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Autore: Melanto    09/05/2008    4 recensioni
Fuggire. Reazione immediata dinanzi ad un dolore troppo grande per essere affrontato a viso aperto. Camuffare la sofferenza in voglia di lavorare. Poi partire. Cambiare persino continente per ricostruire precari equilibri su cui camminare in punta di piedi. Dimenticarsi di tutto: amici, famiglia... assopire i ricordi e cullarli come bambini, perché non facciano troppo male, per ricaricare le certezze. E poi... e poi tornare, per affrontare il passato ed i sensi di colpa.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alan Croker/Yuzo Morisaki, Yoshiko Yamaoka
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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- Questa storia fa parte della serie 'Huzi - the saga' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
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Huzi

- Capitolo 17 -

“Informazione gratuita. Il numero da lei chiamato non è al momento raggiungibile. Si prega di riprovare più tardi, grazie.”.
Si sentì solamente il leggero ‘bip’ della comunicazione che veniva chiusa e poi un lungo ed affranto sospiro.
Ormai, Yoko avrebbe potuto prevenire ogni eventuale risposta; le aveva imparate a memoria: o squillava fino a che non cadeva la linea o era irraggiungibile, probabilmente spento.
Ed erano tre giorni che andava avanti così.
Tre giorni in cui cercava di mettersi in contatto con lui, ottenendo solo silenzio e nient’altro. Quando il Martedì pomeriggio, Yuzo non aveva risposto alla sua telefonata, ne era rimasta terribilmente delusa, ma si era consolata immaginandolo immerso nel suo lavoro e probabilmente non aveva avuto il tempo di concedersi quella pausa di cui le aveva parlato. Aveva aspettato fino a tardi che magari il Prof si prendesse un attimo di respiro, addormentandosi con l’attesa del nuovo giorno per poter provare a richiamarlo. Ma il Mercoledì la situazione non era cambiata e ad ogni tentativo aveva ottenuto solo una voce pre-registrata o il silenzio.
Alla trepidazione era subentrata l’angoscia per questo suo improvviso scomparire nel nulla.
E la confusione.
Tanta, tantissima confusione che le aveva fatto formulare i più svariati motivi che potevano esserci dietro questo comportamento che non era dal Prof.
Giovedì aveva fatto naufragare le sue speranze e quel Venerdì non si prospettava molto diverso.
Rimase ad osservare il display ormai spento del cellulare appoggiato sul letto sul quale restava seduta, tenendosi le ginocchia al petto ed il mento poggiato sopra di esse. Ed aveva addirittura saltato le lezioni, quel giorno, tanto non avrebbe concluso nulla come i precedenti: per tutta la durata dei corsi, era rimasta imbambolata a guardare l’esterno dalla finestra, pensando a tutt’altro ed anche Saya se n’era accorta, consigliandole di restarsene a letto il giorno dopo.
Yoshiko così aveva fatto, ma svegliandosi ugualmente presto per controllare se Yuzo si fosse fatto sentire. Invano.
Aveva rassettato in maniera pigra, spostando i cumuletti di abiti, libri e ninnoli da una parte all’altra meccanicamente, ma senza prestare particolare attenzione a ciò che stesse facendo. Poi si era rannicchiata sul letto, dove continuava a restare dopo l’ennesimo tentativo fallito di mettersi in contatto con lui.
Si strinse ancora di più le ginocchia al petto, girandosi ad osservare la finestra dalle persiane alzate. Quel Febbraio aveva tutta l’intenzione di essere inclemente ed i giorni prima aveva anche piovuto, mentre in quel momento si manteneva di un grigio noioso.
Un paio di colpi secchi alla porta di ingresso le annunciarono la presenza di un visitatore, ma lei non si mosse, mentre parole ovattate riuscirono a raggiungerla.
“Tesoro, sono Saya, sei in casa?”.
Yoshiko non le rispose, tanto l’amica aveva le chiavi del suo appartamento e viceversa. Se l’erano scambiate nel caso una delle due avesse avuto bisogno di aiuto. Infatti, l’altra continuò, dopo il suo silenzio. “Yoko, sto entrando.” ed aveva fatto scattare la serratura, avanzando nel piccolo salotto-cucina. Rapidamente abbandonò i libri su una sedia, parlando a raffica.
“Non ti sei persa proprio niente a lezione. Quello di storia dell’Arte Contemporanea ha spiegato quella noia di Kounellis, mentre il Prof di Restauro voleva fare un esperimento con le tecniche di affresco, ma non ti dico che impias-…” troncò la frase appena la vide sul letto con lo sguardo perso all’esterno e non la stava minimamente ascoltando.
Saya tirò uno sconsolato respiro, aggrottando le sopracciglia. “Ancora niente?” domandò e finalmente Yoshiko ebbe una reazione.
“Mh, mh.” mugugnò scuotendo il capo in diniego.
“Ah! Maledetti maschi!” sbottò l’amica, prendendo a camminare per tutta la stanza con le braccia conserte. “Tutti uguali! Sul più bello, spariscono nel nulla! Tsk! Chissà che diavolo passa per la testa di quel Vedovo Nero! Te l’avevo detto, io, che gli scienziati sono pazzi!”.
“Deve essere colpa mia…” la interruppe Yoshiko “…devo aver fatto qualcosa di sbagliato…” ipotizzò stringendosi nelle spalle “…forse si è solo stancato di avermi tra i piedi.”. Una smorfia distese le sue labbra nell’imitazione di un sorriso rassegnato. “Doveva succedere, prima o poi.”.
“Yoko, no!” Saya la ammonì subito, sedendosi di fronte a lei e poggiandole una mano sul ginocchio. “Non cominciare a dire simili assurdità…” ma l’altra la interruppe bruscamente, volgendo finalmente lo sguardo all’amica.
“E allora dimmelo tu perché è sparito così all’improvviso! Dimmi perché il giorno prima mi apre il suo cuore ed il giorno dopo non risponde nemmeno al telefono! Dimmi… dimmi perché…” ed un grosso groppo alla gola frenò la sua foga, rallentando lo sfogo, mentre lacrime amare sfuggivano ai suoi occhi, disegnando un umido percorso lungo le guance. “…proprio ora che eravamo così vicini, siamo tornati più distanti di quanto non fossimo quando ci siamo conosciuti!” e si arrabbiò con sé stessa perché, in fondo al cuore, aveva fatto lo sbaglio tremendo di illudersi. Si asciugò con stizza il pianto che non accennava a smettere, nascondendo poi il viso nelle ginocchia. Detestava farsi vedere così fragile, anche da Saya che era la sua migliore amica. “Non era alla mia portata…”.
L’altra aggrottò le sopracciglia in un’espressione affranta, carezzandole affettuosamente la testa, prima di abbracciarla. “Oh, Yoko. Vedrai che c’è una spiegazione. Le persone non cambiano così dalla sera alla mattina…”.
“E se… se io non avessi mai capito niente di lui?” mormorò, continuando a singhiozzare “Se io lo avessi idealizzato solo perché… perché io…” -…lo amo…- ma quella verità preferì tenerla ancora per sé, come se non fosse stata ancora pronta per pronunciarla davvero, per sentirla dalla sua stessa voce, ma Saya non aveva bisogno di sentirgliela dire, era sempre stata palese per lei, fin da quando le aveva parlato di uno strano scienziato divorziato ed anche se molto spesso preferiva buttarla sul ridere, perché era nel suo carattere, non le era certo sfuggito il lento evolversi dei sentimenti di Yoshiko. Dall’incuriosito interesse, all’agitazione nel doverlo rivedere, aveva notato ogni cambiamento, divertendosi a prenderla in giro, ma ora, come una farfalla, il suo amore stava abbandonando la timida scorza da crisalide per riempirle il cuore con le sue bellissime ali. E doveva esser lasciato andare, senza tenerlo nascosto dietro un: ‘Tanto è solo un’illusione. Tanto non ricambierà. Tanto non conto niente per lui.’.
Tanto non era destino.
Ma l’uomo è fabbro della propria fortuna e solo la paura di rischiare non lo fa cambiare.
Saya sorrise, sciogliendo l’abbraccio e costringendola ad alzare il viso per far incrociare i loro sguardi. “Se davvero pensi di aver frainteso tutto, allora dimmi: erano finte le volte in cui il tuo Prof è corso perché eri in difficoltà? Erano finte le sue parole di conforto quando gli hai parlato delle discussioni con tua madre? Ed era finto l’abbraccio che ti ha dato quando ti ha parlato della moglie? Il suo ‘Grazie’… era finto anche quello?”.
Yoshiko si morse il labbro, scuotendo poi il capo. No. Tutti quei momenti, la sua dolcezza, il cuore in pezzi che lentamente lottava per rinascere, i suoi sorrisi, non erano finzione. Ma non lo era nemmeno quell’inspiegabile silenzio che adesso riceveva da parte sua e le faceva così male non conoscerne il motivo, non riuscire a catalogarlo in qualche modo.
Era come trovarsi circondati dal nulla e non sapere in che direzione muoversi, perché tanto era nero ovunque, e sentirsi smarriti restando immobili.
Saya le sorrise ancora, sistemandole una ciocca dietro l’orecchio. “Credo che tu non possa più aspettare oltre: con o senza il coraggio, devi parlagli. Almeno, se proprio devi star male, sarà per una sola volta, non sei d’accordo?” e le puntellò la fronte con l’indice.
Yoshiko tirò su col naso un paio di volte, prima di annuire lentamente: Saya aveva ragione. A che serviva restare in quella specie di agonia in attesa che finalmente Yuzo rispondesse al telefono? Se erano delle risposte che voleva, doveva andarsele a prendere e tirò un profondo sospiro, sapendo già cosa fare.
“Come hai intenzione di muoverti?” le domandò l’amica dopo che lei le ebbe rivolto un abbozzo di sorriso.
“Parlerò con Taro.” disse senza mezzi termini, sorprendendo la stessa Saya che sgranò gli occhi. “Oggi, lui e Azumi verranno a Nankatsu per trascorrere il fine settimana.” continuò Yoshiko “E gli chiederò qualche consiglio, in fondo, lui conosce Yuzo da più tempo di me…”.
“Yoko, sei sicura?” l’altra assunse un’espressione preoccupata “Io non so quanto tuo fratello possa prenderla bene, anche se dici il contrario…”.
“Sì, lo so. Ne ho tenuto conto.” si strinse nelle spalle “Se non vorrà aiutarmi, andrò direttamente all’FVO.”. Gli occhi che si illuminarono per un momento come sempre accadeva quando parlava di lui. “A meno che Yuzo non sia ripartito all’improvviso, sono sicura che lo troverò lì, al terzo piano, dietro la scrivania del suo ufficio.”.
Saya sospirò, ed in cuor suo sperava davvero che tra l’amica ed il suo vedovello ci fosse l’Happy Ending di cui era convinta… ma non sapeva spiegarsi il perché non fosse altrettanto tranquilla sul fronte ‘fratello’. Nonostante i suoi timori, però, preferì rivolgerle un sorriso per trasmetterle tutto il coraggio possibile. “In bocca al lupo, tesoro. E mi raccomando: devo essere la prima a sapere! Qualsiasi cosa accada! Chiaro?!” agitò minacciosamente il dito sotto al naso di Yoshiko che non riuscì a non ridacchiare, confidandole un sincero: “Ti voglio bene.”.
Saya le balzò al collo, abbracciandola con il suo irruente modo di fare, piagnucolando un “Anche io!” in preda alla commozione. “Fatti valere e torna vincitrice!”.
“Ma… vuoi anche un trofeo di guerra?!” esclamò Yoko senza smettere di ridere, mentre l’amica sciolse l’abbraccio soffocante per alzarsi e farsi vento, ricacciando gli ultimi lacrimoni.
“Ok, ok! Adesso me ne vado!” disse, puntando la porta della camera non senza farle le ultime raccomandazioni. “E non farmi stare in pensiero, ok?!”.
“Sì, sì.”.
Saya annuì ancora, prima di eclissarsi nel salotto per agguantare le sue cose e su un soave “Disintegralo!” lasciò definitivamente l’appartamento.
Rimasta sola, Yoshiko esalò un profondo sospiro, volgendosi poi ad osservare il cordless abbandonato sul comodino accanto al letto.
Si arrivava così al capolinea del suo tergiversare. Era il momento di affrontare i dubbi e le paure e fare la scelta: aprire il suo, di cuore, questa volta. Era l’ultima occasione che aveva per dimostrare al Prof di non essere una bambina. Ed era l’unico modo per vederlo ancora una volta e sentire la sua voce, perché le mancava da morire; non lo sentiva da tre giorni, ma era come se l’avessero privata di qualcosa di importante, indispensabile.
E lei voleva riprenderselo.
Afferrò il telefono, componendo in rapida sequenza il numero del cellulare di Taro che squillò libero per un paio di secondi prima che la voce di suo fratello le rispondesse con il suo solito tono tranquillo.
“Ehilà! Mi hai preceduto, lo sai? Stavo per chiamarti.”.
Yoshiko si sforzò di apparire allegra, non voleva che il campione dello Jubilo Iwata si rendesse conto che qualcosa non andava e quindi dovergli accennare l’argomento per telefono; preferiva affrontarlo guardandolo negli occhi.
“Ah, sì? Volevo sapere se eravate già a Nankatsu…”.
Per sua fortuna, Taro non si accorse di nulla. “Sì, siamo arrivati da una ventina di minuti. Ti va di passare per un tè?”.
Proprio quello che Yoko aveva sperato di sentire.
“Certo. Va bene tra un’oretta?” in modo che avesse avuto giusto il tempo di cambiarsi e raggiungere l’appartamento; non voleva perdere nemmeno un minuto.
“Perfetto, allora a tra poco.” accordò l’ignaro fratello e lei si limitò a rispondere un “Ok.” prima di chiudere la comunicazione.
Rimase ferma nel letto per qualche secondo, prendendo delle ampie boccate per sedare il panico improvviso che le aveva attanagliato lo stomaco appena aveva salutato Taro. Quando gli sentì allentare la presa, sospirò, concedendosi l’ultimo tentativo di rintracciare Yuzo. Si portò piano il cellulare all’orecchio ascoltando, per l’ennesima volta, il suo silenzioso squillare.

La luce del monitor si rifletteva sugli occhiali da riposo che stava indossando per scandagliare, in lungo e in largo, tutta la bibliografia che trattasse in qualche modo l’interconnessione tra fenomeni tettonici e vulcanici, alla ricerca di un qualsiasi indizio che potesse smentire o avvalorare le ultime scoperte. Ma, nonostante rimanesse inchiodato alla sua poltrona da tre giorni, abbandonandola solo per tornare a casa quei venti minuti necessari per una doccia, ricordava poco o niente di ciò che aveva letto, avendo tutt’altri pensieri per la testa. Inoltre, da quando Yoko non trotterellava più per le stanze, l’appartamento era ritornato quell’orchestra di silenzi che era un tempo. Ed il silenzio lo infastidiva.
Sbuffò, stufo di dover rileggere per la quarta volta lo stesso rigo, e si rilassò contro lo schienale della poltrona, afferrando il pacchetto semivuoto di rosse. Aveva perso il conto di quante ne avesse fumate, mentre il posacenere, ormai, strabordava di mozziconi. Esalò una grigia nuvoletta, togliendo le lenti che vennero abbandonate sulla scrivania tra la miriade di scartoffie… ed il cellulare.
Meccanicamente, l’occhio gli ricadde proprio sul telefono che, pochi minuti prima, aveva finito di squillare, ed ogni volta avveniva una lotta serrata con sé stesso per non rispondere, perché aveva promesso, perché era la scelta migliore, perché…
Perché era un emerito stronzo.
Ed anche se magari aveva tutti i motivi più che validi per giustificare tale comportamento, non poteva non sentirsi così ogni volta che l’apparecchio cominciava a vibrare senza sosta.
Era arrivato addirittura a spegnerlo, per non cedere alla tentazione di rispondere, ma si era sentito anche peggio e lo aveva riacceso.
Non si stava comportando nel modo giusto, e lo sapeva. Doveva una spiegazione a Yoshiko, parlarne insieme, non fingere di non essere mai esistito.
E…
E Santo Dio, stava male quando restava ad osservare il cellulare che ruotava solitario sul tavolo, male! Come non credeva sarebbe mai stato possibile dopo la morte di Aiko, ma la sorella di Misaki, ormai era assodato, aveva l’incredibile capacità di fargli provare tutte quelle emozioni che lui aveva creduto perdute.
Tirò una lunga boccata dalla cicca, esalandone lentamente il fumo con la testa reclinata all’indietro e lo sguardo al soffitto.
Come era difficile muoversi, se ogni passo comportava un errore. Qualsiasi scelta non sarebbe stata quella giusta e questo gli faceva rabbia, ma, più di ogni altra cosa, gli faceva rabbia non poterle parlare come avrebbe voluto.
E lei?
Che pensava le volte che le sue telefonate non ricevevano risposta?
“Mi odierà…” sospirò a voce alta “… e avrà ragione.” ma nonostante questo, anche Taro era nel giusto e lui cosciente che non avrebbe mai potuto darle la felicità che meritava.
Eppure, in quei deboli tentativi di auto-convincersi, gli mancava.
Gli mancava il suo sorriso e la sua parlantina svelta.
Gli mancava trovarla accucciata sul divano con un tè fumante tra le mani.
Gli mancava quel poter parlare liberamente di ogni cosa perché lei avrebbe saputo capirlo.
Gli mancava non poter essere un riferimento, per lei, se avesse avuto bisogno di aiuto.
Gli mancava lei ed i loro momenti insieme.
“Ma che diavolo sto facendo!” sbottò all’improvviso, spegnendo il mozzicone con stizza. “Ho una città da salvare ed un’emergenza da risolvere, tutto il resto…” ed il petto gli punse con insistenza “…tutto il resto passa in secondo piano.”. Si spettinò i corti capelli, assumendo una postura più composta. “Forza Yuzo, concentrati!” ma proprio in quel momento, quasi a beffarlo e sbattergli in faccia la fragilità dei suoi propositi, il telefono si animò di nuovo, ricordandogli cosa volesse davvero.
Lo osservò immobile per qualche secondo prima di deglutire con uno sforzo e dare fondo a tutta la sua forza di volontà per ignorare quel logorante richiamo.
“Ti dimenticherai di me…” sorrise debolmente, addolcendo lo sguardo come se davvero lei avesse potuto sentirlo “…è solo questione di tempo.” e tornò a fissare il monitor, inforcando gli occhiali.
Avvertì distintamente il frantumarsi del sottile equilibrio che era riuscito a ricostruire.

Quando si ritrovò davanti la porta di casa di suo fratello, non riuscì a suonare subito il campanello, vittima di un nuovo attacco d’ansia e rimase a guardare la porta per qualche secondo, inspirando profondamente.
Di sicuro, a Taro sarebbe bastata un’occhiata per capire che qualcosa non andava: non aveva affatto una bella cera e far le prove davanti lo specchio non era servito a nulla. Non le riusciva di apparire quantomeno serena neppure per pochi attimi.
Sbuffò sonoramente, riuscendo a trovare il coraggio necessario almeno per pigiare il dannato bottone del campanello e strinse più forte il manico della borsa, per scaricare un po’ di tensione in attesa che qualcuno aprisse.
Non dovette aspettare molto e si ritenne addirittura fortunata quando si ritrovò Azumi davanti.
“Eccoti!” esclamò la ragazza, sorridendo “Hai fatto presto, Taro è andato a comprare delle cose in un negozio qui vicino, ma tu accomodati!” e si fece di lato per farla entrare.
“Sì, ho trovato subito l’autobus.” era una balla, ma Yoko non voleva dirle di essersi cambiata alla velocità del fulmine ed aver percorso a piedi, quasi correndo, il tragitto.
Dal canto suo, Azumi tentò di dissimulare il fatto di essersi accorta subito che qualcosa non andava e non le fu difficile capire cosa fosse.
“Ah, sì?” finse reale stupore “Siedi pure, che io comincio a preparare il tè.” quasi scappando in cucina e lasciando Yoshiko in salotto.
Al sicuro dal suo sguardo, la ragazza di Misaki si appoggiò contro la parete, alzando lo sguardo al cielo e tirando un profondissimo sospiro.
“Taro… che casino hai combinato, accidenti!” mormorò. La reazione di Yoko era peggiore del previsto e le lanciò un’occhiata carica di preoccupazione, sbirciandola di nascosto dalla cucina.
La vide compostamente seduta presso il tavolo e, coincidenza volle, che avesse occupato lo stesso posto in cui si era seduto Yuzo, qualche giorno prima, giusto per ribadire che la catastrofe stava per ripetersi.
E poi… maledizione! Come poteva fingere di non vedere l’espressione abbattuta sul suo viso?
Tirò un nuovo sospiro, riempiendo il bollitore e mettendolo suo fuoco, prima di raggiungere la ragazza.
“Ecco fatto.” esordì con un sorriso tiratissimo, prendendo anche lei posto presso il tavolo “Il tè sarà pronto tra qualche minuto, ed anche tuo fratello dovrebbe rincasare a breve.”.
Yoshiko si limitò a rispondere un semplice “Ok.” tornando a fissare le mani che teneva intrecciate sulla superficie del tavolo, senza però riuscire a far trovare loro un po’ di pace.
Fu nuovamente Azumi ad interrompere il silenzio, mentre Yoko sapeva che avrebbe dovuto sforzarsi di mostrare maggiore naturalezza, ma non ci riusciva. Non ci riusciva proprio.
“Allora?” disse “Va tutto bene?”. Non era proprio la domanda che avrebbe voluto porle, ma era quella classica per intavolare una conversazione.
“Sì.” ma il finto sorriso che ottenne in risposta le fece gettare la spugna del fingere che fosse tutto in regola e capitolare.
“Ne sei sicura?” domandò infatti, addolcendo il tono “A me non sembra, tesoro.” ma non poteva dirle la verità, quello era un compito che spettava solamente a Taro.
Yoshiko spostò altrove lo sguardo, rendendosi conto che fosse troppo palese il contrario e chissà, magari sarebbe stato meglio parlarne prima con Azumi: forse avrebbe potuto darle qualche buon consiglio.
“Veramente…” cominciò senza doversi più sforzare di apparire serena “…non va proprio tutto bene…” ed alzò nuovamente lo sguardo su di lei, abbozzando un sorriso un po’ rassegnato.
“Solitamente…” la fidanzata di Misaki cercò di buttarla sul ridere “…quando una ragazza ha quell’espressione, il problema ha sempre un nome maschile.” e riuscì a strappare una risatina sincera alla giovane. “E’ così anche in questo caso, vero?” ma lo sapeva già perfettamente.
“Eh, sì.” accordò Yoshiko “E’ anche per questo che sono venuta per il tè: devo parlare con Taro.”
-…e poi vorrai tagliargli la testa…- ma questo, Azumi, preferì tenerlo per sé domandando invece un “Chi è?”.
“Yuzo Morisaki.” Yoko lo disse tutto d’un fiato senza distogliere lo sguardo da quello dell’altra, che sorrise.
“Mentirei se ti dicessi che non me l’aspettavo.” appoggiò il viso in una mano, pensierosa “E’ dalla sera del gala che, per un motivo o per un altro, vi vedete spesso. E poi… ho notato come lo guardi, come cambi umore quando sei in sua compagnia…” le strizzò l’occhio “…ci son passata anche io, sai?”.
Yoshiko arrossì, trovandosi un po’ in imbarazzo ad affrontare con lei quell’argomento. In fondo, non era come spettegolare con le sue amiche; Azumi aveva comunque l’età di suo fratello e lei l’aveva sempre considerata come una sorella maggiore. Soprattutto, aveva il timore che lei considerasse il suo sentimento verso Yuzo come la cotta di una ragazzina, mentre Yoko sapeva che non lo era. Di vere cotte ne aveva avute in passato, quindi, sapeva perfettamente riconoscere l’abissale differenza tra quelle e la profonda agitazione che stava provando da quando aveva conosciuto il Prof.
“Però…” la donna continuò e Yoshiko prestò la massima attenzione alle sue parole. “Tu sei davvero sicura? Yuzo è un uomo, ha un lavoro molto impegnativo e… un gran vuoto dentro da quando è morta sua moglie…”.
“Sì, lo so.” la interruppe la ragazza con un sorriso, osservandosi le mani senza realmente vederle. “E capisco quelle che possano essere le tue perplessità o preoccupazioni. Yuzo mi ha parlato di Aiko ed ho visto con i miei occhi la sua sofferenza per questa perdita, ma… ho visto anche… la sua voglia di guardare avanti, di rialzarsi, ed apprezzo questa sua immensa forza di volontà; riesce a trasmetterla anche a me.” scosse il capo “So che viaggia molto, che ha sempre problemi importanti da risolvere e che lavora troppo, ma… credo che sia stato proprio questo suo frenetico mondo ad aver fatto colpo su di me e come lui me ne abbia reso partecipe senza mettermi mai in secondo piano rispetto ad esso, nonostante ci conoscessimo da poco. Il suo modo di parlarmi, di essere sempre presente quando mi sono trovata in difficoltà, la fiducia che ha riposto in me quando mi ha parlato di Aiko… mi hanno fatta sentire importante ed estremamente protetta.”. Yoshiko alzò di nuovo lo sguardo su Azumi senza timore, questa volta “Non mi importa se è qui o in capo al mondo, ovunque Yuzo sarà, il solo pensiero di lui riuscirà a farmi sentire al sicuro.” e dalle iridi nocciola traspariva tutta la sua determinazione e la sincerità di quelle parole, lasciando che il silenzio calasse per qualche secondo, prima che la sorella di Misaki muovesse lo sguardo al balcone, poco distante, soffermandosi sul panorama esterno. “Solo che…” riprese e la voce si era fatta improvvisamente incerta “…non so cosa stia succedendo ora. Eravamo… in sintonia perfetta fino a pochi giorni fa e poi…” gli occhi le si fecero lucidi contro la sua volontà, ma si impose fortemente di non piangere. “…poi è scomparso. Senza un perché. Sto provando a chiamarlo, ma o non mi risponde o il telefono è staccato e questo comportamento… non è da lui.”. Ripensare a tutte le sue attese deluse l’esasperò di nuovo “Io… io non so che cosa è successo! Deve esser qualcosa che ho fatto io, ma non riesco a capire! Se solo mi rispondesse, maledizione!” e sbuffò per ricacciare le lacrime.
Azumi sospirò, passandosi una mano tra i capelli corti; Taro stavolta l’aveva combinata grossa e Yoko… oddio, l’avrebbe ucciso appena avesse scoperto la verità.
“Forse sono solo io che mi sono illusa troppo, credendo di essere qualcosa di più per lui.” riprese la sorella di Misaki “Mi ero detta di restare con i piedi per terra ed invece… ma non posso farci nulla…” ammise infine, abbozzando un sorriso rassegnato “…né posso tornare indietro…” lo sguardo che nuovamente incrociava quello di Azumi, la quale vi lesse un qualcosa che conosceva fin troppo bene e con il quale tutti, prima o poi, finivano per fare i conti.
“…lo amo.”.
Se quando ne aveva parlato con Saya non si era ancora sentita pronta per ammetterlo, ora le era sembrata quasi una liberazione udire la sua stessa voce che pronunciava quelle due brevi parole.
Lo amava e adesso sentiva di aver finalmente trovato il giusto coraggio per poterlo confessare anche a lui.
Sul viso di Azumi stazionò un’espressione seria e preoccupata al contempo ancora per qualche momento, prima che distendesse un dolce sorriso, carico di affetto. Lentamente le prese le mani, mentre un forte sentimento di orgoglio le illuminò lo sguardo. Al diavolo Taro e le sue paranoie da protettivo fratello maggiore, Yoshiko era cresciuta ormai e lui avrebbe fatto bene ad abituarsi all’idea. Era il momento che lei prendesse piena libertà sulle sue scelte e seguisse quello che la mente ed il cuore le dicevano e se le loro parole erano d’amore per il Prof, bene, nessuno aveva il diritto di fargliele ignorare.
“Non arrenderti, mia cara.” le disse con convinzione “Se è davvero Yuzo ciò che vuoi, allora è ancora troppo presto per gettare la spugna.” e lei sapeva cosa significasse lottare fino all’ultimo per la persona che amava. Era addirittura tornata in Giappone pur di restare con Taro quando era stato ingaggiato dallo Jubilo Iwata, lasciando in Francia tutta la sua famiglia ed i vecchi amici, ma non si era mai pentita di questa scelta.
Yoshiko ricambiò il suo sorriso con immensa gratitudine per quelle parole, che erano riuscire a farle ricaricare in parte le speranze, ed era felice che lei avesse capito e non l’avesse considerata solo una stupida ragazzina che viveva ancora di sogni troppo romantici e poco realistici. Ora, l’unico problema era affrontare suo fratello, però, sapere di avere l’approvazione di Azumi la rendeva più sicura di sé e tranquilla. Avrebbe capito se Taro non fosse stato d’accordo, ma non avrebbe rinunciato al suo Prof per niente al mondo.
Su quel pensiero, il rumore di una chiave, che apriva la porta d’ingresso, attirò l’attenzione di entrambe le ragazze le quali ebbero un sussulto, chi per un motivo e chi per un altro.
“Tesoro, non sono riuscito a trovare la salsa che mi avevi chiesto…” esordì Taro, varcando la soglia, e solo in un secondo momento si accorse che Azumi era in salotto in compagnia di sua sorella. Un largo sorriso distese i suoi tratti gentili appena la vide.
“Ehi, sorellina. Sei già arrivata?” la salutò, liberandosi rapidamente del cappotto ed avvicinandosi a loro.
“Ciao, Taro.” Yoshiko rispose con un sorriso sincero, anche se era leggermente agitata, però… sentiva davvero la necessità di confidarsi con lui. Era sempre stato un po’ come una guida e sperò ardentemente di riuscire ad avere anche il suo appoggio, oltre quello di Azumi; sarebbe stato l’incoraggiamento finale prima di correre all’FVO per poter parlare con Yuzo. Oppure, chissà, magari lo stesso Taro aveva qualche spiegazione riguardo lo strano comportamento del vulcanologo.
“Ah, non importa, tesoro!” Azumi era balzata improvvisamente in piedi e lo aveva afferrato per un braccio, cominciandolo a trascinare con forza verso la cucina “Vieni a posare le buste e a portare il tè a tua sorella!”.
“Eh?! Sì… sì, arrivo, ma non c’è bisogno di tirarmi!” tentò di protestare il giocatore dello Jubilo Iwata, ma la ragazza era una specie di forza della natura e continuò a tenerlo stretto fino a che non scomparvero oltre la porta della cucina, sotto lo sguardo divertito di Yoko che ridacchiò alla scena.
Appena abbandonarono il raggio visivo della giovane, Azumi strinse Taro contro la parete senza tanti complimenti, piantandosi le mani ai fianchi e folgorandolo con un’occhiata torva.
“Ma si può sapere che diav-…”.
“Adesso tu andrai di là e confesserai a Yoshiko quello che hai fatto!” ordinò senza nemmeno fargli finire la frase.
Taro inarcò un sopracciglio. “Ma cosa ti salta in mente? Assolutamente no.” ma la ragazza era di tutt’altro avviso.
“Ed invece, sì!” ribatté, strattonandolo per un braccio e costringendolo ad affacciarsi leggermente dalla porta. “Guarda in che stato hai ridotto tua sorella! Sei felice di vederla così?!”.
Il giocatore la scorse seduta al tavolo con lo sguardo rivolto alla finestra e l’aria di chi è perso in tutt’altri pensieri. L’espressione malinconica e triste.
Aggrottò le sopracciglia, rammaricato, ma si era già aspettato una simile evenienza, l’aveva messa in conto e si era ripromesso di non cedere. ‘Il fine giustifica i mezzi’ e quelli erano necessari.
“Quando è arrivata qui stava anche peggio.” continuò Azumi “E sai perché? Perché Yuzo non si è più fatto sentire, proprio come gli hai chiesto tu, e lei non riesce a spiegarsene il motivo! Ha provato a rintracciarlo, ma non risponde e Yoshiko soffre terribilmente per questo.”.
“Sapevo che sarebbe successo, ma le passerà, vedrai.”.
“No, invece!” e scosse il capo con vigore “Non le passerà proprio un bel niente!”. Azumi lo prese per le spalle, guardandolo dritto negli occhi con espressione supplichevole. “E’ innamorata di lui, Taro.”.
L’altro parve stizzirsi “Oh, per favore!” sbuffò, alzando gli occhi al cielo. “E’ solo un’infatuazione e nulla più…”.
“Ed è qui che ti sbagli. Ma lo capirai anche tu, quando lei te lo dirà perché è venuta proprio per questo, per confidarsi con te e chiederti consiglio ed aiuto. E quando la guarderai negli occhi, ti prego solo di non peggiorare la situazione.” Azumi lo lasciò andare, andando a spegnere il bollitore che fischiava da qualche secondo. Versò un po’ di acqua bollente nella tazza col tè, poggiandola su di un piattino. Lentamente gliela passò. “Ricordati che è la sua vita, Taro, ed ha tutto il diritto di viverla nel modo che riterrà opportuno. Dille la verità, forse non è ancora troppo tardi per loro.”.
Misaki osservò il liquido scuro che oscillava nella tazza, disperdendo un fumo caldo e dal piacevole aroma. Senza aggiungere nient’altro, ma con espressione indecifrabile, si mosse per raggiungere sua sorella assolutamente convinto delle scelte che aveva fatto e deciso a portarle avanti fino in fondo.
Sforzò un sorriso tiratissimo, comparendo in salotto. “Ecco il tuo tè.” disse, attirandosi la sua attenzione. “Bevilo, è bollente. L’ideale contro il freddo.”.
“Grazie.” Yoshiko ricambiò il sorriso e prese la tazza con entrambe le mani, appoggiandola sul tavolo.
Taro si sedette accanto a lei ed ebbe un improvviso senso di déjà-vu per nulla piacevole, ma si sforzò di non pensarci, continuando la recita. “Sei arrivata da molto?” le domandò, sistemandole con affetto una ciocca di capelli. Era un gesto che faceva spesso anche con Azumi, nonostante avesse i capelli corti, un’attenzione che rivolgeva alle persone cui teneva di più e racchiudeva un senso di protezione.
“No, una decina di minuti. Più o meno.”.
Lui annuì, appoggiando il viso in una mano. “Tutto bene all’Università?”.
Yoshiko mentì, visto che negli ultimi giorni non aveva seguito con chissà quale attenzione. “Sì, certo. Nessun problema.”.
“Ieri ha chiamato la mamma, mi ha pregato di convincerti a tornare per qualche giorno a Sendai. Non ti vede dalle vacanze di Natale…” stava tergiversando, in maniera codarda e ridicola, ma avrebbe fatto qualsiasi cosa per cercare di evitare che Yoko mettesse in mezzo Yuzo, ma sua sorella non era disposta ad aggirare ancora il discorso: prima ne avrebbero parlato, meglio sarebbe stato per entrambi.
“Lasciamo perdere la mamma, vuoi?” chiese esibendo un fugace sorriso prima di spostare lo sguardo sulla tazza fumante, ma dalla quale non aveva bevuto nemmeno un sorso di tè. “A dire il vero… la mia non è proprio una visita di cortesia.”.
E Taro respirò a fondo, cercando di apparire il più tranquillo possibile, mentre Yoshiko continuò. “Volevo parlarti di una cosa importante e magari avere un tuo consiglio.”.
L’altro deglutì con uno sforzo, sentendo la gola improvvisamente secca. “Certo, dimmi pure. Di che… di che si tratta?”.
Lei lo guardò di nuovo. “Del tuo amico Yuzo.”.
“Ah.” e avrebbe voluto dipingersi un’espressione più sorpresa, ma non ci riuscì in alcun modo.
Yoshiko accennò un sorriso. “Non mi sembri stupito. Deduco che te ne sia accorto anche tu, come Azumi.”.
“Mh.” si limitò a rispondere non sapendo in che modo porsi per affrontare la questione.
“Non ne sei molto entusiasta, vero?”.
E dal tono tranquillo con cui gli aveva risposto, Taro capì che Yoko doveva aver già preso in considerazione quell’eventualità; forse non sarebbe stato troppo difficile farla ragionare.
“Infatti.”. Tentò di stemperare al massimo l’inflessione della voce per non risultare severo “Yuzo è troppo grande per te. Ha già una sua vita, mentre tu sei solo all’inizio del tuo percorso. E poi... il suo lavoro lo porta sempre lontano ed in più è pericoloso: sai bene cosa è successo ad Aiko, no?” e le prese la mano, cercando di sorriderle. “Dammi retta, piccola, è meglio se lasci perdere, non è la persona giusta per te.” si sentì soddisfatto della sua risposta, mentre Yoko continuava a sorridergli.
“Capisco i tuoi timori. Ho affrontato lo stesso discorso con Azumi, poco prima. Ed in sintesi, il suo pensiero è riconducibile al tuo, ma, come ho detto a lei, le nostre diversità non mi spaventano, anzi: io adoro il suo mondo e vorrei conoscerlo meglio, farne parte. Ma capisco anche che tu, essendo mio fratello, sia preoccupato per me perché mi vuoi bene e te ne ringrazio, però, allo stesso modo, vorrei che tu cercassi di capire quelli che sono i miei di sentimenti. Puoi farlo?”.
L’espressione sul viso di Taro virò inesorabilmente dal sorridente all’affranto; le sopracciglia aggrottate e le labbra appena schiuse. “Mi stai dicendo che non rinuncerai a lui?” domandò, sperando che smentisse.
“Sì: con o se il tuo appoggio, io non rinuncerò a Yuzo.”.
E fu proprio come gli aveva detto Azumi: nei suoi occhi non lesse quello che poteva essere il capriccio di una ragazzina né la cottarella passeggera di un’adolescente. C’era qualcosa di immensamente più profondo che brillava nelle sue iridi nocciola, e di bello. Oddio, ma da quando sua sorella era cambiata così tanto? Le era cresciuta e maturata sotto al naso senza che lui se ne rendesse conto e... e aveva sbagliato, pensando che potesse restare per sempre la sua ‘sorellina’.
Ed aveva sbagliato anche con Yuzo, nei cui occhi aveva visto la stessa luce brillare al nome di Yoshiko e lui si era ostinato ad ignorarla, ma ora non poteva più pretendere di voler a tutti i costi cambiare le cose.
Non ne aveva nessun diritto.
“A dire il vero...” sua sorella riprese, abbassando lo sguardo, il sorriso che si era caricato di una sfumatura triste “...non è detto che io riesca a conquistare il suo cuore. Sono diversi giorni che non riesco a mettermi in contatto con lui, sembra essersi come volatilizzato nel nulla. Non mi risponde nemmeno al telefono...” tornò ad osservarlo, facendolo sentire mortalmente in colpa. “...è anche per questo che sono venuta qui...” gli prese le mani con espressione speranzosa “...vorrei chiederti se puoi provare a metterti in contatto con lui... magari ce l’ha con me per un motivo, forse ho fatto qualcosa di sbagliato, non so...” sorrise “...ma se non approvi il mio amore per Yuzo, non sentirti obbligato ad aiutarmi. Non sarebbe giusto da parte mia pretenderlo.”.
Arrivati a quel punto, Taro capì di non poter fingere ancora di essere estraneo alla vicenda, di mentire a sua sorella.
“Veramente...” cominciò, deglutendo a fatica “...ci ho già parlato con Yuzo.” rivelò, sotto lo sguardo di Yoko che non nascose la sorpresa per quelle parole.
“Cosa?... quando?” si informò subito, ma non sapeva se dirsi felice o meno per quella notizia.
“Martedì. Nel pomeriggio.”.
Martedì.
Proprio il giorno in cui il Prof era scomparso dalla circolazione e, guarda caso, proprio quel pomeriggio avrebbero dovuto sentirsi, ma ciò non era avvenuto.
Immediatamente, Yoshiko lasciò le mani del fratello, calando sul viso una maschera di puro gelo.
Troppe coincidenze.
Taro che non approvava. Loro che parlavano. Yuzo che scompariva.
Decisamente troppe.
“Che cosa gli hai detto?” sibilò con un tono fermo e tagliente cui il giocatore dello Jubilo cercò di far immediatamente fronte.
“Tutto quello che ho fatto è stato solo per il tuo bene...” ma lei gli urlò contro, alzandosi in piedi con uno scatto d’ira.
“Che cosa gli hai detto, Taro?!” e non poteva credere... non voleva credere che suo fratello...
Il giovane non rispose, limitandosi ad abbassare lo sguardo.
Due più due faceva sempre quattro, e la matematica non era un’opinione.
“Gli hai detto di lasciarmi stare, non è così?” fu un flebile sussurro carico di orrore quello che uscì dalla bocca di Yoshiko.
“Non volevo che soffrissi...” e non lo disse per cercare di giustificarsi, ma perché lo pensava davvero, ma aveva agito nel modo sbagliato e lo aveva capito troppo tardi.
“Come hai potuto... come hai potuto farmi questo?” aveva il cuore gonfio di amarezza mentre pronunciava quella frase. Le labbra le si incurvarono verso il basso e si morse un labbro per cercare in tutti i modi di trattenersi dal piangere per quella cocente delusione. “Con che diritto hai osato intrometterti in questo modo nella mia vita?”. Yoshiko strinse i pugni con tutta la forza che aveva in corpo “Ed io che mi fidavo di te...” non attese una sua risposta, rapidamente si mosse in direzione della porta, agguantando con gesti irati il cappotto. “E’ chiaro che non avete ancora capito che io no sono più una bambina e che non avete alcun diritto di decidere per me.” afferrò la borsa, lanciandogli un’ultima occhiata carica di odio “Credevo che tu mi capissi, che fossi dalla mia parte... ed invece sei come la mamma.”. Una lacrima venne giù in solitario, spianando la strada alle altre che fremevano per fuggire dai suoi occhi “Non voglio più avere niente a che fare con te.”.
La porta sbatté dietro di lei con un rumore forte e cupo, facendolo sobbalzare per un attimo. Attese qualche altro secondo, per assimilare tutto ciò che gli aveva detto ed il tono che aveva usato, prima di tirare un profondo respiro ed affondare il viso in una mano.
Come aveva potuto essere così stupido ed egoista?
Aveva preso con troppa leggerezza i sentimenti di Yoshiko e quello era stato il bel risultato.
Due mani si appoggiarono sulle sue spalle, per poi scivolare sul petto ed abbracciarlo forte. I corti capelli di Azumi gli solleticarono l’orecchio.
“Avevi ragione su tutta la linea.” le disse senza voltarsi, ma stringendo le sue mani.
“Non importa. Ciò che conta è che le hai detto la verità. È stata la scelta più giusta.” appoggiò la donna, baciandogli affettuosamente una guancia, ma lui non ne sembrò troppo convinto.
“Pensi anche tu che io sia come mia madre?”.
Lei nascose un sorriso nell’incavo del suo collo. “Assolutamente no, altrimenti non sarei riuscita a sopportarti per tutto questo tempo.” strappando un filo di sorriso anche a lui prima di continuare. “Non prendertela per le parole che ti ha detto, è solo molto arrabbiata, ma sono sicura che non le pensa. Dalle un po’ di tempo, le passerà.”.
“Lo spero.” si limitò a dire, sospirando nuovamente “E adesso? Che succederà?” non potendo non preoccuparsi per sua sorella, ma Azumi scosse il capo.
“Non chiedertelo. È la sua vita e queste sono scelte che spettano solo a lei, ma, se sono spiegazioni quelle che vuole, allora starà andando a prendersele dall’unica persona in grado di dargliele.”


...E poi Bla bla bla...

Ed eccomi qui, finalmente di ritorno dopo due mesi circa di assenza. Ora che le storie per il Concorso a cui sto partecipando sono finite, posso finalmente tornare ad occuparmi di “Huzi”.
Come volevasi dimostrare, la mia logorrea non mi ha permesso di riuscire ad accorpare questo capitolo con quello relativo al colpaccio-bis! XD Ci ho provato!
Spero di riuscire ad accorciare la manfrina dopo il capitolo 18 in attesa del... colpaccio-tris! *blink*
Sì. C’è anche il terzo e lo leggerete nel penultimo capitolo! *ari-blink*

Angolino del “Grazie, lettori, grazie! XD”:

- Eos: XDDDDDDDD ma povero Taro! Non essere così cattivo con lui, è solo apprensivo! Spezziamo una lancia a suo favore: fossi stata maschio e fratello maggiore, altro che dirgli “Stalle lontano”, avrei aggiunto “Stalle lontano o ti spezzo le ossa anche se siamo vecchi amici! *-*” XDDD. Va beh, su, si è redento. *_* non fustighiamolo (anche se Azumi sarebbe d’accordo!XD).
Ti ringrazio tantissimo per tutti i tuoi complimenti *///* lo sai che mi fai sempre commuovere T_T. E spero che questo capitolo ti sia piaciuto anche se, *mmm*, non si raddrizza niente! XDDD
Nel frattempo, ti consiglio di continuare a restare terrorizzata. Yoshiko è incazzata come una iena! *blink* (SAN-GUE! SAN-GUE!).

- Hikarisan: tranquilla, non è affatto il ‘cattivo’! XD Non lo vedo così nemmeno io. Anzi, trovo che la sua reazione sia stata abbastanza normale: la ‘gelosia iperprotettiva’ credo che sia un must tra i padri/fratelli verso le figlie/sorelle. E poi, come hai letto, le ha detto la verità, riconoscendo i suoi errori *.*. Nonò, Taro no cattivo.
XD Ci credi che non riesco a considerare ‘cattivo’ nemmeno quel bastardo del Vice Prefetto?! LOL! XDDDDDD E sì che farebbe venir voglia a chiunque di spaccargli una pala in testa! XD
*_*  Ovviamente, non posso esimermi dal ringraziarti sempre tantissimo per continuare a seguire questa storia! Grazie mille! ^^/

Ed anche per questo capitolo è tutto.
XD dite la verità: siete tanto felici dell’assenza di note assurde, eh?!?!?!? Ah! Ingenue! XDDD ve ne aspettano ancora un po’ *-* (credo! O_O).
E, detto ciò, vi rimando al prossimo capitolo (…e al colpaccio *mwahahah*) e son contenta perché tra un po’ posso mettere su anche la Locandina che avevo preparato! *-* gnà!
(sì, sono tornata più esaurita di prima! Abbiate pazienza: stare ore intere confinata in laboratori grandi quanto un loculo ha i suoi effetti devastanti! XD).

 

   
 
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