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Autore: syontai    11/12/2013    12 recensioni
Un mondo diviso in quattro regni.
Un principe spietato e crudele, tormentato dai fantasmi del passato.
Una regina detronizzata in seguito ad una rivolta.
Una regina il cui unico scopo è quello di ottenere sempre più potere.
Un re saggio e giusto da cui dipendono le ultime forze della resistenza.
Una ragazza capitata per il volere del destino in un mondo apparentemente privo di logica, e lacerato dai conflitti.
Una storia d'amore in grado di cambiare le sorti di una guerra e di tutto questo magico mondo.
This is Wonderland, welcome.
[Leonetta, accenni Pangie, LibixAndres e altri]
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Leon, Un po' tutti, Violetta
Note: AU, Cross-over, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
Capitoli:
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Capitolo 14
La scintilla nell’oblio dell’incoscienza

“Come dici?” chiese incredula Violetta. “Leon è ferito gravemente. Potrebbe morire da un momento all’altro” ripeté Lena, cercando di risultare il più chiara possibile. “Dov’è adesso?”. “Non ne ho idea, ma che hai intenzione di fare? Non vorrai mica aiutarlo!? Dopo tutto quello che ha fatto, non merita di ricevere nemmeno un secondo delle tue attenzioni” la riprese la ragazza, mentre la rabbia saliva al ricordo del dolore provato dalla sua amica a causa della crudeltà del principe. “Io…hai ragione, non so che mi stia prendendo” si difese Violetta, lanciando però continuamente uno sguardo verso le mura del castello, come se da quello che stesse succedendo dipendesse tutto. “Dobbiamo andare” le interruppe Thomas, con un’espressione seria, e prendendo Violetta per mano per condurla all’interno dello castello. Ogni passo che facevano Violetta sentiva che ogni pensiero nella sua testa si tramutava nel ricordo di Leon, del suo sorriso crudele, ma anche del momento in cui l’aveva sentita cantare. L’amore può essere così irrazionale?, si chiese mentre avanzava lungo le stradine fino a sbucare al sentiero principale. Le guardie erano tutte raccolte all’ingresso, e bisbigliavano qualcosa, preoccupate per la sorte del principe. “Eccovi, la regina aspetta tutti nella sala d’ingresso per un annuncio importante! Svelti, se non volete che vi faccia tagliare la testa” ordinò un uomo sulla quarantina sventolando la sua lancia e incitandoli ad entrare in fretta. La piccola comitiva annuì e si precipitò all’interno della fortezza.
Tutta la servitù era riunita nel salone e ognuno si guardava intorno con circospezione e anche una certa dose di diffidenza. Violetta notò che Lara non era presente. Una donna dai capelli biondi con alcune ciocche grigiastre, raccolti sotto una cuffietta bianca parlava animosamente con una giovane ragazza, piuttosto confusa. “La situazione non sembra delle migliori. Ho sentito dire da una delle inservienti che il principe potrebbe non superare neppure questa notte. Ovviamente la regina è distrutta. Ho dovuto portarle montagne e montagne di fazzoletti” spiegò, con aria di chi sapeva tutto quello che succedeva in quel luogo. Dava proprio l’impressione della tipica impicciona, con quegli occhietti scuri e vispi che saettavano da una parte all’altra nel tentativo di ricevere nuovi scoop. “Come cameriera della regina, sono alquanto addolorata ovviamente, ma, come si dice, sappiamo tutti che Leon prima o poi avrebbe fatto quella fine. Insomma, una persona così malvagia!” sbottò spazientita, in attesa del comunicato regale. Non la smetteva di parlare, forse per nascondere l’ansia, forse per dare fiato a quella bocca in grado solo di sputare cattiverie. Violetta sentiva già una profonda antipatia per quella figura che eppure non aveva mai visto tanto spesso in giro per i corridoi. La ragazza al fianco della donna rabbrividì: “Non dovrebbe parlare in quel modo del principe. Se qualcuno dovesse sentirla…”. “Si vede che sei arrivata da poco, e che non sai chi sono io!” sibilò la donna, sistemandosi meglio la cuffietta, e dandosi arie di superiorità; in qualche modo quella donna le ricordava Lara, anzi, forse era anche più insopportabile. “Lo so benissimo che siete la domestica personale della regina, la capo governante, signorina Jacqueline” snocciolò la giovane, come se fosse una lezione da imparare a memoria. “Chiamami Jackie, se preferisci, non mi piace che la gente mi chiami con quel nome così lungo” la riprese Jackie in tono sbrigativo, per poi tornare a parlare di ciò che più le premeva: le ultime novità del castello. “La povera Lara, la domestica del principe Leon, ha avuto un grave mancamento non appena ricevuta la notizia. Sono così preoccupata per la salute di quella giovane, così cagionevole. Una brava ragazza dal cuore d’oro e dalla grande sensibilità, l’ho sempre pensato” continuò imperterrita, senza preoccuparsi di chi aveva vicino. Violetta infatti a quelle parole strinse i pugni, e osservò la donna dire quelle parole a rallentatore: una sostenitrice di Lara, e quindi sfortunatamente una sua nemica. Lara pur di eliminarla avrebbe potuto ricorrere all’aiuto di quella donna, e non poteva assolutamente fidarsi. “Sono proprio curiosa di sapere qual è l’annuncio. Strano che non mi sia stato riferito prima del resto della servitù, data la mia posizione” esclamò sicura di sé e della sua importanza. “Probabilmente la regina non ricorderà nemmeno il tuo nome” sussurrò Violetta, ridacchiando compiaciuta. Per sua sfortuna l’udito attento di Jackie non fallì nemmeno quella volta, e la donna, si girò a rallentatore verso di lei. “Scusami?” domandò acidamente. Violetta si ritrovò faccia a faccia con quell’odioso personaggio, che sembrava la stesse incenerendo con il solo sguardo per quella sua presunta sfacciataggine. “Dicevo solo che se la regina è tanto preoccupata non deve aver pensato ad avvertirla” disse con sicurezza, cercando di rimediare al danno. La donna annuì, sufficientemente soddisfatta di quello che aveva detto, ma ogni tanto si rivoltava verso di lei, inquisitoria. Finalmente il brusio fu interrotto dalla sola presenza della regina in cima alla scalinata. Il Bianconiglio, come mosso da una molla, si fece largo tra i presenti e saltellò fino a posizionarsi alla destra di Jade. “Le condizioni di mio figlio non sono buone” esclamò con tono freddo e distaccato. Se stava soffrendo per il figlio, riusciva a nasconderlo molto bene, pensò Violetta, rapita come tutti nella sala dall’imperiosa aura che emanava la regina di Cuori. Dal corridoio sulla sinistra sbucò Humpty, con un libro in mano e l’aria triste. Doveva aver saputo anche lui di Leon, e probabilmente si era allontanato dalla sua amata biblioteca solo per avere qualche altra notizia in proposito alla salute del principe. Jade osservò per qualche secondo il nuovo arrivato, che si mise affianco a Thomas, posandogli una mano pallida sulla spalla, quindi continuò a parlare: “Potrebbe morire questa notte stessa”. Prese una pausa, per dare tempo alle persone in sala di reagire a quella notizia. Humpty sospirò nel silenzio e lanciò uno sguardo dall’alto della scalinata a Violetta. La ragazza rabbrividì sentendo l’azzurro dei suoi occhi puntati su di lei come per supplicarla, per cercare conforto. “Ho bisogno che qualcuno si offra per prestare le cure dovute al principe. Qualcuno che possa stare al suo fianco tutta la nottata e che chiami i dottori nel caso in cui la situazione peggiorasse eccessivamente. Attendo un volontario”. Quelle ultime parole rimbombarono nell’aria, riempiendo tutto l’ambiente circostante. Le domestiche e i servi si guardavano perplessi: chi poteva essere disposto ad aiutare una persona così spregevole? Jade intuì che nessuno si sarebbe offerto, e tornò a parlare, lasciando tradire un accenno di fastidio, che ben presto si sarebbe tramutato rabbia, era evidente: “Attendo un volontario”.
Violetta avrebbe voluto che la questione non la toccasse, ma non era così. E il modo in cui Humpty la guardava non le rendeva facile il compito di ignorare quella richiesta. Si offra quella Jackie, visto che idolatra tanto la regina, pensò acidamente Violetta, abbassando lo sguardo, e concentrandosi sul meraviglioso mosaico ai suoi piedi che mostrava due rose rosse intrecciate.
“Ti ho già detto che non voglio che lo perdoni; sarebbe sbagliato e contro natura. Ti chiedo di capirlo, ti chiedo di restargli accanto nonostante tutto per aiutarlo. Forse ti ferirà, ti farà del male, non necessariamente fisicamente, ma lui ha bisogno di te. Se non sei pronta puoi non accettare, noi tutti lo capiremo, io per primo. Ti sto chiedendo troppo, troppo per una giovane ragazza”
“Bene” esclamò compiaciuta Jade, applaudendo con regalità all’improvvisa volontaria. Lena si voltò dove la regina stava guardando, e con suo enorme stupore vide la mano tremante di Violetta alzata. La ragazza aveva ancora lo sguardo basso, ma il suo braccio si ergeva sempre più lentamente fino a stendersi completamente. “Tu sei pazza!” sussurrò Lena, mentre anche Jackie si era voltata e spalancava gli occhi, incredula quanto gli altri. “Lui ha bisogno di me” rispose lentamente la ragazza, voltandosi con gli occhi lucidi. “Lui ha bisogno di me” ripeté, non del tutto convinta, e tornando a sostenere lo sguardo di Humpty, che le sorrideva fiero. Ricambiò il sorriso con una certa tensione sul viso. “Non stai chiedendo troppo per una giovane ragazza, in fondo” mormorò,  consapevole che l’uomo non potesse sentirla, vista la distanza.
La sera stava già per avvolgere la luce del sole nelle sue spire, gettando la sua tetra ombra quando Violetta varcò nuovamente la stanza di Leon per assolvere al suo compito, e un brivido la percorse. Eccola di nuovo lì dentro, ma questo volta era Leon quello debole, quello in balia della sua volontà. Senza saperlo, il principe doveva affidarsi a lei. Non poté fare a meno di chiedersi se sarebbe stato favorevole a tutto quello. Uno dei due medici si stava sciacquando le mani in un piccolo catino, e su un telo bianco sulla cassapanca ai piedi del letto, giacevano alcuni attrezzi metallici sporchi di sangue. L’uomo prese un panno pulito e si asciugò le mani, strofinandole vigorosamente. “Abbiamo rimosso tutti i frammenti della spada. Brutta storia, davvero. La ferita è parecchio profonda, ma non dovrebbe aver leso dei tessuti vitali, per fortuna. Questo ragazzo sta lottando con tutte le sue forze” disse, indicando il volto sofferente di Leon, che digrignava i denti, e strizzava la palpebre, in uno stato di completa incoscienza. “Se stanotte dovessi avere problemi, mi trovi nella stanza affianco” si raccomandò, raccogliendo i suoi attrezzi con l’intenzione di disinfettarli. Fece un lungo sbadiglio, e si stiracchiò leggermente, controllando un’ultima volta la fasciatura che aveva dovuto rifare. “Cambiagli la benda ogni tre ore, non voglio rischiare che la ferita non sia pulita. Vieni che ti faccio vedere come si fa” la chiamò il medico, mettendosi al lato del letto, e scoprendo la coperta. Leon era solo con i pantaloni, e il torace completamente scoperto. La fascia partiva dalla spalla sinistra, gli copriva parte del petto e passava sotto l’ascella. Il colore rosso del sangue penetrava il tessuto, e creava una macchia che si espandeva lentamente. Violetta si soffermò per qualche secondo, osservando i perfetti lineamenti scolpiti del corpo del giovane; la pelle era di un rosa pallidissimo e lucida per il sudore. Le numerose cicatrici partivano dall’addome definito, e raggiungevano tutto il resto del busto. Una cicatrice particolarmente profonda gli tagliava trasversalmente il petto. Il diaframma si abbassava ed alzava così come il suo petto, gonfiandosi, a causa della respirazione difficoltosa. Violetta rimase incantata, volendo incoscientemente imprimere nella mente ogni particolare di quel corpo perfetto. L’uomo diede un colpo di tosse, facendola riscuotere da quella sorta di visione divina. Pensandoci bene, era la prima volta che vedeva un ragazzo senza maglietta e questo la imbarazzava terribilmente. Vivere rinchiusa per diciassette anni non la aveva aiutato affatto, e certe esperienze non ne aveva mai fatte. Non aveva nemmeno mai baciato un ragazzo. “Allora, ci sei?” chiese il medico, prendendole la mano a passandola lungo il braccio del principe, per poi fermarsi sulla fasciatura. Non appena ebbe sfiorato con il dito la pelle di Leon, così ruvida eppure piacevole al tatto, per un secondo fu come se non ci fosse alcuna mano che guidasse la sua, era come se quei gesti fossero dettati dalla sua volontà, e si rese conto di sentire improvvisamente caldo. Le sue guance erano diventate bollenti, così come la sua mano, che non appena passo dalla pelle sudata al tessuto della benda, fremette quasi in segno di disapprovazione. “Ma…ma non dovrebbe essere vestito? Coperto, insomma” si azzardò a dire Violetta, arrossendo violentemente, mentre cercava disperatamente di non perdersi ad ammirare quei pettorali scolpiti che si alzavano e abbassavano velocemente. “Sta per morire, non credo che sia una questione essenziale. Abbiamo preferito non spostarlo se non per assoluta necessità, anche la maglia gliel’abbiamo tolta strappandola, senza muoverlo, per poter disinfettare la ferita” rispose acidamente il medico, trattenendo uno sbadiglio. Erano ore che stava in quella stanza, badando al giovane principe, e non vedeva l’ora di poter chiudere occhio per qualche ora. “Allora, per cambiargli la fascia, semplicemente alzi delicatamente il braccio, così…”. Prese la mano della giovane e la guidò in ogni piccolo movimento. “Cerca di essere precisa e di non muoverlo inutilmente. Non vogliamo emorragie non necessarie, e soprattutto pericolose” sentenziò l’uomo, guardandola con la massima serietà, e gli occhi infossati. Violetta annuì e osservò attentamente il volto sofferente di Leon, in bilico tra la vita e la morte. “Lotta, Leon, fallo per tua madre…” sussurrò la giovane, per poi salutare il medico e posizionarsi con una sedia vicino al letto. Avrebbe vegliato tutta la notte sul giovane principe, e in fondo non gli dispiaceva. Sapeva che Leon non era la persona orribile che voleva far credere di essere; soprattutto dopo il racconto del Bianconiglio ne era sempre più convinta. Con un dito sfiorò lentamente il fianco del giovane, e sorrise alla sensazione di solletico che provava al contatto. “Tu che una madre ancora la hai” aggiunse dopo quel silenzio, intristendosi al pensiero di Maria, colei che le aveva dato la vita, morta prematuramente quando aveva appena cinque anni. Si accovacciò su un angolo del letto e continuò a fissare Leon, pronta a scattare al minimo segnale di pericolo.
Un urlo improvviso la fece riscuotere dallo stato di torpore. Leon urlava in preda a delle convulsioni; la febbre aveva raggiunto dei livelli altissimi e lo stava conducendo al delirio. Violetta entrò nel panico totale. Forse doveva andare a chiamare il medico, ma se poi non avesse fatto in tempo? Passò la mano sulla fronte del ragazzo e si rese conto che era bollente. Accorse alla tinozza di acqua fredda e prese degli stracci. Li immerse velocemente, li strizzò e ne posò uno sulla fronte del ragazzo, che però non riusciva a stare fermo, in preda alla convulsioni e ai brividi. Violetta lo coprì per non farlo gelare, quindi aspettò le sue prime reazioni a quei cambiamenti climatici. Il respiro si regolarizzò, ma il turbamento non venne meno. “Che ti prende?” chiese disperata la ragazza, passandogli la mano sulla fronte e cambiando pezzo di stoffa. “Non voglio…non farmelo fare…NO!” strillò Leon, a notte fonda, con voce tremante, come se fosse prossimo ad un pianto disperato. Violetta provò a farlo tranquillizzare, ma Leon nell’agitazione le diede un colpo fortissimo al braccio, provocandole un dolore lancinante. “Leon…” sussurrò, implorandolo. Stava per arrendersi e si avvicinò alla porta per andare a chiamare il medico, quando qualcosa la fermò, una presenza intangibile, immateriale, e una voce: “Violetta…”. Si voltò di scatto, riconoscendo la voce del principe, e notò che la stava chiamando.
La mano rimase sospesa verso la maniglia, ma il suo cuore la fermava, perdendo un battito dietro l’altro. Aveva inventato tutto, oppure Leon la stava davvero chiamando? Decise di rimanere qualche altro minuto al suo fianco e se la situazione fosse effettivamente peggiorata ancora sarebbe andata a chiamare il medico. Si risedette su quella scomoda sedia di legno, e si fece coraggio. Alzò di poco la coperta, e vi fece scivolare la mano, che in poco tempo si andò ad intrecciare con quella fredda del giovane. “Andrà tutto bene, Leon, te lo prometto” sussurrò dolcemente, per poi poggiare il capo all’altezza del ventre, osservando il principe che sembrava ancora agitato. Come una presenza intorno al suo corpo le fece sentire un piacevole tepore, il fruscio delle ali celesti si fuse con il suo respiro, creando una melodia unica e inimitabile, una melodia che ricordava bene. Si voltò di scatto e vide solo il buio intorno a lei. “Mamma…?” mormorò la ragazza, chiamando a bassa voce una persona inesistente, un fantasma, un angelo. Si voltò nuovamente verso Leon, e vide che era rientrato nel vortice del delirio, che lo portava sempre più a fondo, sempre più vicino alla morte. Prese una nuova pezza di acqua fredda e dopo averla strizzata bene, la poggiò sulla fronte del giovane, cambiandola con la precedente, ormai diventata bollente. Mentre compieva quelle azioni canticchiò la canzone che poco fa le era passata la testa, la canzone che le cantava sempre la madre prima di dormire:
‘Ahora sé que la tierra
es el cielo,
Te quiero, te quiero,
Que en tus brazos
ya no tengo miedo.’
Finalmente il volto di Leon si rilassò al sentire quelle note, quella voce…era come se l’equilibrio fosse tornato nella sua mente ancora annebbiata dalla febbre, era come se qualcuno fosse finalmente venuto a salvarlo da quel buio, quell’oscurità e quel male di cui aveva sempre avuto paura ma che aveva sempre abbracciato come la sua fede.
Plick. Pluck. Le gocce scorrevano inesorabili in quella gabbia, fatta di sottili fasci neri. Leon osservava il mondo esterno, avvolto dalle ombre, mentre la testa gli scoppiava. Le immagini scorrevano velocissime, e non aveva nemmeno il tempo di assimilare l’atrocità di una, che subito quella dopo lo tempestava come un flash. Stava impazzendo, e desiderava solo che tutto avesse fine. E alla fine successe. La testa si svuotò improvvisamente, e una mano candida attraversò le sbarre, afferrando la sua. Quel calore…lo aveva già conosciuto quel calore così piacevole; e poi quella voce. Non poteva sbagliarsi, la voce di Violetta non l’avrebbe potuta confondere tra mille. Senza saperlo si ritrovò tra la sue braccia, all’esterno, stretto a lei. Il suo profumo placava i suoi sensi, e improvvisamente tutto intorno non vi era più nulla. Non oscurità, solo vuoto. E senza più alcuna volontà, completamente rapito dalla voce di Violetta, si inchinò di fronte alla ragazza, facendo scorrere la mano tra la sua, apprezzandone il candore e il tepore. Quindi si avvicinò sempre di più con le labbra, sfiorandone la pelle, e lasciando un lieve bacio, lieve come neve sciolta, come la sensazione di frescura di un soffio di vento. “Sei il mio principe” disse Violetta, smettendo di cantare, con un sorriso solare, arrossendo per quella strana situazione. “Sarò ciò che vuoi, Violetta, ma ti prego, non smettere di cantare. Fallo per me” la implorò, rialzandosi lentamente in piedi, mentre tutto intorno prendeva velocemente colore. Violetta gli sfiorò il braccio con dolcezza, intonando ancora la canzone, con la sua voce pura come la limpida acqua che sgorga zampillando dalle sorgenti più nascoste. Arancione, viola intenso, rosso sangue, tutto gli appariva sfocato intorno. Si ricordò della vecchia immagine del libro, e sorrise scioccamente: possibile che si fosse veramente innamorato? Possibile che non riuscisse a togliere quella ragazza dai suoi pensieri?
La luce dell’alba con i suoi raggi irruppe a forza nella stanza. Leon aprì gli occhi per qualche secondo, prima di richiuderli frastornato da un mal di testa insopportabile, e da una strana spossatezza. Sentiva caldo e i brividi allo stesso tempo. Cercò di muoversi, ma la spalla gli faceva troppo male, quindi decise di rimanere disteso, e di riposarsi ancora. Ricordava poco di quello che era successo prima che perdesse i sensi. Era ancora troppo frastornato per pensarci. La mano destra era stretta attorno a qualcosa di caldo, e all’altezza del ventre avvertiva un peso leggero. Si decise ad aprire nuovamente gli occhi, sfidando la luce intensa, e vide i riflessi brillanti sui capelli leggermente mossi della ragazza, profondamente addormentata. Aveva il braccio destro disteso su di lui e la testa poggiata su di esso. Era bellissima, e sarebbe rimasto ore a guardarla, poi si rese conto che le loro mani erano strette. Sorrise quasi inconsapevolmente, e si ricordò del sogno che aveva fatto quella notte quando aveva riacquistato un po’ di lucidità. Non ne ricordava tutti i dettagli, ma era certo che ad un certo punto lui si fosse inchinato al cospetto di Violetta, come nell’immagine del libro che gli aveva mostrato Humpty Dumpty. Non ebbe il coraggio di sciogliere quella stretta, non voleva svegliarla e non voleva abbandonare quella mano. Mosse il braccio sinistro, rimasto illeso, fuori dalla coperta e sfiorò il più delicatamente possibile la guancia della giovane. La sensazione dell’accarezzare era proprio identica a quella del sogno, ma le emozioni erano più intense, più vive. Fece scivolare la mano sui suoi capelli, incerto sul perché sentisse il bisogno di agire in quel modo. Portò le dita alla narice ed ispirò il profumo intenso che emanavano quei capelli. Ma ciò che catturò la sua attenzione più di ogni altra cosa era la bocca socchiusa di Violetta, che non chiedeva altro se non di essere baciata. Le labbra sottili, ma non troppo, lo ipnotizzavano completamente, provocandolo. Chiuse gli occhi e prese un respiro profondo, per non cedere a nessuna di quella tentazioni. Ma che gli stava prendendo? Lui non era così, non lo era mai stato. Chiudendo gli occhi, il battito del cuore tradì comunque i suoi sentimenti. Cercò di muovere la mano destra per metterla sul petto e rendersi conto di quello che stava succedendo, ma si scordò che era ancora stretta in quella di Violetta, e in più il dolore sulla spalla e all’altezza del petto non glielo permetteva. Quell’impercettibile movimento comunque fece svegliare Violetta lentamente, che emise un piccolo sbadiglio, strizzando gli occhi più volte. Le immagini erano ancora un po’ sfocate, ma dopo qualche secondo si abituò alla fortissima luce, ed incontrò per un secondo lo sguardo di Leon. “Buongiorno” disse con un mezzo sorriso, sbadigliando nuovamente. “Che ci fai qui?” chiese direttamente Leon, senza perdere tempo. Voleva essere sicuro che non fosse successo quello che temeva. Non voleva avere debiti nei suoi confronti, voleva solo che fossero il più distante possibile. “Sono rimasta tutta la notte con te” rispose. Era sincera, lo leggeva nei suoi occhi, nella sua voce; e si maledì per quella sciocca domanda. Che sperava di ottenere allontanandola? Non lo sapeva, ma si sentiva debole al suo cospetto, ed era una sensazione altamente sgradevole. “Adesso puoi andare, ci penserà il medico a me” ordinò il principe, cercando di mettersi seduto sul letto. Ma quel movimento gli era impossibile a causa del ferita aperta, e sul suo viso si disegnò una smorfia di dolore. Due mani si poggiarono sul suo petto e lo spinsero nuovamente indietro facendolo tornare disteso. Violetta lo guardava seria, a qualche centimetro dal suo viso e non accennava a togliere le mani dal petto, impedendogli il più piccolo movimento. “Non devi fare nessuno sforzo” sibilò la ragazza, osservandolo attentamente. “E chi ti dice che quello sia una sforzo?” ribatté Leon, con aria di sfida. Ma un’occhiata di Violetta lo intimorì all’istante, facendolo sentire un cucciolo abbandonato. “Non ti muovere” scandì bene ogni sillaba. Si rese conto che le sue mani premevano sul suo petto nudo con insistenza, e non sapeva come reagire. “E come potresti impedirmelo?” continuò, lasciandosi guidare dal suo eccessivo orgoglio. Violetta non disse nulla, rapita da qualcosa, forse dal suo sguardo, non sapeva spiegarselo bene. Sapeva solo che i brividi di freddo erano sostituiti da un calore che premeva sulla pelle, ansioso di scatenarsi all’esterno del suo corpo. La porta si aprì, interrompendo quel momento, e Violetta con uno scatto si allontanò dal letto, arrossendo.
L’immagine del volto imbarazzato di Violetta tremolò lentamente, quindi vorticò fino a dissolversi nel nulla, restituendo il fondo bianco della tazzina. Il tè al suo interno era fumante, e Beto lo fissava soddisfatto. “Non dirmelo. Avevi ragione, e io non ti ho ascoltato” sbottò Beto, mentre Camilla ghignava beata, addentando un biscotto alle noci. “Nessuno ascolta mai i gatti parlanti, che brutta abitudine” lo punzecchiò lo Stregatto, muovendo la coda soddisfatto. “Ti ho già chiesto scusa per non averti creduto” esclamò spazientito il Cappellaio, scattando in piedi. “Quindi lei potrebbe farlo. Può liberarci tutti. Lo sta già facendo con quel giovane, strappandolo dal suo passato” ipotizzò Camilla, sorridendo in modo ebete. “Rimane da scoprire se lo strapperà al suo futuro, cara Camilla”. “Non pensi ci riuscirà? Intanto è l’unica che ne ha una possibilità. Non è di questo mondo” continuò la ragazza, afferrando un altro biscotto avidamente. Beto annuì, effettivamente convinto da quelle parole: “Spero solo che il suo destino si intrecci nuovamente con il mio, almeno potrei aiutarla con il principe”. L’uomo, si tolse il cappello e lo appoggiò sul tavolo, mostrando la sua capigliatura nerissima scompigliata. Prese con un timore quasi reverenziale la tazzina e ne osservò il contenuto. “E adesso, signorina Castillo, siamo curiosi di leggere il prossimo capitolo della sua storia” esclamò, bevendo il tè bollente tutto in un sorso. 










NOTA AUTORE: Amo poco questo capitolo, insomma. Io ho ancora i brividi, e lasciatemi piangere in silenzio. Ok, dovrei un minimo parlarne del capitolo, però xD Ma che devo dire? SI COMMENTA DA SOLO, INSOMMA. E' per ora il mio preferito :3 Ma chissà come mai :3 Allora, riassumendo: Leon sta in fin di vita, e Violetta, dopo aver fatto la conoscenza di uno sgradevole personaggio, si offre volontaria per accudire Leon, ricordando le parole di Humpty. In fondo la preoccupazione eccessiva che hai nei confronti del principe le fa pensare di provare qualcosa per lui, ma non ne è certa. SEH, NON E' CERTA. Violetta, la tua bava sul pavimento ne è la prova (non mi andava di fare una Nota seria). Shinebright anzi si congratula per il tuo eccezionale autocontrollo, scommetto xD Ma ok, passando oltre, ma quanto è dolce il sogno di Leon? Boh, io lo adoro. Ma non solo, anche il risveglio mi ha fatto tanto emozionare a livello di Leonettosità. MA VENIAMO ALLE COSE SERIE. Ecco il nostro Beto che torna, costretto a dare ragione a Camilla. Ma le sue parole se possibile sono ancora più enigmatiche. Ma molto molto interessanti, e forse più comprensibili xD Onestamente mi piace un sacco il momento finale, molto misterioso, e Beto spera di poter incontrare nuovamente Violetta (cosa che succederà, tra parentesi xD), per aiutarla con il principe. Come mai? I due fanno intuire che quello con Leon è un esperimento, o qualcosa del genere, ma non sappiamo a proposito di che cosa :3 Tutto verrà a galla, ma intanto godetevi il momento di mistero :3 E l'ultima frase con cui si chiude il capitolo è da brividi. Ora so che non dovrei dirvi nulla, ma...Non è un po' strano quest'utilizzo della parola 'storia' da parte dei due personaggi? (viene usato anche nel capitolo 13 da Camilla). Non è assolutamente casuale, ma non voglio che poi ci arriviate troppo facilmente, altrimenti addio sorpresa xD Vabbè, per ora la finisco qui, e ci vediamo al prossimo capitolo, di cui non do anticipazione, altrimenti mi ammazzate come per l'altra volta xD Si intitola 'Cavalcanti fu il poeta e chi lo lesse', e già dal titolo, potrete intuire dei personaggi su cui è incentrato il capitolo. Esatto, i nostri Leonetta, a cui devo dedicare questi due-tre capitoli (che sofferenza, guarda xD), perché come ho già detto adesso sta nascendo la loro storia d'amore, e per quanto sia improvvisa, consta sempre di una maggiore consapevolezza del principe durante questi capitoli :3 Ma già la vediamo che un pensierino su Violetta ce lo sta facendo. Eddai, Leon, ormai è chiaro che sei innamorato ù.ù Grazie di tutti voi che mi seguite, sono proprio contento che questa folle storia vi piaccia così tanto, e niente, alla prossima! Buona lettura a tutti! :D


 
  
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