Il ventidue
novembre.
P.O.V
Sebastian
Stavo
camminando lentamente nei corridoi, il mio passo era simile a quello di
un
condannato a morte che si avvicina al patibolo ma la posta in gioco era
troppo
alta per tirarmi indietro.
Arrivai
davanti a quella porta che mai come allora mi sembrò
così spaventosa così
bussai piano sperando che non ci fosse nessuno dietro quella porta ma
per mia
sfortuna o fortuna, visto che non avrei più trovato il
coraggio di farlo in un
secondo momento, una voce decisa e leggermente brusca mi
invitò ad entrare. La
presidenza era una stanza molto grande: le luci soffuse ,delle strane
poltrone
colorate che stonavano con le pareti color avorio, un enorme orologio
faceva
una bella mostra di se quasi a ricordarmi che l’orario di
visita era scaduto da
tempo e una cattedra abbastanza grande da contenere due tigri del
bengala ma
che sembrava microscopica con tutte quelle scartoffie sopra.
-Aveva
bisogno di qualcosa signor Smythe?- e ,davvero, non avrei dovuto
guardare così
tante volte la porta , le mie gambe non avrebbero dovuto tremare
così tanto e
decisamente la mia faccia non sarebbe dovuta sembrare così
disperata e forse
per questi motivi o per il semplice fatto che ormai era stata
interrotta, la
preside scostò malamente le scartoffie che stava
precedentemente compilando e
mi guardò con attenzione.
-Per
quale motivo si trova qui a quest’ora tarda della notte?-
chiese ancora mentre
mi davo mentalmente dell’idiota per non aver risposto alla
domanda precedente
così ,prendendo un bel respiro, dissi solo -Sono qui per
parlarle della
condizione familiare di Thad Harwood-.
Gli
occhi della preside mi scrutarono curiosi e il mio cuore
saltò qualche battito;
ormai non potevo più tirarmi indietro.
P.O.V
Nick
Aprii
la porta della stanza di Thad e Sebastian preoccupatissimo
perché sia Thad che
Sebastian non si erano presentati alle lezioni mattutine, Jeff aveva
provato
più e più volte a rassicurarmi ma dopo il pranzo
ero letteralmente schizzato
via dalla sala prove degli Warbler (che ,tra l’altro,
continuavano a tartassare
di domande me e Jeff per sapere cosa stesse succedendo a Thad) per
andare a
vedere cosa stessero facendo quei due.
Ignorai
Jeff che, con il fiatone dovuto alla corsa che aveva fatto per
raggiungermi,
continuava a ripetermi di lasciarli la loro privacy e spalancai la
porta, mi
tranquillizzai nel vedere Thad che dormiva e -Okay Jeff avevi ragione,
Thad stà
bene e io mi sono preoccupato per nulla- dissi iniziando a scuotere il
più
delicatamente possibile il moro che però con mio sommo
orrore non si svegliava
-Nick?- sussurrò Jeff leggermente spaventato
dall’innaturale immobilità
dell’ispanico -Prova a svegliarlo tu- dissi con una voce che
a stento riconobbi
come mia.
Erano
passati dieci minuti e Thad non si svegliava così -Prendilo
per le ascelle,
dobbiamo portarlo in infermeria- dissi a Jeff che mi guardava cercando
delle
rassicurazioni che io non potevo dargli -M-ma lui non può
andarci. Noteranno i-
sussurrò incerto il mio biondo indicando le cicatrici del
corpo dell’ispanico
che si potevano vedere anche da quella poca pelle scoperta dal pigiama
-Jeff
lui DEVE andare in infermeria- e ,sul serio, non ricordavo di aver mai
ringhiato in quel modo contro qualcuno ma non mi sentii in colpa con
Jeff
neanche per un istante (ovviamente il giorno dopo lo riempii di scuse a
non
finire) ma proprio quando stavo per prendere il braccio il mio migliore
amico
-NICK SO CHE COS’HA- mi urlò Jeff nelle orecchie
con un sorriso sollevato in
volto indicando il flacone vuoto abbandonato sul comodino.
-Sono
sonniferi Jeff- dissi con voce fin troppo glaciale per i miei standard,
mentre
un ondata di paura spazzò via con stizza il sollievo che
,per poco, avevo
provato -Potrebbe averne presi una dose e-esagerata- balbettai cercando
di non
pensare al peggio,
-Ma
non l’ha fatto, mia zia usava dei sonniferi per dormire e
conosco la dose
giusta. Thad ne ha presi abbastanza per dormire 12 ore intere non di
più- disse
il mio ragazzo sicuro di se e con quel sorrisone ad incorniciargli il
volto,
così, rilassai le spalle e lo abbracciai stretto.
Dovevamo
solo aspettare che Thad riprendesse coscienza.
P.O.V
Thad
La
testa sembrava voler scoppiare da un momento all’altro, la
luce mi sembrava
accecante, le voci troppo alte in torno a me e il mio corpo che formicolava dappertutto.
-S-seb?-
balbettai cercando di riacquistare la vista, -No, siamo i Niff- disse
Jeff
facendomi sorridere per quel nomignolo che gli avevo affibbiato e -Che
ci fate
qui?- chiesi confuso guardandomi intorno -Perché hai preso
dei sonniferi Thad?-
chiese duro Nick che, finalmente ero riuscito a sconfiggere la luce ed
aprire
gli occhi, era a due spanne dal mio letto.
I
ricordi della scorsa notte mi riportarono bruscamente alla
realtà e
-Quanto
ho dormito?- chiesi cercando di alzarmi dal letto -Dodici ore e mezzo-
disse
calmo Jeff spingendomi di nuovo tra le lenzuola.
-Rispondimi
Thad- quasi abbaiò Nick furente e facendomi perdere qualche
battito -Io non gli
ho presi me li ha dati….- dissi spalancando gli occhi, un
brutto presentimento
mi fece venire la pelle d’oca mentre ripensavo velocemente a
tutto ciò che
aveva fatto Sebastian: i suoi troppi “scusa”, la
sua determinazione a non
lasciarmi tornare da mio padre, volermi portare a far vedere da qualche
medico
e tutto mi fu chiaro.
P.O.V
Narratore
Thad
alle due e dieci del pomeriggio di uno degli ultimi giorni di novembre
si
ritrovò su un letto, in pigiama e con i suoi amici che
cercavano di farlo
tornare in se, Thad alle due e dieci del pomeriggio del ventidue
novembre si
ritrovò con il cuore spezzato da quella persona che era
riuscita, seppure per
poco, a rincollargli tutti i pezzi.
Sebastian
alle due e dieci del pomeriggio del ventidue novembre si
ritrovò a piangere in
silenzio con la schiena contro un albero della scuola mentre guardava
la
macchina grigia della preside uscire dalla scuola.