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Autore: Claire DeLune    06/12/2013    5 recensioni
I racconti di questa raccolta, sempre ambientata nel clorato mondo di Free!, non necessariamente saranno collegati alla mia storia principale The Reader, perciò potrete trovare le esperienze di diversi personaggi -principali, secondari e nuovi - e narratori.
(In ogni flash saranno specificati il rating, i personaggi, le avvertenze e le note).
POSSIBILE OOC
Ne scrivo anche su richiesta :) (soprattutto quando ho il blocco, invitarmi a scrivere qualcosa di specifico, potrebbe aiutarmi a oltrepassare il momento di crisi)
Genere: Slice of life, Sportivo, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Haruka Nanase, Nagisa Hazuki, Nuovo personaggio, Rin Matsuoka, Sorpresa
Note: Missing Moments, Raccolta, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Legame a Idrogeno'
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Legami a Idrogeno

Rating: Giallo/Verde

Genere: Slice of life 

Avvertimenti: Finale aperto

Note: Missing moments; Movieverse

Tipo di coppia: Het

PersonaggiTachibana Makoto, Nanase Haruka, The Reader e nuovo personaggio; piccola comparsa di Rin

 

8.

Qualcosa resta

 

(Reader)

 

   Il getto dell’acqua calda mi colpisce dritta in faccia, costringendomi a chiudere gli occhi, mentre mi lascio accarezzare dal suo tocco delicato. 

   Un paio di braccia smilze mi avvolgono appena sotto il seno, lasciando intravedere i tendini dei muscoli mediamente sviluppati, avvinghiandomi ad un corpo parzialmente asciutto, destinato a ricongiungersi con la sua amante storica. Il mio compagno getta il volto tra i miei capelli bagnati saggiandone il profumo, per poi avventarsi sull’incavo tra il collo e la spalla; lo bacia, lo mordicchia, lo succhia, costringendomi ad arcuare la spina dorsale all’indietro e ad ansimare il suo nome, mentre con le mani percorre la mia pelle. Una sale a tormentarmi il seno, una scende a sfiorare la mia intimità, senza però toccarla davvero, giusto per provare il piacere di dovermi far attendere ancora un bel po’ prima di soddisfarmi appieno.

   Ripeto il suo nome con stizza e lui ridacchia leggero al mio orecchio beffandomi. Catturo la sua bocca con la mia e nel frattempo ruoto su me stessa, avvinghiandomi al suo collo per avvicinarci ulteriormente ed intensificare i nostri amplessi. 

   Mi spinge contro la parete. Ora anche lui è completamente in balia della gittata d’acqua bollente.

   “Perché devi sempre disturbarmi quando faccio la doccia?”, chiedo con il sorriso stampato in viso.

   “Perché la fai sempre durante la serata del sesso”, cerca di zittirmi, lambendomi le labbra ed abbracciando la mia lingua con la propria.

   “Haru, faccio la doccia ogni sera. Ed ogni sera è la serata del sesso per te!”, mugugno con il suo volto ancora appiccicato al mio.

   Sbuffa scherzoso, tuffandosi nuovamente a rapire le mie labbra per non lasciare loro scampo. Le sue mani forti scivolano sopra i miei fianchi, poi sui glutei, sulle cosce, afferrandole da sotto e allacciandole alla sua vita, così da agevolare i movimenti ad entrambi, conscio che non avrei mollato la presa dalla sua nuca. Intreccio le dita tra la sua zazzera d’ebano, giocherellandoci, mentre il corvino mi si incolla addosso, facendo scontrare il proprio addome con il mio. Mi arresto di colpo, avvertendo un sottile velo di malinconia posarmisi sul ventre fin troppo piatto.

   Haruka si accorge all’istante del cambiamento, avverto il suo sguardo attento alla ricerca del mio, trovandolo concentrato a esaminarmi la pancia che pungolo con l’indice, affondando nel lieve strato di grasso accumulato con gli anni. Posa una mano sulla mia che tortura la zona, bloccandola per convincerla a seguirlo nel massaggio che regala a quel contenitore vuoto.

   Appoggia la fronte sulla mia, “Ne avremo un altro”.

   “Non è la stessa cosa”, bisbiglio.

   “Lo so”.

   Cala un silenzio infinito, colmato dall’unico scrosciare dello sciacquone e spezzato da un desiderante imperativo del mio compagno di vita, “Facciamolo ora”.

   E’ forse la prima volta che questa sua richiesta trascende il significato che consuetamente si affibbia a quel verbo.

 

(Makoto)

   Qualche mese dopo

 

   Nell’ultimo periodo il mio migliore amico si comporta in modo strano. Beh, ultimo periodo è un po’ riduttivo. E’ da quando _______ ha avuto l’aborto spontaneo che non è più lui.

   Haruka non ama mostrare i suoi sentimenti. Anche quando ha saputo che sarebbe diventato padre, non ha dimostrato le consuete reazioni che un uomo dovrebbe manifestare ad una simile notizia. Sì è limitato ad un infinita occhiata, coronata da un lungo caloroso abbraccio e da un flebile bacio alla sua compagna, accarezzandole delicato le guance arrossate dall’emozione coi pollici. La giovane donna non si era sorpresa, non si era sentita incompresa o delusa, si aspettava ogni singolo gesto dal suo anticonvenzionale fidanzato.

   Ma ora è cambiato. Lo si vede dalla sfumatura assente nei suoi occhi di zaffiro, dalle sue bracciate concentrate nel crawl, dalla suo atteggiamento sempre più apatico. Non è più libero.

   Non avrei mai creduto che diventare genitore fosse così importate per lui. Non credevo nemmeno che fosse in grado di mantenere una relazione amorosa stabile. In tutti quegli anni ero convinto di conoscere ogni sfaccettatura del mio amico d’infanzia. Non mi ero neanche stupito, quando mi aveva confidato di essersi innamorato di _______. Lo avevo intuito alle elementari.

   Eppure qualcosa mi è sfuggito. Solo con lei ritorna se stesso.

   Cerca di essere forte per entrambi, ma come lei si volta le sue iridi si annebbiano, speranzoso che non se ne accorga nessuno, specialmente la sua compagna. Io però me ne sono accorto.

   “Haru, ogni volta che te lo chiede mi rispondi allo stesso modo, ma so che non stai bene”.

   Haruka non fa altro che fissarmi.

   “Haru, parlami”.

   “Rivoglio la mia ragazza”, confessa, afferrandosi il viso tra le mani, afflitto dal suo disperato cambiamento.

   “Haru…”. Non so cosa dirgli. Non so come confortarlo.

   “Stiamo cercando di averne un altro…”, da quando hanno perso il feto, Haruka non riesce più a pronunciare nomi comuni che rievochino il ricordo, “…ma ho paura. La prima volta è arrivato da solo. E se adesso che ci stiamo provando non arrivi più?”.

   Lo prendo per le spalle, “Andrà bene. Prima o poi arriverà”.

   In quel momento non avrei mai immaginato quanto presto si sarebbe avverata la mia previsione.

   Sono passati un paio di giorni, di mattina c’è l’allenamento pre-Olimpiadi solo per i nuotatori a stile libero e farfalla, perciò ne ho approfittato per prenotare una visita di medicina sportiva in ospedale.

   Attraverso la porta automatica scorrevole e mi dirigo alla hall. La receptionist mi indica il reparto, il piano e il nome del dottore, la ringrazio e raggiungo le scale mobili; ci salgo, attento a controllare i cartelli informativi, quando intravedo una figura conosciuta che scende dalla rampa opposta, intenta a legge una cartella clinica a suo nome.

   “_______!”.

   Alza la testa al mio richiamo, i suoi occhi [aggettivo forma e colore] lampeggiano nei miei.

   Dio, è così bella, ogni volta che la vedo il mio cuore sussulta proprio come quando eravamo adolescenti. Dopo tutto questo tempo, dopo che lei ha scelto Haruka, perché io non sono mai stato altro che un un buon amico, ancora vorrei che fosse mia. Mi odio per questo. Mi odio di non riuscire ad essere completamente felice per loro.

   “Makoto?”, replica a metà tra la contentezza e l’insicurezza.

   Percorro le scale controcorrente, scusandomi con i passanti, e la raggiungo in fondo alle scale.

   “Che ci fai qui? Stai male?”, le chiedo preoccupato.

   “No, no, ho solo fatto un controllo. E tu?”.

   “Pure io, ho la visita tra venti minuti. Sei sicura di stare bene?”, mi sembra pensierosa.

   “Ecco… sarebbe dovuto essere Haru il primo a saperlo, ma sei qui…”.

   Sapere cosa?

   “Il controllo che ho fatto era dal ginecologo per un ritardo”.

   Non dirmi che…

   “Sono incinta”, sorride radiosa. Non l’ho mai vista così su di giri.

   Le circondo le spalle, “E’ fantastico! Sono così felice per voi”.

   “Mi raccomando: non dire niente ad Haru. Voglio fargli una sorpresa”, alza l'indice a mo' di maestrina e mi fa l'occhiolino, come una sorella maggiore che cerca di corrompere il minore a non dire nulla a mamma e papà riguardo a quello che ha appena combinato.

   “Sarà sicuramente sorpreso”.

   Ride. La sua risata è così rassicurante. Amo quella risata. Amo lei.

   “Ora devo andare per pensare a qualcosa”, sogghigna di nuovo, “Andate a correre con Rin stasera, vero?”.

   “Sì”.

   “Allora glielo dirò a cena. A presto, Mako-chan”.

   La saluto con la mano e la osservo uscire dall’ospedale raggiante come una supernova.

 

La sera stessa

   

   “Ohi, Makoto. Si può sapere dove hai la testa?”, mi sgrida Rin seccato. Detesta chi non mantiene il passo durante la corsa.

   “Niente, sono solo stanco”. Bugia. Sono diviso in due tra la felicità per la notizia che sta per ricevere Haruka e il biasimo verso me stesso nel desiderare una donna altrui. Non solo di un altro, ma proprio la sua. Vorrei parlargliene. Dirgli che, nonostante tutto, voglio solo il suo bene e che tutte le sue preoccupazioni stanno per svanire.

   Haruka ci distanzia di un paio di metri con le cuffie nelle orecchie, abitudine che ha preso da Rin, dato che con lui non ci si può parlare quando corre. Lo spazio fisico che ci separa sembra voler divulgare quello spirituale.

   Credo che lui abbia sempre saputo i miei sentimenti nei confronti di _______, eppure non mi ha mai escluso dalla sua vita, sapendo che non avrei mai trovato il coraggio di portargliela via come aveva tentato di fare Rin, oppure semplicemente consapevole di quanto sia saldo il loro legame. Niente e nessuno potrebbe separarli, eccetto…

   “Haru, sta attento!”, sbraita invano Rin.

   Il mio amico d’infanzia volta il viso in direzione dei fari accecanti pochi secondi prima che il furgone lo investi.

 

   In ambulanza gli rimango accanto, non posso fare altro, mentre il mio migliore amico lotta contro l’incoscienza.

   “Haru, ti prego, resta con noi”, lo imploro.

   “_______”, biascica esausto attraverso la mascherina dell’ossigeno.

   “Rin è andato a prenderla, ci raggiungerà in ospedale”.

   Haruka socchiude le palpebre. I paramedici tagliano per il lungo la maglietta insanguinata e gli applicano degli elettrodi sul torace, che sussulta un paio di volte come reazione alle scariche magnetiche. Sbarra gli occhi stralunato.

   “Haru, devi rimare sveglio!”, gli ordino con le lacrime che mi inondano le guance, “Non puoi…”, non oso nemmeno pronunciare quel verbo.

   Non dovrei dirglielo, l’ho promesso, ma questa potrebbe essere l’ultima fonte di energia vitale per lui, “_______ aspetta un bambino, hai capito? Il tuo bambino!”.

   Sorride debolmente, “Un bambino”.

   “Sì. _______ ha bisogno di te. Ha bisogno del padre di suo figlio”.

   “Prenditi cura di lei”. La sua voce è roca e quasi inaudibile, ma sorride, potendo morire in pace.

   Le sue iridi vitree si celano sotto le palpebre con un'espressione beata, addormentandosi per sempre durante il sogno meraviglioso nel quale tiene tra le braccia il fagottino di una creaturina così simile a lui.

 

Otto anni dopo

 

   Sono le quattro e mezza, la campanella è appena suonata ed io sto chiacchierando con altri genitori pazientemente in attesa che i loro pargoli escano da scuola, quando mi sento tirare per un lembo della camicia.

   “Ecco il mio tesorino”, affermo, sorridendo alla minuta bimba dai capelli corvini e gli occhi blu come l’oceano estivo. 

   Non mi risponde, la sua espressione è imbronciata e scostante, mi tende soltanto le braccine esili, incalzandomi silenziosamente a prenderla in spalletta.

   Mi incammino con la piccola che giocherella coi miei capelli castani, intrecciandoli confusamente.

   “Come è andata oggi a scuola?”.

   “Bene”, replica più freddamente del solito.

   La sollevo dalle mie spalle e la adagio a terra, inginocchiandomi alla sua altezza, “C’è qualcosa che non va?”.

   Si gira dall’altra parte, nascondendomi i suoi occhi dietro ad una ciocca di lisci capelli di pece. E’ uguale a lui.

   “Papà, perché non ti somiglio?”.

   Me lo ha chiesto davvero? Speravo che questo giorno non arrivasse mai, che i dubbi non venissero mai a galla.

   Ho adempiuto alla mia promessa. Mi sono occupato di loro, facendole diventare la mia famiglia. Il mio amore per _______ è potuto uscire allo scoperto ed ho adorato la moretta che ho di fronte dal primo istante che l’ho vista come se fosse realmente mia figlia.

   Le sorrido accondiscendente, “Vuoi sentire la storia di quattro bambini con nomi femminili, Haru?”.

 



 

Note d'Autore

Ringrazio nuovamente tutti coloro che mi seguono con i loro consigli, il loro sostegno e il loro continuo leggere i miei trip mentali.

In questa shot ho voluto attraversare un argomento delicato come la scomparsa prematura del proprio padre e del proprio compagno di vita. Spero di essere riuscita ad esprimere al meglio le sensazioni che volevo venissero espressi e di non aver alleggerito troppo la tematica.

Stavolta ho voluto approfondire di più il punto di vista di Makoto, dato che non gli do molto spazio.

Mi auguro che sia di gradimento per voi che leggete e sappiate che, come ho specificato nella trama, sono aperta a qualunque suggerimento o richiesta, ma soprattutto a critiche e approvazioni.


See you next water time,

Claire DeLune

   
 
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