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Autore: emanuele0933    06/12/2013    1 recensioni
Quest'opera parla delle avventure di un ipotetico me stesso che dovrà affrontare i famosi 7 anni ad Hogwarts. Il progetto è un'opera abbastanza lunga e complessa, dato che percorrerà tutti gli anni accademici, perciò come lunghezza sarà paragonabile (più o meno) a quella creata da J.K. Rowling stessa.
E' mia intenzione essere il più preciso possibile e non lasciare mai nulla al caso, perciò i primi capitoli presenteranno parecchie situazioni abbastanza criptiche che verranno svelate solamente in seguito e, naturalmente, aggiungerò parecchi personaggi e luoghi inediti, di mia completa invenzione.
E' consigliabile leggere le 'Note dell'Autore' all'inizio del primo capitolo.
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
Capitoli:
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-Cosa? Che hai detto?

-Dovresti saperlo meglio di me, non ho fatto altro che prenderlo dalle tue conoscenze. Vuol dire sia ‘Piacere di conoscerti’ che ‘Buongiorno signore’, o entrambe le cose. Strana domanda, la tua.

-Ti assicuro che non l’avevo mai sentito... Come si pronuncia?

-Muthsera, ma adesso basta, odio ripetermi. Io comunque l’ho preso da lì, dalla tua testa.

-Che vuoi dire dalla mia testa? Sai leggere il pensiero?

­-Ehm, Emanuele, cosa...

Il mio tutore era pallidissimo in volto, non ne capivo il motivo, forse neanche lui si aspettava che il serpente si mettesse a parlare.

-Ma ser Richard, questa razza di serpenti parla? O il Logos Comprehendi funziona pure sugli animali?

-Niente di tutto questo, sei tu che... Che...

-Il Diavolo! Il Maligno! Cosa avete portato qui dentro! Gli animali sono impazziti a causa vostra, a causa sua! Cosa vi è saltato in mente... L’antico male, il più pericoloso, andate via! Via!

Il negoziante tirò fuori dalla tasca la sua bacchetta magica e ce la puntò minacciosamente contro.

-Ce... Ce ne stiamo andando, ok? Per favore, abbassi la bacchetta, non vogliamo incidenti, ora usciamo e finirà tutto...

Ser Uppercut indietreggiava lentamente, la situazione era tesa, questo era chiaro ma... Perché?

-Finisce tutto un corno! Prendetevi quel demone e sparite, o io vi... vi...

Mi diressi cautamente verso la gabbietta che conteneva il serpente e mi sporsi per agguantarla, quando ser Richard mi ammonì:

-Non farlo! Usciamo al più presto da qui, vieni...

Una volta vicino l’uscio del negozio, ser Richard mi spinse violentemente buttandomi fuori e si sbrigò a seguirmi, chiudendo con tutte le sue forze l’ingresso dell’esercizio.

-Allontaniamoci, lì, dietro quel muro...

Come un pazzo si diresse verso la prima traversa che incontrò e successivamente si accasciò al muro. Io lo seguii con molta meno frenesia, dato che tutti ci stavano osservando ed il mio imbarazzo era alle stelle. Sembravamo quasi dei ladri con tutti quegli animali che ci ruggivano dietro.

-Miseriaccia, santa, santissima miseria... Cosa faccio? Non arriverà mai in tempo... Ma devo provarci...

Il mio tutore sembrava davvero uscito fuori di senno, estrasse dal taschino un taccuino con una pennetta legata con una cordicella dorata e si mise a scriverci furiosamente qualcosa. Poi ne strappò un foglio e lo lanciò in alto, dopodiché lo toccò con la punta della sua bacchetta, trasformandolo in un minuscolo aeroplanino di carta.

-Vai, vai, e fa’ presto! Ti prego!

Con un brusco movimento del polso, diede una spinta propellente a quel velivolo, facendogli raggiungere una velocità tale da farlo sparire dalla vista in meno di due secondi.

-Resta qua, adesso. E spera che non usi il telefono per chiamare qualcuno.

Ser Uppercut allungò il collo sporgendosi dallo spigolo per scrutare la situazione attorno al locale, vedendo tutto tranquillo, si avviò per osservare più da vicino.

Quella situazione era così assurda ed imprevista che mi spiazzò, non sapevo proprio cosa fare o pensare,  ma dentro di me sapevo che ne ero stato l’artefice, perciò mi sedetti su uno scalino ed aspettai che tutto passasse.

Dopo qualche minuto però una nube luccicante di fumo grigio si abbatté sul viale, puntando verso il mio tutore. A quel punto mi alzai per andare ad avvertirlo, ma era troppo tardi: un uomo alto, secco e con indosso una bianca maschera con un lunghissimo naso che gli copriva metà volto si stagliò accanto a ser Richard.

-Nel, per fortuna sei qui.

-Cosa c’è Charlie? Non ho mai visto una Comunicazione così frettolosa.

-E’ successo un guaio, non deve avvertire nessuno, o la cosa si complica, fai presto, è la dentro.

-Al Serraglio Stregato? Cosa ci fa un babbano da queste parti?

-Non è un babbano, è il proprietario.

-Cosa? No, Richard... Sai che per queste cose ci vuole una richiesta scritta ed approvata almeno da un membro del Wizengamot, non posso mica arrivare e cancellar la memoria a chiunque.

-Lo so, Nelson, lo so. Fallo per me, come favore personale. Quello che ha visto è... Insomma ne va della sicurezza di un bambino!

-Come un bambino? Che stai farneticando?

-Sst... Non parlare a voce alta! Vuoi peggiorare la situazione?

-Scusa, ma... Devo sapere. Non solo mi chiedi di trasgredire la legge, ma vuoi che lo faccia senza sapere il perché?

-Devi farlo, altrimenti non avrei chiesto il tuo aiuto. Dieci minuti basteranno, non di più: non è grave e nessuno verrà a saperlo.

-Se è solo per gli ultimi dieci minuti penso si possa fare, ma cosa devo fare esattamente?

-Nulla, cancellagli gli ultimi 10 minuti e basta, a dargli dei finti ricordi ci penserò io.

Senza dire una parola, l’uomo con la maschera entrò nel negozio tenendo bassa la bacchetta. Prima che chiudesse completamente la porta dietro di se, ser Richard lo ammonì:

-Stai attento. E’ spaventato e pericoloso.

A quel punto la mia curiosità ebbe la meglio e sporsi tutto il mio intero corpo fuori da quello spigolo di fabbricato, non solo la testa, tant’è che il mio tutore mi notò.

-Vieni pure, ma fai piano.

Sembrava molto più sereno, quindi accettai di buon grado l’invito. Da dentro il locale provenivano due voci, una calma e pacata, l’altra agitata ed aggressiva.

-E adesso chi sei tu? Cosa vuoi da me? Prima quel bambino e adesso un Mangiamorte? Cosa volete da me? Avanti, rispondi!

-Calma, le assicuro che non sono qui per farle del male, abbassi la bacchetta e non succederà...

-Certo che l’abbasso, così mi fate fuori. Canaglie!

-Oblivion!

Una luce bianca invase la stanza e fuoriuscì dalle fessure delle persiane, poi il silenzio.

-L’ha, l’ha ammazzato?

Ero stato davvero il testimone di un omicidio? Ed il mio tutore ne era il mandante?

-No, che c’entra, gli ha solamente cancellato la memoria. Ah, eccolo che esce.

-Non so, Charlie. Non è stato piacevole, sembravo io il cattivo.

-Hai fatto una cosa giusta. Per entrambi. E per lui, Emanuele.

-E’ lui il bambino? Non so cosa tu abbia combinato, visto o sentito, ma il tipo era spaventato a morte. Avete cinque minuti da adesso, io mi defilo, nessuno deve sapere che ero qua questo pomeriggio.

-Grazie, grazie mille. Andiamo Emanuele.

-Ah, Charlie, il volto.

E sparì esattamente come era apparso poco prima: trascinato da una nube di fumo sprizzante lampi luminosi.

Deve essere così che appare una Smaterializzazione dall’esterno... Sono davvero diventato del fumo l’altra volta?

-Uhm, no. Facciamo una cosa: tu resta qui fuori, meno gente vede mentre è in questo stato meglio è. In più se ti avvicini troppo gli animali ricominceranno ad agitarsi e rischieremmo di svegliarlo dal suo torpore. Ora devo trovare qualcosa che mi copri la faccia... Ah, ecco lì: un bel volantino di Sirius Black. Grazie ricercato, a qualcosa di utile sei servito per lo meno.

Avvolse il manifesto intorno al volto, nascondendo sia i suoi lineamenti che quelli del famigerato pluriomicida.

-Hai visto il mio amico poco fa, no? Indossava una maschera particolare che soltanto gli Obliviatori indossano. Questo perché non vogliono che le persone a cui cancelleranno la memoria possano avere in qualche modo legami mentali con il volto di chi gli ha eseguito la Rimozione. Per questo mi sto avvolgendo ora con un foglio di carta, per non farmi vedere in viso. La mente umana è troppo complessa per cui non possiamo avere la presunzione di riuscire a manipolarla perfettamente: basterebbe che un giorno, anche lontanissimo, vedesse per caso il nostro volto e gli ritornerebbe tutto alla memoria, ritornando al punto di partenza. Non dobbiamo correre questo rischio. Perciò, non ti muovere e resta qua.

Ser Uppercut entrò nel locale lasciando la porta aperta a metà, in modo che io né vedessi e né venissi visto, ma che potessi ascoltare ogni singola parola.

-Stavi dando da mangiare al tuo pavone nel retrobottega, quando alcuni animali iniziarono a strillare. Accorri per capirne il motivo e vedi una grassa signora che senza dare troppe informazioni ti spiega che voleva acquistare quel serpente laggiù, probabilmente per una pozione anti rughe, visto che aveva una pelle abbastanza liscia nonostante l’età. Non hai fatto domande, le hai consegnato l’animale e sei ritornato dal tuo pavone che nel frattempo s’era mangiato tutto il becchime. Solo dopo ti sei accorto che la signora non ha pagato e ti arrabbi parecchio, iniziando a dare colpi al banco, facendo cadere il telefono. Questo è quanto. Inoltre, anche se fra qualche giorno probabilmente ritornerai quello di sempre, farai di tutto per cambiare di carattere: non sbraiterai più contro i clienti e soprattutto non picchierai più la tua merce.

-Sì...

Non riuscivo a vedere il volto del commerciante, ma la sua voce sembrava tutt’altro che sicura, probabilmente era ancora in trance.

Ser Richard prese il serpente e filò via il più in fretta possibile.

-Bene, cosa ne facciamo di questo?

Il serpente era accasciato sull’unico tronco presente in quella gabbietta, annoiato nonostante ciò che successe fino ad un attimo prima.

-Ce lo teniamo! Quanto mai ci ricapita un serpente che sa parlare? E poi se non lo salviamo, finisce di sicuro in qualche pentolone...

-Non se ne discute. Per il momento lo portiamo via da qui, abbiamo attirato già troppo l’attenzione. Una volta alla locanda decideremo sul da farsi e soprattutto mi prenderò una camomilla.

 

Appena rientrati al Paiolo Magico, Tom quasi ci assalì, il che non aiutò di certo i nervi del povero Ser Richard.

-Vi aspettavo per pranzo, mi sono preoccupato nel non vedervi arrivare... Oh, ecco perché: avete anche fatto spese, vedo.

-Sì. E’ stata una giornata molto intensa e siamo stanchi. Abbiamo pranzato con un gelato di Florian, ci dispiace non aver avvertito per tempo.

-Ma figuratevi, ovviamente capisco. La vostra stanza è pronta e pulita, potete salire a rinfrescarvi che fra poco si cena.

-Grazie, ma preferiamo mantenerci leggeri questa sera, un po’ di thé per il ragazzo e camomilla per me con qualche biscotto ci farebbe senza alcun dubbio piacere, giusto per rilassare un po’ i nervi. E se potreste portarceli in camera sarebbe ancora meglio.

-Come desiderate. Però desidero avvertirvi che da oggi gli animali domestici non sono più liberi di scorazzare dove vogliono, ho ricevuto parecchie lamentele per il caos degli ultimi giorni e sono costretto a chiedervi di mantenere il vostro roditore all’interno della sua gabbietta.

Roditore? Ma dico, è cieco?

Ci vedeva benissimo, invece. Non so come né quando, ma il serpente s’era tramutato in una specie di pantegana irrequieta.

-Certamente. In realtà non era nostra intenzione tenerlo qui, l’avrei riportato con me.

-No!

-Si! Ora ci scusi, ma abbiamo molto di cui discutere...

 

Clack!

Ser Uppercut chiuse ermeticamente la porta.

-Bene, i vestiti li metto qui, sopra l’armadio... Il serpente. Finite!

Il ratto che stava per divorare le barre della sua gabbia da quanto era nervoso, riassunse sembianze ofidiche.

-Dì al tuo amico di non farlo mai più...

Decisi di ignorarlo, perché avevo ben altra urgenza.

-Perché non posso tenerlo!

-Non sono ammessi serpenti ad Hogwarts!

-Ma tu stesso hai detto che si possono scegliere anche altri animali!

-Ma non... Parliamo a bassa voce... Non rientra nelle dimensioni adatte, è troppo grosso. E probabilmente crescerà sempre di più.

-Mi insegni quella magia per renderlo un topo! Risolto il problema!

-Non si è risolto niente, invece... Continuerà a rimanere un serpente, mangerà come un serpente, vivrà come un serpente, che ne sai tu di come si nutrono?

-Lo leggerò da qualche parte e poi... Me lo dirà lui stesso, parla!

-Ecco, è quello il motivo principale, tu non puoi parlarci; è... E’ malvisto, ecco com’è. Non ti è bastata la scena di prima? Immaginati se ogni persona del mondo reagisca così. Avresti bisogno di un esercito di Obliviatori al tuo fianco. No, non se ne discute... E’ rischioso e malvagio.

Malvagio?

-Starei attento a non farmi scoprire anche se non capisco cosa ci sia di male in un serpente parlante. E’ pericoloso?

-Non è tanto il serpente. Lui non parla... Solo tu lo senti. E’ questo il problema.

-Cioè tu non riesci a capire le sue parole?

-Certo che no, sibila! Sta sibilando pure adesso, che sta dicendo?

-Non fatelo più... Digli che mi brucia tutto...

-Niente, si sta solo lamentando.

Ser Uppercut si sedette.

-Va bene, senti, ti dico tutto quello che so... Che non è molto, ma comunque riuscirà a darti l’idea del perché la gente associa i rettilofoni al male. No, non interrompermi, i rettilofoni sono coloro che riescono a parlare coi serpenti, come te, appunto. Quindi sì, sei un rettilofono, a quanto sembra. Per quanto assurdo possa sembrare... E’ così!

Nel pronunciare quelle ultime parole ser Richard era letteralmente scattato dalla sedia, per poi risedersi una volta distesi i nervi.

-Non credere che abbia pregiudizi o cose del genere... E’ inquietante, sì, ma anche affascinante. E’ proprio questo che mi preoccupa, se la cosa mi scappasse con qualcuno ti rovinerei la vita.

Pregiudizi? Inquietante? Rovinarmi la vita? Quant’è che sputa il rospo ed inizia a dire cose sensate?

-Tagliamola corta: parlare la lingua dei serpenti, il serpentese, è male. E’ così da millenni, alla base di tale convinzione credo ci sia la superstizione, ma fra i maghi cui è stata comprovata questa abilità non ce n’è fu uno che si fosse comportato bene. O che almeno non avesse tentato di sterminare  la sua gente: Salazar Serpeverde, il Mastino di Baskerville, il Barbiere di Fleet Street, Gellert Grindelwald e perfino Colui Che Non Deve Essere Nominato... Tutta gente folle, assassina del proprio sangue, fautori di morte e distruzione.

Tutti quei nomi effettivamente erano uno più terribile dell’altro, già il solo nominarli sembrava scuotere ser Richard nel profondo.

-Potrebbe anche essere esistito qualche rettilofono che non si sia macchiato di crimini orrendi, ma capirai che la gente ricorda molto più facilmente un assassino che un menestrello. Si dice che anche Beda il Bardo fosse un rettilofono e che scrivesse le sue fiabe ispirato dai sussurri delle serpi, ma anche se ciò corrispondesse al vero, non cambierebbe di certo l’opinione che la gente ha per questo tipo di capacità. No, la cosa non deve saltar fuori per nessuna ragione. Informeremo solamente il preside che è molto discreto e potrebbe aiutarci se qualcosa dovesse trapelare, ma al di fuori di lui, nessuno. Non devi nemmeno dirlo ai tuoi genitori, se la posta venisse controllata sarebbe un guaio. Capisci la gravità della situazione? So che non sarà affatto facile tenere per sé questo segreto ma dovrai farlo... Non c’è altra soluzione.

Finito il monologo, si passò le mani fra i capelli, scombinando l’impeccabile capigliatura: era la prima volta che lo vedevo veramente disperato. Capii che sarebbe stato meglio così, come diceva lui, ma non potevo fare a meno di chiedergli del futuro dell’animale:

-Cosa ne sarà di lui, allora?

-Non lo so, per oggi lo porto da me, ma già domani gli cercherò una nuova collocazione. Tranquillo mi accerterò che non venga usato per qualche brodo o pozione, d’altronde questa storia non è né colpa tua, né tantomeno sua. Non voglio far soffrire nessuno dei due.

Mi sembrava un buon compromesso alla fin fine.

-Avete finito di discutere? Dimenticate una cosa importante: se io me ne andassi, tu rimarresti senza animale...

-Già! E’ vero!

Il mio tutore mi guardò incuriosito, non capendo il nesso delle mie parole col suo discorso.

Ops! Solo io capisco il serpente...

-Stavo riflettendo... Senza di lui non avrei un animale per Hogwarts!

-Lo prenderemo successivamente, non preoccuparti.

-E se gli animali reagissero nuovamente come oggi?

-Effettivamente... Potrebbero perfino risvegliare i ricordi modificati con tanta fatica... Ti farò arrivare un rospo o un corvo da Brentford, non dobbiamo per forza prenderli a Diagon Alley.

-So cosa pensa, non funzionerebbe, una volta vicino a te qualsiasi animale si agiterebbe in tal modo. La causa è il tuo odore...

Ancora con questa storia dell’odore...

-Ti sta sussurrando cose, non è vero? Non dargli ascolto, è meglio se lo ignori.

-Però sta dicendo la verità. Il problema sono io, non le bestie. Dice che puzzo di serpente.

-Che assurdità, non odori assolutamente di serpente; per Diana, nemmeno so che odore abbia un serpente!

-Emani lo stesso odore del pericolo, di un agguato, di morte... Non voglio allarmarti, ma i miei sensi sono molto più sviluppati dei vostri, non che ci voglia molto, e così anche quelli di tutti gli altri esseri viventi; so cosa dico.

Non potendo rispondergli nella sua lingua, né tantomeno dire a ser Richard l’orribile verità che avevo appena udito, fui costretto ad inventarmi una scusa.

-In ogni caso è vero, fin da bambino tutti gli animali mi ringhiavano contro, non potevo nemmeno uscire in luoghi frequentati da cani o avvicinarmi troppo alle gabbie dello zoo, mi si aizzavano sempre contro. Qualcosa dovrà pur significare...

In realtà era tutto falso: sono sempre stato in contatto con gli animali, in casa eravamo pieni di canarini e di altri volatili e da piccolo avevo perfino un pastore tedesco, almeno fin quando non decise di scappare con un’altra cagnolina senza più tornare. Però fu l’unica cosa che mi venne in mente per non rischiare di perdere il saccente rettile.

-Dici davvero? Non... Non credi tu possa trovare ciò che possa fare al caso tuo?

Abbassai la testa in segno di negazione.

-Anche questa ci voleva...

-Però potrei imparare quella magia...

-Insisti con questa faccenda? Dimmi un po’, non è che ti suggerisce lui cosa dire?

-No, no... Mi ha solamente riferito il fatto del mio odore particolare e... Che odia venir trasformato in ratto.

-Figuriamoci.

Mi sentivo a disagio, sapevo che non stava attaccando direttamente me bensì il rettile, ma non l’avevo mai visto così diffidente nei miei confronti.

-D’altronde se le cose stanno così, siamo davvero costretti a questa soluzione. Però prima fammi parlare con lui. Cos’è che vuoi da noi? E da questo ragazzo in particolare?

Il serpente ci guardava con aria assente, come se non capisse cosa ser Richard gli stesse chiedendo.

-Perché non risponde? Non ti dice nulla, vero? E’ pericoloso... Ecco cos’è: un falso. Ma guarda un po’, che strana scoperta!

-Forse qui dimenticate che io sono un serpente e non comprendo il vostro chiassoso linguaggio... Se magari la smettesse di urlare e girare in tondo come in preda alla follia e ti chiedesse di tradurre, probabilmente saprei rispondergli...

Era buffo che l’essere che si stava dimostrando più lucido in quella situazione era quello con il cervello più piccolo, ma anche preoccupante.

D’un tratto ser Richard sembrò capire il problema e mi indicò col braccio il serpente.

-Posso...?

-Su, dai, traduci!

Continuando a fissare il mio tutore, rivolsi al serpente ciò che mi venne riferito.

-Ci chiediamo: perché ti interessa restare con me?

-Emanuele, stai parlando in inglese.

-Scusa, è che non so proprio come si faccia a...

-Prova a fissare il serpente invece che me, magari così viene spontaneo.

Facendo come mi suggerì ser Uppercut effettivamente riuscì a parlare in quella strana lingua:

-Perché ti stai dando tanto da fare per convincere ser Richard a tenerti con me? Anche io sono dubbioso sui tuoi effettivi intenti...

Ero preoccupato che il mio tutore potesse giudicarmi male nel sentirmi parlare il serpentese, ma mi face segno che era tutto apposto, evidentemente s’era preparato psicologicamente a ciò che avrebbe sentito.

-Ecco, ora va meglio. Non spero voi capiate esattamente cosa io provi, ma ci proverò. Innanzitutto gratitudine, non solo perché se fossi rimasto lì in pochi giorni sarei finito in una marmitta, ma soprattutto per il dono che mi avete dato. Prima era come se dormissi, in uno stato di eterno torpore, appena siete entrati nella bottega però, divenni per così dire, lucido. Non mi muovevo più per istinto o per reazione, finalmente ragionavo, avevo una coscienza, ho una coscienza. Ma so anche che non è la mia, ma la tua; se ti dovessi allontanare da me, sono sicuro che riperderei questa capacità e tornerei schiavo dei miei istinti. Voi umani non sapete la fortuna che avete possedendo una coscienza ed una volontà. Non voglio perdere tutto questo, voglio rimanere con te, vivere la mia vita, condividere ciò che impareremo insieme, per me tutto questo è nuovo e meraviglioso; se volete togliermi questa opportunità piuttosto uccidetemi.

A quelle parole mi salì un terribile nodo alla gola, come avrei fatto a spiegare tutto a ser Richard? Non ci avrebbe mai creduto...

-Ma stai piangendo?

Era vero: avevo gli occhi umidi, non so bene il perché, mi risultava difficile credere di essermi commosso per così poco, ma eravamo come in sintonia, il suo dolore lo sentivo anch’io, forse se avesse avuto delle ghiandole lacrimali, avrebbe voluto piangere anche lui. Era uno stranissimo fenomeno empatico.

-No, io non... Mi sarò sforzato la vista nel concentrarmi su ciò che mi sussurrasse, però non sto...

-Va bene, ho capito. E’ importante per te. Non dobbiamo fermarci ai pregiudizi e alle apparenze. Anch’io da piccolo avrei voluto un animale con cui parlare in privato, magari proprio in una lingua che solo noi avremmo capito. Cosa cambia se si tratta di un serpente? Non è forse un animale come tutti gli altri? Forse no, del resto, nessun altro animale riesce ad entrare in simbiosi con l’uomo come fa un serpente, ma che importa saperlo, cambierebbe qualcosa? Cambierebbe la realtà dei fatti? Sicuramente no. Sai, è da quando ho visto che riesci a lanciare incantesimi senza alcuna difficoltà nonostante l’assenza della bacchetta che ho capito che eri speciale. E ogni giorno che passa, mi riservi sempre più sorprese, e non siamo che all’inizio. Credo che tu fossi destinato ad incontrare questo serpente, che tu fossi destinato a tutto ciò già da prima che io venissi a visitarti in casa.

Ora era ser Richard quello che mostrava i segni di commozione: ci doveva essere davvero qualche granello di polvere che faceva il monello.

-Sai, ho deciso di intraprendere questo lavoro proprio per rendermi utile a chi ne aveva davvero bisogno. Non è da tanto che ho iniziato, perciò non ho ancora potuto vedere i frutti del mio impegno, dopo tutto il mio studente più grande va ancora al quarto anno; però guardandoti so per certo che hai un grande potenziale, non ho la necessità di vederti fra dieci o vent’anni per capire che sei destinato a grandi cose, lo intuisco già da ora. Perciò io ti appoggerò e ti aiuterò in ogni avversità sperando tu non mi deluda mai: ho grandi aspettative in te, sappilo.

Accidenti, solo per esser riuscito a parlare con un rettile, mi fa carico di questa responsabilità?

-Dicevi che non sopporta trasformarsi in un altro animale: che altre opzioni abbiamo?

-Gli chiedo se c’è qualche motivo particolare perché non sopporta prendere le sembianze di un roditore?

-Si, fai pure, e fagli capire che serve anche un po’ di spirito di adattamento nella vita.

-Scusa, perché non vuoi che ti trasformiamo in un altro animale? E’ l’unico modo che ho per portarti ad Hogwarts...

-Non è che la cosa mi dia fastidio, è che è doloroso. I mammiferi hanno il sangue troppo caldo, soffro terribilmente, è brutto quando bruci dall’interno.

-Ah, ser Richard, dice che il problema sta nella temperatura del sangue. E’ troppo elevata per i suoi gusti.

-Ma certo, la maggior parte dei rettili sono animali a sangue freddo, chissà perché non ci ho pensato. Avrà patito l’inferno, poveretto. Proviamo così allora. Trifors!

Grazie a quell’ennesimo incantesimo il serpente si trasformò... in una grassa lucertola!

-Wow, cos’è?

-E’ un tritone, perfetto per il nostro scopo: sangue freddo, nessuno si sognerebbe di toccarlo e per via della sua necessità di restare in acqua, lasciarlo nella sua gabbia per la maggior parte del tempo non desterebbe sospetti. Inoltre è molto più largo in vita della sua forma rettile, quindi possiamo prendere una gabbia più larga in modo tale che di notte possa uscire e rientrare nel suo alloggio senza problemi, per procacciarsi il cibo.

-Intendi dire forse che dovrei lasciarlo libero di scorazzare in lungo e in largo? Non è pericoloso?

-Se riesci a capire come non farvi scoprire dagli umani, allora non correrete alcun pericolo. In caso contrario... Beh, dubito lo lascino scappar via. Purtroppo è l’unica soluzione: i serpenti sono esclusivamente carnivori, non puoi dargli topi o ragni davanti a tutti. Dovrà cavarsela da solo, anche se sono convito che Hogwarts pulluli di prede ben pasciute. Non resta altro che insegnarti l’incantesimo che, sebbene sia facilitato dal fatto che il nostro obiettivo è un animale dalle caratteristiche simili al risultato finale, rimane pur sempre abbastanza ostico, anche perché non sono certo un insegnante di Trasfigurazione. Ma ne parleremo domani...

Era incredibile come in così poco tempo avesse già trovato la perfetta soluzione al nostro problema, pensando proprio a tutto.

 

-Ho in mano l’elenco dei testi consigliati per il primo anno e, a parte alcuni di cui sei già in possesso, li troverai certamente tutti qui, al Ghirigoro. E’ la migliore libreria di Diagon Alley, poco ma sicuro, già dalla vetrina potrai accorgerti del grande assortimento di testi presenti. Permesso!

Il locale appariva fin da subito mastodontico: non c’era uno scaffale che non fosse stipato di centinaia di libri e che non toccasse il soffitto, che di suo era altissimo poiché la libreria era suddivisa in due piani e come se non bastasse alcuni libri, probabilmente le novità o quelli in offerta speciale, erano accasciati al suolo occupando pure gran parte dello spazio calpestabile. Ciò che più colpiva però non era l’estensione del negozio, ma le piccole ma grandi assurdità che permeavano l’ambiente.

I libri innanzitutto: cuoio, seta e stoffa erano solo alcuni dei materiali utilizzati per le rilegature dei miliardi di tomi presenti, e di certo i più sobri; marmo, pelo e, incredibile ma vero, acqua velata, quelli più originali. Variavano anche in forme e composizione, alcuni erano di forma trapezoidale e si aprivano dall’alto, altri invece erano piccoli come taccuini ma spessi come elenchi telefonici, altri addirittura si auto sfogliavano e rimescolavano in maniera casuale le proprie pagine... Del resto il libro in questione si intitolava La Teoria del Caos e le sue Applicazioni. I romanzi erano quelli più divertenti da guardare comunque: la maggior parte di essi avevano la copertina animata che rappresentavano il più delle volte scene rappresentative della storia presente in essi o, nel caso di autori già affermati, fotografie autografate che li ritraevano nelle pose più intellettuali. Mi sembrò pure di riconoscere il volto del paziente un po’ matto del San Mungo tra i volumi del 2x3.

Però tutta quella confusione mentale che pervadeva chiunque mettesse piede lì dentro, spariva lentamente una volta capito il reale intento degli scaffalasti. All’incirca a mezza altezza di ogni scaffale era scritta la categoria in cui rientravano tutti i testi presenti in quella data sezione, evidenziata anche in alcune freccette rosse o blu volanti nel caso di incroci tra le file di mobili; inoltre se il reparto si chiamava ad esempio Leggende ed Epiteti, riuscivi a sentirti davvero perso in quel labirinto colorato formatosi dalla disposizione tutt’altro che lineare degli scomparti, od in Oceani ed Acque Lacustri ti immergevi tra le pareti blu e cerulee che via via diventavano sempre più scure e claustrofobiche.

-Primo anno, dico bene?

-Sì signorina, ma non ci servono tutti i testi, alcuni li abbiamo già.

-Ottimo, li abbiamo posizionati qui, a destra del banco, così potete scegliere quelli che volete... I libri contrassegnati da un talloncino giallo sono disponibili anche usati, praticamente tutti, ovviamente. Se avete bisogno, comunque, chiedete pure.

-Ah, grazie mille. Faremo sicuramente così.

Ser Richard iniziò a setacciare le pile di libri disposti in ordine di anno scolastico, cercando quelli che facevano al caso nostro.

-Tieni l’elenco, cerca i primi tre libri della lista, gli altri li cerco io.

I libri erano Infusi e Pozioni Magiche, Manuale degli Incantesimi - Volume Primo e Storia della Magia, guarda caso tutti e tre abbastanza vicini fra loro e disponibili anche usati. I prezzi non erano elevatissimi, ma neanche economici, se gli usati non fossero stati in condizione pietose, probabilmente li avrei preferiti ai nuovi.

-Vuoi vederne i relativi usati, vero?

-Sì, ma solo se non sono troppo rovinati o sottolineati, gli appunti a margine mi vanno bene, ma odio le sottolineature.

-Ma tu guarda, anch’io sono dello stesso parere, creano troppa confusione all’interno di un testo per poterci capire qualcosa. Sì, questi tre fanno al caso tuo, praticamente nuovi ma a metà prezzo. Solo il libro di Incantesimi ha la terza di copertina con uno scarabocchio, ma roba di poco conto. Ti mostro anche gli usati dei libri che sta prendendo anche il signore?

-Sì, se sono nelle stesse condizioni.

Ero proprio soddisfatto, i maghi a quanto pare tenevano ai propri libri e non li sgualcivano in alcun modo, o forse era la gente comune a cui ero abituato ad esser poco civile nei riguardi del materiale scolastico. Presi solamente due testi nuovi, uno perché l’usato non era disponibile poiché già prenotato da un altro studente e l’altro perché di nuova edizione; spesa totale: 7 galeoni e 3 falci, un affarone.

-Scusi signorina, è stata gentilissima, ma il libro di Trasfigurazione consigliato dal Ministero è un po’ troppo misero, ne ho sfogliato l’indice e non arriva nemmeno agli Intenti Viventi.

-Ha ragione, ma non si preoccupi, è prevista la seconda parte per il secondo e terzo anno. Per questo il prezzo è così ridotto, ha la metà dei contenuti.

-Non c’è una versione più completa, che la prendiamo adesso anche per gli anni successivi? Quando andai a scuola io utilizzavamo il Trasfigurare: come, quando e perché, mi sembrava un buon libro.

-Se vuole il mio parere quest’ultima edizione sebbene divisa in due metà offre migliore esposizione e ha molti più incantesimi a parità di argomenti. Al massimo le posso dare il secondo tomo del volume.

-Sicura che non ha il libro che le ho detto poco fa? Sa, per esperienza personale...

-Senta, il libraio qui è lei o io? Conosco alla perfezione ogni libro di questo negozio, non faccio che leggerli ad ogni nuova edizione, anche se i cambiamenti sono minimi, e se le dico che questo volume è migliore di quello che raccomanda lei, allora è come dico io. Se proprio vuole un libro che contiene in un unico tomo tutti gli anni di Trasfigurazione, allora prenda la vecchia edizione del classico Trasfigurazioni ed Evocazioni, che il ministero ha deciso di cambiare non perché superato, ma bensì perché era in commercio da troppo tempo e aveva fatto ristagnare il mercato. Eccolo qui!

Tonf! Un libro pesante almeno sette libbre e bianco come il volto del mio tutore fece la sua polverosa apparizione sul banco della libraia.

-Per inciso, non mi si venga detto che consiglio libri diversi solo perché non posseggo quelli che mi vengono richiesti, il suo bellissimo libro ce l’ho ed è qui...

Tonf!

-...Ma non lo consiglierei nemmeno al mio peggior nemico, perciò mi dica lei quale sceglie per il suo ragazzo e finiamola qui.

-Ci... Ci mancherebbe altro, ha dimostrato di saperne molto più di me sull’argomento, non che ne dubitassi, quindi...

-Bene, se mi ridate il libro che non volete per questo faccio la differenza e... 6 falci e 12 zellini.

Senza neanche guardare il portamonete il mio tutore sganciò le monete e si preparò ad uscire il più presto possibile.

-Grazie mille e arrivederci.

-Buona giornata anche a voi!

Funereo in volto, ser Uppercut mormorò qualcosa simile ad un torniamo in stanza e si avviò in direzione Paiolo Magico.

Che figuraccia, mamma mia...

 

-Beh, per prima cosa prendi quel libro che ci è stato caldamente consigliato, quello intitolato Trasfigurazioni ed Evocazioni e andiamo al capitolo... Non so il numero esatto, comunque quello che parla di Trasfigurazioni di animali in altri organismi complessi viventi e leggi ciò che dice, sarà all’incirca il ventesimo, se ha un minimo di modularità.

Oh no, partiamo di nuovo dai concetti primitivi...

 

L’emporio del gufo si presentava ottimamente dall’esterno: era un po’ cupo ovviamente, dato che ospitava bestie notturne, ma tutto stava al suo posto, niente scatole, casse e gabbie gettate alla rinfusa come nel Serraglio Stregato, ma, soprattutto, le gabbie e le voliere erano tutte pulite e gli animali mostravano vero benessere. Un giudizio sull’interno, beh, non mi è dato concederlo, dato che appena mi avvicinai di qualche passo, tutti i rapaci iniziarono ad agitarsi furiosamente; il loro rilassante tubare si trasformò in men che non si dica in un urlo corale. L’uccello che posava libero sul trespolo iniziò a volteggiare sulle nostre teste, minacciando di beccarci al minimo passo falso. Tanto disordine allertò l’anziana proprietaria che arrivò di corsa per sedare i suoi pargoli.

-Beh, ci abbiamo provato... Ma un gufo dobbiamo comunque prenderlo, ti servirà. Se non a te ai tuoi genitori intendo... Dovranno pur avere un mezzo per spedirti la corrispondenza. Facciamo così, tu ne scegli uno adesso, a debita distanza, e poi io lo acquisterò in tutta calma e lo porterò personalmente alla tua famiglia spiegandogli come utilizzarlo per inviarti lettere, pacchi e qualsivoglia cosa gli serva per tenersi in contatto con te, perciò su, scegli.

Scelta non facile: erano tutti molto esotici e con piumaggi eleganti, occhi scintillanti e creste perfettamente ritte o incurvate, a seconda della specie; senza parlare del fatto che non ero informato delle caratteristiche che li contraddistinguessero.

-Sono tutti molto belli, è dura scegliere.

-Hai ragione, se ti aiuta a prendere una decisione io da piccolo presi un Assiolo perché sono molto agili ed affidabili.

-E quale sarebbe?

-Qui fuori non mi sembra di vederne, ma è simile a questo Gufo dagli Occhiali, solo un po’ meno colorato e più longilineo, insomma, è un gufo da corsa praticamente.

-E’ troppo anonimo però, soprattutto se dici che ha un colorito ancora più uniforme, che ne dici di questo? E’ simpaticissimo...

-Sì, è caruccio, ma ci faresti ben poco, gli Allocchi Nani non sono fatti per le lunghe traversate, e poi un colpo di vento lo spazzerebbe via.

-Oddio, quello è inquietante, è un Barbagianni, vero? Avevo una sua figurina da piccolo, ma non è minimamente paragonabile al vederlo dal vivo.

-Lo conosci? Sì, è un Barbagianni Scozzese, lo prendiamo? E’ uno dei migliori, è sia agile che resistente, perfetto per le lunghe traversate e, data la distanza che separa Hogwarts da casa tua, non hai poi molta scelta...

-Si, ma lui terrorizzerebbe mia madre, anzi credo che la terrorizzerebbero tutti, perciò scegliamone uno meno minaccioso possibile. Sono indeciso tra questi due...

-Perfetto, il primo è una Civetta delle Nevi, capirai che le temperature mediterranee la ucciderebbero e non va bene, mentre l’altro è niente meno che un Gufo Reale, come dice il nome stesso, il sovrano degli strigiformi, è perfetto per il tuo caso: possente, resistente ed affidabile, sarà un po’ lento certo, ma su di lui potrai contare. Il problema è il prezzo, credo sia uno dei più cari, specie se giovane. Ma contratterò, la signora Eeylop mi conosce da molti anni. Anche questa è fatta allora, prossima tappa: calderone ed alambicchi!

Peccato, mi sarebbe piaciuto entrare...

 

-Dice che praticamente devo tenere ben in mente tre cose: la fisio-biologia dell’animale d’origine, la fisio-biologia dell’animale obiettivo e la TIV, la Trasposizione degli Intenti Viventi, qualsiasi cosa essa significhi.

-E qui ti volevo, cerca il capitolo che tratta di TIV e TII.

La cosa andrà per le lunghe...

 

Negozio di Calderoni e Robivecchi non erano certo nomi molto originali, ma per lo meno mi evitarono l’enorme sforzo di capire cosa vendessero al loro interno, soprattutto il primo, pieno di stoviglie e mensole pensili buttate nei pressi dell’entrata.

-E’ permesso? Scusate, largo, sì, scusi, no, è impolverato, signore... Signore, permesso... Lo sta facendo a posta credo, le ho detto che la polvere ci sta sommergendo, aspetti che passiamo... E’ proprio sordo...

L’ambiente di suo non era piccolissimo, ma tutte quelle dannate pentole gettate alla rinfusa sul pavimento in doppie e triple file, creava dei minuscoli corridoi dove al massimo poteva passare una persona alla volta, e se, come in questo caso, qualcuno iniziava ad armeggiare con le polverosissime marmitte poste più in alto, oltre al passaggio dimezzato, si creava una poco salutare cascata di pulviscolo che si infrangeva sulle nostre teste.

-Presto, presto, allontaniamoci.

-Scusate il signor Potridge, è un po’ avanzato d’età e non ci sente quasi più, in compenso è uno dei miei miglior clienti e posso certamente affermare che conosce ogni uso possibile per ognuna delle pentole del mio negozio... Ma voi siete qui per un calderone in peltro misura 2, no? E perché siete entrati, li ho messi in bella mostra all’ingresso, inserite 21 Falci nel calderone delle offerte e potrete prenderlo, assieme ad un utilissimo becco Bunsen dal valore di 15 Falci, insomma, regalato!

-E se noi volessimo solamente il calderone?

-Allora sono 17 pezzi, ma quello mio è un prezzaccio, è uno spreco non approfittarne.

-Non ne dubitiamo, è che siamo già ristretti col budget e non possiamo permetterci spese extra, ed un fornello, per uno studente che utilizzerà quelli della scuola, lo è.

-Certo, certo, ma ora, se permettete, vado ad occuparmi del signor Potridge che temo si stia facendo rovinare addosso l’intera partita di marmitte. Ah, come vi ho detto, appena uscite, alla vostra destra, qualsiasi pezzo va bene, a sinistra invece, sotto il mio pappagallo Arthur troverete il calderone delle offerte.

E così dicendo sgattaiolò verso il suo miglior cliente, che nel frattempo gli stava anche procurando il miglior incidente, cercando di tirar fuori proprio la marmitta che faceva da appoggio ad un’intera batteria.

Anche noi ci dirigemmo verso l’uscita, lasciando soli vecchietto e commerciante.

-Faremo così allora. Arrivederci!

-Sì, si, arrivederci a voi! No, signor Potridge, non quella, è pericoloso... Signor... Signor Potridge, no! Questa è uguale, no?

-Ma io voglio quella! Non questa! Quella è più piccola delle altre di tre quarti di pollice non vede? Voglio quella, non se ne discute!

Ser Uppercut chiuse la porta e gettò 17 monete sul calderone adibito a cassa, sentendosi offrire dal pappagallo, intento a pulizie domestiche:

-Sicuri di non volere il set completo calderone-fornello a gas? Ideale per la scuola!

-Ehm, no grazie, prendiamo solo il calderone, il fornello lo abbiamo già.

-Allora a posto così, grazie e arrivederci!

E dopo aver finito il discorso, tornò a beccarsi l’ala: certe cose riuscivano a stupirmi anche dopo averne viste di tutti i tipi.

Il Robivecchi invece, nonostante l’aspetto un po’ trasandato, era ben strutturato, oserei dire modulato. C’era una specie di logica comune tra gli oggetti esposti negli scaffali dell’esposizione, o almeno così traspariva, ad esempio, se si partiva dal trita pepe, si passava ad un porta saliere in argento, ad un porta tovaglioli in ottone, ad un taglia carta in acciaio, ad un’antica stampa risalente al XIII secolo, ad un set di caratteri in avorio per macchina da scrivere... Così via fino ad arrivare, tramite chissà quale filo conduttore, ad un ciuccio decorato in raso appartenuto, secondo il talloncino, nientemeno che dal principe Federico, erede di re Giorgio II.

-Set di numero sei provette, numero due alambicchi e numero uno base per appoggio per ognuno, serve altro?

-Si, ci sono questi due...

-Numero uno bilancia in ottone e numero uno telescopio portatile... 4 Galeoni, 11 Falci e 23 Zellini prego.

-Ecco a lei.

-A voi, buona giornata...

Una volta fuori, ser Richard tirando un sospiro di sollievo mi confidò:

-Deprimente, eh? Sembrava un automa, come mai non ci ha augurato una numero uno buona giornata non lo so! Comunque sia, anche per questa settimana i fondi sono finiti... Tieni questi 13 Falci di resto ragazzo, occhio che sono quasi un Galeone, non li sprecare per roba inutile. Torniamo alla taverna, oppure continuiamo a girare senza comperare nulla se vuoi, ma io sono un po’ stanco e mi devo sedere almeno per un paio di minuti.

-Si si, anch’io...

 

-“TII, Trasposizione degli Intenti Inanimati: si parla di TII quando il Trasfiguratore ha l’Intenzione di Trasfigurare un elemento Inanimato in un altro dallo stesso Criterio.” Una cosa l’ho capita: c’è un abuso di maiuscole in questo testo.

-Eheh, sono termini pragmatici della materia. Questo per farti capire che se non vuoi ammazzare il tuo animaletto domestico, dovrai prima imparare a Trasfigurare oggetti e solo poi passare al passo successivo, il che è arduo, dato il poco tempo che ci rimane. Ma ce la faremo.

Prese una lanterna ad olio, la poggiò sopra il tavolo e l’accese, nonostante la luce che proveniva dalla finestra ed esclamò:

-Iniziamo da quello che a mio avviso è l’incantesimo di Trasfigurazione più semplice che esista: dovrai tramutare questa lampada in una candela di cera. E’ semplice, perché il nostro cervello è abituato ad accomunare tutte le fonti di luce a combustione ad un unico sentimento: la paura di venir scottati; prova. L’incantesimo si chiama Candleverto, cercalo tra i primi capitoli.

 

-Nuova settimana, nuove spese: scegli, cartoleria o negozio di manici di scopa?

-E perché non fare una capatina dall’elettrauto? Posso capire la cartoleria, ma a che mi serve una scopa?

-Divertente battuta, davvero. Poi mi spiegherai cosa sia un elettrauto, però per il momento spiego io a te cosa serve una scopa ad Hogwarts, o meglio, ad un mago. E’ solo una tradizione, a dire il vero si può incantare qualsiasi oggetto dalle dimensioni adatte, ma comunque sia servono a volare. Sì, librarsi nell’aria, volteggiare nell’etere, svolazzare in libertà...

-Capito capito, ma non si può volare e basta? Senza scope intendo?

-Non siamo mica uccelli!

-Le scope non sono uccelli!

-Quanto la fai difficile, è un incantesimo avanzato, è più facile avere un oggetto perennemente incantato che affidarsi ad un incanto provvisorio su una persona, no? Immaginati di deconcentrarti mentre sei a cento piedi da terra, crolleresti a picco e non deve essere piacevole...

-Se è come dici tu posso scegliere un altro oggetto? Non mi va di usare una scopa...

-Ma cos’hai contro le scope?

-Sono brutte! E sporche!

-Ma non le userai mica per spazzare... Dai, cartoleria o negozio di manici di scopa?

-Cartoleria, almeno poi sapremo quanti soldi ci rimangono per ‘sta benedetta scopa...

-Furbo, d’accordo, hai ragione.

 

-Alcune cose non mi sono chiarissime per la loro fantascientificità ma ci proverò lo stesso. Il metallo rimane metallo, l’olio diventa cera, lo stoppino si allunga e si sfilaccia, mentre la cenere si rigenera in materia... Candleverto !

Dal mio dito si diffuse un alone espanso di colore verdastro tendente al rame che in pochi attimi tramutarono la lanterna in un ammasso grigiastro informe e fumante.

-Coff coff! Non ti abbattere, è normalissimo, solo apriamo la finestra ora, eh?

 

In tutta Diagon Alley un solo negozio poteva fregiarsi del titolo di locale sobrio e per nulla strampalato, sia come mercanzia in vendita che come personaggi che la frequentavano, ed esso era la Cartoleria di Amanda Hensiss. Essendo una, appunto, cartoleria, vendeva esclusivamente carta e penne, ma anche oggetti più classici come piume d’oca, calamai e rotoli di pergamena, niente corni di bufalo per contenere l’inchiostro o qualche altra stramberia, al massimo c’erano boccette di china che cambiavano colore a seconda dell’occasione, ma era il minimo che mi dovevo aspettar di trovare in un negozio per maghi.

-Buongiorno, desiderate?

-Questo ragazzo si sta per iscrivere al suo primo anno ad Hogwarts, necessita quindi di tutto l’occorrente per non trovarsi mai a corto di materiale.

-Benissimo, è un principiante con le penne d’oca? Solitamente mi viene richiesta la penna auto correttiva, che rilascia sempre la stessa quantità di inchiostro ad ogni tratto, fin quando non finisce del tutto, ovviamente.

-Sì, penso possa andar bene, ma ci dia anche qualche piuma semplice, occorre che impari ad usare anche quelle senza particolari aiuti.

-Queste quantità credete vadano bene?

La signora della cartoleria aveva preparato un bel po’ di roba: una penna auto correttiva, quattro penne semplici, dodici boccette di inchiostro nero, due del rosso, una dozzina di pacchi di rotoli di pergamena e qualche raccoglitore ad anelli con un paio di risme di fogli bucherellati e relative grafiti per eventuali appunti grafici.

-Assolutamente, non avremo bisogno d’altro per un bel pezzo, credo. Totale?

-6 Galeoni e 8 Falci... Gli spiccioli li arrotondiamo.

-Gentilissima, grazie mille!

-Prego, ciao piccolo, buono studio!

-Grazie signora...

Siamo entrati, abbiamo comprato ciò che volevamo e ne siamo usciti in poco tempo, senza problemi. Strano.

-Dimmi la verità, sei deluso perché nemmeno un marmocchio spruzzandosi addosso un intero calamo ha combinato qualche casino?

-No, o forse sì...

-Non ti abituare troppo alle stramberie, credimi, anche nel mondo dei maghi esiste la normalità!

 

-Candleverto!

Stesso risultato di prima.

-Candleverto!

La poltiglia era un po’ più bianca e viscosa, ma poco cambiava.

-Candleverto!

Questa volta non venne prodotto fumo.

-Candleverto!

Ora invece sì.

-Sbagli qualcosa, non ci sono progressi.

-Si, ma cosa?

-Solo tu puoi saperlo... Se tenessi a mente ciò che hai ripetuto a voce alta prima non dovresti avere grossi problemi, evidentemente non lo fai. Oppure... Non è che in realtà non pensi al risultato finale? A guardar bene qui ci sono tutti gli elementi base dell’obiettivo, ma sono informi e miscelati, penso sia questo il problema.

-Ah, dovevo pensare anche alla forma della candela?

-Certo, che domande! Ricordi, era uno dei tre requisiti fondamentali, quello di pensare all’aspetto dell’obiettivo!

-E quante cose dovrei tenere in mente? E’ difficilissimo!

-Nessuno ha mai detto che sarebbe stato facile, ma nemmeno impossibile, è fattibilissimo, su! Una candela con piattino da supporto, ne avrai viste tante, figurati quando dovrai pensare ad un tritone.

-Candleverto!

Effettivamente questa volta, sebbene un po’ sbilenca e con lo stoppino affogato al suo interno, la candela venne fuori, il piattino poi, era perfetto. Forse mi ero concentrato un po’ troppo sulla parte bassa.

-Bene, bene, ottimo lavoro, riproviamo.

 

Accessori per il Quidditch di Prima Qualità o Scope di Seconda Mano?

Queste scope mi ponevano costantemente di fronte ad immani dilemmi.

-Il secondo, sembra più economico.

-Saggio.

Ovvio, io sono saggio.

Nel negozio coi prezzi stratosferici, tutto era curato nei minimi particolari: vetrine luminose, esposizione coreografica, manichini alla moda, folla di sbavanti standard e ovviamente prodotti autografati dalle stelle dello sport chiamato Quidditch per i clienti più spendaccioni, da loro denominati oculati.

Tutto l’opposto era il negozio in cui eravamo invece appena entrati: stretto, classico, funzionale ma essenziale e soprattutto economico. Sembrava quasi un anatema per la gente “oculata” che un manico di scopa costasse sotto i 30 galeoni, perciò di tutta la fila presente in quel punto vendita dal nome lunghissimo, il piccolo esercizio commerciale Scope di Seconda Mano ne vedeva un sesto. Meglio così.

-Siete fortunati, vedete quel signore che sta uscendo? E’ il famoso giocatore dei Prides, Mark Evans... Non dovrei dirlo, ma durante il ritiro della scorsa settimana ha colliso un Bolide e... La sua Comet 270 si è scheggiata proprio nel punto della contromarca, dove hanno luogo gli sponsor... Inutilizzabile per un giocatore del suo rango, ma per uno studente... E’ un affare d’oro! Una Comet 270 nuova fiammante a metà prezzo, riuscite a crederci?

-Dipende dal prezzo...

Il commesso si guardò attorno come se mi stesse per rivelare un segreto inenarrabile:

-40 Galeoni ed è tua.

-D’accordo, facciamo 10.

-Cos...? Shht, a bassa voce... Ragazzo, hai capito cosa ti ho detto? E’ una Comet 270!

-Quello che ho capito è che l’unico segno distintivo si è “accidentalmente” scheggiato e che ora come ora non è possibile verificare se sia una Comet o no... Il che la rende, oltre che danneggiata, anche invendibile per una vera Comet. 10 Galeoni.

-Calma, hai ragione, è una strana coincidenza, ma dubiti della mia onestà?

-Non dubitiamo di nulla; Emanuele lascia perdere, cerchiamo altro, dai...

-Sentite, ho speso ben 12 Galeoni per questa scopa che solo adesso mi sto accorgendo potrebbe essere un falso pensando di aver fatto un buon affare... Santi numi, non sono nemmeno sicuro che quello fosse il vero Mark Evans... Vi prego, prima che se ne accorga il principale, fatemi almeno recuperare i soldi spesi! E’ un buon manico, su questo non ci piove, ma non potrò mai venderla come Comet 270 e senza sapere l’esatto modello finisce immediatamente nel cestone dei 5 Galeoni e per me significherebbe il licenziamento in tronco, vi scongiuro...

-12 Galeoni?

Al mio tutore si illuminarono gli occhi, evidentemente di scope se ne intendeva almeno un pochino.

-Sì, ed è vostra.

-Compresi quei guanti di pelle di drago?

Presi parola, notando che avevamo il coltello dalla parte del manico, suscitando perplessità in entrambi i volti dei due adulti.

-Chi ha parlato di guanti?

-Io. Anche perché non è un problema nostro, a me vanno bene anche i manici in offerta...

-E’... E’ un ricatto, non è vero?

-Si chiama contrattare, perché devo spendere 7 Galeoni in più per un qualcosa che non ho richiesto? Almeno mi venga in contro con i guanti che invece mi servono!

-Non ti vanno bene questi in pelle di caimano? Sono molto meno ruvidi e...

-La lettera dice guanti di drago e guanti di drago devono essere.

-D’accordo, ma ora sparite, e non fatevi vedere più!

Dopo aver pagato con ben 12 degli ultimi 14 Galeoni rimastici, ser Uppercut prese finalmente parola:

-Non c’è bisogno di essere sgarbati con i clienti se si è contrariati per motivi personali, andiamo Emanuele.

All’esterno del negozio, mi confidò tacitamente:

-Wow, bella mossa, è una Comet 260, l’ho riconosciuta dalla punta striata in argento e magenta, non ci sono dubbi, ed è pure nuova, wow. Wow!

Sembrava quasi che l’avesse comprata lui per quanto sembrasse felice.

-Guarda là, il prezzo di una Comet 260 nuova, guarda su!

L’affare in effetti non fu ottimo, fu stratosferico: il prezzo al dettaglio? 95 Galeoni!

 

Ormai la Trasfigurazione non aveva più segreti per me, o almeno quella riguardante lumi e lumicini. Sapevo trasformare lanterne in candele, candele in lanterne, lanterne in candelabri, candelabri in lampadari, lampadari in torce da parete, torce in fiammiferi e ciliegina sulla torta, fiammiferi in bastoncini d’incenso: semmai un giorno dovesse servirmi creare un’atmosfera rilassante ed esotica.

-Passo successivo: oggetti inanimati in esseri viventi... Pietra in lumaca? E lumaca sia!

Così iniziai a leggere nozioni sulla fisiologia dei molluschi invertebrati, scoprendo che delle ottocento e passa pagine del libro, più di due terzi riguardavano approfondimenti scientifici sulle forme di vita cui si vuole emularne le sembianze.

-Mi sembra un po’ esagerato: devo davvero pensare a ghiandole mucose, stilofori e ovidotti che se ingrossano troppo fermano il cuore? Mi sta venendo da vomitare!

-Ehm, se volessimo essere professionali si, ma per puri scopi didattici potremo anche dimenticarci dell’apparato riproduttivo e preservativo, ma la ghiandola mucosa, quella ci vuole, altrimenti morirebbe in nemmeno dieci secondi.

Snervante vedere come sghignazzavano sia il mio tutore che il serpente... E dire che facevo tutto questo per lui.

I primi tre tentativi morirono all’istante o non avevano mai “rizzato le antenne”, ma dopo il quarto colpo riuscii a riprodurre una colonia di chiocciole in perfetta forme e tutti rigorosamente sterili.

-Mi deludi, alla mia prima esperienza di Intento Vivente, le lumache erano tutte di un colore diverso l’una dall’altra.

Accettai di buon grado la sfida, riuscendo perfino a ripugnare il mio tutore mostrandogli ciò che da bambino mi scioccò e non poco: un lumacone verde muschio grosso, purulento e con decine di bozzoli neri e viola sulla coda, antenne e guscio. Risate assicurate.

 

-Sai cos’è questo?

-Un biglietto?

-Già, un biglietto per cosa?

-Per il treno che mi porterà ad Hogwarts, forse?

-E come lo sai? E’ girato dalla parte non stampata...

-E per cosa poteva essere? Uno spettacolo teatrale? Per comprare quel gufo i miei dovranno aprire un mutuo...

-Va bene, era ovvio in effetti. Comunque sia, lo tieni tu o lo tengo io? Lo perdi?

-No che non lo perdo, non ho mai perso niente in vita mia, almeno non da dopo i cinque anni d’età...

Ser Richard mi porse il biglietto fresco di stampa e notai che la figura dell’espresso aveva dei rilievi piacevoli al tocco.

-Da Londra ad Hogwarts, Binario 9 e 3/4... Mi ci accompagnerai tu, non è vero? Non saprei manco dove si trova la stazione...

-Certo, non ti preoccupare, tu pensa solo ai tuoi bagagli e a non dimenticare nulla.

-Non c’è l’orario d’arrivo... E’ lungo il viaggio?

-Un po’, ma passa in fretta stando in compagnia.

-E questi sono i soldi rimanenti del tuo conto: sono un bel po’ ma non li spendere tutti, potrebbero servire più avanti. Se vuoi, qualcosina di semplice da Scherzi da Maghi riesci a comprarla, mi raccomando però, niente di offensivo o pericoloso per te e per gli altri!

-Possiamo andare subito?

-Hai dato da mangiare al tuo serpente?

-Sì, cioè no, ci penso la sera, poco prima di dormire, mi sembra che gradisca così.

-Bene allora, andiamo.

-Però tu aspetti fuori!

-Eheheh, e va bene...

 

-Aumentiamo un pochino la difficoltà: lascio cadere una lumachina in questa ciotola d’acqua, se non riesci a Trasfigurarla in una vongola prima che tocchi il pelo dell’acqua, morirà annegata e ce l’avrai sulla coscienza... Tranquillo, tornerà ad essere un ciottolo. Sei pronto?

-No che non lo sono!

-Bene, tanto non lo saresti mai, via!

-Valvifors!

Esattamente un attimo prima che colpisse la superficie dell’acqua riuscii a tramutarlo in quello che sembrava un mollusco marino, ma sembrava tutt’altro che vivo, cadendo con la conchiglia aperta e “a faccia in giù”. Ma pian pianino riuscì a richiudere il guscio e ad adagiarsi in maniera meno inerme.

-Beh, è logico: anche loro devono adattarsi al nuovo metabolismo.

Tutto ciò era fantastico, roba da sentirsi dotati di poteri divini, davo vita propria ad oggetti inizialmente morti. Ma come mi aveva predetto il mio tutore non si trattava altro che di mere illusioni, bastava un semplice Rilascio per far tornare l’animale nella sua forma d’origine, non importa quanto complesso e vero sembri la nostra creazione.

-Sì, sei pronto per imparare il Trifors.

 

Gambol & Jape: Scherzi da Maghi, già il nome era un programma. Erano settimane che desideravo di entrarci per qualche secondo ma a parte una fugace ed insipida visita il giorno dell’apertura del conto alla Gringott, quel negozio fu per me Off Limits causa budget risicato fino all’osso. Ora i soldi c’erano, il tempo pure, perciò nulla mi poteva vietare di comprare qualche idiozia.

-Ti aspetto qui allora. Fa’ presto, ok?

-No!

E serrando dietro di me la porta chiusi la questione. Dall’ultima visita il negozio s’era rinnovato un pochetto: c’era qualche giocattolo in più e soprattutto più scherzi attivi, che rendevano caotico e divertente l’ambiente; poi, con l’inizio della scuola alle porte e con fiumi di bambini e ragazzini che si conducevano in massa in quel negozio, l’aria era proprio di festa. Dopo varie e profonde riflessioni, e dopo esser passato innumerevoli volte dinanzi il reparto degli scherzi schifici dove ogni cosa emanava tanfo e putrescenza e la rampa delle illusioni travolgenti, piena di specchi che aggiungevano vari effetti ai nostri riflessi, la scelta ricadde fra due soli prodotti: la melma portatile e i palloncini indistruttibili. La prima concettualmente era una gran figata: si prendono tre capsule, le si lancia a terra con forza ed in poco tempo dovrebbe moltiplicarsi a dismisura una quantità immensa di mucillagine giallo-verdognola, ideale per far evacuare immediatamente una stanza da ospiti indesiderati, o magari da far crescere fra i capelli di qualche ragazza antipatica; i secondi invece, anche se meno spettacolari, avevano potenzialità immense: innanzitutto, i palloncini possono espandersi a dismisura senza limiti, ed essendo indistruttibili potrebbero benissimo fungere da sfollagente riempiendo la zona di lattice, anche se ci vorrebbe un sacco d’aria nei polmoni; poi possono anche indurirsi e diventare dei veri e propri mattoni in termini di durezza, il che significherebbe bombardamenti aerei dai piani alti verso la gente più in basso; infine, essendo comunque utilizzabili come dei comuni palloncini, possono diventare dei semplici ma tremendi gavettoni se riempiti d’acqua, possibilmente sporca. Il problema era che entrambi li avrei dovuti acquistare a scatola chiusa, fidandomi del loro funzionamento, visto che non era possibile provarli preventivamente. Perciò passai ad uno scherzo più semplice e meno entusiasmante, ma comunque godibile se si trova il fessacchiotto giusto che ci casca: una finta bacchetta che dà la scossa non appena si tenta di utilizzare un incantesimo. Niente di complesso effettivamente, e con effetto simile alle penne-scherzo babbane, ma le bacchette erano riprodotte fedelmente e, funzionando ad attivazione vocale, non nascondevano bottoni o altri elementi che le potessero tradire, perciò sì, qualcuno ci sarebbe potuto anche cascare... E poi non costavano nemmeno 12 Falci l’una.

-Una Bacchetta Elettrificata per favore.

-La vuoi provare prima di prenderla? Il pacco è nuovo, la apro ora per te.

Si, e magari faccio esplodere il palazzo...

-No, grazie, mi fido, ho visto le altre che provavano i ragazzi e funzionavano tutte.

-Bene, 11 Falci e 19 Zellini allora.

Finite le compere mi avviai soddisfatto verso l’uscita, accorgendomi dalla posizione del sole, che avevo passato un bel po’ di tempo là dentro... Trovai ser Richard annoiatissimo seduto su un gradino di Telami e Tarlatame, il negozio ubicato esattamente di fronte a Gambol & Jape.

-Finito? Hai fatto con comodo...

-Scusa, è che c’era un sacco di gente e...

-Tranquillo, te la sei meritata questa giornata di riposo, hai speso tanto?

-Meno di 12 Falci.

-Allora come premio gelato da Florian, offro io; t’è piaciuto l’altra volta vero?

-Sì, ma stavolta voglio provare il gelato alla Runa Egiziana, dicono sappia di cocco all’ibis...

-Non credere a tutto ciò che dicono, chi vuoi che sappia che gusto ha un ibis?

-Ma cos’è l’ibis?

-Oh cielo...

 

Trasfigurare animali dotati di un intelletto ed istinti meno primitivi rispetto agli invertebrati era tutt’altro che semplice, non solo per via della loro evidente complessità metabolica, ma perché quei pochi che riuscivano interi, una volta in vita si comportavano in maniera del tutto inaspettata, sbattendo contro gli ostacoli, vomitando organi e rotolando di fianco e dandosi delle spinte con la coda.

-Non ti abbattere, dopo qualche tentativo dovremmo vedere in quale aspetto dovrai focalizzarti di più; vedrai, per il resto ci penserà l’incanto coadiuvato dalle tue esperienze pregresse a completare l’organismo, tanto che sembrerà automatico.

In effetti dopo circa una trentina di tritoni scemi e suicida, era chiaro che la quasi totalità di essi deficitavano in intelligenza.

-Prevedibile, il problema è nel sistema nervoso. Credo che ti verrebbe più facile se partissimo da un essere vivente con un sistema nervoso già funzionale. Facciamo così: io creo un rospo e tu lo Trasfiguri in tritone, magari non sarà un rospo vero, ma l’importante per noi è che abbia tutto al proprio posto.

­Così il mio tutore estrasse la sua bacchetta e tramutò una delle salme dei miei esperimenti falliti in un rospo grassoccio e festante, tant’è che mi risultò difficilissimo osservarlo per il tempo necessario a farmi un’idea delle sue sembianze da modificarle affinché somigliassero in quelle di un tritone.

-Trifors!

-Visto? Sembra non abbia nulla che non vada, proviamo adesso se ha gli stessi riflessi.

Lo toccammo entrambi delicatamente sulla parte inferiore del dorso, provocandogli ben poche reazioni ma, improvvisamente, si mise a sgambettare.

-Ahahah, è un tritone con la mente di un rospo, non è andata esattamente come volevamo, ma per lo meno non usa la coda per soffocarsi. Dai riprova.

 

-Sì, sei tu questo, ti assomiglia in tutto: colore, forma, lunghezza, abitudini... Non ci sono dubbi, sei una Coronella Austriaca!

-Nome poco virile per un maschio...

-Sei anche detto Colubro Liscio se vuoi, sei diffuso praticamente in tutta l’Europa, fai la muta due volte l’anno e... Oh, ecco! Per fortuna, non sei velenoso! Anzi, in combattimento sei proprio scarso: non avveleni, non soffochi, non puoi tendere agguati e se puoi eviti il combattimento battendo la ritirata...

-Tutto vero purtroppo, ma dove la vedi la fortuna?

-Intendevo per il nostro caso, non dovrò farti svuotare le ghiandole... Però mi domando come farai a cacciare... Ma guarda un po’ non lo fai!

-Questa mi è nuova, campo d’aria?

-No, ti cibi solo di animali per nulla combattivi, come lucertole, grassi insetti, orbettini e ratti bianchi o grigi, perché, quelli neri vi fanno schifo?

-No, ma con un morso ci possono rompere il cranio, ho già assistito a questa scena...

-Ma non finisce qui, siete lentissimi nell’inghiottire e digerire le prede, infatti per completare l’assimilazione di un orbettino ci impiegate fino a tre settimane... Ricompare quest’orbettino, ma cos’è?

-Ah, io non lo so, le stai leggendo tu tutte quelle fesserie. Le zampe di gallina e le uova di tordo che ci propinava il vecchiaccio le facevo fuori in mezza settimana, non mi sembrano tempi esagerati.

-Sarà, ma questo significa che se intendi cacciare i tipici ratti di fogna cui Hogwarts sarà piena dovrai fornirti di denti ben più robusti di quelli attuali, o non riuscirai mai a metterli fuorigioco, né tantomeno a deglutirli se non li sminuzzi almeno un po’.

-E dimmi, conosci per caso un rettilofono specializzato in protesi dentarie?

-No, ma ho comprato questo mangime per rane toro da combattimento dal Robivecchi, assicurano una crescita fino al 60% dell’animale che segue il trattamento, così non dovresti avere problemi...

-E tu come facevi a sapere di questo problema se lo hai letto solo ora?

-Me l’ero immaginato: al Serraglio c’erano lombrichi più grossi di te, ho pensato subito a questo problema. Dai, assaggia, da oggi fino a quando finirà la busta mangerai solo questo!

-Come sei premuroso... Però anche a me farebbe piacere esser un po’ più grosso, per lo meno per il mio ego... Pluah, fa schifo!

-E che ti aspettavi, carne di pollo? Di’ un po’, non è che una volta anfibio non potremo più parlare?

-Chomp... Questo non lo so, ma se solo i serpenti riescono a comunicare con gli umani, allora qualcosa di particolare lo avranno... Non escluderei la possibilità che mi rincitrullisca una volta tramutato in qualcos’altro.

-Sarebbe un peccato, del resto a scuola manterresti quasi sempre quella forma...

-Non vedo dove sta il problema però: l’altro giorno hai Trasfigurato quel rospo in tritone mantenendone l’intelletto, infatti cercava di saltellare come se fosse ancora in grado di farlo, non potresti ripeterlo con me?

-Come se fosse facile...

-Tu provaci comunque. Neanche a me va molto a genio perdere le mie facoltà mentali per un tuo capriccio.

Toc! Toc!

-Avanti!

-Buongiorno! Vedo che stai leggendo il libro sugli animali che ti ho portato... Trovato importanti informazioni?

-Oh si, so praticamente tutto di lui, è completamente innocuo per gli esseri umani, e non parlo solo dell’assenza di alcun tipo di veleno, ma del fatto che non sarà assolutamente in grado di rappresentare un pericolo per nessun essere vivente più grosso di 30 centimetri, ehm, 12 pollici. A proposito, sai cosa sono gli orbettini?

-Non ne ho la minima idea, farò delle ricerche, per il resto sapevo già tutto, non l’avrei lasciato da solo con te altrimenti. Hai provato a vedere come si comporta se gli apri la gabbietta?

-Sì, l’ho aperta un paio di volte per mettergli cibo e acqua e non ha mai tentato né di mordermi, né di fuggire, non ne avrebbe motivo, del resto...

-Bene, perché qui ho una sorpresa per lui! Una bella gabbia per tritoni imperiali! Guarda, c’è tutto: sabbia dove si può riposare quando ha le sue vere sembianze, ampia vasca d’acqua per quando è sottoforma di anfibio e dulcis in fundo una palma in vero legno dove può grattarsi per fare la muta, basta che poi fate sparire la pelle da qualche parte. Mi raccomando però, digli che i bisognini li dovrà fare in acqua perché questa sabbia non è adatta a quel tipo di cose, farebbe venire la scabbia a tutti.

Il piccolo rettile si trasferì sgusciando da una gabbia all’altra, passando, fra l’altro, tra le sbarre della gabbia più grossa, nonostante avessi aperto il portello d’ingresso.

-Beh, per lo meno così saremo sicuri delle sue reali intenzioni: se questa notte scappa o tenta di ucciderti lo sapremo... Ma non credo lo farà, non adesso almeno.

Ser Uppercut non si fida ancora di lui, io invece, perché sì?

-A proposito, gli hai già dato un nome? Se sì, non mi sembra di averlo mai sentito...

In effetti stavo ancora temporeggiando in attesa che mi arrivasse l’ispirazione rivelatrice, ma ormai era passata più di una settimana e nessuna buona idea mi era ancora passata per la mente. Colpa di un termine che mi balenava per la mente.

-Qual era quel termine strano che hai utilizzato per salutarmi al negozio la prima volta che ci siamo incontrati? Quello che significava Piacere di fare la tua conoscenza, o giù di lì...

-Quante volte dovrò ripetertelo? E’ Muthsera, e nemmeno so se esiste davvero, diamine, è stata la prima parola che ho carpito dalla tua coscienza, pensavo la conoscessi, dimenticala.

-No invece, mi piace. E’ esotica, misteriosa e rappresenta alla perfezione la nostra relazione: ti dispiace se ti do questo nome?

-Fai pure, dopo Coronella, pure Muthsera. L’ho sempre pensato che sarei dovuto nascere femmina, non sarei finito in vendita come ingrediente per cosmetici per iniziare...

-E’ deciso allora, ti chiamerai Muthsera, o Sera per abbreviare, almeno un senso per le altre persone questo nome lo avrà!

-Allora? Il nome?

-Sera, lo chiamerò Muthsera.

-Sera? Ma non era maschio? Avevo capito di sì...

Meno male che Sera non lo capisce...

 

-Non guardarmi così... Ormai ho imparato, non sentirai alcun dolore...

-Non ho abbastanza muscoli facciali per poter esprimere emozioni, se mi vedi preoccupato è perché in realtà lo sei tu!

E certo che lo sono...

-Che ti dice? Ha paura, eh?

-Sì, beh, in realtà puntualizza sul fatto che il primo ad essere in tensione sono io...

-Ed è vero?

-Tu che dici?

-Allora riprova con uno degli altri rospi, sai che non puoi permetterti di fallire. Non importa quante prove fai, non sono mai abbastanza se non ti senti sicuro...

-No, basta, ormai di prove ne ho fatte abbastanza, ho creato centinaia di tritoni forti e sani, l’incanto lo so, è il coraggio che mi manca...

-Per questo non sarai mai pronto fino a quando non sentirai di esserlo e per pronto non significa non essere titubante, del resto c’è una vita in gioco, ma metter da parte tutti i timori per far spazio alla parte più sicura del tuo essere.

Le solite frasi fatte, ma del resto cosa potrebbe dirmi? E va bene, o la va o la spacca...

Poggiai la mano sinistra sul volto per occultarmi la vista di quel che a breve sarebbe successo ed urlai:

-Trifors! Scusami, scusami, scusami, scusami!!! E’ vivo?

-Guarda tu stesso...

Sì, era vivo, anche troppo vivo: si arrampicava su e giù lungo le sbarre della sua gabbietta con una vitalità che raramente si nota negli anfibi nel loro habitat naturale.

-Non sapete quanto siete fortunati a possedere degli arti voi bipedi e quadrupedi, quest’agilità è pazzesca!

-Vedo che ha funzionato anche il mantenimento delle tue funzioni cerebrali, era un passaggio delicato, ma ce l’ho fatta...

-Sì, per un momento c’è stato un piccolo blackout, ma è stato come entrare in una scatola buia per qualche secondo ed uscirne con gli occhi di qualcun altro... Questi lucertoloni ci vedono davvero male, a stento riconosco la tua faccia...

-Mi sembra felice, cosa dice?

-Non è proprio felicissimo, ma comunque è contento di esser ancora vivo, questo sì. Riproviamo?

-Come vuoi, conosci l’incanto...

-Finite Incantate!

Muthsera riprese le sue forme serpentine e con esse i suoi modi simpatici.

-Fai pure con comodo, tanto la vita in gioco è la mia, per non parlare dello stomaco... Noi serpenti non mastichiamo sai? La digestione è lenta e complessa e tu non aiuti molto il mio organismo con questi repentini cambi di identità. Temo che fra poco vomiterò: hai mai visto un serpente vomitare? Non è un bello spettacolo, anche perché vomitano anche la sacca gastrica, ho visto un mio coinquilino crepare così! Bella scena, non avevo neppure un mese di vita...

-Lo so che non deve essere piacevole, ma più mi impratichisco adesso che c’è ser Richard meno rischi correremo a scuola! Un po’ di pazienza!

-Dillo al mio esofago infiammato, non a me!

Stavo per rimpiangere il fatto che abbia studiato l’apparato digerente degli ofidi da quell’enciclopedia sugli animali che mi portò ser Uppercut: tutto ciò che imparai su di loro, lo acquisì anche il mio serpente che di sicuro non avrebbe perso l’occasione di rinfacciarmi qualche strano malanno fisico al minimo problema che si fosse presentato con tanto di spiegazione veterinaria, come adesso del resto.

-Ma quanto parlate voi due, vi fate proprio dei gran discorsi, eh? E’ mezzanotte Emanuele, sai cosa significa? Che domani inizierà il tuo primo anno scolastico ad Hogwarts! Fai altre tre o quattro prove sul tuo orbettino e poi va’ a letto, almeno sarai riposato per il viaggio sull’Espresso!

-Non può essere, guarda il calendario, domani è sabato, non domenica.

-No, oggi è sabato, anzi, è iniziato ben tre minuti fa. Altre ventiquattro ore e non vedrò più te e quel serpentello per un bel pezzo, e mi concederò un po’ di relax.

-La smette di prendermi in giro credendo non lo capisca o gli devo mordere la caviglia?

-Che ha detto? Mi fissa in modo avvelenato...

-Ma no, è la sua unica espressione, ha detto che anche tu gli mancherai molto...

 

-Grazie ad entrambi per averci scelto.

-Mi saluti anche Wallace, Tom.

-Senza alcun dubbio. Passi un buon anno ad Hogwarts giovanotto.

Queste furono le poche parole d’addio che ci rivolse il locandiere poco prima che ci congedassimo. Con appresso ben cinque valigie di bagagli ed una gabbia per tritoni imperiali, fu sorprendente notare come la gente per strada non ci degnasse di alcuna particolare attenzione, eppure ero sicuro fossimo un bello spettacolo.

-Ancora ti stupisci del fatto che nessuno si accorga di noi e del nostro strambo carico? Per non parlare del mio vestito in velluto così tanto demodé per la gente comune! Siamo in Inghilterra, e per altro a Londra, patria delle stramberie cosmopolite... Ormai qui la gente è abituata a vederne di cotte e di crude, noi non siamo altro che una goccia nell’oceano.

Sarà, ma in Italia non saremmo certo passati inosservati...

-Questa è la stazione centrale, ti ci ho condotto per insegnarti la strada dal Paiolo Magico semmai un giorno ti servisse saperlo, ma per tornarci più tardi ci Materializzeremo direttamente lì dentro. Ora... Dove vuoi andare per pranzo? E’ il nostro ultimo giorno insieme, decidi tu. Unica raccomandazione: resta leggero, questa sera ci sarà un banchetto al castello, e banchetto è sinonimo di abbuffata fino allo sfinimento.

Sebbene per i primi cinque secondi la libertà di scelta mi lasciò spiazzato, non mi scervellai di certo a pensare la nostra prossima meta culinaria. Ero a Londra da più di un mese ormai, circondato da gente di tutte le etnie, con un mago con una bombetta in testa, eppure non ero ancora andato in un ristorante cinese, posto che da sempre ho voluto visitare semmai fossi andato in una grande città.

-Voglio mangiare del sushi, conosci ristoranti cinesi?

-Non conosco questa particolare pietanza, ma di certo conosco il posto che cerchi... Anche se a dire il vero non ho mai pensato di fermarmici a mangiare, andiamo.

Il locale era da tutt’altra parte di Londra, così il mio tutore chiamò un taxi, che a differenza di quanto ci insegnarono a scuola, era tutt’altro che giallo.

-Il ristorante Fiore di Luna lo conosce?

-Certo, ma davvero volete andare fin lì? E’ in periferia e con tutti i bagagli che vi ritrovate non sarebbe sicuro andarci...

-Non si preoccupi, sappiamo badare a noi stessi, ci accompagni come richiesto senza fare troppe domande e avrà una lauta mancia.

Saliti sul veicolo, noncurante della presenza dell’autista ser Uppercut mi confidò:

-E’ un’altra entrata segreta del Ministero, sai? La utilizzano solamente quelli dei servizi segreti e gli Auror, io non sono autorizzato. Anche se più che ingresso è meglio definirla come uscita d’emergenza, per questo è così lontana dal centro, per defilarsi in fretta. Ma dimmi, cos’è questo sushi?

-Non ne ho la minima idea, l’ho sentito nominare in TV.

-Ah, bene.

 

Arrivati a destinazione capii subito cosa intendeva dire il tassista: il quartiere non era esattamente malfamato, però il contrasto tra il centro affollatissimo e pieno di vita e quella zona era evidente.

-Si sta levando un po’ di nebbia, si vede che agosto sta per terminare. Anzi, il bel tempo è durato anche troppo per i nostri standard, su entriamo.

-Buongiorno!

-Buongiorno signora!

-Buongiorno!

-Un buon giorno anche a lei!

-Buongiorno!

-Ehm sì, buongiorno, possiamo?

-Buongiorno!

Un piccolo esercito di cinque cameriere orientali ci assalì con i loro saluti ed inchini che non sembravano voler terminare.

-Benvenuti!

-Benvenuti!

-Benvenuti!

Oh no, ora cominciano coi benvenuti...

-Oh, simbolo di scuola di magia di Hogwarts, voi volete usare polvere magica?

-No no signora, siamo qui per del... Come si chiama?

-Sushi!

-Ah già, sushi! Lo avete no? Del sushi!

-Sushi è pietanza tipica di cucina giapponese. Noi no giapponesi, ma cinesi, da Cina.

Ed indicò la bandiera rossa a stelle appesa sulla parete dietro la cassa.

-Ma voi no preoccupate, gente europea sbaglia sempre. E sushi molto famoso. Se noi cacciassimo tutti quelli che chiedono di sushi, noi fallire. Nostro cuoco viene da Giappone, prepara per voi miglior sushi della vostra vita. Se volete può anche lavorare in sala, così voi vedete sua maestria e freschezza di pietanze.

-Va bene, dove ci possiamo sedere?

-Tavolo per due, siete soli, sì?

-Sì, madame...

-Prego e buon appetito!

-Buon appetito!

-Buon appetito!

-Buon appetito!

Ci risiamo...

Il ristorante era ben curato: ovunque erano presenti raffigurazioni ed effigi del folklore orientale, molte delle quali rappresentavano, a detta delle inservienti e delle didascalie poste sotto ogni illustrazione, varie fasi della leggenda del pesce Koi, una carpa che sfidò gli umani e le correnti per risalire la grande Cascata del fiume Giallo. Era una specie di Via Crucis con protagonista un pesciolino d’acqua dolce, molto curata nei dettagli e stranamente appassionante, nonostante la sua semplicità e brevità. Secondo le tavole, un giorno, il piccolo Koi, decise di risalire il torrente come facevano i suoi simili più adulti. Questi, però, lo facevano solo per andare a deporre le uova a monte del fiume, lui, invece, voleva farlo giusto per curiosità. Gli sforzi a cui sottopose il suo piccolo corpicino suscitarono l’ilarità degli altri pesci e degli umani che transitavano lungo la riva, facendogli perdere giorno dopo giorno le speranze di riuscita. Una ragazza, però, entusiasmata dalle prodezze di quel piccolo pesce, lo incitò ed incoraggiò giorno dopo giorno, aiutandolo a superare i dubbi e la fatica. Quella ragazza era proprio la Fiore di Luna dell’insegna del locale. La traversata di Koi, però, fu irta di ostacoli: il grosso pesce gatto che gli umani gli aizzarono contro, il fango in cui si avvinghiò e la furia delle Grandi Cascate lo misero alla prova. Superando ogni intoppo e pericolo grazie alla fiducia di Fiore di Luna e all’aiuto degli Dei dell’acqua e del vento, riuscì finalmente a risalire l’enorme cascata che portava al regno dei cieli: in quel preciso momento, all’ultimo balzo che separava il piccolo Koi dal fiume Azzurro della volta celeste, un mulinello di acque dorate e cerulee lo avvolse, tramutandolo in un bellissimo drago. Sirio, così venne chiamato dagli dei in quel momento, scese sulla Terra per poter ringraziare la dolce Fiore di Luna e portarla con se a giocare nell’irraggiungibile fiume Azzurro.

-Una bella favola, non c’è che dire.

-Non è una favola, è tutto vero. Certo, forse la storia è stata gonfiata un po’ per dargli anche una morale, ma migliaia di anni fa veramente un mago trasformò una carpa in drago, che ci crediate o no.

Era il cuoco giapponese, che, a differenza delle ragazze, parlava benissimo l’inglese.

-Ma voi siete del mestiere, perciò ci credete, no? Posso procedere?

Il cuoco prese un Santoku, un coltello per tritare giapponese, ed iniziò a mozzare teste, tentacoli e radici a qualsiasi cosa gli fosse sottomano, viva o morta che sia. Poi, sfilacciò le parti da scartare, condì con qualche spezia, annacquò ciò che doveva essere inumidito, avvolse alcuni lembi nel tofu o nel riso, schiacciò qualche alga per farne uscire i fluidi amari e legò con la fibra vegetale alcuni involtini di fegato di salmone. Il piatto era finito e pronto per esser mangiato. Il mio stomaco no.

-Prego, buon appetito.

Il cuoco fece un inchino e rimase in attesa di non so cosa come un soldato di Buckingham Palace per un mucchio di tempo.

-Forse vuole che iniziamo a mangiare...

Suggerì il mio tutore.

Già, mangiare... E’ tutto crudo qui!

Presi la cosa meno all’apparenza meno disgustosa e la ingoiai senza manco masticare: fu come mandar giù un cubetto di ghiaccio molliccio. La stessa cosa fece ser Richard ed il cuoco finalmente si allontanò.

-Beh, speriamo di non finire nuovamente al San Mungo...

-Scusa, non sapevo fosse tutto crudo qui.

-Poco male, mi vergogno di me stesso, con la mia età e non ero mai entrato in un ristorante cinese, o giapponese che sia, insomma, è un altro mondo, veramente affascinante. Dovrò venirci più spesso, magari l’anno prossimo dovrò accompagnare ad Hogwarts uno studente asiatico.

Ed iniziò a mangiare, dapprima lentamente, poi prese gusto e ci diede dentro.

-Non è poi così male, sai? E’ sempre freddissimo e fa un po’ senso quando mandi giù questa roba semiviva, però le spezie e l’impanatura... Buonissime.

Dopo molti tentativi falliti riuscii finalmente a mandar giù almeno il salmone impacchettato e le palline di riso con pesce spada, ma del resto non toccai nulla, soprattutto quei tentacoli di polpo ancora in preda a spasmi muscolari. Alla fine, chiedendo un po’ di maionese, riuscii pure ad addentare un paio di gamberetti, ma il gusto di mare era ancora troppo forte nonostante la salsa.

 

-Grazie, e arrivederci!

-Arrivederci!

-Arrivederci!

-Arrivederci signore, salutatemi tanto il cuoco, è stato bravissimo!

Quasi mi ero dimenticato di Muthsera che brontolava nella sua gabbia, avevo tenuto un paio di filetti di pesce apposta per lui, anche se non ho letto da nessuna parte se potevano far parte della sua dieta. Però lui parve apprezzare.

-Che mangiata, eh? Mi è rimasto quasi tutto sullo stomaco, ci hanno offerto del gelato fritto come dessert, ma ho rifiutato a nome di entrambi, non mi sembrava salutare. Beh, alla fine è meglio così, qualcosina l’hai messa sotto i denti e ti sei comunque mantenuto leggero, visto che hai lasciato quasi tutto. Spero non si sia offeso quel giapponese, ma non ce l’ho fatta neanche io a mangiare quella specie di embrione di pesce. Certo, ora come ora non è l’ideale dopo un pasto del genere, ma... Tieniti a me!

Crack!

Ci materializzammo in un posto mai visto prima: un lungo muro di mattoni rossi si stagliava dietro di noi, mentre di fronte avevamo un’ampia distesa di campagna con in lontananza un piccolo boschetto. Facendo qualche passo notai dei binari sotto il rialzo della banchina e due panche a doppia schiera alla nostra sinistra, capendo così che ci dovevamo trovare in una fermata ferroviaria.

-Qui prenderemo l’Espresso per Hogwarts. Ora sediamoci ed aspettiamo che arrivi.

Presi dalla tasca del giubbotto il biglietto del treno che avevo ricevuto la sera prima perché non mi tornavano i conti.

-Qui dice che la partenza è alle cinque e mezza, e non sono nemmeno le tre! Non ti sembrano esagerate tre ore di anticipo?

-E’ importante essere puntuali nella vita, è segno di responsabilità e di affidabilità. Comunque il mio compito più importante è far si che tu salga su quel treno senza intoppi; capirai che è fondamentale che mi assicuri da eventuali inconvenienti, per questo ti ho portato qui con largo anticipo. E comunque non disperare, arriverà a momenti e potrai scegliere con comodo il tuo posto a sedere, bel privilegio.

-Ma qui è deserto! Ci siamo solo noi, è troppo presto...

-Lo so, ma il ragazzo dell’anno scorso, prendendosela un po’ troppo comoda, a momenti perdeva il treno... Non voglio che riaccada mai più, dai siediti.

Il treno che doveva arrivare a momenti impiegò invece un intero pomeriggio a comparire ed essendo l’orario tipico della pennichella, non ci fu affatto difficile appisolarci sulle panchine come due barboni.

Twaaaaaaath!

Un fischio assordante mi svegliò di colpo. Col cuore a mille mi sforzai di capire cosa ci fosse dietro quella densissima coltre di fumo.

E’ un treno a vapore!

-Sembra sia arrivato finalmente, alle quattro e mezza in punto, abbiamo dormito un bel po’.

Il mio tutore aveva tutta la giacca sgualcita sul lato sinistro, evidentemente si era accasciato su un fianco.

-Ah, Richard, ci rincontriamo anche quest’anno! Ragazzo nuovo?

-Sì, te lo presento Trent, è italiano, si chiama Emanuele. Lui è Trent, il macchinista del veicolo che vi condurrà tutti ad Hogwarts. E’ un esperto, fa questo mestiere praticamente da una vita, ha accompagnato pure me parecchi anni fa.

-Non che sia il lavoro più complesso del mondo, questo gioiello si guida da solo, anche se l’anno scorso due pazzi si sono scagliati sui binari con la loro auto volante proprio quando uscivo dalla galleria e per poco non finiva in tragedia... Mi sono fatto dire i loro nomi e dovrebbero andare al terzo anno ora, vediamo se avranno la faccia di ripresentarsi. Ora scusate ma scappo, la natura chiama.

L’omaccione che indossava un perfetto completo da macchinista dell’800 iniziò a correre con quelle sue gambette verso il bagno pubblico della fermata. A dispetto della sua età, non sembrava anziano, forse tutto quel grasso lo faceva sembrare più giovane e simpatico.

-Sai che ti dico? Faresti bene ad andarci pure tu prima di salire... Il viaggio non sarà lungo, ma neanche breve, e poi per tutta la serata ti verrà difficile alzarti dal posto per dirigerti ai servizi igienici, approfittiamone.

Ci dirigemmo nella stessa direzione di Trent e girammo intorno al muro di mattoni, finendo in una specie di latrina pubblica, che però al suo interno era molto più lunga di quanto non sembrasse dal di fuori.

-Vi ho visto accovacciati beatamente su quei trespoli poco fa, così mi sono assicurato di svegliarvi con una bella strombazzata, spero non vi sia dispiaciuto, eheh. Da quanto tempo aspettate?

Il macchinista ci stava parlando dalla sua cabina, alzando la voce per coprire lo sgocciolamento del suo atto fisiologico. Il mio tutore si chiuse in quella subito alla sua destra e rispose a tono:

-Dalle tre, più o meno. Non volevo rischiare di arrivare in ritardo come l’anno scorso.

-Per mille fischi! Potevate andarci a piedi ad Hogwarts per quanto vale! Avreste fatto sicuramente prima.

Il discorso finì così. Proprio in quel momento io stavo iniziando a svuotare la vescica ed il mio bisogno sembrò quasi rimbombare, a causa del silenzio improvviso in cui cadde la stanza.

Che imbarazzo...

 

Salimmo dalla carrozza posteriore del treno, per poter avere una panoramica completa del veicolo... Del resto mezz’ora in qualche modo dovevamo pur doverla far passare.

-E’ rimasto fermo per più di un mese e senza manutenzione, per questo c’era tutto quel gran polverone prima, inoltre devo mantenerlo acceso, almeno carbura un po’. Però anche se in termini di efficienza tecnologica non è il massimo, mantiene un’eleganza inarrivabile, non trovate?

In effetti aveva ragione: da fuori sembrava una riproduzione fedele di un treno d’epoca per quanto lucido e ben colorato. Nessun segno di ruggine o di grasso tradiva l’avanzata età del mezzo, eppure aveva più di duecento anni.

-La linea è quella classica degli interregionali dell’età vittoriana, ci sono alcune modifiche che lo rendono unico ovviamente, come la sala combustioni e tutti i simboli che rimandano ad Hogwarts, ma per il resto è identico ai suoi fratelli di fabbrica. Sempre che ne siano rimasti ancora di funzionanti. Questa zona solitamente la frequentano quelli degli anni superiori, perciò non pensare di fermarti qui, ti farebbero sloggiare in men che non si dica, gli studenti sono molto territoriali.

Le carrozze successive erano decisamente meno confortevoli ed eleganti della prima, non mi sorprendeva il fatto che fosse ad uso esclusivo degli studenti più grandi. Queste erano divise in cabine strette e anguste, con due seggiole lunghe ai lati di ognuna, mentre la prima aveva grandi poltrone in velluto rosso e tavolini interposti tra le diverse file di sedili, in modo da poterci appoggiare qualcosa e rendere più confortevole e rilassante il viaggio. Inoltre le stive superiori per le valigie nelle cabine erano insufficienti, se ogni studente avesse portato la mia stessa quantità di bagagli, sicuramente sarebbe finita a dover portare più bagagli a mano, mentre nella carrozza di prima classe erano molto lunghe e profonde, rendendo possibile l’impilamento di più carichi possibile.

-So che di primo impatto possono lasciare un po’ delusi, ma non sono poi così male. Sono comunque abbastanza comode e c’è certamente più tranquillità una volta chiuse le bussole. Questo perché nel modello originale l’ultima carrozza fungeva da privilegio per nobili, in quanto più lontana dal motore e dai suoi rumori e sobbalzi, inoltre, essendo alla fine, ogni curva viene attutita ed alleggerita, in altre parole è persino possibile bere del the durante il tragitto. Tutte caratteristiche che per un breve viaggio come il nostro non servono poi a molto.

-Scegli una cabina dove sederti, che posiamo i bagagli di sopra.

Non me lo feci ripetere due volte e presi senza indugio posto nella cabina di mezzo della carrozza intermedia del treno, giusto per non ritrovarmi troppo vicino agli snob o troppo vicino ai primi posti, usualmente noti per ospitare i reietti della società: speravo di aver fatto una buona scelta.

-Hai deciso qui? Possiamo entrare Trent?

-Dipende, ha il biglietto?

Ser Richard si stava voltando per chiedermi di esibirmi, ed io stesso lo stavo prendendo senza necessità di farmelo dire, quando il macchinista si mise a ridere:

-Stavo scherzando, certo che potete! Ahahah!

Il mio tutore impilò tutti i miei bagagli nelle portantine sopra i posti a sedere, visto che era alto, mentre io tenevo in mano la gabbia di Muthsera.

-Quella invece la terrai a fianco o tra le gambe, una frenata improvvisa potrebbe farla sbalzare e ferire il tuo animale, ok?

Affacciandomi dal finestrino che dava alla fermata ferroviaria scorsi i primi arrivati che, come me, dovevano partire alla volta del nuovo anno scolastico: genitori, studenti e fratelli più piccoli si abbracciavano, si stringevano tra loro e accarezzavano il volto in segno di commiato. Era toccante assistere a quelle scene, e mi riportarono alla memoria i miei famigliari, facendomi risentire nostalgia di casa.

-Beh, ci siamo. E’ ora di salutarci anche noi, credo. Non posso stare qui, non sono autorizzato e se mi becca un genitore poi Trent sarebbe obbligato a cacciarmi in mal modo. Stringiamoci la mano come fanno i veri uomini e diamoci appuntamento a dicembre, quando per le feste natalizie ti porterò dai tuoi. Fatti tanti nuovi amici, sii rispettoso e studia, che ne va del tuo futuro. Ma queste sono tutte cose che di sicuro già sai, i tuoi genitori ti hanno educato bene. Tieni queste monete, durante il viaggio passerà per le carrozze una vecchia signora con un carrello di dolciumi, prendi quello che vuoi sempre senza esagerare o ti verrà il mal di pancia. Ciao ragazzo.

E come al solito mi passò la mano fra i capelli, che trovava sempre troppo folti, per scombinarli un po’ e vedermi rimettermeli in sesto. Ser Richard non era visivamente commosso, ma aveva un tono di voce un po’ smorzato, che produceva in me un senso di tristezza che mista all’eccitazione della nuova esperienza, tramutava tutto in un turbinio di sensazioni confuse. Ero conscio del fatto che non l’avrei rivisto per un bel po’, ma la mia mente, forse per auto proteggersi, mi faceva credere che l’indomani mi sarei ritrovato ancora al Paiolo Magico a fare prove sul povero Muthsera. Solo quando scese dal treno e da dietro il vetro lo vidi allontanarsi verso la massa di gente in attesa di veder partire i propri figli, la mente iniziò ad elaborare meglio il tutto. “Resterò qui fino a quando non ti vedrò partire” ripeteva il labiale di ser Richard e, una volta chiuso nella mia cabina e la gabbia di Muthsera tra le braccia, sciolta la tensione, un paio di lacrime finalmente scesero lungo le mie guance.

 

-E’ permesso? Posso?

Un ragazzino, dall’aria un po’ preoccupata, aprì la bussola della mia cabina per chiedermi, evidentemente, di poter sedere accanto a me.

-Certo.

-Oh, grazie. Le prime sono tutte piene o se non lo sono, chi le occupa non vuole che ci entri per niente al mondo, per fortuna qui c’eri tu, o avrei dovuto fare l’intero viaggio in piedi. Ah, piacere, mi chiamo Miller, Miller McBumble.

Mi porse la mano sinistra, mentre con la destra slegava i lacci dei bagagli e li buttava nella stiva superiore.

-Io sono Emanuele...

-Si, lo so che è un cognome strano, ma è irlandese. Mio nonno era dell’Irlanda e quindi... Scusa, che stavi dicendo?

-Il mio nome, sono Emanuele...

-Emanuele! Che bel nome lungo... Che significa?

Basta, non ci provo più a presentarmi per intero...

-E’ un nome abbastanza comune in Italia...

-Sei italiano allora, figo! Mio nonno ammazzava gli italiani in guerra, perciò me ne ha raccontate parecchie di strambe storie sul vostro esercito!

Ah, bene...

Fortunatamente l’interessante discorso venne interrotto da due signorine che cercavano disperatamente dove sedersi.

-Grazie al cielo qui è in parte libero. Vieni, ne ho trovata una!

La ragazza che aveva aperto la bussola era vestita di giallo e rosso: gialle la camicia a maniche corte e le calze di lana, rossi la gonna a righe, le decolleté e i dettagli degli altri indumenti. L’altra invece aveva un completo di seta bianco e verde, evidentemente troppo leggero, visto che si era fatta prestare la felpa rossa dalla sua amica. Entrambe entrarono senza aggiungere altro e, aiutandosi l’un l’altra, sistemarono le proprie cose dal lato opposto al nostro. Una volta accomodate, il mio vicino si sbottonò:

-Ciao, come vi chiamate?

-Io mi chiamo Amanda Queen, Amy per gli amici.

Rispose quella vestita di giallo.

-Io Kathleen Fadden, solitamente mi chiamano Kat.

Aggiunse l’altra.

-Kathleen, che bel nome che hai! Leggero e femminile, non come Amanda.

-Ma voi due non vi conoscete?

-No, ci siamo incontrate poco fa, entrambe cercavamo un posto e...

-E per fortuna Amanda si è rivelata un’ottima persona: ha visto che avevo freddo e mi ha prestato la sua giacca a vento!

-Non esageriamo, io avevo troppo caldo, tu troppo freddo... Ci siamo aiutate a vicenda!

-Già, in qualche modo è andata così. I miei hanno insistito che indossassi questo vestito che è elegante, ma è decisamente troppo leggero per oggi. E dire che ieri era una così bella giornata!

-Abbiamo genitori totalmente diversi: i miei mi hanno obbligato ad indossare questo completo della mia vecchia scuola, è tremendo, non trovi? Meno male che ad Hogwarts avremo nuove uniformi!

E ridacchiarono un po’. Miller, sentendosi in obbligo a far parte della conversazione si insinuò e ci presentò:

-Amy e Kat, piacere. Noi siamo Miller McBumble e...

-No, Amanda.

-Avevi aggiunto che ti fai chiamare Amy...

-Dagli amici! Siamo amici noi due per caso?

Un sorrisetto mi si stampò in faccia per la cattiveria di quella frase che disintegrò l’umore del mio vicino, ma per fortuna nessuno lo notò.

Twaaaaaaath!

Il treno iniziò a fischiare e sbuffare; quel grigio polverone tornò ad espandersi per l’aria, oscurando gran parte della visuale. Dal mio lato non riuscivo a vedere ser Richard comunque, perciò non provai a cercarlo con lo sguardo essendo del tutto inutile, e poi il motore del treno era appena entrato in regime, sarebbe stato incauto alzarsi proprio durante la partenza.

-Stiamo partendo...

-Già, ciao ciao Londra, sei troppo caotica per i miei gusti!

Amanda salutò con la mano Londra nonostante fossimo in aperta campagna e tutti gli altri la imitarono.

 

-Amanda Queen... Non sarai per caso parente di...

-Esatto, proprio lei! E’ mia zia.

-Wow, che effetto fa essere nipote di Samantha Queen?

-Beh, è più famoso il suo nome che lei. Spesso la gente nonostante la sua fama non la riconosce e quindi le occasioni in cui qualcuno le richiede autografi o fotografie sono ben rare...

Questa volta ero io ad essere curioso di sapere di chi si stava parlando, perciò le domandai:

-Tua zia è famosa?

-Mi chiedi se mia zia è Famosa? Samantha Queen? La più importante scrittrice di romanzi dei nostri tempi?

Amanda aspettava qualche risposta da Miller, ma questi, sia perché attonito dalla risposta secca di prima, sia perché non sapeva che cosa dire, rimase in silenzio.

-Allora è vero che i ragazzi non leggono! Che ignoranti...

-Sua zia ha scritto molti romanzi rosa e qualche noir, e sono tutti abbastanza famosi.

-Togli l’abbastanza. Il bacio del Dissennatore, ad esempio, ha venduto più di due milioni di copie in tutto il mondo, ed è solo uno dei suoi cinquanta e più romanzi... Io li ho letti quasi tutti. Tranne quelli che mi hanno proibito di leggere, troppo crudi a detta di mia madre.

-Quel libro non l’ho mai letto, ma lo conosco di fama.

Miller, sentendosi messo in cattiva luce, provò a riscattarsi:

-Io ho già sentito questo nome, Dissennatore... E’ un corpo di polizia, vero?

Ovviamente la risposta era erratissima e lo sguardo di Amanda trasudava disprezzo e biasimo da tutti i pori. Ma la sua risposta fu pacata, stavolta.

-No, tutt’altro. Anzi, ora che mi viene in mente c’è una storia divertente di me piccina alle prime prese con quel libro...

-Dai, racconta!

Tanto parli solo e sempre tu...

-Il titolo del libro sembra qualcosa di romantico, no? Il termine “bacio” è in genere legato a qualcosa di positivo, per di più la copertina del libro presentava una rosa in punto di appassimento, che poteva significare un amore stantio... Così lo presi e ne lessi qualche capitolo. Poi capii cosa effettivamente fosse un Dissennatore e non riuscii a dormire per almeno una settimana.

-E perché, cos’è?

La curiosità stava corrodendo sia me che Miller, ma molto più lui, visto che ormai pendeva dalle sue labbra.

-E’ una guardia un po’ spettrale del carcere di massima sicurezza di Azkaban, vero?

Fu Kathleen a parlare, prima che rispondesse Amanda, in modo da dimostrarle di non essere sul nostro stesso piano di ignoranza.

-Esatto, Kat.

-Ma allora sono dei poliziotti come avevo detto io!

Questo era Miller, che cercava disperatamente di sembrare meno patetico possibile, ottenendo l’effetto contrario.

-No, non è affatto un poliziotto. Fa la guardia ai carcerati, è vero, ma non diversamente di come uno squalo potrebbe farla ad un relitto. Sono spettri il cui unico scopo è divorare le anime delle proprie vittime. E lo fanno proprio col Bacio del titolo.

-Ma è terribile! Come possono permettere a questi esseri di girare a piede libero?

-Servono da deterrente a chiunque voglia delinquere, credo. Anche se pure io sono del parere siano troppo  crudeli anche per un lavoro del genere. Intuirete la strizza che ebbi quando lessi quelle pagine... Da quel momento, ogni volta che combinavo un pasticcio i miei genitori utilizzavano il ricatto del “Ora chiamo il Ministero e ti faccio portare via da un Dissennatore”, che perfidia.

Del suo shock infantile non me ne importava granché, invece ero curioso di sapere da dove venisse quello strano nome.

-Cosa significa Dissennatore?

-Non ne ho la più pallida idea, probabilmente lo impareremo a scuola, perché vuoi saperlo?

-Perché se come dite voi si parla di uno spettro divoratore di anime, perché chiamarlo in modo così ridicolo?

-E scusami, dove sarebbe ridicola la parola Dissennatore?

-Dove? Se scambi un paio di lettere diventa Demente...

-E con questo? Ti fa ridere la parola demente?

Evidentemente in inglese non è visto come un termine offensivo...

-Ehm, lui è italiano, forse da loro demente fa ridere, boh?

Miller cercava invano di proteggermi dagli sguardi accusatori delle due ragazze, indubbiamente era portato per l’arrampicamento sugli specchi.

-Sei davvero italiano? Che ci fai qui?

Kathleen era molto incuriosita sulla mia provenienza e Amanda quanto meno non sembrava contrariata alla sua domanda, perciò forse avrei potuto parlare un po’ di me senza preoccuparmi di venir mangiato a parole.

-Sì, in realtà potevo scegliere tra Inghilterra, Francia e...

Clank!

Il treno vibrò per un attimo producendo un suono metallico, poi si spensero le luci, tremò ancora una volta e dopo qualche secondo tornò tutto come prima.

-Cos’è stato?

-Sarà uno sbalzo di corrente.

-Ed uno sbalzo di corrente fa balzare i treni? No, si deve essere rotto qualcosa...

-Se si fosse rotto qualcosa avremo certamente deragliato.

-In effetti è vero, allora cos’era?

-Non lo so, ma sicuramente non è importante, altrimenti ci saremmo fermati.

-Brrr, non so voi ma io incomincio a sentire freddino nonostante il cardigan.

Miller aveva ragione, la temperatura era scesa parecchio da quando lasciammo Londra.

-Mi sa che è ora di cambiar abito, mettiamoci le divise della scuola: saranno più calde.

Le due ragazze si alzarono per prendere i borsoni in cui avevano riposto i loro indumenti e ci fissarono per un po’.

-Allora?

-Cosa c’è?

-Uscite che dovremmo cambiarci?

-Dobbiamo uscire? E dove?

-E che ne so, qua fuori, solo per un po’... Non vorrete rimanere a guardarci mentre ci spogliamo, no?

-Assolutamente no. Miller, andiamo.

-Che pazienza ci vuole con voi ragazzi, vi si deve spiegare proprio tutto. Non sbirciate, eh! Che ce ne accorgiamo!

Fuori dalla cabina tutto appariva molto più lento: le grandi finestre coprivano un raggio visivo più ampio, così il treno impiegava molto più tempo a far sparire dalla vista dei determinati elementi dello scenario. Sembrava che quel viaggio non finisse mai, il panorama era sempre lo stesso. Non eravamo i soli a bazzicare per il corridoio, anche altri studenti, per lo più degli ultimi anni, si erano dati appuntamento fuori dalle cabine per chiacchierare e scherzare con le proprie comitive. Non avendo invece molto da dire al mio compagno, mi concentrai a guardare fuori dal finestrino. Il penultimo vagone aveva però una strana aura nera che le fluttuava attorno; dapprima mi sembrava fosse uno strano fenomeno ottico, poi capii che la cosa era viva e si muoveva linearmente al treno. Ad un tratto lo strano fluido scuro entrò dalla seconda porta a soffietto della carrozza, provocando l’ennesimo sobbalzo all’intero veicolo.

-Sta succedendo qualcosa, è entrata una strana ombra da quella parte, non è un malfunzionamento.

-L’ho vista pure io, dobbiamo dirlo a qualcuno... Ehi, avete visto pure voi?

Allertati sia da Miller che da un membro del loro stesso gruppo, i ragazzi più grandi che alloggiavano nelle cabine dietro a noi si rintanarono subito nelle loro cuccette, dimostrando tutto il loro coraggio.

-Emanuele... La carrozza dove è entrata quella cosa... Adesso è al buio!

Dovevamo fare qualcosa, o almeno avvertire Amanda e Kathleen.

-Ragazze, stiamo aprendo, spero abbiate finito!

-No che non abbiamo finito, che avete intenzione di...

Anche le luci del nostro vagone si spensero totalmente, ma non per pochi secondi stavolta. Aprimmo la porta e ci infilammo nella cuccetta come due razzi.

-Che sta succedendo? Perché siete entrati?

Amanda era già pronta, mentre Kathleen doveva ancora mettersi calze e scarpe. Anche se si trattava di indumenti poco intimi, la ragazza era molto imbarazzata.

-Non lo sappiamo, ma qualcosa sta entrando in ogni carrozza del treno provocando questi blackout. Anche i ragazzi più grandi sono terrorizzati, perciò non è una cosa normale...

-Certo che non lo è, ma questo non vi autorizza ad entrare mentre due ragazze si cambiano! Uscite e...

Un urlo femminile provenne dalla cabina dietro la nostra, poi il silenzio. L’opaco vetro della porta proiettò un’ampia ombra, che sembrava stesse avvicinandosi sempre più- Una volta che raggiunse l’adeguata distanza, Amanda e Kathleen appresero con terrore a cosa essa apparteneva.

-Dissennatori!

 

[N.B.: Dissennatore in inglese si dice Dementor, per questo Emanuele lo trova simile alla parola italiana demente]

  
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