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Autore: Tsuki82    12/12/2013    1 recensioni
...le si era scagliato contro come un lupo affamato...e finalmente seguì l'incoscienza, l'oblio...e rimase solo il nero ignoto del nulla...
Non si può mai sapere quando il caso giocherà la sua ultima carta ma ciò che ci rende migliori alla fine sono i ricordi e se questi vengono a mancare che cosa potrà mai succedere? Si può vivere vagando tra la gente come uno sconosciuto e non capire perché tutti si voltano a guardare? E quanto è vicina la pazzia in questi casi?
Scopritelo con me, in un viaggio che sconvolge le regole di un uomo e di una donna che si cercano all'infinito. Buona lettura.
Genere: Azione, Drammatico, Erotico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kaori/Greta, Ryo Saeba/Hunter
Note: Lime, OOC, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: City Hunter
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Ryo se ne stava seduto in silenzio sul letto, cercando di mettere a fuoco i ricordi, nel chiarore di una stanza che diceva molto del suo occupante: solo, affaticato e indeciso.

Che diavolo ci faceva lui in un appartamento del genere? E soprattutto perché Doc non aveva voluto dirgli nulla?

Quel ne riparliamo dopo, con cui lo aveva liquidato meno di quindici minuti prima, non era rassicurante. Il tono usato, l'espressione del volto, gli dicevano che c'era qualcosa sotto, ma cosa?

Uscì in silenzio dalla stanza e percorse pochi passi fino ad arrivare alla porta con su scritto Kaori. Si fermò, sentendo delle voci, e origliò.

“Devi andare via da qui, almeno per adesso.” diceva una voce femminile.

“Lo sai che non posso. Proprio non posso.” rispose la donna dai capelli rossicci, il suono della sua voce lo fece sobbalzare...

“Kaori,” disse Miki, afferrandole una mano, “restare qui non servirà a nulla. Non puoi fare niente, lo capisci vero?”

La sweeper tolse la mano dalla stretta della sua amica, “Tu abbandoneresti Umibozu?” chiese con espressione arrabbiata. Possibile che nessuno di loro capisse?

“Ma non è la stessa cosa...” tentò di dire Miki.

“Invece sì. È esattamente la stessa cosa. Non posso fare finta che gli anni passati non siano mai esistiti, non riesco a lasciarlo andare.” fece con il pianto negli occhi, “Non posso.”

Le donne si guardarono per un istante, poi la mercenaria sospirò...

Ryo rimase immobile appoggiato con le spalle alla porta, sul suo viso c'era uno strano sorriso che non sapeva di avere. Per un attimo, un istante durato un battito di ciglia, il suo stomaco si era rivoltato.

Si allontanò e tornò indietro, aspettando di avvertire solo la presenza di Doc, prima di uscire di nuovo, ma, appena si chiuse la porta alle spalle, cadde a terra svenuto e senza forze.

Kaori fu la prima ad accorrere e nessuno osò dire niente quando la videro.

Con il suo corpo gracile e fino, lo aveva sollevato, afferrandogli il braccio, e lo stava sdraiando sul letto.

Era quella la loro intimità, il loro essere quotidiano e niente avrebbe potuto cambiarlo, neanche la paura dell'ignoto. Kaori era la sola che poteva stargli accanto e, così stanco, fragile e debilitato, Ryo non sarebbe stato un problema.

Comunque Doc doveva mettere in guardia l'uno dall'altra e non poteva aspettare. Accennò un congedo con il capo, rivolto ai quattro che li osservavano, e rimase a guardare.

Non proferì parola mentre la donna massaggiava delicatamente le braccia di Ryo con un unguento per dare sollievo ai muscoli infiammati, si limitò a seguirne il delicato movimento delle mani, ad osservarne lo sguardo triste e malinconico.

Lei era la sola persona che aveva dato a Ryo una ragione per lottare, l'unica in grado di aprire una breccia nella sua corazza. Vita, morte, desolazione, ostacoli, tutto ciò che aveva vissuto, era divenuto nulla se messo a suo confronto.

Lo sweeper si mosse, come se fuggisse dal suo incubo, le labbra urlavano mute un richiamo poi...

Scattò a sedere d'un tratto, afferrando il suo assalitore al collo e stringendo forte.

Appena mise a fuoco, incontrò gli occhi sbarrati e spaventati della donna, ma non riusciva a controllarsi, a fermarsi.

Kaori cambiò espressione, il suo sguardo si addolcì, tenero e gentile, e anche se non riusciva a parlare, a causa della morsa ferrea che aveva sul collo, sillabò tre parole: va tutto bene.

Fu come ricevere un caloroso abbraccio, come sentirsi protetti e allo stesso tempo amati, fu qualcosa che non ricordava di aver mai provato.

Allentò la presa, lasciandola respirare. Ancora un momento e Doc lo avrebbe sedato, sentiva la sua aurea preoccupata e pronta all'azione. Il suo istinto di sopravvivenza era infallibile e, in quel momento, gli aveva gridato di lasciarla per non cadere addormentato e perdersi quegli occhi che, senza accusarlo, sembravano chiedergli scusa per averlo spinto a tanto.

Sorrise un istante e di nuovo si addormentò, più sereno di quanto fosse mai stato.

  
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