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Autore: Fantasiiana    13/12/2013    8 recensioni
Se tenete alla vostra sanità mentale vi consiglio di NON LEGGERE questa storia.
Fatti e persone presenti all'interno di essa NON sono puramente casuali, purtroppo.
Se avete un po' di sale in zucca, CONTINUATE A SCORRERE LE STORIE, NON FERMATEVI! (Per la vostra sicurezza).
Se siete degli squilibrati, CONTINUATE A SCORRERE LE STORIE, NON FERMATEVI! (Per la vostra sicurezza).
Se siete ragazzi razionali, che non credono a forze sovrannaturali o che possano minimamente esistere altre creature al di fuori dei mortali, PERFETTO! Potete leggere quanto volete, sempre che lo vogliate, ma se la storia comincia a piacervi: FERMATEVI! (Per la vostra sicurezza).
Ah, dimenticavo, sono Adèl Raicemond e, purtroppo, non sono una persona normale. Non proprio...
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ade, Annabeth Chase, Nico di Angelo, Nuovo personaggio, Percy Jackson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ricevo in anticipo il mio regalo di Natale e vengo cacciata





Il giorno dopo Fala mi avvisò che mio padre avrebbe gradito la mia presenza durante la colazione che si sarebbe tenuta nel giardino di Persefone.
Quando parlo di giardino non parlo di un piccolo pezzo di terra di otto metri quadrati, ma parlo di questa specie di piazza enorme rivestita di erba bagnata di rugiada e di fiori con grosse gemme al posto del polline. C'erano anche alberi, siepi, una fontana gorgogliante e un gazebo in marmo grigio.
Quel giorno indossavo un vestito simile a quello del giorno prima, ma con due spalline e nero.
Miei dei, finalmente qualcosa di nero!

Ero più riposata e stavolta sarei riuscita a sostenere una conversazione per più di un paio d'ore.
Sotto il gazebo, vi era una rotonda tavola apparecchiata, attorno al quale sedevano mio padre Ade, la mia matrigna Persefone e il mio dolcissimo fratello Nico. 
C'era bisogno di aggiungere gli appellativi? Sì, per sottolineare il fatto che eravamo una bella famigliola felice.
Non appena fui ai piedi della scalinata del gazebo, composta da tre gradini, feci una piccola riverenza e mi andai a sedere nell'unica sedia libera: accanto a Nico e Persefone.
Evviva...

-Sei in ritardo- commentò Persefone senza scomodarsi a guardarmi e prendendo una tazzina da tè al cui interno si trovava del nettare.
Gettai un'occhiata a mio padre, ma lui guardava il suo piatto colmo d'ambrosia, senza degnarmi di uno sguardo.
Bene! Me la cavo anche benissimo da sola!

-Perdonatemi, mia signora. Ero talmente impegnata ad ammirare il vostro giardino da non rendermi conto dell'ora tarda- mentii con tono angelico. -Non succederà più.
La tazza di Persefone si bloccò a mezz'aria, mentre i suoi occhi si chiudevano a fessura su di me per squadrarmi.
Bevitela! Ti prego, bevitela!
pregai, ma non mi riferivo di certo alla bevanda.
-Sarà meglio- mormorò Persefone, e bevve.
Calai gli occhi sul mio piatto, colmo di frutta fresca e succosa.
Fui tentata di mangiare, ma Lerea mi aveva avvertita del rischio che correvo solo ad assaggiarne un pezzetto.
"Resterai negli Inferi per sempre." E voi capite bene che restare in quel posto per l'eternità con una dea che mi odiava... Non era esattamente la mia più grande aspirazione per il futuro.
-Non è cibo degli Inferi, Adel. Stamane ho mandato una Furia a recuperare del cibo mortale per te e Nico. Puoi mangiare tranquillamente- mi assicurò mio padre come se mi avesse letto nel pensiero.
Gettai uno sguardo a Nico, che mangiava tranquillamente dell'uva verde.
Lo imitai, addentando la mela rossa che avevo davanti. Era squisita e la mia lingua gioì nel rientrare in funzione dopo così tanto tempo.
La colazione continuò in silenzio, poi mio padre ci congedò.
Nico e Persefone se ne andarono in fretta e furia e fu allora che mi resi conto che non sapevo dove andare. La vocetta maligna che avevo nella testa disse: "Visto? Non c'entri niente tu qui!"
Ma da che parte stava?
Feci per tornare in camera mia, ma una voce mi fermò.
-Adel- mi chiamò Ade.
Mi voltai.
-Vieni, ho qualcosa per te.
Ero pronta a seguirlo, ma lui si limitò a sollevare una mano verso di me, il palmo rivolto verso l'alto.
Lo guardai interrogativa.
-Il posto dove dobbiamo andare è parecchio lontano da qui. In questo modo faremo prima- spiegò.
Guardai in quei suoi occhi neri e penetranti. Erano freddi e inespressivi, come un muro nero che nascondeva quello che c'era oltre di esso, che nascondeva i sentimenti. Deglutii.
-Prendi la mia mano- mi disse, e io ubbidì. La sua pelle era fredda al contatto, come se fosse morta. Però in un secondo momento, sentii la sua morbidezza e la sua forza, e il freddo sparì.
Ad un tratto, sentii la terra mancarmi sotto i piedi e poi il buio invase i miei occhi, mentre la testa prendeva a girare.

Aprii gli occhi e incontrai la volta nera della caverna, in lontananza.
Nella testa avevo uno strano ronzio, come se qualcosa stesse cercando di parlarmi, solo che non capivo quello che voleva dirmi.
Cercai di mettermi a sedere e subito mi invase uno strano dolore in tutto il corpo.
Capii quello che il ronzio voleva dirmi: "Huston, Huston, abbiamo un problema, abbiamo un problema! Allarme dolore! Non muoverti!"
Ma, ovviamente, mi ero mossa.
Mi alzai a sedere, accorgendomi di essere distesa in un suolo arido e grigio come se fosse cenere.
Mi guardai intorno, confusa. Non ero più nel giardino di Persefone.
(Che perspicace!)
Poco lontano da me, oltre un pendio di roccia scoscesa, vi era uno stretto e impetuoso fiume... nero. Aveva il colore del nulla, del vuoto totale, della morte...
Sembrava fatto d'inchiostro, come se una boccetta fosse caduta e il liquido al suo interno si fosse versato.
-Quello è il fiume Lete- mormorò una voce familiare, profonda e penetrante.
Mi voltai verso l'origine del suono e vidi Ade in piedi accanto a me.
Eppure... Ero sicura che lì ci fosse solo un'ombra...

-Sei svenuta per parecchio- commentò lui.
Mi sentii avvampare.
-Scusami, padre, io...
-Non preoccuparti- mi interruppe lui incamminandosi verso il fiume.
Rimasi ancora un po' a guardarlo. Camminava leggero verso la sua meta, come fluttuando, senza deviare neanche un sasso che gli intralciava la strada. Anzi, sembrava attraversarlo. La pendenza non sembrava turbarlo e procedeva tranquillo e senza scomporsi, come un tuttuno con il resto del paesaggio.
Bè, è il suo regno... Cosa pretendi?

Mi alzai spolverandomi e sistemandomi il vestito, ma con scarso successo. Rimase comunque sporco di terra grigia e stropicciato.
Fala e Lerea mi uccideranno
mi dissi, e lo seguii.
A diffirenza di mio padre, le roccie, io, dovetti evitarle.
Sollevavo grandi nuvole di polvere bianca e spesso finii faccia a terra. Insomma, il massimo della grazia! Un elefante incinta con in groppa due balene avrebbe fatto meglio mi dissi calando la mia autostima già bassa a meno cento.
Sbuffai per l'ennesima caduta, pulendomi le ginocchia sbucciate.
Alla fine, riuscii a raggiungere Ade, che osservava impassibile le acque del fiume scorrere veloci davanti a lui.
-Questo è Lete, il fiume dell'oblio- ripetè lui. -Una sola goccia di esso basterebbe a farti dimenticare chi sei. Perderesti la memoria e non ci sarebbe cura. E' qui che gli eroi vengono per dimenticare la loro vita precedente e rinascere.
Rabbrividii.
-Perchè siamo qui?- chiesi.
Per tutta risposta, il dio sollevò una mano e sprigionò da essa uno strano fumo nero, che invece di disperdersi nell'aria in volute trasparenti -come fumo normale, insomma- si unì in una nuvola nera e si condensò a formare...
-Una spada?!- mi lasciai sfuggire sbalordita.
Era un'arma... fredda.
E l'aggettivo non è usato a sproposito: la spada era trasparente ed era fatta di ghiaccio! O almeno, sembrava fatta di ghiaccio...
-E' bronzo celeste... Ma con qualche proprietà in più- spiegò Ade. E mormorò qualcosa a proposito del bronzo celeste che era perfetto per uccidere mostri, ma io ero troppo impegnata ad ammirare l'arma per sentirlo.
Era stretta e lunga, totalmente priva di fregi.
Mio padre la impugnò e si avvicinò al Lete. Immerse la punta della lama trasparente nelle veloci acque nere del fiume e attese.
Piccoli rivoli neri si allungarono come tentacoli dal fiume e si attorcigliarono attorno alla lama. Il bronzo assorbì i tentacoli d'acqua che penetrarono nella lama e si condensarono unendosi ad essa. Alcuni tentacoli proseguirono la loro corsa verso l'elsa, ma non riuscì a vedere ciò che accadeva, perchè il mantello di mio padre copriva la visuale. Alla fine dell'operazione, Ade ritrasse la spada e me la mostrò. La lama si alternava in un gioco di nero e azzurro-bianco. La guardia era decorata da un elegante insieme di ghirigori neri, i lati, invece, con piccolissime pietre nere, e al centro vi era una grande A nera scritta in un carattere raffinato che riuscii a leggere a stento, sia per la dislessia, sia per l'inclinamento della lettera e i vari ghirigori. L'elsa era circondata da fregi neri con l'aspetto di rami rampicanti cosparsi di foglie, e in cima troneggiava una grande pietra nera a forma di rombo. 
-E' un diamante nero, unico nel suo genere- spiegò Ade. (Come saprete, mio padre è anche il dio dei "frutti" della terra, se le pietre si possono definire così, perciò non mi stupii più di tanto... credo.) 
Restai ad ammirare la lama, finchè un dubbio non si insinuò nella mia mente. 
-Questa... Questa è per me?- chiesi con voce rotta dall'emozione.
Ade annuì e me la porse. 
-Si chiama Lete, che in greco significa Oblio.
La impugnai, e scoprii che era più leggera di quanto mi aspettassi. Pesante sì, ma almeno non era piombo. 
-La sua lama, oltre a uccidere mostri, getta nella confusione chiunque la sfiori. Una ferita profonda significa oblio totale. 
Lo guardai ad occhi sgranati.
-Tu sei la sua padrona. A te non farà alcun male. Ma a te soltanto. 
Annuii, sollevata.
-Tocca il diamante. 
Ubbidì, portando l'indice all'altezza della pietra. 
Forse fu per l'eccitazione, o per la troppa foga, sta di fatto che misi più forza del dovuto in quel gesto e... la pietra affondò nell'elsa. 
Ero pronta a morire lì, forse per volere di mio padre, o addirittura mio, ma nell'attimo successivo, la spada si restrinse e si trasformò in un anello con il grosso diamante al centro. 
-Così lo avari sempre a portata di mano- disse mio padre sotto il mio sguardo sollevato e sbalordito insieme.
-Grazie- risposi a occhi sgranati, trattenendo le lacrime. Avrei voluto abbracciarlo, ma non ero sicura fosse concesso. 
Seguirono istanti di silenzio, di cui approfittai per infilarmi l'anello al dito (indice destro, per la precisione). 
Di solito non mi piaceva indossare gioielli e chincaglierie varie, orecchini, bracciali, collane o anelli che siano... Ma quello non era un anello vero e proprio, giusto? Era una spada legata al dito!
-C'è un'altra cosa... 
Guardai mio padre. Sembrava esitante. 
Sospirò appena, tornando al suo umore impassibile. Cosa avevo detto a proposito dell'esitante? 
-Non puoi più stare qui. 
Crick. Una crepa divise il mio curoe a metà.
-Persefone non... desidera che tu venga addestrata come una vera mezzosangue. 
Crick.
-E tu... Tu sei d'accordo con lei? 
Non reagì al dolore e al tremito della mia voce... A voler essere precisi non reagì affatto. 
Crick. 
-Mi dispiace, Adel. 
Crack. Rottura, definitiva. Mi avevano appena cacciata da casa... Anzi, mio padre mi aveva appena cacciata da casa, cercando di comprarmi con una spada... Ma allora perchè non riuscivo ad odiarlo? Perchè non riuscivo ad arrabbiarmi con la persona a cui sentivo di tenere di più al mondo? Perchè continuavo a credere che fosse tutto incredibilmente sbagliato? 
Una lacrima riuscì a penetrare nelle mie difese, e colò lungo la mia guancia sporca di polvere bianca, ma non ci badai. 
Cercai negli occhi di Ade una briciola di dispiacere, ma trovai solo freddo. E per la prima volta, quel freddo mi fece rabbrividire terribilmente e stringere nelle spalle. 
-D'accordo... Allora credo che andrò a fare le valigie... Così non porterò altro disturbo...- dissi allontanandomi e cercando di mantenere la voce ferma, cosa che mi riuscii ben poco. 
-Adel- mi fermò Ade. 
Lo guardai.
-Non ti sto cacciando. Questa è la tua casa, e lo sarà per sempre. Ma Persefone ha ragione: devi essere addestrata. Non puoi rimanare qui, al momento, scappando dal mondo là fuori. Tutto si dovrà dire di mia figlia, ma non che è una vigliacca. 
L'aria mi invase i polmoni con violenza, e repressi a stento un gemito.
Mia figlia... Mia figlia... Mia figlia... La tua casa... La tua casa... La tua casa... Per sempre... 

-E poi, a che serve essere mia figlia, se non puoi approfittare dei tuoi poteri?- chiese con tono malizioso e cospiratore, accennando ad un sorriso. 
Mi sentii riscaldare il cuore e risi tra le lacrime. Un abbraccio... Quanto avrebbe potuto odiarmi dopo? 
Ade mi si fece vicino. 
-Il Campo Mezzosangue non è così male, per quelli come te, anche se certi semidei sono... facilmente detestabili. 
Non sapevo a chi si riferisse. -Dai, Percy, tu lo hai capito.- 
Annuii. -Quando dovrò partire?- 
-Sebbene sia un campo estivo, non possiamo aspettare oltre. Perciò partirai tra una settimana. 
Corrugai la fronte. -E...
-Al momento resterai qui. Non è sicuro mandarti nella tua vecchia casa. Non so come hai fatto a sopravvivere fin'ora, ma là fuori non è un posto sicuro.
-Va bene.
Mi porse la mano.
-Una settimana passa in fretta. Ma sei sicura di voler rimanere qui?
-Sicurissima- dissi senza esitare.
Sorrise impercettibilmente. -Bene.
Presi la sua mano. E questa volta non svenni.

Angolo Autrice
Ok, di certo non potete odiarmi più di quanto io non mi odi già da sola. La scuola non è una scusa, purtroppo è la verità D: Per fortuna tra poco ci sono le vacanze *^* e potrò pubblicare, scartare regali, pubblicare, mangiare pandoro insieme ad Ermes, pubblicare e POI fare i compiti... Sì, certo...
A proposito di feste... BUONA SANTA LUCIA^^ Qui in Sicilia ci diamo alla pazza gioia, non so come funzionino le cose lì da voi... Ma auguri ugualmente ^^ !!

*grilli*

Coooomunque, andiamo a noi.
Quanto amate la spada di Adel? *^* Io moooolto!
Non chiedetemi perchè mi è saltata fuori l'idea del ghiaccio-barra-bronzo-celeste-trasparente, perchè non-lo-so XD
La mia mente malata fa brutti scherzi di questi tempi u.u eh sì.
Poi... Quanto è dolce Ade? Quanto vorrei che non fosse mio padre per fare fare cosette sconcie con lui? *^*

Ade: Ma cosa...?
Io: Non ora, papi, l'angolo sclero viene dopo!
Fantasiiana: Depravata...
Io: Zitta, tu!


Spero che il capitolo vi sia piaciuto. A me, personalmente, sì, ma non come gli altri... forse manca qualcosa... :( Boh!
Comunque... Non aspettatevi coccolosi capitoli di "Natale in famiglia from Inferi" perchè non ci saranno XD
Il Natale è una festa cristiana (Oh, Stige, fà che non stia dicendo un'eresia!) e agli dei non piace molto ;3 ... Andandoci per logica.

Annabeth: In effetti, Dedalo aveva un'interessante teoria sul...
Io: Annabeth, per quanto ti adori, non è ancora arrivato il tuo momento. Non puoi spuntare così! I lettori non sono preparati psicologicamente, ci vuole una presentazione ufficiale!
Annabeth: Oh...
Io: NONONONONO!! Io ti adoro, sono la tua fan #1 *--*
*Fangirlizza*

*Annabeth se ne va spaventata*


Oookay, ho traumatizzato Annabeth D: Viva me...
Comunque, spero che questo capitolo vali almeno qualche visita, non mi convince moltissimo :/
E presto NICOOOOOO *^*

Ora via l'Angolo Autrice, perchè si apre ufficialmente l'Angolo Sclero u.u
*Taglia nastro*


Angolo Sclero
*Io, Ermes, Fantasiiana e Adel mangiano arancine*
Adel: Ma gli dei non odiano le feste cristiane?
Ermes - con la bocca piena: Ovvio che sì.
Adel: Allora perchè festeggi?
Ermes: Non festeggio! Mi do alla pazza gioia, è ben diverso.
Io: Un'occasione per mangiare arancine?
Ermes *alza spalle*: Cosa volete? Fare il dio è stancante! Devi lavorare, girare per il mondo... Pensate poi che il mio lavoro è triplicato!
Fantasiiana: E poi l'immortalità è una cosa orribile, eh!
Ermes: A quella ci si abitua...
*Fantasiiana alza occhi al cielo e mangia arancina alla carne.*
Adel: Io, tu sei siciliana, no?
Io: Esatto ^^.
Adel: Le hai fatte tu queste? *indica arancine*
Io: AHAHAHAHAH! Ovvio che no! Io non cucino!
Ermes: Come mai?
Io: Vuoi davvero provarlo? Non puoi morire, ma credimi che la mia cucina è qualcosa peggiore della morte!
Fantasiiana: Dovrebbero metterla come peggiore punizione nel Tartaro. Immagina Crono che mangia la cucina di Io e soffoca dal dolore, supplica gli dei di perdonarlo e viene sottoposto per l'eternità a questa tortura. *occhi sognanti*
Ermes: Dai! Non può essere così terribile!
Io: Bene. *Io "cucina" delle uova strapazzate e da ad Ermes."
*Ermes assaggia*
Io: Allora?
*Ermes strabuzza gli occhi e stringe la gola*
Ermes: Sale... Sale...

Fantasiiana: Vuoi del sale? O.o
Ermes: No... Troppo... Troppo sale!!
Io: Te lo avevo detto!
Adel: Ma non è il dio della medicina? Perchè non si cura?
Fantasiiana: Dio della medicina... Non dei miracoli.
*Ermes inghiotte miracolosamente uova e tossisce.*
Io: Bè?
*La guardano tutti interrogativi*
Io: Erano buone? Forse mancavano di sale, no?
*Ermes sconvolto*
Apollo - incatenato ad una roccia: Ragazzi.... Ho fame....
Adel: Perchè è incatenato?
Ermes: Continuava a cantare haiku d'amore su me ed Io. Non era cosa gradita, per lei...
Io: EHI! Non farmi passare per quella cattiva, adesso!
Adel: Comunque, che si fa? Non possiamo lasciarlo digiuno, o sì?
Ermes *ghigna*: E se.... *Lancia uova strapazzate ad Apollo come fosse un padrone con il suo cane*
*Apollo mangia come un cane*
Io: SEI CRUDELE!!
Ermes: IO? Non tu che mi dai quella roba?!
Io: TU hai insistito!
Fantasiiana: Smettetala, piccioncini. Apollo sta per morire soffocato.
Adel: Non può morire.
Fantasiiana: Credimi, ha mangiato quella roba: può.
*Fantasiiana e Adel vanno ad aiutare Apollo - che - soffoca*
Ermes: Devo andare.
Io: Bene!
Ermes: Bene!
Io: Ciao.
*Ermes se ne va*
*Io lo guarda andarsene*
Io: Ok... Ora vediamo se l'incesto padrexfiglia è tollerato tra gli dei...
Fantasiiana *urla dal fondo*: DEPRAVATA!!
Io: ZITTA TU!

  
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