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Autore: Gavriel    09/12/2013    1 recensioni
Esistono le crisi di mezzo liceo? All'alba del suo quarto anno Marianna, austera e razionale, non vuole farsi cogliere impreparata per la sua futura prima relazione. In via (non del tutto) preventiva propone a Zeno, un ragazzo piuttosto eccentrico e non particolarmente popolare, di allenarsi assieme a lei. Ma l'accordo che le propone potrebbe non essere poi così pieno di benefici...
Genere: Demenziale, Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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Era quasi buio. Marianna era accucciata tra due macchine parcheggiate davanti al supermercato, con una mano teneva in equilibrio la bici, mentre allungava il collo per vedere se lui se n’era andato. Una vecchia col carrellino a tre ruote si fermò per lanciarle uno sguardo sdegnato, una bambina piccola, che stringeva il dito della madre con la manina si fermò e cominciò ad indicarla. Va via! La madre, che si era accorta di tutto le lanciò uno sguardo di fuoco mentre trascinava la figlia verso l’entrata. Marianna si sporse per vedere se Zeno era ancora nei paraggi. Non lo vedeva più, bene.
La macchina parcheggiata alla sua sinistra partì lasciandola completamente scoperta; lui era li dietro, apparentemente serafico, con una busta in mano.
-Ciao Marianna
Era glaciale, una spia del KGB.
-Ciao Zeno
Lei si limitò a raddrizzarsi, mentre il ragazzo non  aveva fatto nemmeno un passo nella sua direzione. Erano due settimane che lei non era andata a casa sua.
-Sono due settimane che non ci vediamo
Nella sua voce Marianna non poteva scorgere nemmeno una traccia di colpevolezza, beh, come poteva immaginarlo, visto che lei gli aveva premurosamente nascosto tutto per benino?
-Sai, il tunnel del latino è lungo e buio. Ho avuto da studiare.
Per un attimo la sua espressione si deformo in un “tutto qui?”, Marianna tormentò i tubi di gomma del manubrio con le unghie, era proprio brava ad essere antipatica.
-Comunque hai fatto bene, non ho avuto casa libera in questo periodo.
Un lieve rossore si diffondeva sui suoi zigomi, se il manubrio sotto le dita di Marianna avesse potuto esprimersi avrebbe urlato di dolore. Lei aprì e chiuse la bocca un paio di volte, ma non trovava niente di ardito e simpatico da rispondergli, facendo piombare la conversazione in un silenzio imbarazzante. In tutto ciò si accorse che comunque lui stava cercando di venirle incontro, e che tra l’altro tutto il suo astio, da un punto di vista razionale, era infondato, completamente irragionevole.
-Ci vediamo oggi allora?
Quelle parole le erano uscite di bocca senza permesso, non avrebbe voluto nemmeno vederlo, figurarsi a…
-Sono già le sei. Hai impegni?
Si, era piena di cose da fare, fratelli e sorelle con cui giocare, una tavola da apparecchiare, della fisica da studiare…  e non voleva più avere a che fare con lui! Era come ogni altro maschio sulla faccia della terra, un arrapato che…  che…
-Allora?
Marianna alzò lo sguardo e se lo ritrovò ad una spanna dal volto.
-Devo portare la spesa a casa
-Ti accompagno
 
Dopo un quarto d’ora buono erano davanti alla bifamiliare dove abitavano la famiglia di Marianna e  quella di sua zia. Dall’interno provenivano rumori ovattati, se i suoi  l’avessero intercettata non l’avrebbero fatta uscire più: gia ai suoi non andava a genio che passasse una sera a settimana “a casa di una sua amica”, se poi l’avessero vista con Zeno?
-Sta fermo qui, porto dentro le borse, saluto e vado
Detto questo gli piazzò in mano la bici e salì le scale sotto il porticato di glicine, infilò le chiavi nella toppa ed entrò in casa sua, buia, silenziosa. Per fortuna erano a casa degli zii…
Entrò in cucina, ma prima che potesse posare la borsa sentì un colpo di tosse che la fece trasalire.
-Zeno!
Sibilò feroce. Silenzioso come un gatto, spaventoso come un fantasma, illuminato solo dalla luce filtrante dall’esterno; allungò il collo, come per scoprire l’aspetto di casa sua, un’ordinaria abitazione progettata secondo un piano urbanistico a bassa densità di popolazione.
-che strana pianta… sei sicura che non crolli?_ disse lui saggiando il pavimento col piede_ Non avete delle travi di sostegno? Dov’è la vostra colonna portante?
Marianna gli si parò davanti, un po’ per coprire il disordine perpetuo, un po’ perché non voleva che ficcasse troppo il naso nella sua famiglia.
-Le case normali non hanno una colonna portante,ma dei pilastri, e in genere tendono ad avere più locali allo stesso livello. Sei tu quello della casa strana
-Io vivo in un gioiello dell’architettura. Forse verrà compreso nel giro di qualche generazione, e allora capiranno che quello è l’unico affidabile metodo per costruir…
Si era dovuta alzare sulle punte, ma aveva preso lei l’iniziativa: se per lui non c’era nessun sentimento allora la cosa valeva anche per lei, anzi, non si faceva nessun problema a baciarlo nell’atrio di casa sua. Le sue guance conservavano ancora il freddo della sera, le sua labbra screpolate assecondavano i suoi movimenti lenti; non appena lo sentì rispondere con la stessa dolcezza, non appena sentì la mano di Zeno farsi strada tra i suoi capelli la tensione scivolò via attraverso il loro contatto; il  rumore di un sacchetto che cade, poi l’altra sua mano intorno alla vita, sotto la giacca, si ritrovò ancora contro il suo addome e contro il suo torace. Si staccò,strappandogli un sospiro; riusciva a sentire il cuore del ragazzo pulsare furioso, almeno quasi quanto il suo. Gli morse appena il labbro inferiore, dilatando al massimo quell’istante; poi, finalmente, ritornò da lui con tutta sé stessa. E sembrava che lui non stesse aspettando altro, come se gli avesse concesso il permesso; si strinse di più a lei approfondendo il bacio, ma non era come la volta prima, ruvido o selvatico, ma fragrante, e caldo, e dolce. Gli si sarebbe sciolta tra le braccia se un rumore di passi sulle scale e gridolini non li avvertì dell’arrivo dei Piccoli.
Con grande lucidità Marianna prese Zeno e lo spinse nel guardaroba dell’ingresso, catapultandocisi dentro non appena la porta d’ingresso si aprì, facendo entrare la fonte del rumore.
Come tutti gli sgabuzzini, il pavimento calpestabile era di circa trenta centimetri quadrati, il resto era ricoperto da scarpe spaiate, roba caduta dallo scaffale e quadri che dovevano venire appesi venti anni prima. Zeno, completamente sbilanciato all’indietro si teneva su con le braccia aperte contro le due pareti, lei sbirciava attraverso la piccola fenditura lasciata dalla porta scorrevole: i suoi fratelli e le sue due cugine stavano entrando in casa ma non capiva se era per restarci o per prendere qualche gioco.
-Che succede?
Marianna gli sibilò di stare zitto. Si udì il rumore del televisore che veniva acceso, poi il motivetto d’accensione della Wii e un breve litigio per chi avesse il telecomando pilota.
-Dobbiamo andarcene
-Hai la Wii?
Marianna gli lanciò uno sguardo killer, che si perse nella penombra. Ma cosa aveva nel cervello? Dal soggiorno si sentiva il sottofondo di Mario Karts, ora o mai più. A gesti disse al clandestino di rimettersi dritto, ma Zeno rimaneva immobile, illuminato da una striscia verticale di luce, era troppo inclinato, se avesse mollato la presa su una delle pareti sarebbe cascato. Gli porse un braccio, che lui usò come appiglio per issarsi con un colpo di reni facendola quasi cadere. Sentiva il respiro teso di Zeno appena dietro le orecchie, e la cosa le diede un’altra scarica di eccitazione ma perché era così dannatamente sensibile? Scostò la porta scorrevole come se fosse stata fatta di nitroglicerina e si diede alla fuga trascinando Zeno con sé.
-La borsa della spesa!
Rapido si chinò indietro per prenderla, ma urtò la consolle dell’ingresso facendo ondeggiare un vaso di argento; poteva già sentire il rumore contro il pavimento, ma quello si limitò a traballare sul posto. Ringraziando le leggi della statica i due si fiondarono in cortile e sulla bici uscirono dalla proprietà.
 
Marianna non era mai stata portata in bici, beh a parte quando era piccola e sua mamma la metteva sul seggiolino dietro, ma quello era davvero tanto tempo prima. Lei era quella grande, aveva portato lei in giro i suoi fratelli e non le era mai nemmeno dispiaciuto. Per fortuna la sua era una bici da uomo, così poteva sedersi sulla trave davanti e non sul portapacchi; sentiva dietro la sua schiena il braccio di Zeno, concentrato a tenere l’equilibrio e la traiettoria.
-Un giorno mi porti la Wii? Non ci ho mai giocato
-Se riesco a imboscarmela sotto la giacca vedrò cosa posso fare
L’aria fredda le pizzicava le guance e le labbra. La sua sciarpa era rimasta nello sgabuzzino, aveva la costante paura di essere troppo pesante o di sbilanciare la bici, ma era comunque bellissimo; quando volse indietro lo sguardo le sembro che persino lui stesse sorridendo.

Scusate il ritardo, se avete impressioni, commenti o rimproveri siete invitati a farlo. Tutte le vostre opinioni sono vitali alla riuscita edll'opera (e per la mia autostima).
Grazie a tutti coloro che hanno messo la storia tra preferiti e seguiti, nonchè ai lettori silenziosi  :'D
Nel prossimo capitolo ingranaggi e vapore!

 
  
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