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Autore: Naruto89    15/12/2013    2 recensioni
"Sasuke Uchiha si stropicciò gli occhi cisposi, aprendoli lentamente. Gli ci vollero alcuni secondi prima di capire dove si trovava.
Dopodiché, alla vista del grande ventaglio bicolore posto sulle tende blu, ricordò di essere in camera sua. Era da veramente tantissimo tempo che non faceva più quel sogno: erano già passati tre anni da allora e, in tutta sincerità, non poteva minimamente giurare che le cose si fossero svolte come le ricordava lui.
"
Sono passati tre anni dalle vicende delle scuole medie e Sasuke, che è ormai al liceo, ha continuato imperterrito a seguire la via della delinquenza e delle bande, alla ricerca della verità riguardo Itachi. Sakura, dal canto suo, si sta impegnando con tutte le sue forze per proseguire, a suo modo, il terreno solcato da Naruto e vorrebbe trascinare in questa avventura anche Sasuke. Uchiha, però, ha ormai deciso di distanziarsi da tutto e da tutti, rinunciando all'amicizia (e all'amore) in favore di verità e vendetta...
Genere: Azione, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Sakura Haruno, Sasuke Uchiha, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie '100% Sakura'
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Sasuke XIII
Vedi di non mancare

Sasuke fissò Sakura dritto negli occhi. Una pesante cappa di silenzio cadde fra i due e a Sasuke sembrò di sentire il cuore di Sakura andare a pezzi. Si sforzò di cancellare ogni emozione dal proprio volto. Piatto, neutro, come aveva imparato a essere negli ultimi anni. Nessun sentimento, nessuna emozione. Cacciare il dolore, fisico e mentale.
Sakura tirò su con il naso e Sasuke se la figurò girare i tacchi, sbattere la porta e piangere, e sbraitare in corridoio. Le viscere gli si strinsero in modo poco confortevole. Scosse metaforicamente la testa e si convinse a non pensarci.
Il brusio di sottofondo del resto dell'ospedale gli arrivò pian piano alle orecchie e, l'istante successivo, il pugno di Sakura lo colpì dritto dritto sul naso. Il sangue sprizzò fuori, sulle lenzuola, prima ancora che si accorgesse di cosa fosse successo. Poi, le lacrime gli oscurarono la vista e un dolore acuto gli attraversò il cervello.
“SASUKE! UCHIHA! GRANDISSIMO! BASTARDO!” sbraitò una figura immersa nella nebbia, di fronte ai suoi occhi velati.
Sakura, molto probabilmente. No, anzi. Sicuramente Sakura.
“Fai sempre così, tu! Tu! Tu, grandissimo stronzo!!” continuò lei
“Sono tre anni che ci conosciamo, e sono tre anni che non fai altro che avvicinarti e tirarti indietro, avvicinarti e tirarti indietro, avvicinarti e tirarti indietro!!”
La voce di Sakura divenne un sussurro roco, gutturale. La ragazza gli si gettò addosso, lo prese per il bavero del camice ospedaliero e gli tirò su il busto di svariati centimetri. Ansimò, e avvicinò così tanto il viso a quello di Sasuke che il ragazzo sentì sulla pelle l'alito caldo e gli sbuffi delle sue narici.
“Hai paura di scottarti, Uchiha?” gli sibilò addosso
“Ma non sei l'unico a giocare con il fuoco, qui...”
Quelle parole arrivarono attutite, distanti alla mente di Sasuke. Paura di scottarsi? Giocare con il fuoco? Di che stava parlando? Provò a concentrarsi, a capire, ma un dolorosissimo cerchio gli strinse il cervello in una morsa dentata. Gli partì dritto dritto dal naso e si irradiò attorno a tutta la testa, come una corona di spine metalliche.
Chiuse gli occhi e si poggiò le dita sulle palpebre, bagnate e dolenti. Sentì uno strano tramestio, rumori di roba spostata di scatto, nella stanza. Prima un rumore di ferro, forse un carrellino trascinato poco distante e sbattuto contro un muro. Poi, voci e rumori di una lotta, una colluttazione. Un paio di voci adulte e femminili. Un urlo. Sakura. Aprì gli occhi.
Sakura si dimenò, presa nella morsa delle due infermiere. Una le si aggrappò al braccio, l'altra dietro le spalle. La ragazza, sollevata da terra per metà, prese a scalciare e a muovere le poche parti del corpo rimase libere in tutte le direzioni. I capelli, spettinati, tutti sul volto; la faccia rossa e congestionata; gli occhi fuori dalle orbite.
Sasuke osservò la scena, senza parole. E, per un attimo, si aspettò di veder crescere dei cornini sulla testa di Sakura e i denti davanti allungarsi. Tanto, il colore bello rosso tipico degli Oni già ce l'aveva. Le mancava soltanto il resto.
Ripensò a ciò che s'era appena immaginato, e soppresse una risata. Scelta sbagliata: un altro, nuovo ago gli si ficcò dritto nel cervello, gli procurò altre lacrime e gli offuscò la vista una volta di più. Scosse la testa e alzò lo sguardo. Sakura venne trascinata oltre la porta della stanza, al di là della propria visuale. Si accasciò contro il letto, tirato su per farlo riposare meglio, e sospirò.
Se n'è andata, finalmente, pensò.
E, l'attimo dopo, una ragazza con il volto coperto da una massa informe di capelli rosa si fiondò nuovamente nella sua stanza, gli si gettò addosso e lo afferrò ancora una volta per il bavero della veste ospedaliera. Gli ansimò addosso, una volta di più, i denti stretti.
“La prossima... riunione... del club...” disse, prendendo un grosso respiro ogni due parole
“è settimana prossima, dopo le lezioni.”
Lo tirò ancora un po' più su, fino a che i due visi quasi non si sfiorarono. Sasuke sentì il calore provenire direttamente dalla pelle di Sakura.
“Vedi di non mancare” sibilò, sillabando per bene ogni parola.
Lo lasciò ricadere di botto, si voltò e raggiunse le infermiere, accorse nella stanza per fermarla di nuovo.
“Arrivo, arrivo” disse loro, e agitò il braccio in un gesto di noncuranza
“Non gli ho fatto niente, non preoccupatevi.”
Sasuke la guardò andare via, i fianchi ondeggianti sotto la camicetta bianca della scuola. Sorrise, guardò in basso e scosse il capo.

*

Sasuke salì la massiccia scalinata di legno, prese il corridoio sull'ala sinistra e si infilò nella prima porta di fronte a sé. Richiuse la porta dietro di sé, lanciò un'occhiata veloce alla libreria e alla scrivania e gettò la borsa sul letto. Rimbalzò un paio di volte sul materasso, pesante. C'erano alcuni vestiti di ricambio e pochi libri, portati dagli amici – la banda – e dai genitori – sua madre, il padre era venuto solo una volta – passati a trovarlo in ospedale negli ultimi quattro giorni.
Si sedette anche lui sul letto, abbandonò la faccia tra le mani e sospirò. Poi, si rialzò e andò alla scrivania. Gli risuonavano ancora in testa le parole che gli aveva detto Neji, durante i cinque minuti che era riuscito a concedergli, all'ospedale.
Dobbiamo allontanare ogni sospetto dalla mente della tua ragazza, aveva esordito. Quindi, tu verrai alle riunioni del club di manga, come se nulla fosse. E porterai del materiale su cui lavorare, per dimostrare il tuo interesse. Vedi di non mancare. Chiaro?
Si sedette sulla sedia, un po' traballante, e prese il suo blocco degli appunti. Ci passò sopra una mano e tolse lo spesso strato di polvere che vi si era accumulato. Lo aprì e scorse con gli occhi la trama e gli appunti sul vecchio romanzo, quello scritto per il club di cinema.
Niente da fare, commentò. Questo è pieno.
Fece per tirarlo dritto nel cestino sotto la scrivania, ma ci ripensò e lo rimise a posto. Si alzò, frugò tra i vari quaderni stipati nella mensolina di legno subito sopra la sua testa e ne tirò fuori un altro, nuovo, completamente vergine. Lo aprì alla prima pagina, stirò per bene la piega d'unione con la copertina e prese una matita dal contenitore a base quadrata accanto alla lampada.
Fissò il foglio e cominciò a far rimbalzare la matita, dalla parte della gomma, sulla superficie lucida della scrivania. Bong. Bong. Bong. Poi, se la rigirò tra le mani, facendo sbattere anche la punta sul tavolo. Bong, toc. Bong, toc. Bong, toc. Infine, scarabocchiò un paio di parole, in cima, sulla prima riga.

MAGIC MUSHROOM

Posò di nuovo la matita a terra e osservò la scritta. Elegante, sofisticata, ma anche spigolosa, priva di svolazzi. Toc. Toc. Toc. Alzò la testa. Toc. Toc. Toc. Si voltò e comprese solo in quel momento che qualcuno stava bussando alla sua porta. Toc. Toc. Toc. Lanciò un'ultima occhiata al foglio, posò la matita, fece scorrere la sedia e si alzò.
“Chi è?” chiese, avvicinandosi alla porta.
“Sono tuo padre.”
La aprì e si ritrovò i lineamenti squadrati e l'espressione austera di Fugaku di fronte, un po' più in alto del proprio volto.
“Che c'è?” chiese.
Ma il padre si limitò a osservarlo, incuriosito.
“Quello non ce l'avevi, quando sono venuto a trovarti.”
E indicò il naso, ancora gonfio e bluastro.
“Cosa ti è successo?”
Sasuke fece spallucce.
“Niente di importante. Che cosa vuoi?”
“Ah, sì.” si riscosse Fugaku
“Mi chiedevo se ti andasse di cominciare a lavorare. Ho un po' di tempo libero e vorrei spiegarti alcune cose sugli affari di famiglia.”
Sasuke annuì. Era la prima volta, da che ricordasse, che suo padre gli chiedeva qualcosa. Di solito, la ordinava, lui era obbligato a farla, e finiva lì. La sua proposta di interessarsi degli affari degli Uchiha doveva proprio averlo scioccato.
Scesero le scale, entrarono nell'ufficio in mezzo alle due rampe e Fugaku fece sedere Sasuke alla propria scrivania. Poi, prese la sedia da quella di suo fratello, gli si mise affianco e accese il computer, solo per scoprire che – una volta di più – aveva confuso lo spegnimento con lo stand-by, ed era già acceso.
Navigò un po' tra le cartelle e aprì alcuni file. Schemi, diagrammi, tabelle e schede piene di cifre e dati di tipo economico. Entrate, uscite. Donazioni, sia date che ricevute. Il lavoro come Fondazione. Il sostegno economico alla polizia e la collaborazione con gli Hyuuga per il mantenimento dell'ospedale.
“Ultimamente, sono messi veramente male.” commentò Fugaku
“Ci hanno dovuto chiedere aiuto. Se no, a quest'ora, non avremmo più un ospedale.”
“Per quale motivo?” chiese Sasuke, sopprimendo uno sbadiglio, di fronte a tutte quelle informazioni di cui gli fregava meno che niente.
Fugaku fece spallucce.
“Ah, non lo so.”
E ricominciò a spiegare, spiegare e ancora spiegare. Sasuke, accantonate solo momentaneamente le domande sul loro rapporto con la famiglia Hyuuga, osservò tutte le tabelle con finto interesse, premurandosi comunque di memorizzare ogni dato. Su alcuni, ci sarebbe dovuto tornare. Ma, se avesse lavorato con suo padre, non sarebbe stato difficile. In fondo, anche dietro i più insignificanti poteva nascondersi qualcosa.
Fugaku smise di parlare e richiuse tutti i file. Sasuke alzò lo sguardo verso l'orologio e notò che erano già passare tre ore e mezzo. Sbadigliò e tornò a guardare lo schermo. Sul desktop, la solita cartella IU. E, quasi nascosta, nell'angolo in alto a destra, un'altra, che la prima volta non aveva notato.
Sole artificiale...” lesse ad alta voce, senza rendersene conto.
“Ah, sì, è un sistema di donazioni verso un paese vicino.” gli disse Fugaku
“Credo che si tratti di un associazione che si occupa di nuove fonti energetiche. O un'azienda di pannelli solari. Non ricordo bene, di quello non me ne occupo io.”
“E chi se ne occupa, allora?”
“Tuo zio Madara, ovviamente.”

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Buongiorno, cari lettori
come prima cosa, auguro a tutti buone vacanze di Natale! Dopo questo capitolo (scusate se è uscito anche in questo caso dopo due settimane, ma sono vicino a una scadenza importante e ho parecchio da fare), la fic (e il suo autore, soprattutto) si prenderà una bella pausa natalizia. A occhio e croce, dovrei tornare dopo l'Epifania, quindi tre settimane, un mesetto al massimo. Detto questo, non c'è molto da aggiungere: sono piuttosto preso su un nuovo progetto letterario (originale) e anche quello mi sta togliendo il poco tempo libero che ho ma, appunto, dovrei finire la prima stesura nelle vacanze di Natale e, quindi, dopo queste dovrei dedicarmi a tempo pieno a chiudere la fanfic. Ho più o meno tutte le idee bene in testa, devo solo riuscire a metterle su carta (e non è semplicissimo).
Un 'grazie' e un grande augurio a tutti quelli che seguono la fanfic e la trovano degna di essere letta, ci si legge dopo le vacanze, allora!

il vostro autore

   
 
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