Era
sera, il sole era tramontato da più di un’ora, Vör
era nelle proprie stanze, seduta al tavolo, stava finendo di cenare. Guardava
verso il piatto, ma i suoi pensieri erano altrove; stava per prendere il
bicchiere, quand’ebbe l’istinto di voltarsi. Loki si
era materializzato alle sue spalle, era dritto come un fuso, indossava le sue
vesti ufficiali, col lungo mantello verde e in testa l’elmo sormontato dalle
alte corna ricurve.
“Mio
re.” salutò lei, alzandosi in piedi appena lo vide, e gli sorrise.
Loki rimase serio e
con la sua tipica calma che mette a disagio, domandò: “Sono il tuo re?”
“Certamente.”
rispose lei, un attimo sorpresa.
“E
vuoi compiacermi, giusto?”
“Sicuro,
per quanto mi è possibile.”
“Allora
perché è la terza sera consecutiva che non vieni a farmi compagnia?” il tono
era fermo, se la frase era dettata da dolore, allora esso era nascosto
perfettamente.
“Scusami,
non immaginavo ci tenessi …” mentì la donna che si era già sentita in colpa per
non essersi presentata “L’altra sera, te l’ho detto, avevo bisogno di calmarmi;
ieri e oggi … ecco non mi sono del tutto ripresa, ho ancora davanti agli occhi
quei cadaveri e quei serpenti ...”
“È
stata una grave mancanza di rispetto nei miei confronti.” insistette lui, senza
che la voce si alterasse.
“Se
mi avessi chiamata, sarei venuta.”
“Pensavo
fosse sott’inteso.” e qui il tono iniziò a macchiarsi d’ira di tanto in tanto
“Hai deciso di allontanarti come tutti gli altri? Di mentirmi?”
“Certo
che no! Come fai a pensarlo?”
“Avevi
detto che ieri sarebbe stato tutto a posto e invece sono due giorni che non mi
rivolgi la parola, quindi mi hai mentito.” per lo più anche per dire questo la
voce era rimasta piatta, ma glaciale.
“Eravamo
d’accordo di non parlare durante il giorno.” precisò lei, muovendo qualche passo
nella sua direzione “E per le cene … te l’ho detto, sono rimasta più
impressionata di quel che credevo.” Si inginocchiò al suo cospetto, tenne il
capo rivolto verso terra e disse: “Chiedo perdono.”
“Alzati!
Che fai?” quasi la rimproverò lui.
“Sei
venuto in veste di re e io mi comporto di conseguenza.” rispose l’altra,
rimettendosi in piedi “E so che ti fa piacere.”
“E
a te non dà fastidio?”
“Perché
dovrebbe? Sei re di Asgard!”
Loki subito fu
compiaciuto di quelle parole, poi si voltò di scatto per nascondere il proprio
viso. Era così dannatamente confuso! Possibile che l’unica persona che lui
considerasse sua pari era pure l’unica disposta ad accettare la sua autorità e
a sottomettersi? Era perennemente indeciso tra il godersi l’affetto o il
potere, lo allettavano entrambi e ciò lo portava a cambiare atteggiamento di
continuo.
Vör capiva tutto ciò; negli anni
passati, quando il principe era meno chiuso, almeno con lei, e la trascinava
nei suoi sogni ad occhi aperti, le aveva fatto conoscere tutti i suoi desideri,
tutti i suoi piaceri. Molte volte lui aveva creato l’illusione di una sala del
trono e l’aveva popolata di servi e di sudditi fedeli e rispettosi, per dare
una dimostrazione di come si sarebbe comportato una volta diventato re e per
illudersi di esserlo già.
Lei
sapeva perfettamente come a Loki piacesse essere
trattato ed era sempre stata ben felice di accontentarlo, la mansuetudine e
l’arrendevolezza, che a volte rasentava la soggezione, erano diventate il suo
comportamento naturale nei confronti del principe. In un certo senso lui le era
sempre stato grato per questo e ogni tanto lo aveva dimostrato, promettendole
privilegi che avrebbe avuto, quando lui sarebbe stato incoronato; lei
ovviamente lo aveva ringraziato ogni volta, ma non si era mai curata di quelle
promesse, poiché le bastava vederlo felice. Fin da piccola Vör
si era legata a lui non solo per affinità d’interessi, ma anche perché lo
ammirava, ammirava le sue straordinarie doti magiche e il suo intelletto
superiore e aveva sempre trovato ingiusto che lui fosse così sprezzato dai
coetanei e non solo. Ricordava che una volta, quando ormai erano già adulti,
c’era stata una sommossa su Aflheimr, seguita da una
dura guerriglia, Thor, i Tre Guerrieri e pure Loki
avevano guidato qualche truppa asgardiana per
sedarla, al loro ritorno avevano organizzato un banchetto con gli amici e
avevano raccontato le loro gesta. Tutti loro si erano fatti gran vanto del
proprio valore e della propria forza e anche Loki
aveva cercato di mettere in risalto i propri meriti, citando le astuzie e le
magie a cui era ricorso. Thor, allora, aveva commentato sarcasticamente: “C’è
chi combatte e chi usa trucchetti.”
Questo
certo aveva indispettito Loki, ma ciò che lo ferì
maggiormente nell’orgoglio fu l’accorgersi che pure il coppiere aveva osato
ridere a quella battuta. Per vendicarsi, per dimostrare che non bisogna mai
mancare di rispetto a un principe, aveva evocato l’immagine di una miriade di
scorpioni che uscivano dalla coppa e iniziavano ad arrampicarsi sulle braccia
del servo impudente che, credendoli veri, urlò per lo spavento e cercò di
scacciarli.
Quello
non era certo stato l’unico episodio di tal genere. Vör
aveva visto tante volte frustrati gli sforzi di Loki
e le veniva spontaneo cercare di compensare ciò che gli altri non gli
riconoscevano.
Erano
entrambi cresciuti da emarginati che tentavano di affermarsi, di dimostrare che
era il mondo a sbagliarsi e non loro. Vör aveva
trovato la sua strada nello studio delle antichità, in esso riversava tutte le
sue energie; Loki, invece, aveva scelto di
realizzarsi con il potere. Considerando le cose in questo modo, la giovane non
aveva ritenuto deplorevole i tentativi di ottenere un trono messi in atto da
Mago, anzi, le sembrava quasi di vedere il poetico sforzo dello sconfitto per
donare la vista a un mondo cieco. I Tre Guerrieri e Sif
avevano tentato di spiegarle che, se Loki fosse stato
re, sarebbe stato crudele e che Asgard sarebbe
diventata la terra dei contrari e della follia; lei, invece, non credeva
affatto che lui volesse sovvertire ogni tradizione, ogni valore asgardiano, lei era convinta che l’intento del suo amico
non fosse sottomettere il mondo alla propria ragione, ma che il mondo accettasse e accogliesse, fra le altre, anche
la sua ragione.
Questa
era la convinzione di Vör e per questo sosteneva Loki.
“Vuoi
che faccia qualcosa?” domandò timidamente lei, mentre lui continuava a darle le
spalle.
Quelle
parole ebbero l’effetto di fugare i suoi dubbi; ritrovata la serenità in un
istante, tornò a volgersi alla ragazza e come se volesse metterla in guardia,
domandò: “Mi stai chiedendo di darti un ordine?”
Dai
suoi occhi, Vör capì immediatamente quale momento
l’amico avesse appena ricordato.
Mi
piace ricevere ordini,
gli aveva confidato una volta, per poi aggiungere subito: non è detto che
poi obbedisca, ma mi piace.
Era
capitato qualche secolo addietro e aveva dato più sicurezza a Loki che si era sentito autorizzato ad avere molto più polso
nei confronti dell’amica. Ogni tanto, in maniera più o meno scherzosa, le aveva
rinfacciato la prima parte della frase e pian, piano tutto ciò era sfociato in
un gioco, che facevano qualche volta, in cui lei sottostava senza discutere ai
voleri del principe, il ché in realtà significava solo vezzeggiarlo più del
solito. Era passato tantissimo tempo dall’ultima volta.
“Oggi
no.” disse poi sempre Loki “Sediamoci, dobbiamo
parlare della prossima spedizione: Nidavellir.”
Si
accomodarono attorno al tavolo. Vör fece mente locale
e osservò: “Se ricordo bene, lì dovrebbe esserci il medaglione con Vohumanah e Aesma, la razionalità
e la follia.”
“Non
usare il condizionale, è evidente che è così e che in quel Regno abbia preso il
sopravvento la follia, viene chiamato paese della nebbia perché lì infinite
illusioni esterne o interne alla mente velano continuamente la realtà. Un gran
bel posto, mi sono sempre divertito tantissimo da quelle parti, quando si sanno
riconoscere le illusioni, diventa un vero piacere interagire con loro.”
“Bene,
quindi saprai già com’è meglio muoversi.”
“Ti
darò istruzioni dettagliate, in modo che tu possa districarti dagli ostacoli
più comuni, ma non posso accompagnarti.” e spiegò con noncuranza: “L’ultima
volta che ci sono andato devono essersi un poco offesi … adesso i nani sono
piuttosto irritabili nei miei confronti, meglio se continuano a credere ch’io
sia morto, per il momento.”
Vör scosse la testa e ridacchiò:
“Come hai fatto ad inimicarti un intero Regno?”
“Beh,
ci andavo spesso per esercitarmi e tra una cosa e l’altra io e il re, Hreidmarr, iniziammo una sfida d’illusioni che riprendeva
ogni volta che passassi di là, finché non sono riuscito a sottrargli alcune
cosucce dalle loro fucine … regali … segrete. La cosa lo ha mandato su tutte le
furie e mi ha minacciato non ricordo più quale mala fine, se mi fossi
ripresentato da quelle parti.”
“Beh,
potresti sempre trasfigurarti in Odino …”
“Darebbe
un po’ troppo nell’occhio, non credi?”
“Una
persona qualunque?”
“Desterebbe
sospetti una persona qualsiasi che riesce a raggirarli tutti; quelli mi hanno
troppo in odio e sospetterebbero subito di me. Per fortuna non è un luogo
pericoloso, non eccessivamente, bisogna stare attenti alle illusioni e a non
rimanerci intrappolati, ma per fortuna i nani non sono aggressivi e non
attaccano briga, finché non gli tocchi i loro giocattoli. Ad ogni modo non ti
farò andare da sola. Ti accompagnerà Heimdall, la sua
vista può facilmente superare gli inganni più comuni.”
“Che
tipo di illusioni usano? E perché?”
“I
nani sono molto avari e gelosi delle loro cose, hanno un’ossessione folle, passano
tutto il loro tempo a cercare gemme o forgiare oggetti meravigliosi, ma invece
di usarli o commerciarli, li custodiscono dentro scrigni o casse di ferro,
terrorizzati all’idea che qualcuno possa sottrarli. Le illusioni sono dunque un
sistema di sicurezza, il loro scopo è quello di affascinare o spaventare gli
intrusi a tal punto da renderli incapaci di agire; per lo più si tratta di
visioni orribili che suscitino terrore, oppure allettano i desideri più profondi
di una persona in modo che essa preferisca rimanere lì dove è soddisfatta,
sebbene solo da illusioni, piuttosto che restare ad affrontare la realtà, anche
perché generalmente non riesce a capire di essere in una finzione.”
“Districarsi
tra quelle visioni non sarà facile.”
“Ci
riuscirai, tu ed Heimdall ve la caverete unendo il
suo sguardo e la tua intuitività.”
“L’hai
già avvisato?”
“No,
Odino lo convocherà domattina e poi partirete immediatamente. Sono sicuro che
ve la caverete in poco tempo, per cui ti aspetterò per cena.”
Vör soffocò un riso e disse
candidamente: “Lo sai che in alcune zone di Vanaheimr
ci sarebbe proibito?”
“Come
mai?”
“Per
una certa cultura è ritenuto scandaloso mangiare assieme, se non si è sposati.”
“Uhm,
un pensiero particolare, ma non privo di saggezza.”
Il
mattino seguente, la convocazione di Heimdall a corte
mise una gran curiosità addosso a molti dignitari che si affrettarono a
raggiungere la sala del trono per assistere al colloquio, tra i presenti
c’erano anche i Tre Guerrieri. Il presunto Odino spiegò che, come per
l’incursione a Muspellsheimr, anche questa volta si
trattava di recuperare un oggetto che non doveva rimanere nelle mani dei nemici
di Asgard, sostenendo che si trattava di un
antichissimo medaglione forgiato dai nani nelle loro fucine.
“Per
il momento è custodito all’interno del Grande Santuario, che si trova nella
pianura circostante la capitale di Nidavellir. È
stato consacrato al loro idolo per ottenerne la benevolenza, o almeno così
dicono ufficialmente; in realtà, il materiale con cui è stato forgiato, la sua
forma e, soprattutto, il fiato del fabbro lo hanno reso un nucleo che assimila
e accumula energia e lo hanno poi collocato in un punto d’incontro tra quattro
assi di potenza cosmica. Dopo millenni ha immagazzinato una forza immane,
dunque è necessario impadronircene, poiché re Hreidmarr
ci è ostile e ciò lo ha dimostrato quando ha messo le sue fucine a disposizione
dei nemici di Asgard.”
Vör, presente in sala, dovette
sforzarsi per impedirsi di ridere nel vedere come tutti quanti credessero a
quell’enorme sciocchezza che Loki stava inventando,
ma alla quale gli altri prestavano fede, poiché uscita dalle labbra di Odino.
“Ritengo
che anche questa volta sia più prudente non inviare le nostre truppe, ma solo
una piccola pattuglia che agisca in segreto.” continuava il re “E ho scelto di
inviare te, Heimdall, assieme a lady Vör che conosce i dettagli del Santuario e possiede altre
informazioni utili.”
“Padre
degli dei, in questo modo il Bifrost rimarrà senza un
guardiano! Chi lo attiverà, per farci tornare indietro?”
“Heimdall, tu hai degli allievi, per un giorno li metteremo
alla prova e in ogni caso Huginn e Muninn, i miei due corvi, non vi perderanno di vista e mi
riferiranno ogni cosa importante.”
“Avete
ragione, perdonate se ho dubitato della vostra saggezza. Mi viene tuttavia un
altro dubbio, vi prego di dirmi cosa avete pensato al riguardo: il sottrarre
una reliquia così potente e preziosa, non istigherà Hreidmarr
a dichiararci guerra?”
“Oserebbe?
Oserebbe mettersi contro Asgard con le sue misere
forze? Sarebbe un folle. Ad ogni modo, per evitare problemi diplomatici di
qualsiasi sorta, ho già provveduto a far creare una copia del medaglione,
basterà sostituirlo. Per fortuna mio padre, re Bor,
si è premurato di raffigurarlo e di descriverlo con precisione, nei suoi diari,
è grazie ad essi che conosco ogni dettaglio di questa storia. Dunque dovrete
scambiare l’originale col falso, in questo modo non si accorgeranno di nulla.”
Dentro
di sé Loki era piuttosto divertito da quel nuovo
inganno ordito ai danni del suo vecchio compagno di giochi e s’immaginava il
volto esterrefatto e furente di Hreidmarr, quando
avrebbe scoperto di essere stato raggirato da qualcuno che riteneva morto.
“Mio
re, perdonate la domanda” intervenne Fandral che
aveva ascoltato con molta attenzione “Ma sarà sufficiente Heimdall
a sbaragliare le difese nemiche? Immagino ci saranno in molti a difende un
oggetto così prezioso.”
“Dimentichi
che i nani sono fabbri, non guerrieri!” lo zittì il finto Odino “Ad essere
pericolose sono le loro creazioni, non loro stessi. Hanno messo illusioni e non
guardie a proteggere i loro tesori. Saranno sufficienti gli occhi di Heimdall per riconoscere la verità.”
“Maestà”
insistette Fandral “Mi offro volontario per
supportare questa missione, essere in tre è più sicuro, qualcosa potrebbe
andare storto e, allora, due lame sarebbero meglio di una.”
Loki meditò qualche
momento e accarezzò con piacere l’idea di mandare lo spadaccino nel mondo delle
illusioni, sperava infatti che qualche brutta esperienza a Nidavellir
lo inducesse a rivalutare le sue idee circa la magia.
“Il
tuo desiderio di servire Asgard ti fa onore.” rispose
il re “Ti concedo di unirti alla missione, per ogni evenienza una persona in
più è utile.” poi si rivolse a tutti: “Ma non accorderò ad altri di partire,
altrimenti un drappello troppo numeroso si farebbe notare.”
Stabilite
queste cose e pochi altri dettagli, il monarca li congedò e Vör,
Heimdall e Fandral si
diressero verso il Bifrost.