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Autore: TheNaiker    05/12/2013    1 recensioni
Hinamizawa, l'estate del 1983 è passata. Ma la felicità sognata da Rika è stata davvero raggiunta? I problemi dei suoi amici sono forse stati risolti, ma la felicità è una gracile piantina per cui bisogna lottare in continuazione, per evitare che essa appassisca. L'arrivo di nuovi personaggi ed eventi e gli effetti di quelli vecchi si intrecciano, in una nuova e difficile avventura.
Genere: Avventura, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: Traduzione | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Capitolo 56: Ali richiuse



Ibaraki, 2 Marzo 1984

Un rombo sordo e tonante corse per tutta la sala del piano terra, ed una nuvola di polvere saturò l'aria rendendola densa e fuligginosa. Nessuna delle persone dentro l'ambiente aveva potuto vedere alcunché, erano stati costretti a serrare le palpebre per proteggere i loro occhi da fumo e detriti, ed avevano dovuto attendere che quella specie di nebbia si diradasse, prima di cogliere il significato di ciò che aveva appena avuto luogo. Sia le colonne ornamentali accanto alla porta che conduceva al primo piano che quelle adiacenti all'uscita per pedoni erano collassate e quindi crollate, formando cumuli e montagnole di macerie che ostruivano totalmente il passaggio. Le due tagliafuoco in questione erano forse rimaste illese, ma ora erano come chiuse a chiave, l'ammasso di pietre e cemento non permetteva a nessuno di raggiungerle ed aprirle.

E l'artefice di quelle bomba si ergeva adesso di fronte a loro, manifestando compiaciuto una pazza allegria. Il suo look era piuttosto sciatto, indossava solo un paio di blue-jeans logori e sdruciti ed una sporca maglietta grigia la cui manica era strappata, facendo sì che la stoffa cadesse dalla spalla fino al braccio come fosse un vecchio straccio semplicemente poggiato sulla sua pelle. Quell'essere non si curava del suo aspetto esteriore, era un misantropo che non degnava di stima le opinioni altrui, ma il suo aspetto sconcio e dimesso non era quello che stava attirando l'attenzione, in quell'istante.

“Stavi aspettando me?” gracchiò il nuovo venuto sprezzante, desideroso di fare il bulletto e di irritare il ragazzo, il quale ricambiava fissandolo con fare arcigno.

“Diciamo di sì. Eri tu che facevi suonare l'allarme del metal detector anche se non indossavo nessun oggetto metallico, vero? Ci stavi osservando, magari con una microcamera, e quindi ogni volta che andavo sotto i sensori tu schiacciavi uno di quei bottoni...”

“Vedo che hai fatto centro! Sono contento di avere un moccioso così acuto qua, sarai certamente in grado di riconoscere la mia grandezza e la mia infinita genialità... Ma sono curioso di sapere come sei stato capace di intuire che sarei venuto a cercarti.”

“E' stato molto facile. I nostri nomi erano stati messi in fondo a quell'elenco, ma i nostri cognomi erano stati teoricamente ordinati alfabeticamente: ossia, prima c'erano gli ospiti originari, chiamati partendo dalla A fino alla Z, e poi è arrivato il nostro turno, con i nostri nomi disposti sulla pergamena seguendo lo stesso principio di base. Quindi Hanyuu è stata convocata per prima, seguita da Rika e così via. Solo che qualcosa non quadrava.”

“Te ne sei accorto, uhm?”

“Appunto. Quest'ultimo ordine era errato. I giapponesi possono non essere abituati a catalogare i nomi con le lettere di casa mia, e credo che nessuno dei servi se ne sia reso conto, ma ogni occidentale avrebbe notato che Serco dovrebbe venire prima di Sonozaki. Sai, l'iniziale di questi due cognomi è la stessa, quindi potrebbero essersi confusi e non si sono accorti di questo tuo trucchetto... Perché è di questo che si tratta. La conseguenza di questa anomalia infatti è stato il fatto che io passassi in ultima posizione, dopo che tutti gli altri erano già stati accolti al piano di sopra: nessuno di loro ora può tornare indietro. Rena si è sbagliata prima, non era un caso il fatto che i nostri nomi fossero gli ultimi della lista... Non era una questione di problemi nella prenotazione degli inviti, era qualcosa fatto intenzionalmente da qualcuno, appunto perché io finissi per ultimo senza che nessuno nutrisse dei sospetti. Relegare solo il mio nome in fondo al foglio avrebbe reso il giochino molto più visibile, ad altre persone sarebbero sorte delle perplessità, così invece tutto aveva una spiegazione plausibile... Mentre al contrario, ipotizzare che questi errori fossero casuali o dovuti solo al destino era assurdo, lo capirebbe chiunque che servirebbero troppe coincidenze per rendere possibile una cosa del genere. Era lampante che fosse tutta opera di qualcuno... Opera tua, nello specifico. Fammi indovinare, avrai sottratto il documento originale e lo avrai falsificato in qualche modo alterando l'ordine degli ospiti, per poi rimetterlo a posto. Volevi che io fossi da solo, in questa sala, e quindi hai approfittato delle bizzarre abitudini del questore per raggiungere le tue mire. Mi sembra tutto chiaro.”

“Però non potevi escludere che fosse solo una sbadataggine dello staff. Come hai detto anche tu, da queste parti non si usa scrivere i nomi con quel tipo di ordine. Non convieni forse con me, quando dico che anche questa era una possibilità?”

“Hai la testa dura... No, avevo pochi dubbi a riguardo. Vedi, se la lista fosse stata scritta correttamente allora io sarei venuto prima di alcuni signori il cui cognome iniziava per T. Ti ho già spiegato come mai hai agito in quel modo, anche se tu dovresti sapere già tutto. Ma se non ti ho ancora convinto, c'è un altro indizio, un altro errore che hai commesso e che avrebbe fugato ogni possibile dubbio residuo.”

“In altre parole?”

Giancarlo non è il mio vero nome di battesimo, anche se quasi tutti mi conoscono con quello. È solo un'abbreviazione, all'anagrafe io sono conosciuto come Giovanni Carlo. Però questa cosa non è un segreto assoluto, l'ho detta ai miei amici, ed anche i Sonozaki ne sono al corrente, gliene ho parlato il giorno stesso in cui sono giunto ad Hinamizawa. E visto che stiamo parlando di un evento formale di alta società, loro hanno sicuramente dato il nome esatto al personale dell'organizzazione. Su quella pergamena, in altre parole, ci sarebbe dovuto essere il nome completo, e non quello breve... Ma tu non sapevi di questo particolare, probabilmente lo staff non aveva ancora completato il papiro e tu non sapendo che scrivere l'hai compilato in modo erroneo. Suppongo che sia stata una mancanza provocata anche dalla fretta.”

“Così, se tutto fosse stato a posto, allora l'araldo avrebbe annunciato un nome diverso, capisco...” il bombarolo ridacchiò “Oh beh, il fatto che tu abbia mangiato la foglia non è un problema. Avevo messo in preventivo che tu potessi farlo, ma andava bene così, tu non potevi neppure dichiarare ad alta voce che sarei arrivato. Se loro avessero anche solo sospettato che ci fossero delle bombe qui, allora la cerimonia sarebbe stata cancellata, il questore sarebbe ritornato a casetta sua e questo avrebbe voluto dire «Game Over» per voi, visto che non avreste più avuto chance di parlare con lui fino a domattina... A meno che non aveste avuto la bella pensata di fare irruzione in casa sua per imporgli di sentire le vostre ragioni, il che sarebbe stata un'idea terribile perché vi avrebbero messo le manette ai polsi prima ancora di aprire bocca...” Giancarlo digrignò i denti, il suo interlocutore aveva più di una rotella fuori posto ma aveva ben chiara la situazione in cui tutti loro erano immersi fino al collo.

“B-b-bombe?” aveva strepitato uno dei due addetti nel frattempo, sotto shock ma ancora lì per sentire quello che i due si stavano dicendo “Chi diavolo siete?”

“Ah, giusto, non siamo proprio da soli...” commentò l'uomo “Che rottura di scatole. E pure l'esplosivo al plastico piazzato sulla porta del garage ha fatto cilecca. Non siamo bloccati qui come avremmo voluto...”

I due membri dello staff colsero la palla al balzo ed immediatamente si voltarono verso la porta appena citata, sperando di avere una via d'uscita si fiondarono a rotta di collo verso di essa. Giancarlo annusò puzza di trappola e cercò di fermarli, ma fu tutto vano. I due individui superarono il cancello, ed un secondo dopo quel terrorista premette un altro pulsante sul suo apparecchio, causando una nuova esplosione che rese inaccessibile anche quel passaggio, seguendo lo stesso schema delle precedenti esplosioni. Ora tutte le uscite erano fuori servizio.

“Non ti fare problemi, sono ancora integri...” disse l'uomo, proseguente con il suo noioso gracchiare “Io li ho solo costretti a vegetare per un po' giù nel garage, in compagnia di un paio di colleghi. Sai, ora come ora anche l'ingresso riservato alle macchine è ridotto allo stato di un'antica rovina, piena di detriti e pezzi di cemento che manco un cantiere... Nessuno può entrare né uscire da qui, adesso.”

“Immaginavo che ci fosse qualcun altro di sotto, ma non capisco ancora come mai non abbiano dato l'allarme... Ah, certo, le tagliafuoco. Erano loro a farti stare tranquillo.”

“Sicuro. Una volta poggiate contro il muro, quelle porte sono come sigillate a tenuta stagna, e tutto è a prova di boato qua dentro. Gli ordigni erano tutti in questa sala, dunque dal garage non hanno sentito niente di quello che succede qui, e lo stesso vale per il piano superiore, grazie a quelle strepitose finestre che sono state a loro volta insonorizzate. E se aggiungi le grate che hanno installato su ogni vetro, allora capisci che questo luogo è appena diventato una prigione. Un palazzo fatto apposta per essere buttato giù a suon di bombe, non convieni con me?”

“Quindi la serata di sopra sta continuando come se niente fosse.”

“Assolutamente, è questa la parte divertente di questa storia. Vedi, le colonne che ho fatto franare al suolo non sono fondamentali per sorreggere questo edificio, sono solo decorazioni. Facendole crollare con una ridotta quantità di esplosivo, quindi, posso fare sì che il rombo prodotto sia assorbito dalle pareti e dalle porte, mentre le vibrazioni non sono sufficienti per far destare sospetti nelle teste dei partecipanti di quella festa. Loro non si sono accorti di nulla, ma tanto anche se così non fosse... Non potrebbero uscire da là, il cumulo di pietrisco da questa parte del muro impedisce alla porta di schiodarsi da quella posizione e di aprirsi...”

“E nessuno dalla strada ha potuto percepire il rumore delle deflagrazioni, poiché c'era sempre stata una porta tagliafuoco tra i punti delle esplosioni ed il mondo esterno. Perciò nessuno ha sentito il bisogno di chiamare la polizia. È una tabella di marcia molto... razionale, la tua.”

“Mille grazie per averlo apprezzato.” lo ringraziò l'altro “L'unico boato che qualcuno poteva udire era quello che riguardava l'ingresso che collegava il garage alla strada, in quanto non ci sono cancelli particolari lì, così sono stato cauto ed ho usato un differente genere di esplosivo. Ti ricordi il gel che ho usato per causare le frane, un po' di tempo fa? Certo che te lo ricordi, tua sorella è un piedipiatti... Quella specie di polvere è come una bomba silenziatrice, e quindi non c'è stato proprio nessun Boom!, lì. E comunque quell'entrata dà su di una strada secondaria, e dubito molto che lì ci fossero persone che potessero notare i rumori dei calcinacci che venivano giù. Ah, e se stai pensando a quello... C'era un telefono di emergenza nel garage, ma mi sono assicurato che non potesse funzionare stasera, così quei poveri fessacchiotti di sotto sono diventati dei semplici topolini caduti nella mia deliziosa trappola, che schizzano di qua e di là per cercare una via di scampo, appunto come delle cavie appena imprigionate in una scatola chiusa. E di sopra, invece, non ci sono proprio degli apparecchi per contattarli...”

“Il tuo pare proprio un bel piano, lo riconosco.”

“Mi stai sfidando, mocciosetto? Perchè usi il verbo parere? Il mio è un buon piano, punto. Efficace, imbattibile, mirabile in ogni suo aspetto. Ed anche molto affascinante, esteticamente parlando. Dovresti ragionare su quello che gli imbecilli al piano di sotto stanno vivendo. Da soli, incapaci di fuggire o implorare soccorso, consci che ci sono bombe nel palazzo ed all'oscuro di quello che sta per accadere... Non pensi che se la stiano letteralmente facendo addosso nei pantaloni, in questo momento? Non convieni con me, riguardo a questo?”

Giancarlo lo osservava. Quello al suo cospetto non era come la guardia del corpo sconfitta da Satoko, sembrava invece una specie di mercenario senza alcun senso dell'onore, uno che traeva piacere dal far soffrire le proprie vittime. Gli mancava una rotella, probabilmente. Ma se era così allora c'era qualcosa di curioso: da una parte, si sollazzava col tormentare lo staff della serata con quell'atroce terrore psicologico, e mostrava di gradirlo; ma dall'altro stava anche tenendo gli altri ospiti ignari delle bombe che aveva attivato, e diceva di essere fiero di ciò. Se invece le persone del piano di sopra avessero scoperto quello che era successo sarebbero tutti andati nel panico, ed una persona sadica come quella sarebbe andata al settimo cielo... C'era una contraddizione, nell'indole di quel maniaco.

Ma dopo un breve ragionamento il giovane realizzò quale fosse il filo conduttore che caratterizzava quell'individuo. Al piano superiore, Keiichi ed il suo gruppo stavano dando dimostrazione del proprio coraggio, si stavano battendo per la loro sopravvivenza, stavano discutendo, stavano facendo del loro meglio, stavano dando anima e corpo... Non avrebbero mai fatto nulla di tutto questo, se avessero saputo quello che li stava aspettando al varco. E pensare che i loro sforzi e le loro speranze sarebbero state solo fatica sprecata, a causa di ciò che quelle bombe stavano facendo... Un'emozione inebriante come nessun'altra, per un uomo fuori di testa come quello. I suoi occhi trasudavano follia, era impossibile da celare la cattiveria con cui stava guardando le colonne ridotte in pezzi ed il ragazzo che avrebbe fatto la stessa fine. Era eccitato per quello che stava per fare. Questo è... completamente matto... Giancarlo sperava che almeno Rika si fosse fidata di lui, prima, e che non avesse cercato di aprire nuovamente la porta al primo piano, scoprendo che non si apriva più. Lui voleva che lei si curasse solo di quello che dovevano fare con il questore, di questo psicopatico si sarebbe occupato lui da solo. I suoi amici dovevano far brillare al massimo la propria luce, se volevano aver successo.

E che gli venga un colpo, non era certo detta l'ultima parola. La battaglia tra loro due era iniziata da molto prima che entrassero nella Sala delle Conferenze, ma non era ancora giunta al suo culmine, ed il primo passo da compiere era capire che cosa stesse complottando il bombarolo. Quelle tre minuscole esplosioni non sarebbero certamente state le uniche della serata, e se quell'uomo voleva forzarlo a restare lì con lui, allora c'era qualcosa che aveva in mente di fare. Ed infatti fu questo, quello che Giancarlo gli chiese: “Dunque, che cosa hai in serbo con me?”

“Oh, mettiti comodo, la fretta è cattiva consigliera, non te l'hanno mai detto?”

“Ho le mie buone ragioni, per aver voglia di mettere la parola fine a tutto questo.”

“Se ti garba così... Puoi vedere le telecamere installate sotto gli angoli del soffitto di questa sala?” L'uomo indicò una di esse con il suo indice sinistro “Ce ne sono alcune in ognuno dei piani di questa topaia, un sistema automatico di monitoraggio che torna molto utile, per chi lavora qui ma non solo per loro. È una sciocchezza prenderne il controllo, per dare un'occhiatina a quello che succede tra queste mura quando non sei qui, non convieni con me? E non devi neanche prenderti la briga di tenere sott'occhio gli schermi ventiquattr'ore al giorno, questi gioiellini possono essere modificati e si possono aggiungere accessori che automaticamente scattano delle foto ogni volta che le videocamere vedono una figura umana in movimento. Hai presente la telecamera all'ingresso del secondo piano? Ecco, è quella che avevo modificato... Poi basta scandagliare a mano le immagini stampate, esaminarle e togliere quelle che ritraggono il personale, ed ecco qua il risultato... Ho solo dovuto ispezionarle poco prima dell'inizio della mia entrata in scena, tanto se era il caso si potevano usare anche le scale antincendio per entrare ed uscire dal secondo piano senza essere notati... tuttavia, in generale, non essendo questo un palazzo privato non era difficile avere il permesso di entrare, almeno fino a questa sera.”

“A me sembri davvero il lato oscuro di Satoko-chan, niente di più...” sorrise nervoso Giancarlo “Ma quindi hai osservato anche me e lei, mentre eravamo qui oggi.” Il ragazzo diede uno sguardo fulmineo a tutte le stanze secondarie intorno al quella più grande, cercando di identificare quella che gli interessava. Si trattava della sala di sorveglianza, la quale era giusto dietro il folle ma che aveva la porta spalancata: non vi era nessuno dentro, quel posto in verità non era molto usato. Il questore era patito di stramberie ma quando si passava alle cose serie lasciava tutto al caso... Un classico. La sicurezza per la serata lasciava un po' a desiderare, nessuno si aspettava particolari problemi per quella serata, ma quanto si erano sbagliati... E, soprattutto, non c'era nessuno al suo interno, non c'era possibilità che qualcuno avesse azionato l'allarme da quella specie di ripostiglio per le scope. Giancarlo non poteva che cercare di controbattere a quello che gli veniva detto.

“Sicuro” rispose infatti l'uomo “Quella piccola macchinetta ha scattato delle foto di voi due mentre sgattaiolavate in questo edificio, saranno state le nove e mezza di stamattina, ed anche immagini di voi mentre ve la date a gambe, all'una di pomeriggio. Dopo di voi non ci sono stati ospiti indesiderati...”

“A sentire come parli direi che bene o male ci conoscevi. Ti hanno raccontato parecchio dell'identità di questi «intrusi», a quanto pare.”

“Oh... Sì, è la verità. Avevo scansionato il vostro gruppo durante tutto questo tempo, mentre il mio capo e la sua consorte si stavano piacevolmente distraendo con tutti voi. Ma io non volevo certo prendermela con una bambina così piccola come la tua amichetta, non ci sarebbe stato gusto. Guidare per mano un adulto fino alla propria disperazione è molto più stimolante... più appagante. Ed inoltre, ardevo dalla smania di spare una cosa da te... Tu mi stavi aspettando, tu sapevi che cosa mi diverto a fare, e perciò presumo che tu avessi anche dedotto che ci fossero degli esplosivi in questa stanza. Io ho capito come mai non hai avvertito il personale, il gala sarebbe stato annullato e abbiamo già detto che cosa avrebbe significato per voi, ma non riesco proprio a vedere la ragione per cui hai lasciato che queste prime bombe scoppiassero. Perché non le avete disinnescate, questa mattina?”

“Oh, se è per quello... La risposta è elementare: lo abbiamo fatto perché il tempo era tiranno con noi. Le abbiamo lasciate stare, dovevamo badare alla bomba più grossa... Quella che avevi piazzato al secondo piano. L'abbiamo vista, sai, cinque scatole di plastica che contengono cinque cariche esplosive azionabili tramite un sistema centrale, un congegno a tempo programmato per emettere onde radio ad una ora definita a priori. L'avevi posizionata abilmente, in un punto tale che nessuno potesse localizzarla ma che al tempo stesso causasse la maggior quantità di danni possibile. Queste pareti non potrebbero rimanere in piedi dopo una deflagrazione del genere, se avvenisse. Quindi... è questo il tuo vero piano... Tu vuoi buttare giù tutto il palazzo, con tutte le persone che ci sono dentro, e noi moriremo tutti per colpa di questo. Non credo che sia un sistema molto... pratico per prendersi la vita di Rika-chan, se posso dire la mia, ma posso capire che ha comunque un senso, visto che ha sempre tutta la combriccola di amici intorno a lei e non è mai lasciata da sola, ed in questo modo non tornerebbe mai ad Hinamizawa, non da viva perlomeno.”

“Hmm?” sorrise il mitomane, divertito da quel discorso.

“Sai” proseguì Giancarlo “Mi ero già fatto delle idee su cosa mi aspettava in questo palazzo prima ancora di arrivarci. Ed una volta formulata l'ipotesi che tu volessi ammazzarci tutti facendo ricorso al tuo hobby preferito, dovevo pensare al posto in cui avresti installato questa bomba gigantesca... Il primo piano, quello della festa, era fuori discussione, mentre nel seminterrato c'è il garage e con tutti i passanti che transitano là sotto qualcuno poteva notare che c'era qualcosa di inconsueto. Anche il piano su cui ci troviamo noi adesso può essere tolto dalla lista delle possibilità, per la stessa ragione. Insomma, per esclusione la cosa più ragionevole era supporre che tu avessi scelto uno degli altri piani, quelli vuoti ed inutilizzati che stanno sopra il primo, ed in particolare quello più vicino al luogo della serata di gala, proprio per essere sicuro che la forza d'impatto dello scoppio facesse più danni ed eliminasse tutti. Satoko-chan me l'ha spiegato, se tu l'avessi messa troppo in alto avresti rischiato di lasciare intatte le fondamenta e di tenere in piedi l'edificio, invece innescandola più in basso si può far accasciare il tutto come un castello di carte. Tirando le somme... Sapevamo all'incirca dove cercare. Il secondo piano era la nostra risposta, e posso dire con orgoglio di non essermi sbagliato.”

“Come pensavo...” quella sorta di terrorista scoppiò in una risata agghiacciante “Sì, hai ragione, in questi giorni hanno trasformato la sala di sopra in un magazzino, in cui stipare alla bell'e meglio l'occorrente per il party. Formalmente pochissime persone hanno ricevuto il nullaosta per entrarci, per la maggior parte addetti ai lavori e camerieri, e negli ultimi due o tre giorni non ci era andato quasi nessuno, in quanto sedie e tavoli erano sostanzialmente già stati portati nel salone... In pratica c'erano scatoloni e nient'altro, le altre persone non avevano motivo per andarci, di solito chi saliva con le scale o l'ascensore andava alla palestra del terzo piano oppure al piccolo cinema del quarto... Ah, giusto, se vuoi proprio saperlo qualche minuto fa è stato bloccato anche il passaggio dal primo al secondo piano. La tua amichetta non è più in grado di salire le scale per rovinare tutto, anche se vi foste messi d'accordo prima sarebbe tutto inutile.”

Giancarlo smise per un istante di respirare, sentendo un nodo in gola. Quello non era solo un assassino... Quello era matto da legare: “Sei fuori di testa. Quindi non ti ha nemmeno sfiorato l'idea che anche tu stai per essere dilaniato dalla bomba con noi? Tu non puoi scappare da qui, esattamente come noi.”

“Non obbligatoriamente. Quando tu... pratichi questo lavoro, quando impari a fare il dinamitardo e ti guadagni il pane radendo al suolo un po' di tutto, allora apprendi anche qualche rozza nozione di architettura, la tua carriera non decollerebbe mai altrimenti. E disponendo le cariche d'esplosivo nel modo in cui ho fatto io, c'è una piccola sezione di questo edificio che verrà giù. Quello, precisamente.” Indicò con il dito un angolo del salone “Prova a disegnare col pensiero un quadrato, lungo quattro metri e largo tre, a partire dalle pareti... Ecco, quella è l'area sicura. Io resterò lì e così non mi capiterà niente. Questo palazzo cesserà di esistere, ed anche il sotterraneo verrà travolto, quei poveri balordi qui sotto non sopravviveranno mai... L'intero baraccone sparirà per sempre dalla faccia della terra... a parte quel piccolo cantuccio. Ed ovviamente dopo che tutto sarà finito la polizia mi lascerà in pace, senza uno straccio di prova nessuno sospetterà di qualcuno che si è salvato per miracolo da questo drammatico incidente, anzi potrei anche vendere la mia storia per una camionata di soldi ad un qualche rotocalco, ad una di quelle riviste da strapazzo... Ah, ma naturalmente tu non hai il permesso di stare lì con me...” Esibì una pistola che fuoriusciva dalla tasca “Non sono abituato a fare ricorso a roba di questo genere, non è nel mio stile. Tecnicamente avrei potuto adoperarla per sbarazzarmi di quei seccanti inservienti, prima, non convieni con me? Ma non sarebbe stato divertente. Tuttavia, con te potrei fare un'eccezione alla regola, se non farai il bravo...”

“Hmph, Io non affiderei la mia vita a calcoli di questo tipo, se fossi in te. Basta fare un errore di valutazione e le conseguenze per te non sarebbero delle più rosee...”

“Mi piacere correre sul filo del rasoio” il matto si leccò le labbra con la sua stessa lingua “E' questo, quello che mi fa sentire vivo. Tu non capiresti mai queste cose...”

Giancarlo si diede un'occhiata intorno. Poteva raggiungere il secondo piano, usando l'ascensore? No, la spia luminosa rossa sul pannello accanto ad esso mostrava chiaramente che la cabina era ancora al primo piano e che lì si era bloccata, finendo fuori uso per una qualche avaria. Era salita sopra perché Rena l'aveva usata in precedenza, non potendo avvalersi della lunga rampa di scale che tutti gli altri avevano percorso. E la cosa non era dovuta al caso: il bombarolo sapeva dello stato di salute della ragazza, sapeva che sarebbe stata costretta a farne uso, ed evidentemente aveva trovato un modo di sabotare l'ascensore, in maniera che si rompesse automaticamente dopo essere salito al primo piano.

Altre ipotesi... Sì poteva forse usare il telefono della segreteria o quello della sala di sorveglianza, per contattare qualcuno? Neanche quello: c'erano sicuramente dei sistemi di comunicazione in quei camerini, ma anche se fossero stati ancora in funzione lui non avrebbe mai potuto prendere la linea, era sotto tiro, lo avrebbero freddato prima che avesse potuto comporre un numero. In altre parole, lui non poteva raggiungere la stanza dove stava il mega ordigno, nessuno poteva. Doveva confidare in quello che lui e Satoko avevano fatto in giornata. In fondo avevano avuto tempo a iosa per disporre il tutto, quel posto era sempre stato vuoto e nessuno li aveva disturbati nella loro opera. Avevano fatto tutto quello che era in loro potere, ed ora si poteva solo sperare che questo fosse abbastanza.

Non sarebbe stata una passeggiata, questo era lampante. Il suo antagonista era un guru, in fatto di trappole, esplosivi e chincaglierie simili. E sembrava che avesse calcolato tutto: la sua mente perversa era convinta di non aver omesso alcun dettaglio... Ora capisco come si sente Keiichi quando si trova a tu per tu con Satoko e le sue diavolerie...

“Ah, un'altra cosa che potresti voler sapere...” continuò il maniaco “Sai chi c'è, sopra le nostre teste?”

“Al piano di sopra, dici? Mi prendi per scemo? Certo che lo so. Ci sono i miei amici, col questore e qualche altro invitato di contorno.”

“Eh eh, io non lo definirei di contorno. Tra questi altri ospiti, c'è anche qualcuno che non ti aspetteresti mai.”

Giancarlo lo squadrò con occhi interrogativi, e pertanto lui completò la frase: “I loro nomi non erano sulla lista che l'araldo ha decantato prima ad alta voce, ma ci sono anche loro, il questore voleva farvi una sorpresa... Signore e Signori, pure Sonozaki Goemon-san e Sonozaki Megumi-san sono stati chiamati alla festa!”

Udendo ciò, Giancarlo rimase impietrito. “Come è possibile... Goemon-san dovrebbe essere chiuso nella sua cella, non dovrebbe potere uscire, ed inoltre...”

“Siete stati voi a renderlo possibile. Il questore ha ricevuto dei dettagliati ragguagli circa il caos ed il trambusto che avete seminato alla stazione di polizia. Sapeva anche che sareste venuti qui, la lista degli invitati ce l'aveva anche lui, e che la moglie del mio capo era a sua volta ad Ibaraki, così ha organizzato una bella resa dei conti pensando che ne sarebbe venuto fuori qualcosa di entusiasmante. Senza farne parola con nessun altro, lui ha ordinato che anche loro fossero portati al party di stasera, in modo da avere un divertente faccia a faccia, solo che per tenerli nascosti li ha fatti condurre direttamente al primo piano prima dell'arrivo degli altri partecipanti. Non sai cosa avrei pagato per vedere la faccia dei tuoi compagni, quando si sono trovati davanti ai loro cari nemici giurati...”

“Oh, mio Dio... E tu lo sapevi...”

“Mi sembra naturale, il mio padrone non ne era all'oscuro, per forza di cose, e corrompendo una guardia o due ha trovato un espediente per avvertire anche me. Francamente, il nostro piano originale non prevedeva la sua presenza qui, il palazzo doveva venire giù senza di lui, ma alla fine l'ho convinto a prendere parte in questo gioco. Voglio dire, nel momento in cui lui si metterà nel mio stesso angolo della sala, contro la mia stessa parete, anche lui riuscirà a scamparla. Non importa che stia un piano più in alto di me. Si metterà in un punto isolato, agli altri darà l'impressione di un cane in trappola che arretra fino all'angolo del salone. Nessuno si lamenterà se lui assume quella posizione, al contrario i tuoi amichetti saranno felici di vederlo, penseranno di averlo in pugno, si metteranno a ridere tra loro...”

“Noi non siamo come te.” replicò Giancarlo, scuro in volto “Noi non traiamo piacere dalle sofferenze altrui. Non ci divertiamo a fare quello che stiamo facendo.”

“Forse, ma fatto sta che al mio capo basterà stare nell'angolo che gli ho indicato all'orario stabilito. Quando sarà il momento sarà tutto finito, noi ci salveremo e... A proposito, a che ora avevo impostato il timer?” Il pazzo osservò l'orologio “Oh, mancano solo cinque minuti, io avevo settato l'ordigno per le nove e dieci, e io sto a cincischiare con te... Beh, che dire, ormai nessuno ha più il tempo di fare qualcosa per rovesciare la situazione, il destino non si può più mutare, non convieni con me?”

“Alle nove e dieci... Certo che è una strana ora, di solito usano orari come mezzanotte, o le nove in punto, per fare esplodere delle bombe... Che c'è sotto?”

“Oh, quella è una piccola sorpresa che volevo dare al mio padrone, un omaggio. Io non ho scelto quest'ora a casaccio, ma è un ricordo del passato. Il nove di ottobre era stato il giorno della morte dei suoi discendenti, è questa la sua ossessione... Il 9 del 10, che diventa 9:10 sul display della bomba. Carino come regalo, no? Con questa decisione la vostra morte diventa un segno del fato, come un karma maligno che non scorda il male commesso dai peccatori di questa terra. Non convieni con me che questa sia stata un'idea brillante, meravigliosa? Dovresti cominciare a cogliere questa verità, noi con voi abbiamo solo giocato, come un bambino che ha catturato un topolino in una scatola chiusa e che se la spassa scuotendola a ripetizione per terrorizzare l'animaletto al suo interno... La tiri in alto, la agiti come un sonaglino, la tambureggi come se fosse uno strumento di percussione... E intanto la bestiolina dentro al buio rimane talmente frastornata che non può scappare dalla scatola anche se continua a correre per i quattro angoli della scatola sperando di scovare una via di salvezza che non c'è. Quel topolino è destinato ad una fine misera, non conta quanto si impegna, e voi altrettanto...”

Il giovane trattenne il senso di nausea, andando poi a replicare: “E'... interessante osservare come ti piace ciarlare di queste cose. Le videocamere stanno ancora registrando ogni cosa, o mi sono perso un passaggio?”

“No, hai ragione. Anche il mio strumentino è ancora lì se è per quello, ma starsene zitti e muti sarebbe un tale peccato, non convieni con me? È eccitante far mostra delle proprie abilità a qualcuno che è destinato a morire nel giro di... Fammi ricontrollare... Tre minuti, per l'esattezza. Rimanere di fronte al proprio avversario, scuoterlo come il topolino nella scatola, dirgli che entro pochi secondi passerà a miglior vita, vedere ogni speranza che si dissolve nei suoi occhi, ed infine ammirare la sua morte mentre tu rimani in vita... Queste emozioni ti danno un'eccitazione tale da farti sentire un profeta mandato da Dio, qualcuno le cui parole sono legge... No, no, ancora meglio, questo ti dà il diritto di essere come Dio stesso, la forza di affermare di essere possente come Lui, di poter decidere il destino degli altri uomini, poter dire chi può vivere e chi no. C'è forse un'esistenza migliore della mia? No, non c'è, non convieni con me?”

Giancarlo provò a fare un passo.

“Buono, sta buono...” lo minacciò lo psicopatico, puntandogli la pistola al capo e continuando a ridere, mentre la mano con il telecomando si spalmava sul suo volto come se fosse quella di una persona che stava perdendo il lume della ragione. I suoi occhi assetati di sangue spuntavano tra un dito e l'altro e non perdevano di vista la sua preda succosa.

Poi, l'uomo si ricompose ed alzò in alto il telecomando a mo' di trofeo: “Sai quale è la parte migliore di questo gioco? Anche se voi aveste disattivato il congegno a tempo che supervisiona il mio capolavoro, io potrei sempre farlo detonare con questo... C'è un tenero pulsantino nero dedicato proprio a quella bomba, infatti. Per carità, non servirebbe neppure, so già che non l'avete fatto, non ci siete riusciti, se solo aveste provato a rimuovere l'antenna preposta a ricevere il segnale la carica esplosiva sarebbe istantaneamente esplosa e vi avrebbe fatto saltare per aria... E' buffo che sia proprio io a dire una cosa del genere, ma devo ammettere che il mio piano è a prova di bomba, non convieni con me? Non convieni con me? Su, dillo che convieni con me.”

“Sta tua manfrina sta diventando trita e ritrita.”

“Oh, cambierai prestissimo quel tuo caratterino che ti ritrovi, dopo che avrai realizzato di non avere nessunissima speranza di portare a casa la pelle. Allora, vediamo, che cosa avete fatto tu e la tua amichetta per provare a disinnescare la bomba?” si mise l'indice ed il pollice sotto il mento, come a fingere di riflettere “Avete tagliato un paio di cavetti, cosa inutile visto che il mio gioiellino può esplodere anche senza fili, in quanto c'è un sistema ad onde radio che governa il tutto. Avete cambiato l'ora impostata sul dispositivo, in modo che esplodesse più tardi, ma io me ne sono accorto ed ho ripristinato l'ora iniziale. Avete costruito e celato sopra il rivestimento dell'ordigno una sorta di microscopica unità radio, il quale emetteva onde elettromagnetiche che andavano a sovrapporsi con quelle generate dall'unità che si deve occupare di azionare la bomba, in maniera da disturbare la detonazione e compromettere l'innesco... ma io l'ho scovata prima che fosse tardi, grazie ad un giocattolino che può localizzare tutte le fonti radio. Siete saliti sul tetto con le scale antincendio per mettere un altro aggeggio che disturbasse le onde radio, ma ho ridotto anche quello ad un ammasso di ferraglia. Avete spostato tutti gli snodi ed i contatti che collegavano le varie cariche alle pareti portanti dell'edificio, in modo che questo non venisse giù con l'esplosione, ma naturalmente io ho rimesso tutto a posto.”

Il dinamitardo si infilò il mignolo nel naso, come a ripulirselo. “Ho anche controllato che le cinque scatole con l'esplosivo fossero ben sigillate, avevo messo un bollino particolare che si sarebbe strappato se qualcuno avesse cercato di schiuderle... Ed essendo rimasti tutti intatti, potevo essere sicuro. Evidentemente avete capito che cercare di aprirle era troppo pericoloso, non le avete manco toccate. Molto saggio da parte vostra, va detto, le bombe non sono un gioco, anche io ho preferito non aprirle. Poi, che altro? Ah, ma certo, quelle trappole così carine che sono state messe vicino all'ingresso del secondo piano, per cercare di non farmi arrivare lassù... Volevate che io cadessi in una di esse, ma la so più lunga di voi... Le ho scansate a dovere, ed ho risistemato tutto quello che voi avete sabotato. Ho dimenticato qualcosa? No, questo è davvero tutto... Non convieni con me, sul fatto che io sia stato bravo?”

Guardando Giancarlo in viso si sarebbe detto che avesse appena visto la morte in faccia. Pallido, bianco, smorto, con le gambe tremanti. Quello in pochi minuti aveva sventato tutti quei trucchetti che lui e Satoko avevano escogitato in ore di tempo... Era un pazzo furioso, ma sapeva il fatto suo.

“Allora, è quasi ora di crepare, per te...” l'uomo continuò a gracchiare, mentre cominciava ad indietreggiare verso l'angolo sicuro dell'ambiente “E' stato divertente, assolutamente... Ma io non potevo perdere. La chiave della battaglia tra voi e me è stato il fatto che io ho potuto recarmi al secondo piano dopo di voi, in modo da sistemare ogni cosa. Un vantaggio decisivo, avevo io l'ultima parola, e chi ha l'ultima parola è sempre destinato a vincere, alla fine. Forse, se uno di voi fosse stato di guardia all'ingresso, avreste avuto una piccolissima chance di vittoria, ma voi dovevate agghindarvi per il party, non potevate rinunciarvi. Ed ora... Ti è rimasto un solo minuto, per le tue patetiche speranze e per i tuoi sogni da fallito. Usalo bene.”

L'uomo abbassò la mano col telecomando e sollevò quella con la pistola. “Mi auguro di non doverla usare, tu volevi che questo palazzo rimanesse in piedi ed hai perso, quindi accetta la tua sconfitta e muori con essa. Muori, e portati appresso tutto il tuo villaggio. Cercare di sopravvivere venendo nella zona sicura sarebbe disonorevole... ed inoltre, se fossi in te non riuscirei a continuare a vivere braccato dal fantasma della distruzione della comunità che hai amato così tanto...” Il pazzo rise ancora, facendo quasi perdere la pazienza a Giancarlo, e poi concluse: “Hai nulla da dire, prima che scocchi l'ora finale?”

“Solo una cosa. Credi seriamente di essere un Dio? Non farmi arrabbiare, tu non sei una cosa di quel genere. A casa nostra ci hanno sempre insegnato che Dio è un'entità benigna, che ama le proprie creature come se fossero figli suoi. E tu non sei neppure un Demone. I Demoni hanno un senso sviluppatissimo della dignità e dell'onore: questo me lo ha insegnato la gente di Hinamizawa, hanno... hanno sempre dato prova di battersi con potenza ma anche con rispetto, unendo le loro forze e combattendo tutti insieme.”

“Ma davvero? E stasera tu invece hai cercato di sconfiggermi da solo, piccolo ipocrita. Forse è per questo che hai perso...”

Giancarlo non rispose. Stava fissando solo il pavimento, chiedendosi cosa sarebbe successo. Tutte le esperienze di quel periodo ad Hinamizawa gli stavano passando davanti, gli attimi gioiosi e quelli cupi, i sentimenti dei suoi amici, le speranze di tutti gli abitanti... Il coma di Mion e l'incidente di Rena, ma allo stesso tempo il potere di Mion di saper sopportare il dolore e quello di Rena di saper dare il meglio di sé nelle avversità... E poi il coraggio di Satoko, l'ostinazione di Keiichi, la gentilezza di Satoshi, la premura di Shion, la compostezza di Daijiro, il sostegno di Hanyuu, il senso del dovere di Rika... E la forza d'animo di sua sorella... L'attenzione che tutti loro avevano dato a lui, proprio a lui, nonostante il suo atteggiamento, nonostante la sua indole, nonostante la sua natura, nonostante quello che era successo, nonostante tutto... Tutto il suo mondo gli si era concentrato davanti, nello spazio di un attimo. I pugni di Giancarlo vibravano, come in preghiera silenziosa, mentre il suo cuore impazzito ticchettava molto ma molto più velocemente della bomba. Lui non voleva proprio guardare negli occhi il suo nemico. Se era la sua ora, l'avrebbe trascorsa con dignità.

Quanto all'altro uomo, lui avrebbe desiderato camminare verso Giancarlo, per fissarlo ed umiliarlo con un'ultima occhiata irridente, ma non poteva. La bomba sarebbe esplosa entro venti secondi, non poteva lasciare il punto sicuro. Però quel silenzio sorto così all'improvviso gli stava dando sui nervi, e così non poté fare a meno di pronunciare un'ulteriore frase: “Tu sei convinto che io non sia Dio, né un Demone, vedo... Va bene, per me, va bene... In fondo non conta l'opinione di uno a cui rimangono dieci secondi di vita.”

Il mitomane non poteva staccare gli occhi dal giovane, il suo sangue gonfiava le sue retine e le sue tempie pulsavano a non finire... Come se stesse pregustando un pasto delizioso, l'uomo osservava quello che era sul punto di essere travolto e ridotto in pezzi dalla veemenza dell'esplosione... Ed infine il folle sentì il bisogno di dire un'ultima cosa: “Io non sono Dio? Io non sono un Demonio? Non sono un angelo? Non sono un diavolo? Non cambia un accidente, l'unica cosa importante è questa: io sono meglio di te, povero disgraziato, non convieni con me?

Cinque secondi all'esplosione.

Un'ultima, malvagia risata da parte di quell'essere. Giancarlo non era più in grado di sopportarla, ma sapeva perlomeno che tra poco non avrebbe più udito quel suono così spiacevole ed irritante.

Quattro secondi.

Giancarlo stava pregando sua sorella, come se fosse il suo angelo custode, supplicando Alice di proteggere con le sue ali lui e tutti i loro amici.

Tre secondi.

Giancarlo chiuse gli occhi, perfino respirare non aveva più senso.

Due secondi.

Il bombarono si acquattò rapidamente, premendo con la schiena sul pavimento, serrando a sua volta gli occhi e mettendo le braccia davanti al volto. Aveva assunto una posizione fetale che gli permetteva di proteggersi meglio dalle schegge e dai detriti volanti.

Un secondo.

Giancarlo riaprì gli occhi tutto d'un tratto, ed improvvisamente sollevò il capo, guardando il male davanti a lui invece di continuare a fissare il pavimento.

Zero secondi.

Boom.

~-~-~-~-~

Le cinque scatole saltarono in aria all'unisono, esattamente come il loro creatore si augurava, ed un boato immenso si ripercorse sommergendo ogni cosa si trovasse intorno a loro. Un'onda d'urto che si udì anche nelle case adiacenti, facendo sì che tutti si girassero con il capo verso il palazzo da dove era provenuto il botto. Un fulmine così spaventoso da far subito pensare a tutto l'isolato che una terribile tragedia li avesse appena colpiti... Nessuno avrebbe mai potuto sopravvivere ad una bomba tanto potente e devastante. Non importava quanto fosse resistente e ben costruito l'edificio, la quantità di esplosivo era troppa per qualunque costruzione.

L'ordigno aveva fatto il suo lavoro. Tutto era andato come previsto, concluse il maniaco delle bombe rimanendo chiuso nel suo angoletto.

  
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