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Autore: Graffitisuimuri    06/12/2013    8 recensioni
Amu Hinamori è una studentessa normale che frequenta l'ultimo anno di liceo alla Seiyo Academi. E come ogni adolescente anche lei ha un amore segreto. Nel suo caso è il migliore amico: Tadase Hotori.
Amu architetta un piano: per fare ingelosire Tadase decide di chiedere a Ikuto Tsukiyomi di fingere di essere il suo ragazzo. 
Ma le cose non andranno esattamente come previsto...
STORIA SOSPESA!.
Genere: Fluff, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Amu Hinamori, Ikuto Tsukiyomi, Tadase Hotori
Note: Otherverse | Avvertimenti: Triangolo
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capitolo 8


Uno piacevole calore svegliò Ikuto che dormiva beatamente arrotolato tra le coperte. Si mosse leggermente sbattendo più volte le palpebre per far si che i suoi occhi viola si abituassero all’oscurità, voltò il viso e notò che la piccola figura di Amu gli si era accoccolata al petto. Provò a muoversi leggermente provocando un mugolio di disapprovazione da parte di lei. Stranamente si ritrovò a sorridere, lentamente le scostò una ciocca dal viso e gliela depositò dietro l’orecchio e rimase a contemplare il suo viso rischiarato da la luce della luna che filtrava dalla finestra di fronte al letto. Le labbra piene avevano una leggera curvatura imbronciata e le ciglia lunghe le sfioravano le guance. La camicia da notte che sua madre gli aveva prestato le si era sollevata sui fianchi scoprendole le gambe affusolate.
Ikuto rimase a guardarla per un tempo indefinito, poi – non si sa come – trovò la forza di distogliere lo sguardo e di sprofondare nuovamente nel cuscino.
Era una situazione strana quella in cui si era andato a cacciare poche settimane prima, non credeva che ne sarebbe rimasto così coinvolto. Si divertiva vero a farla imbarazzare, ma prima – se solo lei non fosse fuggita – l’avrebbe baciata per davvero, magari solo per sentire che sapore avevano le sue labbra. Amu non era esattamente il suo tipo di ragazza, al contrario, era l’esatto opposto. Era pura,casta delicata come un fiore di ciliegio e – allo stesso tempo – forte e autoritaria.
Si chiese come sarebbe stato stringerla a se – in quel senso.

Lei non vuole te Ikuto! Vuole Hotori, dimenticatela!.

 
Triste ma vero, il suo cervello – fin troppo razionale per un ragazzo di soli diciannove anni – glielo aveva appena ricordato. Sbuffò pesantemente pensando che quella sera probabilmente non sarebbe riuscito più a chiudere occhio, e come diamine avrebbe fatto poi con quel maledettissimo profumo alla fragola che impregnava l’aria tutt’intorno a lui?.
Delicatamente scostò il corpicino di Amu dall’altro lato del letto, lei emise un mugolio irritato stringendo il cuscino.
Ikuto trattenne il respiro sperando che non si fosse svegliata, accorgendosi poi con sollievo che non era così.
Poggiò i piedi sul pavimento di marmo freddo sentendo un brivido attraversargli la schiena.

Dio, che freddo. Non è stata una grande idea dormire in boxer.
Ma tu volevi vederla arrossire di nuovo no?.
Zitta coscenza, non è il momento.


Si avvicinò al cassettone – dove era quasi certo che sua madre teneva i vecchi maglioni di suo padre – se ne infilò uno, dopodiché indossò il jeans che aveva abbandonato in un angolo e- in punta di piedi - uscì dalla stanza.
Improvvisamente l’aria si era fatta più leggera, forse perché il suo profumo non aleggiava più nell’aria. I corridoi erano bui e silenziosi, Ikuto aveva una meta ben precisa: ultima stanza a destra. La sua camera.
Non ci aveva messo piede da quando se n’era andato di casa, quella stanza era stato l’unico rifugio della sua infanzia e adolescenza. Aprì la porta delicatamente attento a non produrre nessun cigolio e si sedette sul letto. Per un attimo gli parve di tornare in dietro nel tempo, ai suoi undici anni, quando suonava il violino per puro divertimento e la sua stanza era l’unico luogo dove poteva esercitarsi in santa pace. Guardò la luce della luna filtrare attraverso le tendine verde scuro e ricadere sulla moquette, si rese conto improvvisamente di quanto tutto fosse uguale a come lo aveva lasciato. I stessi mobili, la stessa moquette, lo stessa cassapanca dei giochi. Si mosse per aprire quest’ultima trovandoci – con non troppa meraviglia – il suo primissimo violino, pressoché identico a quello che aveva a casa, solo leggermente più consumato. Lo prese tra le mani ( insieme all’archetto) e lo rigirò con attenzione. Lo posiziono per bene sotto al mento passando l’archetto sulle corde producendo un suono acuto e stridulo. Ikuto storse la bocca, era scordato, lo aveva tenuto in quella cassapanca per troppo tempo.
Armeggiò con le corde per un po’ e poi tornò a suonare, sorrise, questa volta era molto meglio. Provò qualche melodia tonando ogni tanto ad armeggiare con le corde fino a quando il suono non fu più che soddisfacente – per i suoi altissimi standard.
Suonò fino a quando un cigolio proveniente dalla porta non attirò la sua attenzione: Amu Hinamori fece capolino dalla porta con la faccia stropicciata dal sonno. Con la mano si sfregò gli occhi << si può sapere che stai facendo? Sono le due del mattino >> Ikuto indugiò sulle sue gambe semi nude coperte solo dalla camicia da notte e da una sua camicia – la sua camicia.
Deglutì a fatica, non si rendeva conto di provocarlo così?.
<< Hey Ikuto, ci sei? >> si sedette al suo fianco sventolandogli una mano d’avanti agli occhi.

Fragola.

Si sentiva soffocare.
Si spostò leggermente, l’aria si stava facendo troppo viziata per i suoi gusti.
<< Hemm … io … aspetta come mai hai la mia camicia? >>. Scrollò le spalle << l’aveva lasciata sul pavimento e io avevo freddo. Ti ho sentito suonare dal pianerottolo. Sei molto bravo sai? >>.
Oh Ikuto lo sapeva fin troppo bene, quante volte lo aveva usato per far cadere a suoi piedi le ragazze? Tante, non ne portava nemmeno più il conto. Eppure non poté fare a meno di sentirsi leggermente in imbarazzo a quel complimento e perché poi? Era abituato ai complimenti.
<< Grazie >>.
<< Mi faresti sentire qualcosa? >>.

Smettila di sbattere le ciglia in questo modo. Ti prego.

<< Certo >>.
Si mise al centro della stanza posizionando strumento e archetto. In un attimo milioni di note inondarono la stanza. Amu restava seduta immobile con le gambe accavallate, appoggiata contro il muro, con un espressione indecifrabile sul volto.
Ikuto sentiva le mani sudare, chiuse gli occhi facendo un respiro profondo.

Ikuto, calmati è solo Amu.

A brano concluso Amu schizzo in piedi – alzando pericolosamente l’orlo della camicia scoprendo una porzione di gambe più che sufficiente a far mancare il respiro a Ikuto – applaudendo.
<< Sei, okay non ho parole … cioè … w-o-w. Spettacolare davvero >>.
Ikuto fece un piccolo sorriso accompagnata da un inchino.
Poggiò lo strumento sul letto e si sedette vicino a lei – mantenendo una debita distanza. Calò il silenzio.
<< Perché hai smesso di suonare da professionista? >>
Ikuto gelò, non era una delle sue domande preferite. Si schiarì la voce portandosi le ginocchia al petto e poggiandovi il mento.
<< Avevo sedici anni, un talento innato per il violino e tutto quello che volevo, o meglio, per mio padre avevo sedici anni, un talento innato per il violino – gelosamente coltivato fin dalla tenera età – e tutto quello che volevo. Lui, vedi, ha sempre volto il meglio per me, lo so, ma a modo suo. Ore e ore di lezioni di violino, concerti in tutto il Giappone, folla, applausi ed io non ero felice. Aveva trasformato il mio amore per la musica in un modo per far soldi e io l’odiavo ma non potevo deluderlo, poi quando ha tradito mia madre con l’insegnante di violino … io … ho trovato il modo per fuggire da quella situazione insopportabile >>. Prese un respiro profondo << ho smesso di prendere lezioni, ho cambiato casa riuscendo così a trovare una parvenza di felicita. Mio padre è poi tornato, pentito credo, ma non l’ho mai perdonato. E questa è la mia triste storia >>.
Amu lo fissò per qualche secondo poi gli gettò le braccia al collo stringendolo forte. Ikuto rimase per un attimo interdetto. Lei lo stava abbracciando?.
Gli prese il viso tra le mani guardandolo dritto negli occhi << guardami Ikuto, tu non hai fatto niente di male. Hai scelto di essere felice, non c’è niente di male a voler essere felici >>
Ikuto ascoltò le sue parole distrattamente, aveva gli occhi incollate alle labbra di lei.

Ti prego, allontanati.

Una preghiera silenziosa che non venne minimamente ascoltata.

Oh al diavolo.

Circondò la sua vita con le braccia tirandola verso di se e prima che potesse dire qualsiasi cosa poggiò le sue labbra su quelle di Amu. Fu un bacio casto, leggero senza pretese.
Si staccarono lentamente, l’uno a pochi centimetri dall’ altro, con il respiro affannoso.
<< Beh, credo sia ora di andare a dormire >>.
Disse lui tirandosi su come se non fosse successo niente. Amu si sfiorò le labbra con le dita annuendo distrattamente.
<< Si, credo sia il caso >>.
Così come se non fosse successo niente – o quasi – tornarono in camera.









 
aaaaah scusatemi, scusatemi,scusatemi!
So che sono mesi che non aggiorno e lo so che vorreste uccidermi.
vi vedo già con i forconi in mano ed è per questo che ho iserito quel bacio.
insomma dovevo darvi almeno una soddisfazione.
Amu non poteva dare il suo primo bacio a Tadase, intendiamoci, non poteva prorpio.
E per finire volevo ringraziarvi per le 13 ( oh porca puttana!) recensioni.
Vi amo da morire, credetemi.
Alla prossima.
baci.
piccola98.
  
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