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Autore: Vanel    09/12/2013    7 recensioni
"Ero all'ottavo mese di gravidanza, avvertivo delle forti contrazioni così andai dal ginecologo.
Mi disse che c'erano dei problemi e che erano molto seri: di due gemelle ne potevo salvare solo una, e io avevo già preparato la cameretta di voi due, avevate già un nome, Carmela e Anastasia.
Carmela, nome che proveniva dall'ebraico e significava Giardino di Dio, e Anastasia che significava Resurrezione.
Il dottore mi disse che dovevo fare un parto d'urgenza, e mi chiese di scegliere quale delle due salvare.
Fu terribile, perché la scelta dipendeva da me.
Tra le due era Carmela quella più sana e in forma, e scelsi lei.
Ma il dottore sbagliò, non salvò Carmela, bensì te, una bambina piena di problemi, troppo piccola e magra, rifiutavi il latte, avevi sempre qualche problema, e non smettevi mai di piangere.
Ti odiai per questo, perché se tu non ci fossi stata, sarebbe stata Carmela quella a nascere, una bambina sana e in forma, non una malaticcia lagnosa.
Anastasia, tu sei nata per sbaglio."
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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- Questa storia fa parte della serie 'Nata per sbaglio'
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Nessuno conosce le proprie possibilita’ finche’ non le mette alla prova.
Publilio Sirio
 


Dopo quella promessa solenne mio padre si era alzato invitandomi a fare lo stesso.
Il cameriere pensando chissà cosa ci raggiunse subito dicendoci:-Dovete fare qualcosa?-Mantenendo un tono gentile, ovviamente falso dal momento che ci aveva squadrato dall'inizio del pranzo.
-Si, dovrei pagare..
-Ma signore, poteva chiamarmi sul tavolo e sarei arrivato, così si usa nei ristoranti -Disse sminuendo mio padre, come per intendere "lei non è abituato a ristoranti con livelli simili"
-Non lo fanno solo i ristoranti di classe, sa? Anche le pizzerie.-Dissi io presa da un senso di protezione nei confronti di mio padre
-Non torno in una pizzeria da quando avevo vent'anni, e adesso ne ho quaranta, signorina, ma di quello che posso ricordare..
-Ricorda male-Dissi
Non mi rispose, mi guardò come se fossi un moscerino, come se della vita non capissi nulla;ma  non sapeva niente di me, non sapeva che molto probabilmente avevo avuto più problemi io a diciassette anni che lui in quarant'anni.
Mio padre prima di pagare mi chiese di andare in macchina per accendere il riscaldamento.
Ovviamente sapevo che lui non voleva che vedessi il prezzo, sicuramente era alto, e sicuramente io mi sarei sentita anche male, non volevo pesargli troppo.
Ma annuì andando in macchina, contemporaneamente vidi Carlo Grandi che mi salutò, stava andando nella sua macchina, una delle più costose in commercio.
Mio padre invece, aveva una macchina poco affidabile e vecchiotta, ma per me non aveva importanza, ero affezionata a quella macchina, come un gatto possa essere affezionato al suo gomitolo.
Iniziò a piovere, stranamente il giorno del mio compleanno pioveva sempre, strana la vita.
Perfino il cielo piangeva per la perdita della figlia perfetta, della ragazza perfetta;senza curarsi di me,non ero perfetta e tanto meno volevo esserlo, ma volevo almeno essere importante per qualcuno, volevo tanto che qualcuno si rendesse conto che io esistevo,e sicuramente quella persona non poteva essere mia madre.
Guardando il cielo dissi: Un brindisi alla figlia perfetta!
Poi arrivò mio padre che fortunatamente non notò il mio "chin chin" con il cielo.
-"Peccato oggi poteva essere una bella giornata.."-Disse sottovoce mio padre
-"Ma lo è stata, papà grazie di tutto"
-"Questo e altro per te, questo e altro. E poi voglio farti i miei complimenti, cresci bene, al cameriere hai saputo tenere testa, ah figlia mia,  scommetto che da grande sarai una persona molto ammirata, e credimi, non mi sbaglio mai"
-"Grazie papà, ti voglio bene"
-"E sappi che adesso hai già una persona che ti stima, e quella persona sono io, sono fiero di te, e per i miei gusti dovresti sorridere un po' più spesso"
-"E' che a volte, sembra difficile perfino sorridere.."
-"Ascoltami, Anastasia;prima mi hai promesso una cosa, confido in te, devi lottare con i denti per la tua felicità, devi avere sempre un sorriso nel volto, sempre"
-"Da oggi in poi combatterò per il mio sorriso allora."-
Dopo quell'affermazione dentro la nostra macchina calò il silenzio, io intanto ero rimasta ipnotizzata dalle gocce che scivolavano nel finestrino, non volevo tornare a casa, perchè come papà ben sapeva, era difficile sorridere li dentro.

Non appena mio padre aprì la porta, c'era lei, seduta sul divano del salotto,la luce era socchiusa, sembrava di essere dentro una chiesa alle tre di notte, il suo viso era ancora più cupo, tra le mani quel rosario e negli occhi odio e disprezzo nei miei  confronti e angoscia e non rassegnazione per Carmela.
-"Dove siete stati?"-Disse lei, gelida,mi fece rabbrividire.
-"Al ristorante, come tu sai, è il compleanno di.."
-"E' tardi"
-"Accendi la luce, non si vede nulla"-
Io non dissi nulla, mio padre cercava di sdrammatizzare la situazione, peccato che mia madre era difficile da cambiare.
-"Fermati"
-"Perchè?"
-"Carmela mi sta parlando"
Mio padre la guardò perplesso, io ero un po' impaurita, perchè ero tornata in quella maledetta casa?
-"Quanto avete speso?"-Riprese 
-"Un po' di soldi"
-"Un po'? Un po' con questa crisi? E tu sei andato a mangiare fuori con questa crisi per festeggiare la morte di tua figlia Carmela? L'hai ferita!"
-"Tu mi ferisci ogni giorno!"-Le dissi, non potevo crederci che ero stata proprio io, ma non ne potevo più, mi stava facendo maledire ogni giorno della mia esistenza
-"COME TI SEI PERMESSA?"-Mi gridò contro, grido gelido e freddo, sguardo fulminante.
-"Anastasia vai sopra , ci pensa papà qua"-Disse mio padre con un tono rassicurante
Io annuii, avevo combinato già più del dovuto, dovevo stare in silenzio, non avrei dovuto parlare nonostante quelle parole le tenevo dentro da troppo tempo.
Mio padre e mia madre iniziarono a discutere, ancora.
Mi buttai sul letto, ero stanca, distrutta, non della giornata, ma della piega che stava prendendo la mia vita, non ne potevo più,volevo cambiare, volevo avere un giorno senza più grida, senza più rimorsi o rimpianti per una parola detta, volevo cambiare,da quel giorno.
Mi addormentai senza cenare, tanto il pranzo del ristorante bastava, e poi ero stanca, stordita.
Alle tre di notte circa mi svegliai di colpo, qualcuno mi aveva chiamata.
-"Carmela"-Era mia madre, aveva aperto la porta della mia stanza e guardandomi quasi persa mi pronunciò il nome della figlia mancata.
Non risposi.
-"Perchè?"-Continuò lei
-"Cosa c'è?-Risposi
-"Perchè, perchè non sei CARMELA!"-Divenne una belva in pochi secondi e si avvicinò a me lanciandomi uno schiaffo forte.
-"MA...MA SEI IMPAZZITA?"-Dissi toccandomi la guancia divenuta rossa
-"TU SEI SOLO UN PROBLEMA! MI FAI SCHIFO, NON SEI MIA FIGLIA, TU NON LO SEI, ANCHE LEI TI ODIA, ANCHE LEI"
-"LEI CHI?"-Risposi a tono
-"COME TI SEI PERMESSA A RISPONDERMI!"
Non sapevo più cosa dire,in quel giorno stavo davvero lottando per la mia felicità.
Improvvisamente (e fortunatamente) arrivò mio padre che la prese per un braccio portandola via, mentre lei continuava ad offendermi e a ripetere quelle parole come una triste cantilena.
  
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