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Autore: _Whatever_    15/12/2013    2 recensioni
Tutto inizia a Sheffield nel lontano 2003, ma alcuni rapporti sono destinati a durare per molto tempo.
Genere: Commedia, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alex Turner, Alexa Chung, Matt Helders, Miles Kane, Nuovo personaggio
Note: AU, Cross-over, What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Don't Forget Whose Legs You're On'
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“Caro Alex,
non sono brava a scrivere, non come te almeno.
E’ un inizio banale per una lettera, lo so, ma in qualche modo dovevo pur iniziare.
Probabilmente non ti aspettavi una cosa del genere: nemmeno io mi aspettavo di sentire il bisogno di scriverti una lettera.
Ti scrivo la mattina del giorno del concerto di Parigi. Non vedo l’ora di ascoltarvi live. Il disco mi piace molto. Insieme siete fantastici.
Non ti preoccupare, non ti ho scritto per fare una recensione dell’album.
E’ passato un anno dall’ultima volta in cui ci siamo visti e penso che siano cambiate un po’ di cose.
Mi ritrovo qui, a fare colazione e a pensare a cosa scriverti, perché sento il bisogno di dirti certe cose, ma mi manca il coraggio di chiamarti. Probabilmente non mi risponderesti nemmeno al telefono.
Avevo pensato a chiedere a James di organizzare un incontro dopo il concerto, ma non voglio imporre la mia presenza a nessuno, soprattutto a te.
Con una lettera puoi scegliere se andare avanti oppure se strapparla in mille piccoli pezzi.
Confido nel fatto che tu sia curioso un minimo.
Sto allungando di proposito, perché non so come iniziare a scrivere della parte importante.
Ho continuato a sentire Matt nell’ultimo anno. Miles mi ha mandato il disco prima di Natale.
Entrambi hanno cercato di farmi capire qualcosa.
Ho sbagliato. Non mi pento di quello che è successo con Miles, ma ho sbagliato.
Ho sbagliato, perché ho messo Miles in una brutta posizione.
Ho sbagliato, perché non prendo niente troppo seriamente.
Ho sbagliato, perché pensavo che il tuo viso non mi avrebbe perseguitato.
Ho sbagliato, perché non pensavo saresti mai arrivato ad urlare.
Negli ultimi mesi ho provato a ignorare il ricordo dei tuoi occhi arrabbiati, ma per quanto ci provi, non riesco a mandare via il giudizio che mi stavi lanciando.
Sara, la mia coinquilina italiana, la settimana scorsa se n’è uscita con una frase terrificante: stavo ascoltando The Age Of The Understatement mentre cucinavo per un ragazzo che sarebbe venuto a cena da me, lei mi ha raggiunto in cucina e mi ha detto:” Sai, Marcel è un bel tentativo, ma non puoi voltarti dall’altra parte”.
Non so se la frase le sia uscita così di proposito, o se sia colpa solo del fatto che non parli perfettamente francese, ma direi che è irreprensibile così.
Non so nemmeno io cosa spero di ottenere con questa lettera: forse spero di farti capire che non sono un mostro, che ogni tanto mi sento in colpa anche io, che ogni tanto mi chiedo come sarebbe potuta andare tra noi.
Non c’è giorno in cui non maledico la profezia di Matt. Non so nemmeno se sai di cosa sto parlando.
Mi sto dilungando, la smetto.
Non so come concludere una lettera, quindi accontentati.
Un abbraccio, Margaret.”



Quando finii di leggere la lettera, mi accorsi che Miles era tornato dal bagno.
Non mi diceva niente e non mi guardava nemmeno.
Era ancora offeso per la mia rispostaccia di prima. E aveva ragione.
Ripiegai la lettera e la rimisi nella busta. Non sapevo che farmene in realtà. Volevo sbarazzarmene per non rileggerla altre volte e quindi me la passavo tra le mani mentre mi guardavo intorno.
“Tutto bene?” Miles mi aveva fatto quella domanda senza guardarmi. Teneva lo sguardo fisso davanti a sé, non per la rabbia, ma per la nausea.
Dal suo tono si sentiva che era ancora risentito comunque, ma da persona buona e dolce quale era non poteva di certo non provare a stare vicino al suo migliore amico.
“Credo di sì.”
“Bene.”
“Tu stai bene?”
“Potrei stare meglio.”
Qualche minuto di silenzio.
“Vuoi leggerla?”
“Sei ammattito?”
“Perché?”
“Sei la persona più riservata di Inghilterra e mi stai chiedendo se voglio leggere la lettera di Margaret. Sei ammattito.”
“No, è che non capisco.”
“Scrive di merda?” Chiese Miles trattenendo una risata.
“Cosa?”
Non avevo nemmeno capito la battuta di Miles.
“Niente Alex, lascia perdere.”
“Ah, sì. Idiota. Non capisco cosa mi stia dicendo.”
“Chiedilo a lei.”
“Grazie.”
“Prego.” La conversazione si concluse così, perché Miles si alzò per tornare in bagno.




12 Ottobre 2008
Miles
Eravamo in un locale di Wolverhampton dopo il concerto.
La prima data del tour invernale era andata bene e Alex, che prima dell’esibizione sembrava agitato, adesso si era lasciato andare e si godeva la serata con me, Agyness e Alexa.
Stava bevendo un bel po’, ma riusciva a mantenere un po’ di dignità.
Le ragazze a un certo punto ci abbandonarono sui divanetti per andare in bagno, ovviamente insieme, e lui si spostò dal divanetto che condivideva con Alexa, per sedersi vicino a me.
“Miles?” Le vocali del mio nome erano praticamente sparite.
“Alex?”
“Non ce la faccio più.” Appoggiò la testa sulla mia spalla.
“Vuoi andare a cas-“ La mia domanda fu interrotta da Alex.
“Ho bisogno di vederla.”
Non mi azzardai a chiedere di chi stesse parlando.
“Alex, sei ubriaco.”
“Sai come si dice? In vino veritas.”
“Non sei così ubriaco allora.”
“Probabile. Devo vederla.”
“Sicuro che sia una buona idea? Non puoi continuare a fingere che lei non esista?”
“Il problema è che esiste e che penso troppo spesso a quella maledetta lettera.”
“E saresti in grado di sostenere una conversazione con lei? Su qualsiasi cosa intendo.”
“Non lo so. Tu falla venire però.”
Dopo questo ordine, si sistemò meglio vicino a me, incastrò il viso tra la mia spalla e il collo e il suo respiro si fece immediatamente regolare.
Si era addormentato contro di me, in un locale pubblico, ed era anche capace di infastidirsi per le battute su una nostra presunta relazione omosessuale.
  
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