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Autore: mirandas    07/12/2013    2 recensioni
"Beh, Beatrice mi ha detto, che Lucia le ha detto che la Madonna le ha detto di dirle mentre era con Rachele…sì, insomma, mi manda Beatrice!" (Estratto dal capitolo 2)
Chi, leggendo la Divina Commedia, non ha mai pensato che gli svenimenti del nostro amato fiorentino fossero leggermente fittizzi? Per Dante, Beatrice passa in secondo piano di fronte alla fascinosa guida, anche se ci vorrà un po' di tempo: esattamente la durata di un periglioso tour fra inferno, purgatorio e paradiso. Buona lettura a tutti!
Genere: Comico, Parodia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Dante Alighieri, Un po' tutti, Virgilio
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Canto IV
 
Virgilio
 
Riuscii ad afferrarlo appena in tempo prima che cadesse a terra. Rimasi sorpreso da quanto poco pesasse. Avevo avuto modo di osservarlo durante le nostre camminate e non mi sembrava così magrolino, anzi, sotto la sobria veste color rosso autopompa si intravedeva qualche muscolo…proprio un bel bussolano il fiorentino… (Nota: il bussolano è un altro dolce tipico mantovano).
Me lo caricai in spalla come un sacco di patate senza tanti complimenti e mi diressi verso quel vecchio bisbetico di Caronte.
E questo a me: “No, no. Ho detto che lui non può salire! Non ci penso neanche a portarmelo dietro, sai cosa potrebbe farmi Dio per questo?”
“E non rompere, Caronte. Tanto lo sanno tutti che ti sei beccato il lavoro più barboso!”
“Cos’hai da dire sulla mia barba?!”
Imprecai sottovoce: “Nulla, la tua barba non ha nulla che non va.” Sapevo che la barba era il suo punto debole e speravo che facendogli dei complimenti su di essa, ci avrebbe caricati sulla sua barca mezza scassata. “Anzi, non ho mai visto una barba così lucente e candida in vita e in morte mia. Mi pare anche che oggi faccia più swish del solito!”
Al vecchio babbione bastò questo complimento per essere acquietato. “Va’, per stavolta vi faccio salire, ma non chiedetemelo più. Forza, carica quel peso vivo sulla barca e vedete di non dare noia alle altre anime.”
Una volta saliti, ebbi il presentimento che avrei fatto meglio a non chiamare in causa la sua barba e presto ne ebbi la conferma: “Sai, tutte le mattine la pettino per almeno venti minuti e poi la piastro, perché altrimenti l’umidità dell’Acheronte me la increspa. Poi siete stati sfortunati, se foste capitati di sabato avreste potuto ammirare le mie treccine da vichingo…” e continuò così per tutto il viaggio. Mentre parlava provai l’ardente desiderio di morire di nuovo e, visto che qualsiasi altra cosa sarebbe stata più interessante di starlo ad ascoltare, il mio sguardo ricadde sulla maceria umana al mio fianco. In particolare mi saltò all’occhio il suo naso aquilino, che si ergeva fiero e aspro come un promontorio (azz…fa concorrenza alle scogliere di Dover!) al centro del suo viso. Scesi poi ad osservare quelle labbra sottili che spesso si stringevano in un’unica linea quando rifletteva profondamente e si perdeva nei meandri della sua testa. Gli occhi chiusi gli conferivano un’aria rilassata, così tranquillo tra le braccia di Morfeo pareva ringiovanito di almeno una decina d’anni. L’espressione sofferente presente sul suo volto fino a poco fa era quasi svanita ed ora che potevo guardarlo senza essere interrotto dalle sue solite stupide, stressanti domande, dovevo ammettere che non era niente male. A volte, mentre parlavo con lui, percepivo una calda stretta al petto di cui non riuscivo a spiegarmi l’origine. Mai nel corso della mia vita avevo provato una sensazione del genere. Chissà cos’era…
Una remata sulle chiappe mi riportò alla realtà.
“Su, scendete. Siamo arrivati.” Disse il nocchiero.
“Grazie per il passaggio.” Replicai. Dovetti stringere i denti per non insultarlo.
Mi allontanai prima che potesse aggiungere qualsiasi nuova emozionante informazione sulla sua barba e depositai Dante vicino alla riva del fiume.
A questo punto, mentre aspettavo che il fiorentino si risvegliasse, realizzai che non avevo mai visto i suoi capelli, perennemente nascosti sotto l’infula ed il cappuccio rosso. Preso dalla curiosità, mi chinai per scostare di poco il copricapo…e ciò che vidi mi fece impallidire, ma prima che potessi anche solo elaborare nella mia testa l’immagine, un tuono particolarmente forte mi fece trasalire e con me anche Dante.
 
Dante
 
Un forte tuono mi risvegliò bruscamente dal mio sonno. Mi sembrava di essere tornato ai tempi dell’adolescenza: quando cercavo di restare a letto il più a lungo possibile. E forse mi scappò anche un: “Ancora cinque minuti, mamma…”.
Mi alzai in piedi e mi guardai intorno, mi sentivo come se fossi appena tornato da un festino e in effetti avevo sognato di partecipare ad un toga party con Virgilio…ma lasciamo perdere queste idee balzane. Finalmente capii che mi trovavo sulla sponda opposta dell’Acheronte, chissà come ci ero arrivato…sicuramente il mio maestro aveva trovato una geniale soluzione. E a proposito di Virgilio, perché era così pallido e si tormentava le mani con aria colpevole?
“Ci siamo tosto lasciati alle spalle l’antinferno, ora ci muoveremo verso l’inferno vero e proprio. Lascia che ti apra il cammino, e vienimi dietro.”
Ma le parole troppo formali del mio maestro non mi ingannarono: “Maestro, che cos’hai? Hai forse paura di scendere negli inferni, tu che di solito mi sei di conforto?”
La mia guida parve riprendersi perché mi rispose a tono: “Paura? Io? Ma che dici? Non sono mica pallido per paura! Sono pallido per…ehm…per…pietà! Sì, pietà per…per le anime! Ma adesso smettila di fissarmi e andiamo!”
Ancora non del tutto convinto, lo seguii nel primo cerchio infernale. Qui sentii altri lamenti e sospiri di uomini, donne e bambini, non provocati però da punizioni fisiche.
Il mio sospetto per il comportamento di Virgilio crebbe quando mi chiese: “Beh? Ora non vuoi chiedermi chi sono questi? Guarda che di questi poveretti faccio parte anch’io. Noi non siamo stati battezzati o perché siamo morti troppo giovani o perché non esisteva il cristianesimo ai nostri tempi. L’unica nostra colpa è non aver conosciuto Dio; la nostra punizione è non poterlo vedere.”
Il dolore che esprimevano quelle parole mi riempì di compassione e di tristezza per il mio maestro e per gli altri che come lui non potevano provare né dolore né gioia per un peccato che non avevano commesso: “Ma da qui…si può uscire, no?” domandai, colto da un’improvvisa ondata di fede.
E lui: “Sì, ma solo i preferiti di Gesù, fra cui c’è anche Rachele, in caso te lo stessi chiedendo.”
Mentre stavamo parlando riuscivamo anche a camminare (che bravi!). Non procedevamo da molto quando tra la folla distinsi quelle che dovevano essere le anime di persone illustri.
“Maestro, chi sono quelli tutti luccicosi?”
E Virgilio: “Prima che tu possa anche solo accennare ad Edward Cullen, sappi che sono quelli raccomandati.”
Nel frattempo una voce sovrastò quella del mio maestro: “Ma guarda un po’ chi ci degna del suo ritorno! Onorate l’altissimo, purissimo e levissimo poeta!”
Ed ecco che verso di noi vennero quattro spiriti quieti. Il mio adorato maestro (adorato? Chi ha detto adorato? Volevo dire stimato!) disse: “Li vedi questi tre cretini che seguono Omero, che è cieco? Sono Orazio, Ovidio e Lucano. Siccome siamo colleghi sono venuti a salutarmi.”
Omero venne avanti, inciampando due o tre volte perché, come ho già detto, il poveretto era cieco.
Subito i cinque poeti si misero a parlare dei tempi andati come le comari di un paesino. E no, non sono acido perché ero geloso di Virgilio! Mi sentivo solo un po’ trascurato. Ma quando si accorsero di avermi lasciato in disparte me, che modestissimamente sono un modestissimo eccellentissimo, eccelso, grandioso ed insuperabile poeta, mi accolsero nel loro club dei poeti ganzi e la mia guida sorrise di ciò.
Così cominciammo a discutere di cose di cui forse, magari, può darsi, se ne avrò voglia, parlerò in separata sede, avanzammo fino alla mezza sfera di luce. Lì intraprendemmo una piccola avventura, nella quale dovemmo oltrepassare un fossato e passare per sette porte, fino ad arrivare in un prato di erba fresca (Pollon!!!). Ci spostammo in un luogo elevato ed illuminato dal sole da dove osservammo le anime di persone autorevoli. Vedemmo Elettra, Ettore, Enea, Cesare…bastano questi vero?
Il club appena formato si dovette sciogliere perché io e Virgilio dovevamo proseguire il nostro viaggio. La mia guida si diresse verso un luogo buio e tenebroso (come se questa fosse una novità!).  
“Mia illustre guida, mio sapientissimo maestro, aspettami prima di addentrarti in un luogo sì buio!”
“O Dante, e lasciami fare pipì in pace!”.
  
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