi occhi mandavano lampi. Non riusciva a pensare se non alla ragazza che aveva di fronte.

« Vieni con me! »

Arabelle fu sconcertata da ciò che aveva udito. « Cosa? »

« Vieni con me! » ripetè lui più forte, stringendo di più le piccole dita di lei « Sulla mia nave. Vieni con me sulla Jolly Roger. »

Era serio. Si sentiva chiaramente che era serio, che non stava scherzando. Era completamente fuori controllo. La voce che dentro di lui avrebbe subito detto che era stato uno sciocco a proporre una cosa simile, nemmeno parlò: tacque. Era come se fosse morta.

Arabelle rimase completamente immobile « Perché? »

Lui la fissò con trasporto. Come se avesse voluto perdersi in quegli occhi scuri e profondi come un lago. « Ho bisogno di averti con me. ».

« Stai delirando ancora? » Quelle parole erano rivolte più a se stessa che a lui. Infatti le pronunciò con un tono così basso che lui le udì appena.

« Dico sul serio, Arabelle. Vieni con me » stavolta scandì con cura ogni parola, come per marcare l’intensità con cui desiderava la risposta affermativa di lei.

Ella rise piano, tristemente « E cosa potresti mai fartene di me? » era seria ma anche un po’ sarcastica « Non sono certo capace a maneggiare la spada, o le armi da fuoco. Sarei solo un intralcio per voi. ».

« Troverei chi ti ha portata qui. Ti vendicherei. ».

Arabelle scosse piano la testa, in maniera quasi infantile « Non sembri più in te, capitano… »

« Infatti è così maledizione!!! » quasi gridò. « Non sono più in me, per colpa tua, dannata ragazza. » Si alzò a mezzo busto, ma era ben lungi da lasciare andare la mano della ragazza. « Però dicevo sul serio. Saresti al sicuro sulla mia nave e i miei uomini ti proteggerebbero se glielo ordinerò. »

Lei rimase muta. Ferma e muta, con lo sguardo fisso sugli occhi di ghiaccio dell’uomo che aveva davanti.

« Non dovresti più temere chi ti cerca. » insistette lui.

« Ma non dovrei forse temere te? » disse lei, sempre più inarrivabile, più altera « Tu non rappresenti forse un pericolo per coloro che ti stanno accanto? Tu, feroce assassino dall’odio bruciante come l’inferno, vorresti che io ti seguissi. »

« Ti proteggerei, come tu hai salvato me. »

« E dovrei fidarmi di te? E per cosa? » Arabelle era seria e sconsolata. Estremamente razionale anche in una situazione come quella. « Tu volevi uccidermi. » gli ricordò.

Hook rimase zitto per un attimo. Era vero. Aveva desiderato molto ucciderla in un primo momento, ma poi quell’intenzione era diventata impossibile per lui almeno quanto lo sarebbe stata l’affondare volontariamente il suo vascello.

Si alzò in piedi, cercando di trattenere la mano di lei nella sua. Sforzo che fu inutile, dal momento che lei si liberò non appena la stretta di lui ebbe ceduto minimamente. Tuttavia, non si allontanò.

« Dovresti, si! » le disse, avvicinandosi sempre di più a lei. « Perché non riuscirei ad ucciderti, dannata ragazza, come non vi sono riuscito in tutto questo tempo. »

Stavolta Arabelle fece un passo indietro, guardandolo a metà tra il sospettoso e lo speranzoso. « Perché te l’ho impedito. »

« Tu credi? » le disse, con rabbia « È vero, ma non nel senso che intendi tu, Arabelle. Pensi davvero che non sarei stato capace di ucciderti quando eri distratta? O magari di sorprenderti la notte mentre eri addormentata? » Si stava avvicinando sempre di più a lei e la giovane arretrava ad ogni passo di lui, avvicinandosi sempre di più al muro dietro di lei. Arabelle non sapeva cosa rispondere a quelle parole. Effettivamente lui avrebbe potuto ucciderla molte volte, ma non l’aveva fatto.

« Avevi bisogno di me. » mormorò, con lo sguardo fermo e fiero.

A quelle parole Hook si illuminò di una luce quasi folle, gli occhi che mandavano bagliori cupi e penetranti come mai lo erano stati prima. I muscoli delle braccia e delle spalle guizzarono. « È vero. E ho ancora bisogno di te. » le disse « Più di prima adesso, ho bisogno di te. ».

Arabelle scosse la testa « Sei guarito ora. »

« MALEDIZIONE! PERCHè NON CAPISCI? ». gridò con tutto il fiato che aveva in corpo e la ragazza sussultò suo malgrado.

Hook era completamente fuori di sé. Continuava ad avvicinarsi a lei lentamente, ma inesorabile. Alcuni passi dopo, Arabelle toccò il muro con la schiena. Lui era a pochi centimetri da lei, quindi non aveva via di fuga. Rimase impassibile e controllata, al contrario di lui, a guardarlo in volto. Quel volto affascinante e virile, bello, che la scrutava dalla sua altezza, ben superiore a quella di lei. A quel punto non rimaneva altro da fare se non mettere le carte in tavola.

« Capisco. » sussurrò.

L’uomo la guardò per diversi istanti, intensamente, con lo sguardo più dolce e passionale che si possa immaginare. Non se ne rendeva neppure conto, ma ormai era così. Quella ragazza gli era entrata dentro in modo irreparabile.

« Capisci? » le sussurrò di rimando, sempre più vicino « Dimmelo. Voglio che tu lo dica con le tue labbra. »

Arabelle lo guardò, anche lei con trasporto, anche se non folle e incontenibile come quello di lui. « Ho capito! ». Lo disse piano, ma Hook potè udirlo chiaramente e qualcosa si mosse dentro di lui.

Le si fece ancora più vicino, una mano non sarebbe passata attraverso i loro corpi, tanto essi erano vicini l’uno all’altro. Con la mano destra, Hook afferrò delicatamente ma saldamente la vita sottile della ragazza, attirandola ancora più vicina a sé e alzandola un po’ da terra, tanto che lei dovette mettersi in punta di piedi. Arabelle non oppose resistenza, ma continuò a guardarlo mentre la stringeva al suo petto forte e ampio.

Quando lui si fermò, per guardarla ulteriormente, lei lesse qualcosa di straordinario in quegli occhi di norma freddi e in quei lineamenti aristocratici contorti in un’espressione di gioia e dolore al contempo. Alzò piano il braccio destro e lentamente posò la mano sul volto di lui, aprendo a ventaglio le dita sulla guancia sinistra dell’uomo. A quel contatto così dolce e carezzevole, Hook chiuse per un momento gli occhi e aumentò la presa sulla vita di lei. Fu un attimo. Forse anche meno. Fu lei a muoversi per prima, lasciando di stucco il pirata. Si sporse lievemente, sorretta dalla presa salda del braccio di lui e tenendogli la mano sul volto si avvicinò a lui. Un secondo dopo, Arabelle poggiò le labbra si quelle di lui. L’emozione che si generò in Hook fu talmente forte che egli non riuscì a reagire di fronte a quel gesto. Dopo poco, la ragazza si scostò da lui di qualche centimetro. Solo allora egli l’afferrò con entrambe le braccia e portò la sua unica mano sulla schiena di lei, afferrandola saldamente. Si chinò su di lei e la baciò a sua volta, ma il suo non fu un bacio casto. Arabelle schiuse le labbra consentendogli di rendere il bacio profondo, travolgente.

Sebbene il bacio fosse carico di un desiderio che non poteva essere frenato, Hook si rese conto che in esso non vi era nulla di volgare, come invece era sempre stato con tutte le sue donne. Continuarono a baciarsi per diverso tempo. Arabelle si strinse a lui portando entrambe le mai a stringersi sulla nuca dell’uomo, affondandole nei suoi capelli in una carezza celestiale.Hook sentì che le viscere gli si contorcevano, che il cuore martellava nel petto e che tutto intorno a lui sembrava girare vorticosamente, lui ed Arabelle i soli ed unici punti fermi.

La giovane poteva sentire i muscoli pel petto scoperto di lui guizzare velocemente, mentre attraverso la stoffa dei pantaloni sentiva crescere qualcosa che urgentemente chiedeva di essere ascoltata.

Eppure, presto, Arabelle si scostò da lui, anche se rimase all’interno della sua stretta. Entrambi avevano il respiro irregolare per la mancanza di ossigeno e per l’emozione improvvisa.

« Vieni con me. » sussurrò ancora lui, poco distante dalla sua bocca. « Ti prego, vieni con me. » ripeteva quelle parole come una nenia, aritmicamente, continuamente, sulle labbra di lei.

Arabelle si allontanò ancora per guardarlo « Giura che sarò al sicuro. »

« Lo giuro. » disse lui, la fronte corrugata dalla serietà e dalla voglia irrefrenabile di baciarla di nuovo.

« Allora, Jason Hook, tra due giorni tornerai alla Jolly Roger… » gli disse piano « e io sarò con te. » Non sorrise mentre lo diceva, ma strinse le spalle di lui, da ciò egli comprese che non scherzava.

In quel momento Hook si sentì leggerissimo. Era una sensazione che non aveva mai provato e che lo sopraffaceva. Tentò di baciarla di nuovo, ma Arabelle si ritrasse e si liberò dalla sua stretta.

« Devi riposare. » gli disse piano, guardandolo negli occhi. Era così bella in quel momento, così umana. Diversa dalla regina indomita che sapeva essere. « E anche io. »

« Ma… »

« No. Dobbiamo essere in forze per affrontare i giorni che verranno. » disse subito lei. Non gli diede il tempo di ribattere ed uscì dalla stanza con passo svelto, lasciandolo solo con i propri istinti e con il proprio battito cardiaco, che martellava furiosamente.

  
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