Fanfic su attori > Orlando Bloom
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Autore: NiNieL82    06/12/2013    2 recensioni
Edith ha lasciato Kendal per tornare a Londra. Lo ha fatto per Ella e Dave, suoi figli; lo ha fatto perché ha capito di non poter scappare per sempre dalla decisione più importante della sua vita: decidere se stare con Orlando Bloom, padre dei suoi figli e fresco di divorzio da Miranda Kerr, oppure tornare ad essere la moglie di Jude Law, che ha sposato un anno prima.
In un susseguirsi di vicende e di emozioni, la vita e la via che Edith deve seguire si spiana lentamente davanti ai suoi piedi, mettendola come sempre alla prova, alle volte confondendola.
Chi sceglierà Edith? A chi darà il suo cuore?
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio, Orlando Bloom
Note: AU | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie ' I was born to love you.'
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Capitolo 2: Tempo di scelte.


Ella sbadigliò senza mettere la mano davanti alla bocca. Edith, accanto a lei, le lanciò un'occhiataccia da far gelare l'equatore e la bambina, imbarazzata, mormorò:

Scusa mamma!”

La giornalista annuì e voltandosi verso Emma, sua sorella, continuò il discorso che aveva lasciato per un attimo sospeso:

Il problema non è che lui abbia detto quella cosa a tutti i giornali. Conosco Orlando abbastanza da capire che non solo è egocentrico, ma che detesta essere preso in giro. In tutti i modi in cui una persona può essere presa in giro!” e pulendo il muso di David aggiunse: “La cosa che mi fa imbestialire è che mi ha messo in mezzo a questo casino... E ora sono continuamente assediata dai paparazzi!”

Emma annuì e sistemando la coperta nel passeggino della figlia, disse:

Ti capisco. Ma il problema in questo momento, secondo me, è un altro e tu lo stai sviando. Vuoi diventare la nuova direttrice del Guardian?”

Edith sospirò. In un attimo sentì il peso di quella responsabilità calarle sulle spalle e pesare in maniera terribile, al punto che pensò di poter rimanere schiacciata perfino in quel momento. Il Guardian era quello che ogni giornalista inglese desiderava. Scrivere per uno dei giornali più importanti del Regno Unito era giù una vittoria. Dirigerlo a soli trentatré anni era quasi utopico.

Sospirando prese il bicchiere dal tavolo del tavolino bagnato dalla luce del sole primaverile e guardò le persone che giravano per Kensington senza nemmeno vederla e senza segno della minima emozione rispose:

Dovrei essere incazzata, lo so. A quanto pare Tom ha espressamente chiesto che prendessi il suo posto in quanto mi riteneva l'unica davvero capace di dirigere quel giornale senza anteporre i miei bisogni personali. Loro hanno ignorato la sua richiesta e hanno messo un fantoccio che amava leccare il sedere del Primo Ministro facendo perdere un po' di lettori, specialmente quando andava a lodare delle scelte politiche piuttosto opinabili!”

Ma lo hanno licenziato e adesso ti hanno chiamata!” rimbeccò Emma con entusiasmo.

Edith annuì, non celando il suo fastidio per quella chiamata. Come sempre nella sua vita era arrivata in un momento completamente sbagliato: stava uscendo dalla depressione e andava ancora da una psicologa; aveva due figli a cui badare ed era una mamma single; il suo matrimonio era naufragato miseramente e ancora non si era decisa a chiedere il divorzio; il suo ex, nonché padre dei suoi figli, aveva deciso di mandare al diavolo la sua attuale moglie mettendo in mezzo lei che nemmeno sapeva che i due avessero dei problemi.

Aggiungendo che per la produzione del suo quarto libro, di cui non si era ancora girato il film, doveva partire per due mesi ad Edimburgo in veste di sceneggiatrice, la situazione si faceva più complicata.

Lo so che stai pensando che devi andare a lavorare in Scozia. Ma non pensi che scappare di nuovo, in questo momento, sia la cosa sbagliata?” mormorò Emma seria.

Edith sospirò. Sua sorella aveva capito le sue vere intenzioni, cosa che la sua psicologa non aveva ancora fatto, al punto che la giornalista aveva cominciato a pensare che stesse fingendo per avere notizie di prima mano direttamente dalla fonte. Chinò la testa e giocherellò con il bordo della tovaglia di carta, poi, sospirando per l'ennesima volta, guardando la sorella negli occhi, rispose:

Il viaggio in Scozia era programmato da prima che Orlando decidesse di fare quella terribile uscita su quel giornale neozelandese. E penso che comunque, se mi vogliono davvero, quelli del Guardian non si metteranno certo problemi se per qualche mese dirigerò la redazione via Skype. È che stavo pensando ad un altra cosa... E riguarda il fatto che se accetto questo lavoro dovrò mettere radici a Londra. Non avrò tempo per miei figli, per i miei libri...” scosse la testa e aggiunse afflitta: “se fosse arrivato prima, forse, avrei accettato senza nemmeno pensarci. Ora, però, sembra tutto così difficile!”

Mettere radici ti spaventa?” domandò fingendo stupore Emma. “Ora che hai due figli, trovare una casa dove stare per sempre e crescerli ti spaventa?”

Non ho detto questo!” cercò di sviare Edith, ma Emma pronta ad una simile risposta ribatté:

Lo hai detto! È stata la prima cosa che hai detto. Tutti mettono radici nella vita, in un modo o nell'altro. Pensi che la tua vita cambierà se dovessi accettare un nuovo impiego. Quello che ti dico io, invece, è che tu hai solo paura di doverti fermare e di dover crescere. L'ha fatto Paul, lo sto facendo io. E sai quanto mi è costato. Nonostante questo ho lottato e ora con Clay sto costruendo quella famiglia di cui avevo bisogno. La base dove mettere radici e vivere una vita tranquilla, finalmente. Mi spiace Edith, ma devi crescere...”

Edith sospirò. Quello che aveva detto Emma era vero. C'era stato un periodo in cui tutti si stavano sposando tranne lei, in cui tutti vivevano felici tranne lei, e in quel periodo aveva deciso di sposare Jude. Lo aveva fatto con leggerezza, sapendo che nella sua vita c'era troppa carne sul fuoco, troppe cose che ancora non aveva concluso. Si era sempre detta di non amare Jude, ma aveva scoperto che non era così. Con lui aveva creato quella stessa dolcezza, quella stessa tranquillità che a lei e ad Orlando era stata negata troppo presto, che si erano giocati per orgoglio, per non ammettere nemmeno tra di loro che avevano dei problemi e che andavano risolti.

Dopo tutto quel tempo si trovava sola, spaventata dal fatto che i due uomini che sapeva di amare -anche se non riusciva a capire chi più dell'altro- bussassero alla sua porta e le chiedessero di scegliere.

Il tempo dei giochi era finito. Quello che stava vivendo era un tempo di scelte, che doveva fare, che le piacesse oppure no.



Le porte dell'ascensore si chiusero davanti a lei con un lieve scampanellio. Conosceva quel luogo come se fosse casa. Ogni piccolo angolo le era famigliare e le faceva venire il mal di stomaco.

Entrare nella sede del Guardian sapendo che Tom non avrebbe mai più occupato il suo posto la faceva stare malissimo.

Aveva sofferto parecchio per la morte del suo mentore e anche in quel momento, dentro di sé, Edith aveva la certezza che a distanza di quasi un anno non aveva ancora elaborato il lutto e ancora difficilmente parlava tranquillamente di Tom senza scoppiare a piangere.

Trattenendo a stento le lacrime guardò l'indicatore dei piani salire lento, tralasciando qualche piano perché la lampadina che lo illuminava si era miseramente bruciata.

Strinse forte i pugni cercando di cacciare dentro di lei ricordi e dolore, quando sentì il din che annunciava il suo piano e le porte si aprirono mostrandole un lungo corridoio lungo, arredato con eleganza e con tanti quadri appesi alle pareti.

Per quanto Edith ci provasse, non poté non ricordare con quanto orgoglio Tom parlava del fatto che il giornale non avesse padroni e fosse fuori da ogni gioco politico. E in effetti era proprio vero: alle pareti non c'erano mai state foto dei vecchi direttori e/o di proprietari come era successo nelle altre redazioni in cui Edith aveva lavorato (The Bite a parte).

Uscì dall'ascensore facendo un respiro profondo e con una lunga falcata si tirò fuori dall'ampio abitacolo e sentì il cupo rintoccare dei suoi passi sul parquet di legno scuro. Da dietro una porta apparve una donna che dall'aspetto non dimostrava più di cinquant'anni; le sorrise e incrociando le mani le disse:

Immagino che lei sia la signorina Norton, giusto?”

Edith annuì e non ebbe il tempo di dire una sola parola che la donna ricominciò:

Mi chiamo Bettie. Dirigo questo piano. I signori la stanno aspettando nella sala riunioni infondo al corridoio!”

Sollevando le sopracciglia, incapace di controbattere alla ossequiosa diligenza di Bettie, la dirigente del piano, Edith si lasciò guidare in silenzio lungo il corridoio, con il solo rumore del suo respiro e dei suoi passi che riempivano quel silenzio irreale. Che la facevano sentire a disagio in un luogo che per lei, qualche anno prima, era uno dei pochi posti che poteva chiamare casa.


Orlando sbarrò gli occhi nell'oscurità. Il dolore che sentiva alla schiena era troppo forte e insopportabile per ignorarlo ancora.

Si mise a sedere nel letto e si guardò intorno allungando subito un braccio per prendere i boxer e indossarli. Passò una mano sui ricci scuri e cercò di tenere dritta la schiena senza però far nulla per mascherare un lamento roco.

Qualcuno, accanto all'attore si mise a muoversi lentamente nel letto mentre l'attore di Canterbury accendeva la lampada del suo comodino.

Orly che succede?” chiese una voce femminile da sotto le lenzuola.

Orlando indossò i pantaloni della tuta sospirando infastidito e seccato rispose:

Non sopporto che mi si chiami Orly, ok?”

La ragazza mise un buffo broncio e rispose con un sorriso civettuolo:

Mi piace quando fai il difficile!”

Orlando sollevò un sopracciglio ed entrò in bagno, accendendo la luce del bagnetto e si mise a trafficare dentro cercando qualche cosa. Da fuori Darla sbadigliò piuttosto rumorosamente, mentre Orlando prendeva il nuovo flaconcino di pillole che dopo il suo brutto incidente era diventato uno dei suoi migliori amici. Ingoiò qualche pillola e riempì un bicchiere d'acqua dal lavandino per buttarle giù. Chiuse gli occhi sentendo il medicinale scendere lungo la faringe e poggiò le mani sul lavandino tenendo la testa china.

In quel momento una girandola ininterrotta di pensieri cominciò a vorticare velocemente: il comunicato stampa dove Miranda annunciava al mondo, prima di dirlo a lui stesso, di volerlo lasciare; Edith che era stata tirata in mezzo in quella storia e ancora non aveva detto nulla; John che gli aveva detto di mettere la testa a posto una volta per tutta e smetterla di fare il bambino. E forse a trentacinque anni doveva davvero cominciare a pensarci.

Sentì due mani passare sulla schiena e scendere lentamente fino all'orlo dei boxer dove due dita si insinuarono birichine dentro l'elastico. Orlando sospirò. Poteva, se davvero lo avesse voluto, lasciare di nuovo fuori tutti i suoi pensieri e concedersi di nuovo a quella passione che aveva consumato velocemente poche ore prima. Ma sapeva che si sarebbe sentito vuoto subito dopo l'orgasmo, terribilmente triste non appena avrebbe tolto il preservativo e si sarebbe rovesciato di fianco. Sollevò la testa di scatto e bloccò le mani di Darla.

Ahi!” fece lei cercando di togliere le dita dalla morsa dell'attore.

Orlando si voltò e lasciando la mano della giovane le disse:

Puoi andartene? Voglio restare da solo!”

Ma...?” cercò di ribattere lei ma lui la bloccò e rispose:

Non voglio nessuno tra i piedi. Se ci sono dei problemi il telefono e in soggiorno. Puoi chiamare un taxi. Te lo pago io!”

Darla, nuda e ferita si drizzò sulla schiena e socchiudendo gli occhi disse:

Vai a fare in culo, stronzo!” e senza aspettare risposta uscì dal bagno e andò in camera per vestirsi mentre Orlando, chinando la testa, sussurrò:

Grazie! Anche a te!”


Edith sospirò una volta arrivata davanti alla porta di quercia a doppia anta. Dietro c'era il suo destino, qualche cosa a cui nemmeno lei era sicura di voler andare incontro.

Bettie, vicino a lei sorrise rassicurante -infondo non era lei quella che doveva sostenere il più importante colloquio della sua vita- e le disse:

I signori l'aspettano dentro. Le auguro buona fortuna!”

Edith fece un profondo respiro e varcò la soglia. Si trovò dentro una stanza rivestita di pareti di legno scuro, proprio come il corridoio. Al centro c'era una lunga tavola di legno anch'essa, lucido, con tante sedie attorno, ognuna occupata da una persona. La ragazza lasciò che lo sgaurdo spaziasse lungo la tavolata e si fermò su ogni viso che in maniera amichevole a volte, impertinente altre, ricambiavano lo sguardo con altrettanto interesse, ma non con lo stesso nervosismo.

In quella stanza sembrava essere la più giovane, di sicuro, a parte un uomo che non poteva dimostrare più di quarantacinque anni: alto, slanciato, con folti capelli neri e ricci, sorrise e si mise in piedi, dal suo posto di capotavola e allargando le braccia disse:

Miss Edith Norton? O preferisce che la chiami ancora Miss Law?”

Edith sorrise e scuotendo la testa rispose:

No! Miss Norton andrà benissimo, grazie!”

L'uomo sorrise e fece un cenno con la testa per lasciar intendere di aver capito e sempre con la stessa aria gioviale disse:

La stavamo aspettando! Ma la prego, si sieda pure!”

Edith prese posto e poggiando le mani nel grembo, con il cuore che le usciva dal petto per il terrore, disse:

Pensavo che il colloquio fosse alle dieci e mezzo. Sono solo le dieci meno dieci!”

L'uomo sorrise ancora e unendo le mani, rimanendo ancora in piedi, quasi che quello bastasse per intimorire Edith -come se quella stanza antica, con quei volti antichi non fosse già abbastanza per le sue coronarie!- , rispose:

Ed è così. E siamo davvero felici che lei ci abbia deliziato con la sua inaspettata puntualità!”

Edith sollevò un sopracciglio. Quello era tutto meno che un complimento. Non era una novellina nonostante avesse appena trentatré anni e il suo curriculum parlava chiaro. Aveva gestito una delle più grandi riviste al mondo, Vanity Fair, e lo aveva fatto in Gran Bretagna e negli Stati Uniti. Cosa pensavano, di trovarsi davanti ad una sprovveduta che non sa nemmeno come comportarsi ad un colloquio?

Edith cercò di mettere a tacere il suo innato sarcasmo e schiarendo la voce, facendo un sorriso tutt'altro che sincero, replicò:

Mi spiace solo averlo saputo così presto. Avrei fatto sicuramente prima!”

L'uomo sorrise ancora, anche se quel modo di sorridere, ad Edith, non piaceva affatto. Era come se fosse pieno di ogni cordialità ma celasse, al contrario, una recondita cattiveria, una calcolata cura nello studiarla. Ebbe la straordinaria sensazione che quell'uomo la stesse spogliano con gli occhi, ma la fede all'anulare sinistro e quella che a prima vista poteva sembrava una certa recidività in queste situazioni, fece distogliere Edith da quel pensiero.

Cercò di rispondere al sorriso, sentendo la sua determinazione venire sempre meno. Tenne la schiena dritta e le mani sempre più affondate nel grembo, mentre l'uomo, senza lasciare la sua inquietante espressione,continuò:

Signorina Norton, lasci che mi presenti. Sono Gregory Jefferson e sono il presidente del consiglio qua riunito. Siamo tutti qua perché dopo la nostra terribile esperienza con Douglas Taylor, il giornale di cui noi siamo diretti finanziatori è crollato verticalmente. Le vendite sono diminuite e gli articoli dei giornali sono diventati molto più frivoli e per nulla adatti ai canoni della nostra testata. Abbiamo quindi preso in considerazione di prendere atto del testamento morale di Tom Carlyle, dove il nostro compianto direttore la indicava come sua unica e degna erede...”

Tom è morto quasi un anno fa” intervenne Edith. “Voglio capire che cosa vi ha trattenuto dal farlo prima!”

Gregory Jefferson si schiarì la voce e chinando la testa e vacillando per la prima volta, disse:

Alcuni membri della nostra commissione volevano che lei prendesse il posto di Tom subito dopo la sua morte, ma diciamo che ci sono state delle discordanze in merito ad alcuni argomenti...”

Di che tipo?” chiese Edith sollevando un sopracciglio, anche se cominciava a capire dove stava andando a parare l'uomo dal sorriso inquietante.

L'uomo schiarì per l'ennesima volta la voce e cercando di piazzare di nuovo il suo sorriso rispose:

Tutti conoscono la sua vita privata. E tutti sanno che ha avuto qualche problema in questi ultimi mesi...”

Non riesco a capire come i miei problemi sentimentali possano in qualche modo interferire con una mia possibile carica?” chiese Edith che stava cominciando a infastidirsi e stava cominciando a non nascondere il suo fastidio né nel corpo e né nel tono della voce.

Diciamo che una donna giovane, con i suoi trascorsi sulla stampa rosa, per molto di noi non era un buon biglietto da visita!” replicò imbarazzato Jefferson.

Edith sospirò e replicò:

E cosa vi ha fatto cambiare idea?”

Jefferson sorrise, di nuovo con quel suo modo terribile di sorridere e rispose:

Il suo successo come scrittrice e soprattutto come direttrice di Vanity Uk e Us!”

Edith sorrise e scosse la testa. Lo fece in maniera impercettibile e nessuno, forse se ne rese conto davvero. Jefferson di sicuro non lo fece e continuò:

Vogliamo che sia lei a prendere le redini di questo giornale. Il suo stacanovismo è cosa nota a tutti. E lo è anche il fatto che Carlyle aveva una grande stima di lei. E vogliamo anche noi rimettere in lei la stessa fiducia. Vuole prendere le redini del nostro giornale?”

Tutto qui? Si aspettava domande e domande sul suo passato lavorativo, richieste di numeri di telefono per avere delle referenze sul suo conto. Niente di tutto ciò. Quel Jefferson aveva fatto qualche battuta sul suo passato salvo poi chiederle di diventare direttore di una delle più importanti testate della Gran Bretagna.

Edith, ritrovando una nuova fiducia in se stessa, incrociò le braccia al petto e sorrise trionfante.

La volevano. E lei, ora, aveva il coltello dalla parte del manico. Certo! Era molto meglio non tirare troppo la corda e perdere quell'occasione che avrebbe reso ghiotto ogni uomo e lei non voleva sciuparla.

E dopo aver sospirato, rispose:

Immagino che il fatto che io sia una scrittrice a tempo pieno e che debba partire per sei settimane in Scozia per voi non sia un problema” e sorridendo guardò uno per uno quei vecchi seduti al tavolo che le ricambiavano uno sguardo, stavolta, perplesso e un po' preoccupato.


Londra. 1998.


Orlando si asciugò il sudore dalla faccia passandoci sopra la sua maglietta che aveva deciso di togliere non appena il sole era diventato quasi incandescente.

John! Qua ci si può cucinare un uovo, lo sai vero?” si lamentò il ragazzo mettendo di nuovo la maglietta dentro l'elastico dei pantaloni della tuta.

John sollevò gli occhi al cielo e sospirando rispose:

Bloom, sei un cagacazzo, te lo ha mai detto nessuno?”

E tu sei uno sfruttatore!” rispose Orlando facendosi passare un attrezzo da Rob, un altro loro amico che aveva deciso di seguirli e di aggiustare il tetto della casa di John in quella calda mattina di fine maggio.

Una birra?” disse John porgendo un peroncino ghiacciato e ignorando volutamente l'ultima affermazione dell'amico.

Grazie!” disse Rob prendendo la birra e trangugiandone un lungo sorso.

Orlando guardò il peroncino con aria avida e John schioccò la lingua contro il palato e disse:

Scordatelo, OB! A malapena reggi l'odore di una Guinness. Non ti darei una birra nemmeno se non ci fosse un solo goccio d'acqua sulla terra!”

Cavolo, John! Vedo che stare con la spagnola ti sta rendendo meno umano di Torquemada. Ed è tutto dire!” rispose Orlando che stavolta passò un braccio sul viso che grondava sudore.

John sorrise e si avvicinò alla borsa frigo rigida e sbuffando disse:

Merda!”

Che succede?” chiese Rob.

Non c'è più acqua e nemmeno una coca cola. Mi tocca scendere da questo tetto e fare di nuovo rifornimento!” rispose John.

Vado io!” si propose Rob.

John lo guardò scettico e domandò:

Sei sicuro?”

Rob annuì e prendendo la scala scese dal tetto senza aggiungere altro.

John si mise a sedere e prese una bottiglia dal frigo e ne trangugiò un lungo sorso. Poi, facendo schioccare le labbra, disse:

Non voglio che nessuno parli di Rocio con nessuno!”

Ehi, John! Stavo scherzando...” cercò di scusarsi Orlando ma John lo bloccò e disse:

Non me ne frega un cazzo delle tue scuse. Rocio non è una con cui scopo e basta. E non voglio che tu parli di lei con un cazzone come Rob che non sa tenere un segreto nemmeno se a chiederglielo è la regina in persona!”

John io...” replicò Orlando davvero imbarazzato.

OB! Chiuso qua!” rispose John infastidito.

Ehy!” gridò qualcuno dal piano di sotto.

Orlando imbarazzato si alzò dal suo posto, ma lo fece troppo in fretta. Sentì la testa girare veloce e indietreggiò un po'. John socchiuse gli occhi e si alzò dicendo:

OB! Che cazzo hai?”

Orlando non rispose. Il caldo e la mancanza di zuccheri fece il resto. Cadde all'indietro, di schiena.


Gli occhi di Orlando si aprirono di nuovo nell'oscurità. Era solo un sogno. Era nel suo letto.

Sogno poi? Quello non era un sogno. Era il ricordo nitido del suo incidente, quello che gli aveva spezzato la schiena quando aveva appena ventuno anni.

Incubo che riempiva le sue notti da troppo tempo ormai. Si voltò e guardò verso la finestra. Il sole cominciava a sorgere dietro le tapparelle. Si mise a sedere sul letto e portò le mani tra i capelli. La schiena gli faceva ancora dannatamente male e le lastre sembravano quasi stessero lacerando tutti i muscoli e consumando le ossa che gli stavano attorno.

Quando stava male ed era ancora fidanzato con Edith, lei si metteva a sedere con lui, lo abbracciava e cominciava a parlare di cose stupide, senza senso. Quello era un modo come un altro per fargli capire che non doveva avere paura. Che lei era lì e lo avrebbe ascoltato e curato. Poi tutto era finito e Miranda non si era dimostrata altrettanto comprensiva nei suoi confronti.

Lei si lamentava del fatto che Orlando si svegliasse di notte e che non riusciva più a prendere sonno. Non si dimostrava mai comprensiva nei suoi confronti.

La sveglia cominciò a trillare forte. Colto di sorpresa, Orlando sollevò di scatto la testa e subito una smorfia di dolore gli fece storcere il viso.

Cercando di ignorare il dolore, Orlando si alzò, accese la luce del comodino e compose un numero dal telefono fisso dell'albergo.

Pronto?” disse una voce gioviale dall'altra parte.

Pronto Pete. Sono io, OB. Ti volevo dire che hai ragione, la famiglia è davvero più importante di ogni cosa sulla faccia della terra!”


Gli hai detto davvero così!”

Edith rise di gusto parlando al cellulare con Rachel. Era appena stata a casa di sua madre ed Ella e David erano rimasti dai nonni, per la gioia di Patrick, il nonno, un po' meno di Eloise, la nonna.

Ti ho detto di sì. Ed è tanto che non abbia reagito d'istinto e l'abbia mandato al diavolo quel deficiente. Ma chi si credono di essere. Non è detto che una che ha una vita privata -resa pubblica tra l'altro contro ogni sua richiesta- non sia idonea a dirigere un giornale come il The Guardian. Non stiamo parlando di Jordan o chissà chi altro!” rispose Edith riaccendendosi di nuovo. Il fatto che il colloquio fosse andato bene e che tutti avessero accettato la sua offerta di poter dirigere da subito il giornale anche a costo di utilizzare Skype, non aveva riscontrato nessun problema. Greg 'Viscidone' Jefferson ne era subito parso entusiasta.

Come sei indietro. Lo sai che non si fa più chiamare così. Ora si fa chiamare di nuovo Katie Price!” replicò Rachel fingendo delusione.

Il fatto che tu sappia che una modella con dubbi gusti nel vestire e nello scegliere i suoi compagni abbia ripreso il proprio nome di battesimo non ti fa onore, sai?” ribatté Edith divertita, avvicinando la sciarpa al mento con una mano. Era ancora in macchina, ma la temperatura era scesa di qualche grado; inoltre, finalmente dopo un mese di straordinaria assenza, il cielo si stava coprendo di nuvole minacciose, che avrebbero scaricato sulla capitale inglese litri e litri di acqua.

Guarda che sono una giornalista in maternità e non posso far altro che stare dietro a tre bambini assatanati, di cui una che sta cominciando a prendere coscienza del fatto di star diventando grande, e ho anche un marito che arriva a casa e sembra Atlante e che abbia il peso del mondo sulle sue spalle!” e dopo un attimo di silenzio, aggiunse: “E a me Peter Andre piaceva!”

Edith scoppiò a ridere ancora più forte e Rachel con lei. La sua migliore amica era felice che avesse deciso di prendere il posto al The Guardian. Significava che aveva smesso di fuggire e che forse avrebbe cominciato a mettere la testa a posto. O almeno rimetterla.

Ci sono paparazzi fuori casa tua?” chiese Rachel tornando seria.

Edith scosse la testa e rispose:

No! Serata tranquilla...” e guardando il suo orologio Bulgari con il piccolo quadrante rettangolare, disse: “Anzi! Penso che adesso vado a casa e mi faccio un bel bagno caldo!”

Rachel fece un verso di assenso e ribatté:

Riposati che domani ti attende una giornata piena, tra valigie tue e dei bambini da preparare!”

Edith sorrise e poggiando le mani sul volante disse:

Hai proprio ragione. Penso che me ne andrò a letto presto!” e dolcemente salutò l'amica raccomandandosi con lei di dare attenzione al bambino e di non compiere sforzi.

Chiuse la chiamata e guardò lo sfondo del suo IPhone che ritraeva Ella e David che sorridevano all'obbiettivo.

Tre mesi lontana da loro sarebbero stati duri, ma sapeva che con i suoi genitori i bambini non avrebbero avuto problemi di sorta. Sospirò, prese la borsetta dal lato del passeggero e scese dall'abitacolo. La strada era silenziosa e a questo, dopo la reazione di Orlando alla separazione con Miranda, per Edith era un piacevole ritorno alla normalità.

Stava ticchettando per la strada pulita e tranquilla vicino casa sua, quando sentì qualcuno dire:
“Era da un po' che ti stavo aspettando. Pensavo che stasera non saresti tornata”

Edith ebbe un tuffo al cuore. Si voltò di scatto e vide davanti a sé gli occhi azzurri di Jude. Era da un po' che non lo vedeva e come sempre quando gli stava vicino si sentiva come dentro una lavatrice: centrifugata, strizzata e sballottolata a destra e a sinistra.

Jude! Che ci fai qui?” chiese realmente sorpresa.

L'uomo sorrise e affondando le mani nelle tasche dei jeans, rispose:

Avevo voglia di vederti, ma soprattutto di parlarti a quattrocchi!”

Edith rimase per un attimo con la bocca spalancata, cercando dentro di sé un motivo vagamente valido per declinare quell'invito. E ne aveva parecchi se ben ci pensava: il giorno dopo sarebbe dovuta partire per la Scozia e quindi doveva non solo riposare, ma doveva anche preparare le valigie per lei e per i figli; doveva scrivere un capitolo importante del suo nuovo libro; doveva stare lontana da Jude e Orlando, specialmente.

Ma ogni scusa sembrava quasi un castello di carte pronto a crollare al minimo soffio di vento, quindi sorrise e indicando dietro di lei disse:

Abito qualche metro più avanti. Se mi vuoi seguire...”

Jude non rispose, ma fece come ordinato. Camminarono fianco a fianco in silenzio. Sembrava quasi che tutto quello che c'era stato tra di loro si fosse dissolto e fosse rimasto spazio solo per l'imbarazzo e il tragitto fino a casa sembrò molto più lungo di quei pochi metri poco prima auspicati da Edith.

Una volta davanti alla casa Jude sollevò lo sguardo, guardando la facciata di mattoni rossi e sorridendo disse:

Immagino che l'avrai pagata un botto!”

Edith scosse la testa, salendo assieme i pochi gradini che la separavano dall'ingresso e rispose:

Non molto se consideriamo che ho speso tutti i soldi che mi hai dato dopo aver venduto...” e mordendosi il labbro si bloccò.

Dopo il suo incidente e la sua partenza per Kendal, Jude aveva cercato in tutti i modi di mettersi in contatto con lei, ma la depressione e la paura di poter di nuovo finire in mezzo a quel vortice che era diventato quel triangolo, l'aveva fatta desistere da prendere una qualsiasi decisione sul suo futuro sentimentale e aveva lasciato che suo marito -quasi ex- decidesse per lei. E dopo pochi mesi, Jude aveva messo in vendita la loro casa e aveva consegnato nelle mani di uno sconosciuto tutti i bei ricordi racchiusi in quelle quattro mura.

Jude, rendendosi conto che Edith, in evidente imbarazzo, non aveva finito la frase, continuò per lei e concluse, sorridendo amaro:

... dopo aver venduto la casa dove abitavamo...” e tranquillo aggiunse: “Edith è successo. Non devi aver paura di dire le cose. Non è quello che mi ferisce, ma ben altro!”

Edith chinò di nuovo la testa, disarmata da quella situazione e cercando le chiavi dentro la borsa cercò in tutti i modi di temporeggiare. Ci mise qualche secondo, cercando dove sapeva di non averle messe e poi, aprendo la piccola cerniera di una tasca interna della borsa, fingendo di non saperlo, disse:

Le avevo messe qui!” ed evitò lo sguardo di Jude dandogli le spalle e macchinando con la serratura.

Quando questa schioccò e la porta si aprì, e con un gesto veloce Edith accese la luce.

Jude guardò la casa. Il parquet era scuro e i mobili moderni e di una tonalità chiare. Le pareti grige e vicino alla porta c'era una poltrona davanti ad una finestra a bovindo, con accanto un bellissimo tavolino e una lampada da lettura.

Davanti ad un bellissimo divano bianco ad elle, stava un cammino con sopra le foto di Edith e dei bambini. Non c'era traccia né di lui, né di Orlando.

Guardò le scale dello stesso materiale del parquet e lasciò che lo sguardo spaziasse per tutto l'open space molto ampio, dal quale si vedeva una bellissima cucina con tanto di penisola.

Vedo che ti sei sistemata bene” sorrise Jude.

Edith tolse la sciarpe e appese il cappotto all'attaccapanni e sorridendo disse:

Ho fatto del mio meglio!” poi indicando il divano aggiunse:”Prego! Accomodati!”

Jude fece come ordinato e non ebbe il tempo di dire una sola parola che Edith gli domandò subito:

Vuoi qualcosa da bere? Un tè, un caffè?”

Hai qualche cosa di forte?” domandò Jude.

Edith annuì e avvicinandosi ad un armadietto chiuso a chiave disse:

Ho del bourbon, del gin, qualche brandy. Un whisky doppio malto... Cosa vuoi?”

Un po' di brandy va più che bene!” sorrise Jude.

Edith trafficò dentro il piccolo mobile bar, ma stavolta non lo fece in silenzio:

Cosa ti porta qua, Jude?”

L'uomo sospirò e passando una mano sui jeans invecchiati ad arte, rispose:

Lo sai. Non penso che te lo debba dire io!”

Edith sospirò e voltandosi, con un passo lento, quasi stesse andando al patibolo e non stesse offrendo da bere ad uno dei due uomini che credeva di amare, rispose:

Se sei qua per quella storia di Orlando, sappi che ancora non l'ho sentito. Per quello che ne so è ancora in Nuova Zelanda a girare Lo Hobbit. Io domani devo anche partire per la Scozia e dopo comincerò a lavorare per il Guardian...”

Edith! Io voglio sapere cosa ne sarà di noi?” la bloccò Jude.

Edith lo guardò per un attimo stupita. E scuotendo la testa domandò:

In che senso?”

In che senso?” ripeté Jude fingendo stupore. “Nel senso che voglio capire se è arrivato il momento anche per noi per parlare di quello che siamo... O meglio, non siamo!”

Edith sospirò e passò una mano tra i capelli. Non aveva voglia di affrontare quel discorso. Non aveva voglia di affrontare Orlando, o Jude, o chi per loro.

Non ho voglia di parlare del nostro matrimonio, Jude...”

Un matrimonio prevede che due persone vivano nella stessa casa. Che condividano le cose, la vita. Noi non stiamo facendo niente di tutto questo... Il nostro non è più un matrimonio, Edith. Non lo è più da quando hai avuto quell'incidente e te ne sei scappata nella Regione dei Laghi perché non volevi affrontare il padre dei tuoi figli e me!” la interruppe Jude punto sul vivo.

Lo sai che per me non è così!” rispose Edith che cominciava a sentire la stessa angoscia di quando era depressa salire lenta, viscida e quasi dolorosa, spaventandola e facendole sudare le mani e la schiena.

Jude scosse la testa e bevve un lungo sorso di brandy e poggiando il bicchiere quasi del tutto vuoto sul tavolino di vetro, rispose:

Edith, se non è così, allora perché non torniamo assieme?”

Il cuore di Edith fece una capriola. Non ebbe la forza di rispondere e guardò Jude stordita.

Jude si mise in piedi e si avvicinò alla ragazza e guardandola negli occhi, aggiunse:

Ti amo, Edith. E lo sai. Non voglio perderti e non l'ho mai davvero voluto. Voglio solo che tu ti renda conto del fatto che io ho fatto di tutto per fartelo capire. Ho detto anche ad Orlando che David non era mio e non ho fatto nulla per costringerti a tornare... Voglio solo che tutto torni com'era prima di quella dannata mattina. Voglio davvero che tu torni ad essere mia moglie. Ma non posso volerlo solo io...”

Edith guardò Jude. Sentiva la mano calda, che lui aveva poggiato sul suo viso che sembrava quasi pulsare e faceva più male di uno schiaffo.

Scostò il viso e disse:

Voglio del tempo. Non posso decidere così!”

Jude rimase un attimo in silenzio. Poi scuotendo la testa disse:

Non aspetterò per sempre Edith. Questa situazione è ridicola. E io non voglio fare la parte del pagliaccio!” e senza aggiungere altro si avvicinò alla porta e uscì, sbattendola.


Edith non sapeva come aveva fatto ad arrivare sino a Caithness. Sapeva solo che se quella notte era rimasta sveglia nel suo letto di Londra, ora, mentre scendeva dalla sua macchina dopo aver percorso tutta Wick e aveva scoperto di dover arrivare al McNeil's Bed and Breakfast.

Una volta fuori l'aria salmastra la schiaffeggiò quasi, ma la rinvigorì. Si voltò e guardò il bel caseggiato dove l'edera si arrampicava silenziosa sulle pareti. Non era una casa, ma le metteva la stessa tranquillità. Stava per avvicinarsi al cancello quando sentì qualcuno fischiare.

Stupita, confusa e per niente divertita, Edith si voltò e guardò in direzione del rumore. Vide un uomo molto alto, molto prestante, con la barba lunga e gli occhi azzurri. I capelli corti portati in avanti erano castani e sembrava quasi stesse ridendo mentre la guardava.

Scusa!” disse lui avvicinandosi. “Non volevo spaventarti!”

Ci sei riuscito!” rispose Edith glaciale.

Il ragazzo si bloccò e sorridendo un po' meno calorosamente di quanto aveva fatto subito dopo il suo gesto un po' infantile, disse:

Come ho detto non volevo spaventarti...!” e indicando con un gesto della testa il cancello domandò: “Anche tu lavori per il film?”

Edith, con le braccia conserte e il sopracciglio destro sollevato, rispose:

Sono la scrittrice. Edith Norton!”

Ah!” fece il ragazzo divertito. “Edith Norton! Immaginavo una vecchietta con i capelli bianchi, non una... una...”

Ragazza? O stavi pensando a qualcos'altro di meno carino?” chiese stavolta Edith senza lasciare il suo tono per niente amichevole.

Volevo dire una donna così giovane!” replicò l'uomo che cominciava ad innervosirsi.

Edith annuì e allungando la mano, disse:

Bene. Devo andare. Mi stanno aspettando!” e senza aspettare risposta entrò nel cancello e non lo tenne nemmeno aperto per il ragazzotto che stava dietro di lei e che dopo alcune falcate, nonostante si tenesse ad una debita distanza, la stava seguendo. Edith si voltò senza dire nulla, lanciando uno sguardo dei suoi all'uomo che divertito, con le mani nelle tasche dei pantaloni militari, la stava seguendo.

Indispettita e un po' spaventata, Edith aumentò il passo mentre l'uomo, fischiettando, senza il minimo sforzo continuava a starle dietro anche mentre lei, ferma al bancone della reception si stava registrando. Era un po' come giocare al gatto e al topo, per Edith, che non sopportava di fare la parte del topo. Riprese a camminare mentre l'uomo, sempre più divertito, continuando a fischiettare quella che cominciava ad assomigliare ad una canzoncina sconcia, continuava a seguirla.

Cercò di lasciarlo perdere e una volta arrivata nella sala ristorante dove l'addetto della reception le aveva detto che stavano i produttori e il regista.

Entrò e vide qualcuno alzarsi. Sorrise riconoscendo il regista ma il sorriso le morì sulle labbra quando gli sentì dire:

Gerard Butler che ci fai qui? Non dirmi che vuoi di nuovo fare colazione?”








Colgo subito l'occasione per ringraziare

chiaretta78 e Scarl_Bloom94

per le recensioni che mi hanno lasciato.

Grazie! Grazie davvero!

Per chiunque è interessanto e vuole essere aggiornato di

ogni capitolo postato

può mettere un mi piace alla mia pagina FB

che trovate al nome

NINIEL82.

Ci sono solo io ^_^.

Comunque, ringrazio anche i lettori silenti e

quelli che hanno messo la mia

storia tra le preferite, seguite o ricordate.

I lettori silenti e tutto il resto.

Spero che il capitolo vi piaccia.

Fatemelo sapere.

Un bacio!!!!

Niniel82.


   
 
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