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Autore: Miss One Direction    07/12/2013    17 recensioni
- No, ragazze, no! Non lo voglio conoscere! - urlai in preda alla disperazione.
- Tu lo conoscerai e basta! - risposero in coro.
- E se poi è un secchione, asociale, con gli occhialoni, i brufoli, i peli e passa le giornate a mangiare schifezze e leggere libri di fantascienza che si capiscono solo loro? - chiesi terrorizzata, rabbrividendo al solo pensiero.
- Tu non stai bene ma non fa niente. Lo conoscerai, vi metterete insieme e vivrete felici e contenti - esclamò Daniela, con aria sognante.
E poi ero io quella che non stava bene...
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- No, ragazzi, no! Non la voglio conoscere! - urlai, preso dalla disperazione.
- Non fa niente, la conoscerai e basta! - urlarono loro a tono.
- E se poi è una racchia con i brufoli, gli occhialoni, asociale oppure una snob con un carattere orribile? - chiesi terrorizzato, schifandomi al solo pensiero.
- No! È bellissima, dolcissima... forse un po' strana, ma perfetta per te quindi, caro il mio Harold Edward Styles, dimostra di avere le palle e conoscila! - alzò la voce Louis, afferrandomi per le spalle.
E poi ero io quello strano...
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TRAILER: https://www.youtube.com/watch?v=RVqNKUOLIAQ
Genere: Comico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Harry Styles, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Non appena lo vidi lì - in piedi, davanti alla porta e con lo sguardo corrucciato verso di noi - pensai seriamente di star iniziando ad avere seri problemi di vista: non poteva essere davvero lui, dovevo averlo scambiato per qualcun altro. Come diavolo aveva fatto ad entrare? Ma, soprattutto, cosa avrebbe mai potuto volere di nuovo da me? Non lo vedevo da quando gli avevo sbattuto la porta in faccia, dopo averlo trovato sotto una nostra ex compagna di scuola, e mi ero sempre ripromessa di dover più vederlo: un po' per bene suo, un po' per bene di quel minuscolo cuore che ancora mi rimaneva.
E invece era proprio lì, e non sembrava affatto a suo agio. Harry, sotto di me, non aveva ancora mosso nessun muscolo - troppo imbarazzato dalla nostra posizione per poter fare domande o la sua conoscenza - mentre io, ancora con il braccio in aria, cercavo di mettere a fuoco la situazione.
All'improvviso, mi sentii profondamente giudicata dallo sguardo indagatore del mio ex ragazzo e affermai un sarcastico, quanto irritato: - Che c'è? Non hai mai visto due ragazzi giocare a Just Dance 2014? Pff, plebeo - prima di girare la faccia verso tutt'altra parte: io e Harry non stavamo facendo niente di male, non riuscivo a capire il motivo per il quale quello stronzo avrebbe dovuto commentare in qualche modo. Non ne aveva il benché minimo diritto.
In verità, stavo solo cercando di smorzare quella situazione così imbarazzante quanto scomoda.

- Se disturbo, passo dopo... - iniziò Nick, allungando una mano verso il pomello della porta.

Non volevo al 100% che se ne andasse, considerando il fatto che non conoscevo ancora il motivo della sua "visita", e, per questo motivo, esclamai: - No! Scusa, è che... Harry? Potresti farmi scendere, per favore? -.
Il riccio sotto di me, riprendendosi improvvisamente, mi lasciò andare un secondo dopo, profondamente imbarazzato.

- Allora... vi lascio soli - sussurrò prima di spegnere la Wii e precipitarsi al piano di sopra.

Lo ringraziai mentalmente per non aver fatto domande come "Lo conosci?", "E tu chi sei?": avrebbe solo peggiorato la situazione. Riuscivo a capire il suo imbarazzo per l'intera situazione, e non mi sarei sentita a mio agio nemmeno io se fossi stata costretta a doverli far presentare per bene.
Dopo un profondo sospiro, iniziai a raggiungere Nick sulla porta e, nel farlo, lo guardai a tutti gli effetti, constatando, sorprendentemente, il suo profondo cambiamento in quei mesi: si era tagliato i capelli, trasformando il suo cespuglio di ricci in una testa quasi rasata, era diventato grosso quanto un armadio e aveva sostituito le braccia graciline che mi ricordavo con un ammasso di muscoli. Possibile che in 6 mesi, fosse cambiato così tanto? Io avevo, a mala pena, perso qualche etto...

Che gran pezzo di freg...

- C-che ci fai qui? - chiesi in trance, cercando di non lasciarmi abbindolare dal parere non appropriato del mio criceto. - Ma, soprattutto, come hai fatto ad entrare? -.

Dovevo rimanere nella mia posizione, mostrarmi decisa... anche se la sua figura non stava facendo altro che intimorirmi e farmi sentire piccola.

- Dimentichi che siamo stati insieme un anno e, quando avete comprato la casa, mi hai fatto una copia della chiave - rispose convinto, facendo sventolare un mazzo di chiavi dalle dita. - Sai, per i nostri incontri... intimi -.

Diventai bordeaux nell'esatto momento in cui mi fece ricordare le uniche due occasioni in cui lo avevo convinto a venire a casa, nonostante le ragazze fossero state al piano di sotto, e mi diedi della stupida per essermi dimenticata di quella chiave: ma, andiamo, come potevo sapere che l'aveva conservata?

- Che vuoi? - chiesi alla fine, cercando di recuperare un po' di dignità.

Stava sorridendo soddisfatto, quello stronzo, ma si ricompose quasi subito e sussurrò un: - Chiarire e dirti una cosa - che iniziò a farmi respirare in modo irregolare.
Non riuscivo a capire il significato di quelle parole e un terribile presentimento non stava facendo altro che impossessarsi del mio cervello: e se avesse voluto tornare con me? No, non aveva il diritto di farlo.
Mi guardò dritto negli occhi, aspettando una mia risposta, mentre io, inconsciamente, iniziavo a paragonare il marrone scuro al verde: non poteva esserci nessun tipo di competizione e, anche se in quel momento non c'entrava nulla, iniziai a rendermi conto di quanto mi piacessero davvero gli occhi di Harry.

- Abbiamo già chiarito sei mesi fa quando ti ho trovato nel nostro, anzi: nel MIO letto mentre ti scopavi quella gallina in calore di Sandy - sbottai, abbandonando del tutto la finezza e la calma.

Ero sempre stata una tipa diretta (caratteristica considerata, da molti, come una qualità) e sperai, con tutta me stessa, che quello sfogo lo avesse fatto sentire in colpa: il dolore maggiore era passato, grazie al cielo, ma riuscivo ancora a sentire l'amaro in bocca.
Essere lasciati per un carattere troppo complicato, per aver scelto la strada più facile, non è semplice da accettare: soprattutto quando si ha già un livello d'autostima pari allo 0%.

- Manu, ascoltami. Ti prego - continuò Nick, cercando in tutti i modi di sviare l'argomento.

Sotto quell'aspetto, non era cambiato per niente: quando qualcosa non gli andava a genio, o cercava in tutti i modi di dimenticare o passava subito ad un altro argomento.

- Nick, mi stai facendo venire l'emicrania. Si può sapere cosa cazzo vuoi? - sbottai, chiudendo gli occhi per enfatizzare, ancora di più, la mia esasperazione.

Non avevo nessuna voglia di dover rivivere vecchi ricordi o guardare in faccia il passato: non contava più nulla per me, perché avrei dovuto complicare le cose?

- Allora: prima di tutto voglio scusarmi per come ti ho trattata sei mesi fa. Non avrei dovuto farlo e avrei dovuto dirti prima che ormai non ti amavo più, invece di fingere. Poi... sono successe un po' di cose in tutto questo tempo - mi disse, sorridendo, per poi condurmi verso il divano.

Se era convinto di potermi abbindolare con qualche sguardo dolce o qualche carezza, aveva proprio sbagliato soggetto. Incrociai le braccia sotto il seno e, dopo essermi seduta, solo per farlo contento, misi subito le cose in chiaro: - Nick, giusto per fartelo sapere: ho strappato tutte le nostre foto, buttato letteralmente tutti i tuoi regali dalla finestra, colpendo una vecchina con un portagioie e mandandola al pronto soccorso, cancellato le dediche, il tuo numero di cellulare, il tuo contatto Facebook e tante altre cose. Non so se hai capito l'antifona ma, nel caso non lo avessi fatto, mi sembra abbastanza ovvio che io non voglia più nemmeno vederti -.
Avevo davvero fatto tutte quelle cose e, per quanto mi fossi pentita di aver fatto male a quella povera donna, non avevo mai rimpianto nulla: ero sempre stata consapevole del fatto che, se avessi risparmiato anche un solo oggetto di Nick, avrei lottato contro me stessa e sarei tornata da lui, prima o poi.

- Ah, ecco perché stamattina non mi hai risposto al cellulare - rispose, alzando un sopracciglio, facendo finta di non aver sentito una sola parola di tutto quello che aveva detto un minuto prima.

Mi tornò alla mente la chiamata a cui non ero riuscita a rispondere ma, in quel preciso istante, cercai di controllarmi con ogni briciolo di energia: il suo atteggiamento così strafottente mi stava facendo saltare ogni singolo nervo nel corpo.

- Te lo chiederò un'ultima volta - gli concessi, sospirando profondamente. - Cosa. Vuoi. Da. Me? -.

Scandii così bene quelle quattro parole che, anche se per un solo secondo, mi sembrò quasi di averlo intimidito: da un occhio esterno, vedere un tale gigante intimorito da una nana di appena un metro e sessanta sarebbe risultato a dir poco epico.

- Scusarmi e... Chiederti una cosa -ripeté di nuovo, guardandosi le mani.
- Non so se lo sai, ma non ho ancora ricevuto il potere di poter leggere nel pensiero - aggiunsi sarcastica, mostrandomi ancora più stronza.

Quella maledetta attesa stava diventando a dir poco sfiancante e non vedevo l'ora di poterlo sbattere fuori di casa. Stavo contando, letteralmente, i minuti.
Dopo un breve silenzio imbarazzante, e i miei nervi completamente saltati, decisi di porre fine a quella maledetta messa in scena: - Senti: se vuoi chiedermi di tornare insieme, la mia risposta è subito un NO secco. L'ultima cosa di cui ho bisogno è uno stronzo che l'anno prossimo mi metterà le corna con la prima che passa. Di nuovo -.
Alzò anche lui un sopracciglio e, dopo essere scoppiato in una fragorosa risata, mi guardò stranito per poi affermare: - Tu davvero... Cioè, pensavi davvero che ti avrei chiesto di tornare insieme? -.
La situazione stava diventando sempre più strana e scomoda, motivo per cui gli tirai una sberla sulla nuca.
Dalla reazione che aveva appena avuto, avevo appena fatto una figuraccia terribile, ma non riuscivo ancora a capire cosa volesse: se non voleva tornare con me, per quale assurdo motivo si era spinto fino alla mia porta?

- Sei consapevole di avermi fatto un male terribile, vero? - esclamò scocciato, bloccando le risate all'improvviso. -
Diamine, almeno togliti quegli anelli quando prendi a sberle qualcuno... -.

Preparai la mano per un ceffone ancora più forte ma, a pochi centimetri dalla sua nuca, esclamò un forte e chiaro - Mi sposo! - che mi fece raggelare il sangue nelle vene.
Sperai, con tutta me stessa, di aver sentito male ma, non appena mi guardò negli occhi, capii la sua intera sincerità. Guardai un punto indefinito del pavimento, non riuscendo a capire a pieno il mio stato d'animo, fino a quando non attaccò lui: - Sai... Ho incontrato una ragazza non molto tempo fa. Hai presente gli angeli? Lei li rappresenta alla perfezione: è dolce, bellissima, divertente e sembriamo nati per completarci. Stiamo insieme solo da pochi mesi ma, nonostante le opinioni contrarie da parte di tutti... Non posso rinunciare a lei. Sono sicuro che un futuro senza il nostro 'noi' sarebbe orribile e, godendomi ogni singolo momento possibile insieme, non voglio nemmeno pensare a cose brutte. Mi sento pronto, ecco tutto -.
Non mi stava solo comunicando il suo imminente giorno ma, anche se indirettamente, stava anche cercando appoggio in qualcuno: lo si poteva capire dal tremolio della sua voce.
Ero abituata a sorbirmi i problemi di tutti, essendo famosa per il mio incredibile spirito di comprensione, ma non mi sarei mai aspettata che sarebbe stato proprio Nick ad aprirsi con me: ci avevo rinunciato già da un bel po', ormai.

- Il diverso che spaventa gli altri - sussurrai, sospirando, facendo riferimento a un nostro elemento comune nell'intera storia.

Loro rappresentavano la coppia troppo frettolosa, io l'elemento differente in un mosaico pieno di pezzi tutti uguali.
Tornò con lo sguardo verso di me non appena udì le mie parole e, cambiando espressione, cercò di rimediare alla sua stessa confessione: - Mi dispiace, non volevo turbarti... -.
Scossi la testa per fargli capire che fosse tutto okay (cosa che, al momento, non riuscivo a capire nemmeno io) e abbozzai un sorriso sarcastico: chi lo avrebbe mai detto che si sarebbe sposato a 21 anni.
E non con me.

- Sei felice? - chiesi curiosa, girando lo sguardo verso di lui.

Non ero perfettamente a conoscenza dei miei sentimenti, ma non gli avrei mai fatto pesare nient'altro: voleva sposarsi? Io non potevo di certo impedirglielo. In più, per quanto mi avesse fatto del male, un briciolo del mio cuore gli avrebbe sempre voluto bene. Non quanto prima, ma una piccola percentuale sarebbe sempre stata presente.

- Sì, mai stato così felice in vita mia - rispose sicuro, ricambiando il mezzo sorriso.

Durante la nostra relazione, non aveva mai parlato di me con così tanta emozione: non conoscevo ancora la sua futura moglie ma riuscivo a capire, dal luccichio negli occhi di Nick, quanto l'amasse. Se avessi impedito la loro felicità, non sarei mai riuscita a perdonarmelo.

- Chi sono io per impedire il vero amore? - affermai, sorridendo. - Siamo stati insieme, non è finita bene: significa che doveva andare così. Non eravamo destinati -.

E ne ero convinta davvero: Nick sarebbe sempre rimasto il mio primo amore ma il destino aveva deciso di far separare le nostre strade. Doveva andarmi bene per forza, per il bene di entrambi.
Restammo in silenzio per alcuni minuti ma, per tranquillizzarlo, spalancai le braccia: ero un'attrice nata, avrebbe di sicuro creduto al mio sorriso un po' sbilenco.
Ci ritrovammo tra le braccia dell'altro dopo quasi sette mesi e, come da mia abitudine, non potei fare altro che notare il suo immancabile One Milion, nonostante le mie continue lamentele al riguardo.

- Sei una ragazza speciale, Manu. Davvero - affermò con un sorriso, subito dopo essersi sciolto dall'abbraccio. - Vedrai che troverai anche tu il vero amore -.
- Nick, finiscila con questi discorsi da filosofi! - esclamai, ridacchiando insieme a lui.

Speravo che le sue parole fossero vere ma, in un momento come quello, volevo solo concentrarmi sulla sua di felicità: in fondo, era lui quello in procinto di sposarsi.
Dopo qualche minuto passato a scuotere la testa divertito, batté le mani sulle ginocchia e chiese un intraprendente - Ti va di venire al matrimonio? - che mi lasciò perplessa: l'ex dello sposo al suo matrimonio? Come minimo, la promessa sposa mi avrebbe presa per i capelli e sbattuta fuori dalla chiesa durante la cerimonia.
Passai qualche istante a riflettere sulla sua proposta e, dopo aver notato il mio scetticismo, cercò di usare un'altra tattica per convincermi: - Ovviamente anche Daniela, Mara e Margaret sono invitate: non ti lascerei mai venire da sola -.
Continuai a riflettere al riguardo ma, pensando a una possibile via d'uscita grazie alle mie amiche, alla fine accettai, aggiungendo anche un sarcastico: - Non mi perderei mai il mio ex coperto di sudore e in preda all'ansia, stretto in uno smoking - che lo fece ridere di nuovo.
Un po' di perplessità mi era ancora rimasta ma, ormai, non avrei più potuto tirarmi indietro.

- Manu, si è fatto tardi ed è meglio che vada. Se vuoi ti lascio il mio numero di nuovo così poi ti informo di tutto:
purtroppo gli inviti non sono ancora pronti e non ho potuto portarli - mi spiegò, alzandosi dal divano.
- Non ti preoccupare, non c'è problema - risposi, salvandomi il suo numero sul cellulare e alzandomi subito dopo di lui.

Lo accompagnai alla porta, ricevendo un abbraccio e un: - Sono felice di averti rivista: non te l'ho detto prima ma, diamine, ti vedo proprio bene - che mi fece ridacchiare.

Avevo solo i capelli più lunghi ma apprezzai comunque il suo tentativo di pace.

- Auguri per tutto, Nick. Davvero - affermai, sorridendogli.

Mi lasciò un bacio sulla fronte, abitudine che non aveva perso nel tempo, e chiusi la porta alle sue spalle. Sospirai, una volta rimasta da sola, e non riuscii ancora a crederci: il mio ex, non solo era tornato nella mia vita e stava per sposarsi, ma mi aveva anche invitata al suo matrimonio.
Mia madre, se fosse stata presente, avrebbe affermato un "Fessa, cornuta e mazziata" in dialetto molisano che mi avrebbe fatta ridere ma, al solo pensiero, mi scappò comunque un sorriso: Nick era acqua passata, l'unica cosa che potevo fare era essere felice per lui e, nonostante l'amaro in bocca, ci stavo provando con tutta e stessa. Davvero.






 
HARRY'S POV.

 
Non appena avevo notato quel ragazzo sull'uscio di casa, mi ero sentito imbarazzato come mai in vita mia: io e Manuela non stavamo facendo niente di male, in fondo, ma l'espressione confusa di quel moretto mi aveva fatto cambiare idea all'istante. Non avevo di chi fosse e mi sarebbe anche piaciuto scoprirlo ma, notando la tonalità fin troppo rossa della ragazza sulle mia schiena, avevo preferito non complicare le cose ed ero corso nella camera azzurra cielo della diretta interessata.
Ero sempre stato un ragazzo curioso ma, nonostante i miei piedi fremessero negli stivaletti per andare a spiarli, riuscii a trattenermi solo per dieci minuti: come faceva, quel ragazzo, ad avere le chiavi di casa? Era un amico stretto? Un parente? O, ancora peggio, un possibile ex?
L'ultima opzione mi fece corrugare le sopracciglia e, nonostante non lo stessi facendo apposta, iniziai a battere il piede a terra ripetutamente.
Sbuffai più volte, cercando di convincere me stesso a rimanere seduto sul letto ma, arrivato a un certo punto, mi sentii quasi trascinato per le scale: avrei solo capito il motivo di tutta quell'attesa, nient'altro. Non ero geloso, non potevo essere geloso: in fondo, che diritto avrei mai potuto averne?
Non ero geloso. Ero solo... curioso. Tremendamente curioso.
Mi appostai dietro al muro che mi separava dall'ultima rampa di scale e attesi, ipotizzando sull'identità del ragazzo, finché non vidi entrambi sull'uscio.
Mi nascosi maggiormente dietro al muro ma non potei fare a meno di notare le labbra di lui poggiate sulla fronte di Manuela: un attimo, erano stati insieme? Era un bacio amichevole? Era forse un cugino?
Corrugai le sopracciglia, non riuscendo proprio a capire ma, non appena il pensiero di un possibile ritorno di fiamma si fece spazio tra le mie ipotesi, serrai anche la mascella: nel frattempo, un sorriso tenero era sulle labbra della ragazza a pochi metri da me e il mio stomaco era martoriato da una sensazione di oppressione.
Decisi di tornare in camera, non riuscendo a guardare quei due per un altro solo attimo, e mi sedetti di nuovo sul letto: avevo bisogno di risposte e, diamine, le avrei avute a tutti i costi.
Forse avevano ricominciato a frequentarsi, forse era venuto per concludere ciò che aveva iniziato... o forse ero solo io a farmi filmini mentali inutili. Non lo sapevo: volevo solo spiegazioni.

- Mamma mia... solo io posso fare certe cose - esclamò Manuela ridacchiando, entrando in camera sua.

Mi spaventai leggermente non appena la vidi lì, non avendola sentita arrivare, e contai su tutta la mia buona volontà per cercare di ricambiare il sorriso. Il massimo che mi uscì fu un "Illuminami" che le fece scuotere la testa.

- Lascia perdere - rispose, sedendosi sul piccolo spazio di letto che le avevo appena fatto.

No, non potevo lasciar perdere.
La mia espressione si trasformò, con una velocità impressionante, in fredda e domandai un duro, forse fin troppo duro: - Ti sei rimessa con quel tizio? -.
Non sapevo nemmeno se fosse un effettivo ex ma, ormai, mi ero gettato la zappa sui piedi da solo.
Mi guardò con un sopracciglio alzato, smettendo di ridere, ma non mi fece intendere cosa stesse effettivamente pensando: si limitò solo ad alzare le spalle e rispondere alla mia domanda: - Scherzi? È venuto per dirmi che si sposa -.
Schiusi le labbra, convinto di aver capito male, e la guardai in modo strano. Quel moro era davvero il suo ex ragazzo ma, invece di chiederle di tornare insieme, le aveva appena annunciato il suo imminente matrimonio: Manuela non avrebbe dovuto essere, almeno un pochino, triste o rammaricata?
Sembrò capire al volo il mio stato di confusione, infatti alzò di nuovo le spalle e continuò: - In fondo me l'aspettavo che non sarebbe tornato da me e sentirmelo dire mi ha fatto aprire gli occhi. La cosa che mi ha fatto più male fino ad ora è stata la consapevolezza di non essere stata abbastanza per la persona che amavo -.
Mai come in quel momento, mi trovai in totale accordo con lei: io avevo vissuto una situazione analoga con Taylor e chi, meglio di me, avrebbe potuto capire cosa si provasse a non essere abbastanza per qualcuno di talmente importante per noi stessi?
Mi dispiacque comunque per lei, vedendola così in lotta con sé stessa: stava cercando di capire le sue emozioni e, anche se non avevo avuto ancora modo di conoscerla bene, sapevo che poi avrebbe represso tutto.
Fu per questa sorta di "compassione" che la strinsi a me per la prima volta, escludendo quando avevo dormito abbracciati in montagna. Chiusi gli occhi non appena respirai il suo profumo e non mi importò di essere sembrato avventato o altro: sapevo come si sentiva e volevo solo farla rimanere tranquilla.
Non avevo nessunissima voglia di battute sarcastiche, urla o parolacce.
Mi ero aspettato dall'inizio il suo rifiuto ferreo per quel nostro maggior contatto fisico ma, quando non arrivò nulla, tirai un sospiro di sollievo e continuai a stringerla: al contrario di quello che mi sarei aspettato, poggiò addirittura la guancia contro la mia spalla.
Era come se comunicassimo telepaticamente: non erano necessarie parole o altro e, anche se non esplicitamente, ero convinto che mi stesse ringraziando.
Dopo essermi leggermente staccato, le spostai una ciocca di capelli dietro l'orecchio e sorrisi non appena la vidi leggermente più tranquilla con sé stessa: ero appena riuscito nel mio intento e, nonostante la nostra rivalità, mi sentii fiero di me quando notai quella fossetta fare capolino.
A rovinare il momento, fu la suoneria del suo cellulare che arrivò come un vero e proprio fulmine a ciel sereno.

- Pronto? - rispose subito, ricomponendosi. - Sistah, dimmi: sì, sono a casa con Harry. No, non ci siamo ancora ammazzati -.

Concluse la frase sorridendo, portandosi dietro anche me, e continuò a parlare per alcuni dei minuti successivi.

- Chi era? - chiesi innocentemente, non appena rimise a posto il cellulare.
- Daniela -
- E cosa voleva? -
- Mi ha detto che oggi passano la giornata dai ragazzi e che ci vediamo stasera - mi spiegò, alzando di nuovo le spalle.

Si stava avvicinando l'ora di pranzo e, a meno che non decidessi di tornarmene a casa mia (non l'avrei lasciata da sola in così mal modo), saremmo rimasti da soli per il resto della giornata. La domanda mi sorse spontanea: cosa avremmo potuto fare?

- Visto che siamo da soli... Ti va di mangiare qualcosa? - abbozzai io, non sapendo cos'altro dire.

Non avevo nessuna intenzione di restare in silenzio per tutto il tempo, a costo di subirmi le sue cavolate ininterrotte per tutto il tempo.
Annuì all'istante, con occhi vogliosi di cibo, e si avviò subito verso il piano di sotto. La seguii un istante dopo e, cercando di stare al suo passo, le chiesi un veloce: - Sai cucinare? - che misi a fuoco solo dopo.
Chissà perché ma, pensando a lei, non riuscivo proprio ad immaginarmela davanti a un fornello o intenta a cucinare qualcosa.

- Diciamo che... È già tanto se so fare i pancakes... - rispose, guardandomi con un'espressione infantile.

Mi ricordava molto una di quelle bambine che combinano sempre guai ma, all'apparenza, sembrano veri e propri angioletti.
Ridacchiai, dandomi del genio da solo per la mia giusta previsione, e iniziai a cercare qualcosa di commestibile, e possibilmente delizioso, nella dispensa: peccato che l'unica cosa che trovai fu un barattolo abbastanza grande di mais dolce. A me sarebbe anche andato bene ma, non conoscendo i gusti della proprietaria di casa, esclamai un - Allarme rosso - che la fece subito girare verso di me.
Le mostrai il barattolo, continuando: - Non vedo altro qui - e aspettai il suo responso.

- Fa niente: amo il mais - rispose, alzando le spalle, e prendendo una scodella abbastanza alta.

Il fatto che fosse così spontanea, e non estremamente precisina (come quelle che mangiano sempre con forchetta, tovagliolo e coltello) mi fece sorridere e non potei fare a meno di notare le nostre numerose caratteristiche in comune: dopo averla osservata ridere in più di un'occasione, avevo notato la nostra risata abbastanza simile, a entrambi piaceva il mais dolce ed entrambi eravamo usciti da relazioni un po' troppo complicate.
La domanda che le rivolsi in quel momento, fu il risultato di un interessante lista di punti in comune: - Ti piace il rosa? -.
Mi aspettai subito una risposta affermativa, dato il fatto che fosse una femmina ma, non appena mi rivolse un'espressione disgustata, dovetti ricredermi.

- Ti sembro una tipa da rosa? Amo l'azzurro e il nero. Anche se mi vergogno di ammettere che, verso gli otto anni, ne sono stata ossessionata e ho persino costretto i miei genitori a farmi l'intera cameretta rosa: mi sono accorta del mio profondo errore solo da adolescente, purtroppo - spiegò, afferrando agilmente una forchetta e un cucchiaio. - Perché? -

Scrollai le spalle con finto disinteresse e tirai un leggero sospiro di sollievo nel sapere della sua disapprovazione verso il mio colore preferito. Mi sentivo a disagio al solo pensiero che potessimo andare d'accordo su qualcosa: ci eravamo conosciuti e iniziati ad odiare praticamente nello stesso momento, era comprensibile il fatto che mi sentissi strano in un'intera conversazione con lei.
Vedendola armeggiare con la forchetta, corrugai le sopracciglia e aggiunsi un sarcastico: - Sai: al mio paese, per mangiare il mais, si usa il cucchiaio - prima di passarle l'intero barattolo.
Mi guardò con uno strano ghigno in volto, assumendo (inconsapevolmente) un'espressione un po' troppo provocante, e affermò decisa: - Io sono italiana e ho sempre mangiato il mais con la forchetta quindi, se hai fame, mangia e zitto - prima di passarmi il mio rispettivo cucchiaio.
Assunsi la sua stessa espressione e, dopo aver aspettato che versasse l'intero contenuto del barattolo nella scodella, presi subito un cucchiaio pieno di quei deliziosi chicchi gialli.

- D'accordo, 'Miss So Tutto Io' - continuai a provocarla.

Avevo sempre provato gusto ad attaccare briga, soprattutto con le persone più sarcastiche: Manuela rappresentava il sarcasmo nel vero senso del termine, quindi perché non gustarmi le sue risposte sempre così decise e acide?

- Senti, ciccio friz - rispose decisa, avvicinandosi pericolosamente. - Punto primo: uno dei miei tanti soprannomi è 'Miss Convinzione', non 'Miss So Tutto Io'. Punto secondo: non ti conviene provocarmi. Potresti pentirtene amaramente -.

Spostai lo sguardo dai suoi occhi alle sue labbra in un centesimo di secondo ma non smisi, nemmeno per un istante, di provocarla: - Uh, che paura -.

Non riusciva a rendersene conto, e io non lo avrei mai ammesso ad alta voce, ma, diamine, il suo carattere così determinato e sicuro mi stava letteralmente mandando fuori di testa.

- Non ho paura di una ragazzina come te - continuai, aspettando la sua risposta.

Sollevò entrambe le sopracciglia, alzando leggermente il mento, e si avvicinò ancora di più, per quanto le sue punte dei piedi lo permettessero.
Continuai a spostare lo sguardo sul suo viso per tutto il tempo e, agendo d'istinto, mi leccai velocemente le labbra: mancavano pochi centimetri e avrei potuto baciarla. Di nuovo.
Il solo pensiero di toccare di nuovo quella bocca così morbida, mi fece mordere il labbro dal desiderio prima che sussurrasse un: - Ragazzina ci chiami a tua sorella, chiaro? - che mi fece salire i brividi lungo tutta la spina dorsale.
Si allontanò non appena ebbe finito di parlare e, dopo aver preso una forchettata piena di mais, tornò in camera sua con la scodella in braccio.
Mi godei la piena vista di quel sedere così apparentemente sodo andare via e, non appena rimasi di nuovo da solo, ridacchiai di gusto: dovevo decisamente darmi una calmata.
E lei doveva smetterla di farmi impazzire.
Non appena entrai di nuovo in camera sua, la trovai stesa sul letto e non persi tempo a sistemarmi accanto a lei: l'unica differenza stava nel fatto che io avessi la schiena poggiata contro la testiera del letto e non sul materasso.

- Raccontami qualcosa di te - esclamai all'improvviso, continuando a mangiare insieme a lei.

Girò la testa verso di me e, dopo aver corrugato le sopracciglia, mi rivolse uno stranito: - Scusa? - prevedibile.

- Dimmi qualcosa di te: ci conosciamo da una settimana, se non di più, ma so a mala pena come ti chiami - continuai, sperando che fosse d'accordo.

Ed era tutto vero: Louis e gli altri non si erano mai azzardati a darmi qualche altra informazione riguardo a Manuela e volli approfittare di quella situazione per sapere qualcosa in più proprio dalla diretta interessata.
Sarebbe stato più... d'effetto.

- Siamo ad un'agenzia matrimoniale? - scherzò, ridacchiando.
- No, ma... - risposi a disagio, non sapendo come rispondere.

Mi sentivo un idiota ogni volta che ricevevo risposte del genere: cosa avrei dovuto rispondere esattamente? "Sono curioso di sapere di te perché mi incuriosisci in una maniera incredibile?".
Scoppiò a ridere non appena mi vide in difficoltà ma, forse per pena, accettò la proposta: - D'accordo, facciamo un gioco - prima di sistemarsi a gambe incrociate.
Incuriosito, e continuando a prendere del mais dalla scodella accanto a noi, le chiesi con gli occhi che cosa avesse in mente e me lo spiegò subito:

- Si chiama "Dimmi chi sei". L'ho inventato io: in pratica, ognuno di noi pone un certo numero di domande all'altro ed entrambi dobbiamo rispondere sinceramente -.

Avrei voluto farle notare che quello non fosse un vero e proprio gioco, in quanto consistesse nel porre delle semplici domande senza un vero e proprio scopo, ma sembrò leggermi nel pensiero e mi incenerì con lo sguardo prima che potessi davvero proferire qualche parola.

- Okay - ricominciai, facendo finta di nulla. - Qual è la tua canzone preferita? -.

Sapevo che mi avrebbe risposto con qualche titolo di Avril Lavigne, notando i numeri poster della cantante attaccati alla parete, ma aspettai comunque una sua risposta.

- Mmh... scelta difficile: sono una Little Black Star e, se devo proprio scegliere, direi... Sippin' On Sunshine, 17 e Smile - rispose, mostrandomi il suo intero ragionamento per quella scelta. - Ora tocca a me: componenti della famiglia? -.
- Ho una sorella più grande di nome Gemma, mia madre si chiama Anne e mio padre Des. Purtroppo i miei hanno divorziato quando ero piccolo e... - affermai, guardando un punto indefinito del letto. - Diciamo che non l'ho presa proprio bene... -.

Non mi piaceva dover esporre la mia vita familiare a qualcun'altro, soprattutto alle persone con cui non avevo molta confidenza, e non riuscii io stesso a capire il motivo di quella risposta così lunga: mi era uscito spontaneo, come se fosse stata una domanda del tutto normale, e non riuscivo a comprenderne il motivo.
Un ennesimo "Mi dispiace" non mi avrebbe fatto né caldo né freddo a quel punto, ma, quando non arrivò nemmeno quello, alzai lo sguardo su Manuela: anche lei era pensierosa, forse un po' troppo, ma volli tranquillizzarla lo stesso: - Hey: non ti devi preoccupare, ormai il dolore peggiore è passato -.
Sembrò riprendersi quasi subito e, regalandomi un sorriso leggermente tirato, mi incoraggiò a porle un'altra domanda.

- Conosco le ragazze da un po', ma quando avete comprato, effettivamente, questa casa? - chiesi tranquillamente, guardandomi in giro.

Avevo conosciuto le altre quando i miei amici avevano deciso di presentarmele come loro effettive fidanzate (più o meno, nove mesi prima) ma non avevo mai chiesto a nessuno la data effettiva del loro trasferimento collettivo.

- Non da molto: saranno otto mesi, più o meno - affermò, contando sulle dita.

Mi congratulai per la bellezza dell'intero ambiente, non solo della sua camera, e dopo avermi ringraziato, continuò: - Ognuna ha arredato la propria camera a suo piacimento mentre il salotto, la cucina e tutto il resto li hanno arredati i nostri genitori, di comune accordo -.
Le sorrisi dolcemente, interessato a qualsiasi cosa dicesse, e continuammo a "giocare" per tutto il resto del pomeriggio: il tempo era passato così velocemente che, quando voltai lo sguardo verso la finestra e vidi un intero manto scuro sul cielo, rimasi basito.
Avevamo raggiunto circa le cinquanta domande ciascuno, se non di più, ma imparai un sacco di cose nuove su di lei: eravamo nati con un solo mese di differenza (io ero di febbraio, lei di marzo), si era trasferita a Londra con le sue amiche per ricominciare (anche se non si era voluta spingere oltre con le spiegazioni), era un'hippie sfrenata ma anche ossessionata dal nero e dal grunge/punk, amava gli animali, sarebbe voluta diventare una Wedding Planner (specificando i suoi idoli del settore: Randy Fenoli ed Enzo Miccio, un organizzatore di matrimoni italiano) e tante altre cose che, agli occhi di un altro sarebbero risultate piccolezze, ma che per me rappresentavano un vero e proprio patrimonio.
Stranamente, mi resi conto di essere d'accordo con lei su molti argomenti e mi pentii, in più di un'occasione, di non aver voluto conoscerla prima: avremmo potuto essere amici da più tempo, piuttosto che farci la guerra a vicenda. In fondo, esattamente come mi aveva assicurato Louis, Manuela poteva dimostrarsi anche divertente e simpatica, oltre che stronza e determinata.
In quel momento, eravamo entrambi stesi sul letto, con la scodella ormai vuota ai piedi del letto. L'unica differenza stava nelle posizioni: la stavo sovrastando, in un certo senso, grazie ad un braccio piegato, mentre lei era completamente distesa accanto a me. Mi ritrovai a giocare con delle ciocche dei suoi capelli in più di un'occasione e potei constatare, finalmente, la loro completa effettiva morbidezza: possibile che fosse tutto così meravigliosamente tranquillo e speciale?






MANUELA'S POV.

 
Non avrei mai pensato che, grazie al mio giochino stupido, sarei riuscita concludere la giornata così in bellezza. Mi ero divertita molto, riso a qualche sua orribile battuta (giusto per farlo contento) e, come se non fosse già abbastanza, avevo anche imparato un sacco di cose nuove sul suo conto: era cresciuto a Holmes Chapel nello Cheshire, i suoi colori preferiti erano il rosa e l'arancione, si era fatto tantissimi tatuaggi in diverse parti del corpo (mi aveva addirittura fatto vedere tutti quelli che aveva sul braccio sinistro), amava cantare, era un patito dei Coldplay e tantissime altre cose interessanti.
Era, per quanto mi costasse ammetterlo, estremamente rilassante poterlo guardare dal basso e il massaggio che mi stava dedicando ai capelli era una vera e propria goduria: possibile che fosse tutto così meravigliosamente tranquillo tra noi due?

- Direi che il gioco può anche finire qui - affermai, rimettendomi seduta.

Mi riservò un'occhiata da cucciolo bastonato che, nonostante sciolse una misera parte di me, non mi fece cedere: - Harry, sono le dieci e non abbiamo nemmeno cenato. In più, le ragazze staranno per tornare quindi è meglio che vai se non vuoi essere sommerso da battutine sporche -.
Mi stavo già facendo una mezza idea sui pensieri di tutti i nostri amici riguardo a quel pomeriggio di tregua tra noi due e, il solo immaginarmi le migliaia di battutine perverse che ci avrebbero riservato il giorno dopo, mi fece grugnire esasperata: nonostante ciò, io e Harry non avevamo fatto nulla di male quindi, almeno dal mio punto di vista, potevo godermi la mia coscienza pulita.

- Mi sono divertito tantissimo - esclamò all'improvviso, mentre lo accompagnavo alla porta.

Non potevo fargli capire il mio completo entusiasmo per quelle attenzioni che mi aveva dedicato e, cercando di mantenere un certo tasso di autocontrollo, annuii leggermente con un sorriso.

- Visto? Alla fine non sono così terribile - continuò, sollevando le sopracciglia.
- Ti sei forse dimenticato che sei stato tu quello a farmi cadere di culo per terra e di avermi presa in antipatia... praticamente, dal primo istante in cui mi hai guardata? - gli ricordai, incrociando le braccia sotto al seno.

Non volevo litigare, né tanto meno accusarlo dei passati rancori, ma era tutto vero: se lui non mi fosse stato così ostile dall'inizio, io non avrei progredito con il mio disinteresse nei suoi confronti. Andiamo, non ero mica così stronza.

- Le emozioni cambiano - ribatté all'istante, guardandomi intensamente.

Rimasi interdetta davanti a quella frase così seria e azzardata ma, nonostante fossi della sua stessa opinione, non riuscii a capire cosa c'entrasse in quella situazione: stava cercando di dirmi qualcosa? Era davvero cambiato qualcosa? O, cosa ancora più probabile, stava forse cercando di farmi scervellare inutilmente?

- Visto che non ti sei annoiata, pretendo una ricompensa - esclamò di nuovo, facendo ricomparire un sorriso.

Stavo iniziando a pensare di non essere l'unica strana della situazione.
Cercai comunque di non incasinarmi troppo il cervello e, dopo essermi poggiata di schiena al muro, cercai di capire, di nuovo, cosa volesse: - E cosa sarebbe? -.

- Ci siamo già abbracciati, quindi niente abbracci - ragionò ad alta voce, posizionando un dito sul mento. - Direi che un bacio sulla guancia sarebbe un grande passo avanti -.
- Preferisco abbracciare un porcospino - ribattei secca, non completamente seria.

Un bacio sulla guancia non sarebbe stato poi così male ma, per semplice divertimento, volli sentire la sua risposta alla mia provocazione: in fondo, lui aveva cercato di farmi arrabbiare per tutto il giorno.
Passò un minuto scarso prima che, lasciandomi completamente senza parole, si parasse a pochi centimetri dalla mia faccia, dopo aver posizionato una mano sul mio fianco.
Trattenni il fiato per tutto il tempo successivo ma, stranamente, non trovai le forza di farlo staccare: sentii le guance andare a fuoco ma, dopo avergli rivolto un'occhiata interrogativa, rimasi letteralmente incatenata in quegli smeraldi che gli erano stati donati al posto degli occhi. La sua espressione era seria, con lo sguardo puntato sulle mie labbra e, non appena sentii il suo caldo respiro contro la pelle, pregai che le gambe mi reggessero per un altro po'.
Un solo movimento millimetrico e saremmo potuti finire sulle labbra dell'altro.
Non avevo idea da dove fosse uscita quella vicinanza così repentina ma, nonostante non avessi ancora una completa inquadratura del rapporto tra me e Harry, l'idea di dover porre fine a quel contatto non mi passò nemmeno per l'anticamera del cervello.
Stavo cercando di riconoscere le varie sfumature di verde nei suoi occhi quando sentii una delicata pressione sulla bocca: ci stavamo baciando e, diamine, non mi sarei tirata indietro nemmeno se mi avessero pagato.
Ricambiai il bacio praticamente subito, non riuscendo a connettere nessun nervo con qualche altro muscolo del corpo, e mi godei quelle labbra perfette ancora e ancora: la mia mente era completamente annebbiata ma, cavolo, come avrei potuto concentrarmi con delle labbra così perfette sulle mie?
Non fu un vero e proprio scambio si salive o altro: fu dolce, quasi completamente innocente.
Si staccò lentamente proprio quando iniziai a pensare di andare ancora più a fondo e, alzando le palpebre contemporaneamente con le sue, cercai di recuperare fiato: la mia lingua, nel frattempo, stava cercando qualche minima traccia di Harry sulla parte più esterna delle labbra.
Passarono alcuni istanti in cui nessuno dei due proferì parola ma, continuando a restare in silenzio, il contatto si affievolì sempre di più fino a quando, un po' a malincuore, non lo vidi uscire di casa.
Scivolai di schiena sul muro, fino a sedermi per terra, e continuai a guardare un punto indefinito del salotto, ancora nella più completa confusione: ci eravamo appena baciati e, diamine, mi era piaciuto da morire.
Un sorriso da perfetta ebete si piazzò sul mio viso di colpo e, dopo essermi coperta l'intera bocca con le mani, non riuscii ancora a crederci.






 
HARRY'S POV.

 
Dopo essere uscito da quella villetta, mi ci vollero una manciata di minuti per mettere davvero a fuoco l'intera situazione: l'avevo baciata, aveva ricambiato e, diamine, mi era piaciuto da morire.
Non avevo programmato niente: quella battuta sarcastica mi era giunta al cervello come una vera e propria scintilla che aveva fatto scattare l'intera bomba, non facendomi più ragionare.
Strusciai sulla porta fino a sedermi sulle mattonelle beige e, toccandomi le labbra con le mani, mi salirono i brividi lungo la schiena: baciarla da sveglia, con una sua completa reazione, si era dimostrato mille volte meglio della sera precedente, a dir poco.
Mi passai entrambe le mani tra i capelli, adornando il mio viso da un sorriso enorme e, torturando ancora il labbro inferiore con lingua e denti, mi sentii a di poco sollevato: non mi ero reso conto di niente all'inizio ma, cavolo, stavo davvero iniziando a provare simpatia verso l'impulsività.










                                                                                                     
 I kissed her!





Spazio Autrice: *rullo di tamburi* finalmenteeeee! Si sono baciati! * salta come ai mondiali del 2006* Si! Si! Si! *prende una storta e cade di culo per terra* okay, sto bene. Calmiamoci.  
Prima di tutto: ciao a tutte!
Secondo: si sono baciati! Vi rendete conto? Okay, dopo questo "piccolissimo" momento di sclero parliamo di cose serie: che ne pensate?
Allora, è il capitolo più lungo che abbia mai scritto, e sono consapevole del fatto che non si capisce niente di quello che succeda, ma sinceramente non so come mi sia venuto in mente di scrivere l'ultima parte. Sono un paio di giorni che ci lavoro e mi è uscita così: spero sia all'altezza delle aspettative :) purtroppo avete sbagliat: Nick non vuole tornare con Manuela ma è andato da lei per dirle che si sposa! Scommetto che nessuno aveva indovinato u.u modestamente il mio criceto funziona al contrario u.u
Allora, passiamo alle domande:
1) vi è piaciuto questo capitolo?
2) come potete vedere ci sono molte parti tenere tra Manuela e Harry quindi: qual è il vostro momento preferito? 
3) il bacio vi ha fatte emozionare?
Personalmente mi sono venuti i brividi quando l'ho scritta perché mi sono immaginata la scena *-* mi piacerebbe anche ricevere un commento dolce oltre alle domande così da rendere le recensioni più lunghe <3 credete si possa fare? Mi piacerebbe tantissimo *-* va bene, per oggi è tutto direttamente dal divano di casa mia con Hush Hush nelle orecchie.
A voi la linea.
Okay, è ufficiale: diventerò una giornalista del Tg5.
Grazie ancora <3
Peace and Love
Xx Manuela





Nick:

   
 
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