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Autore: ciux_    06/12/2013    2 recensioni
“Mi spieghi che hai? Sai come sono stato per tre anni credendoti morto, non voglio passare di nuovo tutto quello!”
“Oh, ovvio certo, perché solo tu sei stato male! Io stavo benissimo senza di te guarda! Ti è mai passato per la testa, John Watson, che magari anche io sono stato male?!”
Genere: Angst, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Dal capitolo precedente: Come aveva pensato John quando aveva trovato Sherlock, il detective non aveva riportato gravi danni, giusto qualche taglio del quale se ne poteva occupare lui stesso, perciò chiamò un taxi e lo indirizzarono a Baker Street.

 

 

 

3- The best

 

Arrivarono all’appartamento in cinque minuti e, appena entrati, Sherlock si sdraiò sul divano ancora un po’ dolorante. John continuava a essere preoccupato per la salute dell’amico. Gli era caduto addosso un edificio, e lui se ne stava altamente fregando del fatto standosene sdraiato sul divano come se nulla fosse. Aveva ancora la faccia sporca e dalle poche ferite che si era procurato un liquido scarlatto usciva indisturbato senza che nessuno pensasse a fermarlo. John gli si avvicinò incerto. “Faccio del tè, ne vuoi un po’?” Domandò con voce dolce. Come risposta un mugolio; voleva dire sì. Il dottore si diresse in cucina, mise su l’acqua nel bollitore e prese fuori le solite due tazze, poi tornò in salotto. 

“Vuoi qualcosa, hai freddo?” Domandò. John continuava a essere preoccupato, voleva fare qualcosa per Sherlock, qualsiasi cosa pur farlo stare meglio.

“No.” Rispose semplicemente il detective.

“Ti fanno male i tagli?” Chiese John cercando di rassicurarsi un po’. Il detective rispose come prima.

“Posso fare qualcosa per te?” Chiese un po’ più seccato allora John.

“Sì, smetti di starmi attaccato e di farmi domande.” Rispose stizzito Sherlock alzando lo sguardo su di lui.

“Oh, scusami se mi preoccupo per te!” Rispose ironico.

“Non serve, ok? Vedi sto bene.” Disse gesticolando il detective.

“Sherlock giusto mezz’ora fa te ne stavi sdraiato sotto un cumulo di macerie! Mi hai fatto morire di paura!” Il dottore aveva cominciato ad alzare la voce. Perché diamine Sherlock non si rendeva conto di quello che provava?!

“Va bene. Mi dispiace di averti fatto preoccupare ma vedi che ora sono qua integro.” 

“Non riuscivo a trovarti! Ho creduto che fossi morto Cristo!”

“Ma sono vivo.”

“Mi spieghi che hai? Sai come sono stato per tre anni credendoti morto, non voglio passare di nuovo tutto quello!” Sbottò John che ora oltre alla preoccupazione era pure arrabbiato con il detective, di nuovo. Lo sapeva che non doveva dirlo, perché ogni volta che riprendeva quell’argomento Sherlock gli diceva che era inutile parlarne di nuovo perché ormai era tutto passato e lui non lo avrebbe più lasciato e solita tiritera. Ma poco prima stava per morire, John si era immaginato di nuovo i tre anni senza di lui e questa volta davvero, era scusato.

“Oh, ovvio certo, perché solo tu sei stato male! Io stavo benissimo senza di te guarda! Ti è mai passato per la testa, John Watson, che magari anche io sono stato male?!” Rispose con tono feroce il detective alzandosi in piedi. 

Con questa risposta Sherlock aveva completamente spiazzato il dottore. Sia perché non se la aspettava, sia per il fatto che John non ci aveva davvero mai pensato a come si potrebbe esser sentito Sherlock in quei tre anni. John non rispose.

“Perché sono tutti pronti a consolare te perché tutti hanno visto come sei stato! E quindi la colpa me la prendo io per averti fatto passare questo in questi tre anni, perché sono IO quello che se n’è andato. Ma secondo tutti io sono stato benissimo lontano da te, da solo, per tre anni! Vero!? Sono io la macchina senza sentimenti che pensa solo a sé stesso! Sono io quello che si faceva ammazzare ogni giorno per salvare te! Tanto tu pur soffrendo credevi che fossi morto, io soffrivo perché sapevo che tu eri vivo e vegeto, perché sapevo che tu stavi male e che non potevo tornare da te per non farti ammazzare! Perché nessuno ha mai pensato che io  potrei non esser stato bene in questi tre anni!?” Sherlock urlava e sembrava che non avesse mai espresso i suoi sentimenti a qualcuno meglio di quella volta. John credette per un secondo di avergli visto gli occhi inumidirsi mentre raccontava di quei tre anni. Il dottore si sentiva orribile e pure egoista. Come aveva potuto pensare nemmeno per un secondo al fatto che anche Sherlock era stato come lui in quei tre anni? Infondo John poteva legare con qualcuno al di fuori del detective, mentre lui non aveva nessuno se non il dottore. 

“Sherlock io…” Iniziò cercando le parole giuste, ma nel frattempo il detective se ne andò in grande ritirata verso la sua camera, zoppicando un po’, e sbattendo la porta dietro di lui.  

 

Bravo John, complimenti, davvero buon lavoro, meno male che volevi far sentire meglio Sherlock…

 

Rimase lì impalato, proprio come quel pomeriggio davanti all’esplosione. Ora oltre al suo cuore si stava distruggendo anche il pavimento. Sherlock era davvero stato così male in quei tre anni, ma lui, il suo migliore e unico amico, non se ne era curato nemmeno per un secondo. Sherlock era tornato da due mesi! Aveva avuto due mesi per ripensare a tutti i suoi pianti inutili in quei tre anni, alla sua disperazione, ma non aveva passato neanche un secondo per pensare a come si fosse sentito Sherlock. 

 

Stupido, sei uno stupido egoista John Watson.

 

Che cosa doveva fare? Doveva stare là impalato nel mezzo del salotto, lasciando a Sherlock del tempo per sfogarsi, o doveva andare in camera del detective e cercare di consolarlo, ammettere che era vero e che era uno stupido? Man mano che ci pensava con più lucidità si rendeva conto che la seconda era la migliore delle cose da fare.

Andò in cucina, preparò la tazza di tè per Sherlock, quasi sperando che una tazza di tè potesse risolvere qualcosa. 

Si fece coraggio e si incamminò verso la camera. Bussò timido alla porta ed entrò. 

Sherlock se ne stava sdraiato sul letto, con lo sguardo, calcolatore e neutro come sempre, rivolto al soffitto e le braccia pigramente abbandonate vicino ai fianchi. Non si mosse di un millimetro quando il dottore entrò nella camera e si sedette sul lato del letto.

“Ti ho portato il tè.” Disse il dottore porgendogli la tazza. Sherlock mosse lo sguardo che si posò negli occhi blu dell’altro. John abbassò lo sguardo. 

 

Come poteva non averci pensato neanche una volta?

 

Sherlock si mise a sedere con la sua solita leggerezza e afferrò farfugliando un grazie la tazza. Mentre il detective beveva il primo sorso della bevanda il silenzio era diventato insopportabile. Cosa si aspettava John? Di entrare nella stanza e trovare uno Sherlock Holmes tutto tremante e piangente che lui avrebbe consolato? In effetti sì, ma ovviamente non era andata così.

“Avevi ragione. Non ci avevo mai pensato. Sono un amico terribile.” Disse lentamente quasi sottovoce per non sconvolgere troppo il silenzio. John si sentiva una morsa al cuore, il suo cervello continuava a ripetergli che era un amico tremendo e non riusciva a guardare negli occhi il detective, non se lo meritava, continuava a pensare.

Sherlock lo guardò sorpreso per qualche secondo. “John, non è vero, non è assolutamente vero, tu non potresti mai essere un amico terribile.” 

John alzò lo sguardo per incontrare quello sorpreso e un po’ dispiaciuto di Sherlock. “Tu sei il miglior amico che io abbia mai avuto. Quello che ho detto prima…tutto quello che ho detto, avevo solo perso la calma. Non volevo dire-“ 

“Ma è la verità quello che hai detto! Non ci ho mai pensato! Sono un amico orribile, perché gli amici dovrebbero proteggerti e pensare a te!” Lo interruppe John.

“Ma tu pensi sempre a me. Ti preoccupi sempre quando non mangio o non dormo, quando arrivo tardi la sera, quando rincorriamo criminali…tu pensi sempre a me!” 

“Io…ma-“ 

“John, non importa di quei tre anni, sono passati, io ti ho fatto stare male, molto, è ovvio che hai pensato di più a te e a come ti sei sentito che a me. E non mi importa. Non mi importa se non hai pensato a come stavo. Ora è passato, ora siamo di nuovo solo noi due, io che ragiono, tu che ti preoccupi. Non importa più del passato. Credimi John quando ti dico che sei il migliore amico che io abbia mai avuto.” 

John lo guardava con una stretta al cuore. Sherlock credeva in John quanto quest’ultimo credeva nel detective. 

“Sherlock io-“ Ma venne interrotto dall’abbraccio del detective che lo serrò e lo avvolse. Si sentì scaldare il cuore e allentare la morsa che lo pressava.

“Il migliore.” Gli sussurrò il detective sorridendo.


Note! :D
E basta, ho deciso di finirlo. Mi è piaciuto un sacco scrivere questo capitolo, sopratutto perche mi immagino John con un adorabile faccino da cane bastonato nell'ultima parte. Spero sia piaciuto anche a qualcun altro e vorrei ringraziare tutte le persone che hanno aggiunto la storia alle preferite/seguite e a _Lyss_ che mi ha recensito entrambi i capitoli precendenti :)! Mentre scrivevo le ultime parti ho ascoltato codesta canzone (
Your Song - Elton John     ) che adoro :3. Arrivederci a tutti e tornerò fra un po'! 
Ciux ;)

  
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