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Autore: kiara_star    15/12/2013    4 recensioni
[Sequel de “La carezza di un'altra illusione”]
[a sort of Thorki; fem!Thor]
~~~
C'erano cose di cui Thor non parlava mai, c'erano storie che forse non avrebbe mai narrato. C'erano domande che Steve porgeva con qualche dubbio.
“Perché continui a vedere del buono in Loki?”
“Perché io so che c'è del buono.”
[...]
Siamo ancora su quel balcone?
Ci sono solo io?
Ci sei solo tu?

“Hai la mia parola, Loki, non cambierà nulla.”
Ma era già cambiato tutto dopo quella prima menzogna e non era stato suo fratello a pronunciarla.
~~~
~~
Ancora oggi Nygis riempie il cielo di stelle continuando a piangere per il suo unico amore, nella speranza che un dì ella possa tornare da lui.
Genere: Angst, Azione, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Loki, Steve Rogers/Captain America, Thor, Tony Stark/Iron Man, Un po' tutti
Note: Movieverse, What if? | Avvertimenti: Gender Bender, Incest
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'La leggenda di Nygis'
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Cap7
L' ultima lacrima



VII.





«Ti fa male?»
«No, è solo una contusione. Non la sento neanche» mentì e le sorrise.
Faceva male, terribilmente male, come se non avesse provato una sola volta una ferita sulla pelle, come se le sue ossa non avessero vissuto attacchi di più nemici con armi ogni volta diverse.
Ma quel polso era niente rispetto al dolore che bruciava nel suo petto.
Quello non si poteva fasciare; non c'era alcuna medicina, terrestre o asgardiana che potesse alleviarlo.
Non voleva riavere di nuovo quel corpo, non voleva riprovare di nuovo la sensazione di sentirsi diverso. Non voleva riscoprire quei ricordi vivi, troppo vivi.
Non voleva guardare il viso di Jane e non sentire il bisogno di sfiorarlo.
Che viltà...
Aveva chiesto a Bruce di prendersi cura di lei, ma non aveva avuto il coraggio di dirgli la verità, di dirgli che era lui a non esserne capace, perché il nome che aveva ribadito con determinazione in quella cella, lo sentiva scivolare via respiro dopo respiro. Ogni volta che rivedeva lo sguardo di Loki, quello sincero e privo di malizia, sentiva di volersi spogliare di quel nome. Forse perché non lo aveva più rivisto, forse perché non era stato capace di meritarselo, dopotutto.
Aveva giurato di proteggerlo, di amarlo e di essere al suo fianco sempre. E aveva tradito tutto, era riuscito solo ad allontanarlo.
Ma in quella stanza fredda e sterile, aveva rivisto il ragazzo gentile con cui era cresciuto, aveva ritrovato anche se per pochi frammenti di tempo, il giovane che aveva chiamato “fratello”, prima di scoprire quanto stretta potesse essere quella parola. Troppo stretta per racchiudere ciò che significava, ciò che aveva significato.
Un balcone e mille bugie, un sogno spezzato e una storia che si era scritta con il sangue.
Con l'arrivo di Amora tutto era andato in pezzi.
Con Jane, Thor sapeva avrebbe perso anche l'ultimo ricordo di quel giovane.
L'aveva amata, l'amava, e non avrebbe dovuto provarne colpa.
Thor non provava nessuna colpa.
Ma Thor non sembrava più abitare in quella pelle.
«Forse dovresti riposare.»
«Ho riposato anche troppo, Jane, ma se vuoi chiudere gli occhi, veglierò volentieri il tuo sonno.»
Jane scosse la testa e sfiorò la sua mano ferita. «No, sto bene, Thor.»
Thor avrebbe voluto baciare la sua fronte.
Sigyn non lo fece.
«Perché non mi hai mai parlato di lei?»
Sapeva che quella domanda sarebbe arrivata. Lo sguardo di Jane ne aveva altre mille di domande, non sapeva se aveva una risposta per ognuna di esse, non sapeva se avesse risposte che Jane era disposta ad ascoltare.
«Perdona il mio tacere, era solo perché non c'era motivo di parlartene.»
«Non pretendo che tu mi racconti di tutte le tue ex, non voglio neanche chiederti quante siano state...»
Aveva sorriso e Jane gli aveva regalato un piccolo riflesso di quel sorriso. «Però un accenno a una pericolosa strega in combutta con tuo fratello sarebbe stato gradito.»
«Non avevo idea che Amora e Loki fossero alleati... Non potevo saperlo. Non ti avrei messa in pericolo, non avrei voluto mettere in pericolo nessuno di voi.»
«Lo so, Thor.» Aveva sentito le dita stringersi dolcemente attorno alle sue e quel bacio che Thor aveva voluto darle sfiorò la sua fronte. «Potrei abituarmi all'assenza della barba... ma solo a quella.»
Le aveva sorriso di nuovo mentre le dita di Jane scivolavano ora fra i suoi capelli troppo lunghi.
«Sono belli.» Sembrava un sospiro diretto a se stessa. Jane accarezzò con lo sguardo i suoi capelli, le sue mani, il suo viso. «Sei bella...»
«Tornerò quello di sempre, Jane. Te lo prometto.»
Lascerò andare Sigyn ancora una volta.
«E tu mantieni sempre le tue promesse, non è così?» La fiducia di Jane era la stessa che aveva visto negli occhi verdi di un ragazzo spaventato.
Possiamo affrontare tutto questo, possiamo farlo insieme, Loki. Io e te... insieme.
«Sempre.» E anche a lei mentì.






ஐஐ





«Abbiamo poco tempo. Va' e ricorda ciò che ti ho detto, bambina mia.»
Linn abbassò il capo e si strinse nel mantello.
Il vorticare del Bifrost era assordante.
«Mia regina, siete certa che io-»
Non le fu concesso di continuare. Sentì le mani prendere le sue e un sorriso sincero disegnarsi sul viso della sua bella sovrana.
«Solo tu puoi, Linn.»
«Perché, mia regina? Sono solo una serva...»
Il rumore diveniva via via più forte, la sfavillio della luce l'avrebbe accecata se non avesse avuto il capo coperto dalla stoffa nera.
Ma non ebbe alcuna risposta.
«Non abbiamo più tempo.» La voce di Heimdall risuonò cavernosa. «Devi andare.»
Il suo cuore batté come un tamburo mentre muoveva un passo verso il luogo più lontano che avesse mai visto.
Lo sguardo della sua regina l'accompagnò finché non si sentì cadere nel niente.
Fu un attimo, forse di più, forse furono milioni di secondi e altri milioni ancora.
Linn si ritrovò a crollare sulle sue stesse ginocchia quando l'abbraccio del viaggio la lasciò.
Era freddo, freddo come non aveva mai avuto modo di provare.
Neve.
La neve che governava le lande delle terre dei ghiacci, le terre patria di un principe perduto.
La paura l'avvolse all'istante.
Alzò lo sguardo in alto verso il cielo nerissimo costellato di piccole lucciole morenti.
I Cieli di Jotunheim erano privi di stelle, si diceva, non poteva trovarsi di certo sull'ingrato pianeta nemico. Heimdall non poteva sbagliare, Heimdall non sbagliava mai.
Midgard, così le era stato ordinato: recarsi a Midgard con un compito, portare a termine quel compito a costo della sua vita.
Sapeva quanto poco valesse quella vita rispetto al comandamento della sua regina ed era stata ben felice di metterla in gioco quando aveva udito dalla voce accorata di Lady Frigga quella richiesta.
Si strinse nel mantello per proteggersi dalle raffiche di nevischio.
C'erano alberi, tanti alberi e il suono lugubre e inquietante del vento che si faceva spazio fra le fronde.
Le era stato detto di attendere.
Raggiunse il tronco umido di un albero e cercò riparo sotto i suoi rami. Non parve trovarne ma decise di restare immobile e silenziosa. Non avrebbe attirato nessuna bestia selvatica, sebbene su Midgard non avrebbero dovuto esserci bestie troppo pericolose.
Il principe Thor amava parlare di Midgard, amava parlare delle genti che vi abitavano. Linn lo ascoltava in silenzio e si chiedeva cosa si provasse a poggiare i piedi su una terra così lontana eppure, a sentirne le storie, così meravigliosa.
Non sembrava meravigliosa come in quei racconti. Era fredda, Midgard, fredda e inospitale. Ma Linn aveva un compito da adempiere.
La sua vita era un prezzo che poteva pagare.
Guardò il cielo ancora una volta; Asgard era ora lontana.



*



Clint attraversò i corridoi della base con lo sguardo dritto e le labbra strette in una linea sottile.
L'arco legato alla schiena e le mani ancora formicolanti.
Quando passò davanti a quella porta, e solo in quel momento, la mascella si irrigidì.
Erano solo due passi per superarla, ma ogni volta Clint sentiva la sua voce, si sentiva chiamare e si sentiva dare direttive per la prossima missione.
Sul vetro non c'era più il cartellino con il suo nome. Ora era l'ufficio dell'agente Greens.
L'agente Greens era un buon agente, preparato e meticoloso, e indossava occhiali neri.
Clint si era chiesto se Fury avesse cercato barbaramente un modo per sostituirlo, se si fosse almeno reso conto di quanto fosse squallido e spregevole tutto ciò, di come ne schiacciava il ricordo prima ancora del rispetto che lui meritava.
Due passi e rivide Loki e il suo ghigno.
Due passi e sentì l'energia che si impossessava del suo corpo e della sua volontà.
Due passi e la rabbia tornò a pompare nelle vene, insieme all'unico sentimento che Loki si era guadagnato, l'unico che Clint avesse mai donato a un nemico: odio.
Due passi e al terzo il sorriso schivo di Phil era ancora lì.
«Barton.» La voce di Steve non lo sorprese. Lo vide avvicinarsi con passo deciso. «Allora?»
«Dall'area logistica non risultano anomalie. I tecnici stanno effettuando i controlli finali su ogni apparecchiatura sia software che hardware. Dai primi rilevamenti non pare che la struttura sia stata compromessa.»
Steve annuì alle sue parole. «Bene. Non lasciamo nulla al caso, qualunque cosa abbia fatto Loki in quella stanza è una chiara dimostrazione di quanto siamo stati imprudenti.»
«Non è stata colpa tua, Steve. Non assumerti la responsabilità di un'azione di squadra.»
Sapeva bene che Rogers considerava il suo ruolo nei Vendicatori una specie di privilegio. Era un modo per mettere al servizio della nazione le sue qualità, così diceva, e Clint ogni volta si tratteneva dal prenderlo a pugni, perché erano loro ad avere avuto il privilegio di poter combattere al suo fianco, era Nick Fury a dover essere grato a Steve Rogers perché non era capace di vedere il marcio che infettava le fondamenta dell'agenzia, del governo, degli uomini in generale.
«Non avrei dovuto permettere a Thor di entrare in quella stanza.» Steve iniziò a incamminarsi e lui lo seguì.
«Ha solo un polso malconcio. Poteva andargli peggio.» Ma subito il passo si arrestò.
«Clint...» Lesse la domanda nel suo sguardo serio ma non seppe rispondere.
«Non lo so, capitano. Questa storia puzza e, mi spiace dirlo, ma credo che Thor non abbia intenzione di chiarirla per davvero.»
«Thor è solo una vittima della follia di Loki.»
Sospirò. «Ne sei scuro? Steve, io mi fido di lui quanto te, ma guardalo ora. Ascoltalo... Non ci sta dicendo tutto. Pensa a “Sigyn”.» Lo vide riflettere sulle sue parole. «Non dico che abbia le risposte ma non vuole neanche trovarle.»
«Signori?» Natasha li raggiunse dal fondo del corridoio. «La struttura è stata dichiarata sicura. Nessun reparto pare essere stato pregiudicato in alcun modo.»
Studiò le ombre sul suo viso e sapeva bene quale significato dar loro.
Ma tu credi che non sia così...
Nat gli restituì solo uno sguardo e Clint seppe leggere anche quello.
«Thor è da Stark e con lui c'è anche Banner. Se Loki provasse a fare una nuova apparizione stavolta non credo che il dottore si tirerebbe indietro.» Le parole di Natasha parvero tranquillizzare Steve.
«Dovremmo cercare un altro modo per rintracciare Loki, a questo punto. Magari Tony ha qualche aggeggio strano che può aiutarci.» Si ritrovò a sorridere all'espressione sul viso del suo compagno e lo stesso fece Nat. «Beh, volevo dire che qualcosa ci inventeremo.»
Come sempre, capitano.
Il pensiero non arrivò sulla lingua in tempo ché un agente li avvicinò con passo svelto.

«Capitano!»
«Cosa succede?» L'attimo di quiete era appena sfumato.
«Abbiamo registrato un campo elettromagnetico anomalo nella regione del Québec, Canada, nei pressi di Salluit.»
Di male in peggio.
«Cosa intendi per “anomalo”?» chiese Natasha.
L'agente si aggiusto gli occhiali sul naso facendo loro segno di seguirlo.
Lo fecero finché non giunsero nella cabina di controllo del diciottesimo piano.
Una quantità di schermi e ologrammi su ogni superficie disponibile. Solo tre gli agenti a lavoro oltre l'uomo che li aveva accompagnati.
«I valori sono completamente fuori dalla norma per i nostri standard ma...» Dopo aver digitato qualcosa sulla tastiera l'agente si volse verso di loro tenendo però lo sguardo fisso sul viso di Steve. «Ci sono similitudini con alcuni eventi registrati in passato dai nostri strumenti. Il primo fu quello del New Mexico nel 2011.»
Thor...
«Abbiamo una visita» sentenziò Natasha.
«Bene... Amici o nemici?» chiese Clint conoscendo la risposta di Steve.
«Scopriamolo.»
Ghignò annuendo mentre il capitano chiedeva un aereo per raggiungere il luogo.
«Capitano, il protocollo prevede di informare il direttore per ogni azione sul campo, soprattutto quando si tratta di un codice-»
«Fa' pure il tuo dovere, agente, ma voglio un aereo pronto sulla pista entro due minuti.» Lo interruppe con un tono che non ammetteva repliche.
«S-sisignore.»
Clint ne era sempre più convinto: lavorare con Steve Rogers era davvero un fottuto privilegio.
Ora capisco perché lo ammiravi tanto, stupido agente.



*



Pepper si era addormentata e Tony pensò che avrebbe dovuto passare più notti sveglio a guardarla dormire e meno a incasinare il suo laboratorio.
Fosse stato un altro uomo l'avrebbe fatto, le avrebbe sistemano il lenzuolo sulle spalle e avrebbe continuato a restare in silenzio per godersi il suono del suo respiro finché non fosse sorta l'alba. Ma non era quel tipo di uomo, non lo sarebbe mai stato e lei lo amava a tal punto da accettarlo.
Le baciò la fronte e uscì dalla stanza, diretto nel suo piccolo regno sicuro, senza incubi né coscienza, senza un padre sempre presente nonostante la sua eterna assenza, senza il peso di un titolo che non sentiva di indossare appieno. No, non era un eroe, era solo un egocentrico con un QI più alto della media e qualche soldo da poter spendere senza rimpianti.
I mille pensieri che vorticavano nella sua testa quella notte erano una compagnia rumorosa.
Non si era sorpreso di scoprire che anche le miriadi di telecamere sparse nella cella costruita da Reed avessero ripreso il nulla, un'infinita serie di frame neri privi di immagini.
Tutto ciò che era accaduto era testimoniato solo da quello che loro avevano visto attraverso il vetro e dalle parole che Thor aveva ascoltato dalla boccaccia di suo fratello, parole che ancora non aveva riportato.
Magari avrebbe potuto disturbare Bruce, di certo anche lui era nel suo rifugio di numeri e bip, ricurvo su dati che non erano una cura perché non c'era nessun male da curare. Magari avrebbe potuto esprimere altre piccole e amorali teorie su tutta quella storia...
Si diresse in cucina alla ricerca di una “tisana scaccia problemi”, quando scorse la testa bionda di Thor, seduto sul suo divano con lo sguardo fisso al niente.
«Insonnia?»
Thor si voltò disegnando sulle labbra un piccolo sorriso.
«Jane dorme, non volevo svegliarla.»
Traduzione Thor-Mondo: scusami se sono seduto sul tuo divano, non volevo crearti disturbo, lo so che quel pazzo di mio fratello ne combina una dietro l'altra e che sono troppo tenero per dargli la lezione che merita, sopportami ancora per un po' finché non troverò il modo di farmi ricrescere la barba... e altro.
Beh, traduzione più o meno corretta.
Tony afferrò una bottiglia di brandy e due bicchieri.
«È stata una giornata faticosa per tutti» sospirò sedendosi sulla poltrona accanto e poggiando i vetri sul tavolino. «Questo ci aiuterà a sopportare anche quella che ci aspetta domani.» Riempì i bicchieri e ne allungò uno verso Thor.
«Ti ringrazio.» Thor lo accettò ma restò a guardarlo senza buttarlo giù.
«Come va il polso?» chiese gettando in gola il suo per poi riempirlo una seconda volta.
«Bene. Bruce dice che basterà tenerlo fasciato.»
«E meno male che erano quattro esami... Con cinque avrebbe effettuato un'operazione a cuore aperto con una mano sola mentre risolveva un sudoku con l'altra.»
Quella battuta fu abbastanza per convincere Thor a bere il contenuto del bicchiere.
«Ehi, vacci piano, bionda, non mi pare reggessi molto bene l'alcol l'ultima volta.»
Thor rise porgendogli il bicchiere. «La seconda volta va sempre meglio della prima.»
«Sì, e alla terza ci si sveglia ubriachi e nudi e senza voglia di farsi domande.» Versò altro brandy mentre Thor gli regalava un'altra risata.
«Allora meglio fermarsi alla seconda.»
Tony sorrise e poggiò la bottiglia sul tavolo. «Mi fa piacere che ti sia rimasta la voglia di scherzare. E pensare che c'è della brutta gente in giro che dice che sei incapace di essere autoironico.» Sì, quella brutta gente sono io.
Mandò giù il suo shot e lasciò che Thor bevesse il suo.
Forse poteva tentare...
«La Romanoff ci ha raccontato di quella storia della falsa identità.» Cercò di fare il vago ma Thor parve rabbuiarsi. Decise di non badarci. «Sigyn... mh, è un bel nome.»
Provò a cercare qualcosa sul fondo dei suoi occhi ma erano puntati al bicchiere perché potesse leggerci.
«Non era solo un nome, era anche un ruolo, un personaggio da interpretare... Possiamo dire così?» Nessuna reazione.
Doveva fare di meglio. «Tuo fratello mi è sempre parso incline alla commedia, o tragedia se lo preferisci. Un commediante nato, direi.»
«Loki cercò solo un modo per proteggermi, sapeva bene che nostro padre non avrebbe appreso con gaudio la notizia che suo figlio fosse stato tramutato in una donna.»
C'era quasi...
«Sì, non mi sorprende che abbia architettato chissà quale piano per tenere tutti allo scuro del tuo cambiamento... Serpe ingegnosa.»
Affondò e colpì.
«Tieni a freno la tua lingua.»
Eccolo lì, il Thor pronto a difendere suo fratello anche di fronte alla verità.
«Come lui ha tenuto a freno la sua? No, aspetta, non l'ha fatto, anzi ha chiacchierato parecchio ma solo tu hai sentito cosa abbia detto in questa stanza e in quella cella.» Thor lo guardò senza dire nulla. «Vuoi illuminarmi?» Non ebbe risposta.
«Sono parole senza importanza, parole dette al solo scopo di schernirmi. Ciò ti basti.»
E no che non bastava!
Sospirò e lasciò cadere sul tavolo il bicchiere vuoto. «Thor, perdonami, ma questo tuo continuo eludere le nostre domande non fa che farne nascere di nuove.»
Quando fu Thor a poggiare il bicchiere sul tavolo, il rumore che ne seguì fu decisamente più forte. Tony quasi temette che potesse frantumarsi e non sarebbe stata neanche la prima volta che Thor gli decimava un servizio di cristalli, ma ora non era per baldoria o eccesso di goliardia, ma per un sentimento più infimo e umano: rabbia.
«Tu non cerchi risposte, Tony, vuoi solo la conferma per quelle che hai già dato a te stesso. E bada bene, questo corpo non può impedirmi di rammentare a te né ad altri il limite della mia pazienza.»
«Ehi, ehi!» sorrise sollevando teatralmente le mani in alto. «D'accordo. Come sei suscettibile... Cos'è, non saranno i tuoi giorni?»
Thor si alzò lanciandogli uno sguardo severo e se non avesse indossato quella canotta azzurra a pois bianchi - prestito di Pepper - sarebbe anche stato intimidatorio.
«Ok, ho esagerato. Scusami. Va bene?» Si mise in piedi a sua volta con un sorriso sornione. «Non farò più battute di natura sessista per le prossime due ore. E non ti guarderò più il sedere. Giuro.» Ma Thor continuava a fronteggiarlo con espressione seria. «Stiamo solo cercando un modo per inquadrare questa storia, Thor. Tutto qui. Non vuoi dirci cosa ti ha detto in quella stanza? Ok, easy, non importa. Allora raccontaci cosa accadde quella prima volta. Alle volte bisogna tornare al punto di partenza se si vogliono fare passi avanti.»
«Comprendo le tue intenzioni, ma non c'è bisogno di narrare il passato, non è di alcuna utilità. Ciò che accadde a quel tempo è ormai solo memoria lontana. Lo è per me e lo è per Loki.»
Tony sospirò. «Ne sei sicuro? Perché ti basta guardare allo specchio per capire che per Loki non è così.»
Gli occhi di Thor abbandonarono i suoi per posarsi sul vetro della balconata. Tony li vide luccicare troppo per appartenere a un dio, a un uomo.
Ma Thor non era un dio in quel momento, non era neanche un uomo, sembrava soprattutto, non fosse neanche Thor.
«Signore?» La voce di Jarvis risuonò nella stanza.
Aspettò qualche secondo per rispondere.
«Cosa c'è, Jarvis? Siamo stati attaccati da delle cavallette hippie?»
«No, signore. C'è il capitano Rogers in collegamento.»
Brutto segno.
«Ci sono novità, Rogers?»
«Stark, dov'è Thor?» Alla domanda di Steve guardò quel viso ancora una volta.
«È qui, stavamo facendo due chiacchiere davanti a un bicchiere.»
«Ah, beneBene? «Andate alla base dello S.H.I.E.L.D., saremo lì in breve
«Perché, dove diavolo sei a quest'ora della notte?» Forse Clint lo aveva finalmente convinto a entrare in uno stripclub. «Steve?»
«Mi dispiace, signore, ma il collegamento è stato chiuso
«Odio quando Rogers fa il misterioso, gli riesce anche male fra l'altro, ma lui continua imperterrito... Ah, deve essere l'età che avanza.»
Stavolta non era riuscito a strappare neanche mezzo sorriso a quella bocca.
«Tutto ok?»
«Sì, certo. Steve ci ha detto di andare.» Prima che potesse allontanarsi però lo fermò per una spalla.
«Siamo tutti dalla tua parte, Thor, e ok, non importa nulla di quello che è successo e chissenefrega se non vuoi dircelo, però fai attenzione, stavolta Loki non sembra intenzionato a proteggere nessuno a parte se stesso.»
Thor fece solo un cenno con la testa. «Dobbiamo avvertire Bruce.»
Il modo in cui aveva cercato di cambiare discorso era alquanto imbarazzante, ma Tony stavolta preferì mordersi la lingua, in fondo essere se stesso non era sempre un bene.
«Ci penso io, tu vai a cambiarti quella canotta inguardabile, e soprattutto trova una maglia più accollata. Sai, non vorrei che al capitano cadesse l'occhio.»
E Thor stavolta gli fece un piccolo sorriso.
No, forse essere se stesso era sempre un bene.



*



«Li hai avvisati?» Annuì alla domanda di Clint guardando poi la figura seduta su uno dei sedili dell'aereo. «Non mi sembra pericolosa.»
«Le apparenze possono ingannare» sentenziò cercando di studiare il viso messo in ombra dal cappuccio nero.
L'avevano trovata lì, nel bel mezzo del nulla, con gli abiti inumiditi dalla neve e le mani strette attorno alla stoffa del mantello.
Non aveva detto molto.
Non aveva neanche detto il suo nome, ma aveva voluto conoscere il loro.
“Sono il capitano Steve Rogers.” Solo a quel punto aveva alzato gli occhi nei suoi e li aveva seguiti senza opporre resistenza, senza mostrare timore né incertezza. Si era lasciata cingere i polsi con delle manette e perquisire senza emettere un solo fiato. Non avevano trovato nulla a parte una lettera sigillata con della ceralacca che aveva detto fosse per il principe Thor.
“Da parte di chi?”
Non aveva risposto.
Sembrava tranquilla, pensierosa, Steve non capiva se fosse anche spaventata, se era così sapeva nasconderlo bene.
«Qual è il tuo nome?» Chiese avvicinandosi.
«Linn, mio signore.» Provò una strana sensazione a sentirsi appellare in quella maniera, una sensazione per nulla piacevole.
«Ehi, Steve?» Clint lo affiancò e si avvicinò discretamente al suo orecchio. «Ti ha chiamato “mio signore”...»
Guardò quel ghigno divertito con una nota stonata; non gli andava di scherzare in una situazione così poco chiara.
Non poteva altresì negare di ammirare e alle volte invidiare la capacità di Clint, come quella di Tony, di sdrammatizzare anche nella peggiore delle emergenze, o il cinismo di Natasha di dire una frase tagliente nonostante fossero a un passo dalla sconfitta.
Tony diceva che era un noioso, forse era vero, forse sì, prendeva il suo compito con troppa serietà, ma quando vedi morire il tuo migliore amico davanti ai tuoi occhi, quando quella mano tesa non è abbastanza, quando la guerra la combatti e la vinci e perdi tutto lo stesso, la serietà è l'unica cosa che ti salva dalla disperazione.
Con loro aveva imparato che le regole potevano essere infrante, che un ordine aveva anche una diversa chiave di lettura che, talvolta, il fine giustifica i mezzi.
Chissà, con il tempo avrebbe imparato anche a ridere di una ferita che non si sarebbe mai rimarginata.
Tornò con lo sguardo sulla giovane donna che aveva spostato il suo verso il pavimento del aereo.
«Linn?» la chiamò facendole rialzare il volto.
Aveva dolci lineamenti e occhi così azzurri che Steve aveva visto solo un paio di volte: sul viso di Thor, la prima, su quello di Amora, la seconda.
C'era qualcosa di indubbiamente diverso in coloro che non abitavano la Terra, qualcosa che però li accomunava: una stranissima e impalpabile aura.
Lo sguardo di Linn però aveva un'altra luce, una luce più umile quasi sommessa, come se si stesse sforzando di tenerlo fisso nel suo, come se in qualche maniera, non si sentisse di ricambiarlo.
«Sei di Asgard?» chiese incrociando le braccia e le sue riflessioni trovarono ragione quando la ragazza riabbassò per l'ennesima volta gli occhi.
«Si, mio signore.»
Di nuovo quella strana sensazione.
«N-non chiamarmi così.» Lei lo guardò di nuovo, stavolta con una certa incertezza. «Steve o capitano - no è meglio Steve. Chiamami Steve. Io sono Steve.»
Cercò di non badare al ghignare di Clint alle sue spalle.
«Sì, so bene chi siete, capitano Steve.» Sulle labbra si era disegnato un timido sorriso che non aveva compreso finché Linn non aveva continuato. «Il principe Thor è solito narrare le gesta dei suoi compagni di armi qui su Midgard. Nei suoi racconti il vostro nome è ricorrente.»
Aggrottò la fronte confuso.
«Thor parla di me?» chiese senza nascondere la sua sorpresa. La ragazza lo guardò per qualche attimo e poi annuì.
«Molto spesso. La vostra nobiltà è una voce diffusa fra le genti di Asgard.»
Sapeva che Thor provasse, oltre a una sincera amicizia, anche una forte stima nei suoi confronti, ma mai avrebbe pensato che avesse parlato di lui con le sue genti, con il suo mondo.
La cosa lo inorgoglì e rattristò allo stesso tempo.
Ti riporterò indietro, amico mio...
«Perché sei qui, Linn? Chi ti ha mandato?»
Il piccolo sorriso sfumò dalle sue labbra.
«La mia amata regina mi ha dato incarico di consegnare una missiva al principe suo figlio. Non ne conosco il contenuto, non ero tenuta a saperlo, sono null'altro che un'ancella. Mio era solo il compito di porla nelle mani del principe Thor e non di altri.»
«Sei giunta qui grazie a quella specie di arcobaleno?» Fu Clint a chiederlo.
Linn non tentennò. «Il guardiano Heimdall, colui che tutto vede, mi ha avvertito che avrei trovato accoglienza fra le genti di Midgard grazie ai giusti uomini che affiancano il mio signore nelle suo compito di proteggerla. Mi ha intimato di non temere nulla, perché sarebbero giunti da me.»
«Sapeva che avremmo notato l'insolito fenomeno» sottolineò a quel punto scambiando uno sguardo con il compagno. «Posso vedere quella lettera?»
«No.» La risposta fu rapida e non ammetteva repliche. «Perdonatemi, capitano, ma come vi ho già detto, mi è concesso lasciarla solo nelle mani del principe Thor.»
Sospirò ma decise di non insistere.
«Ehi, capitano, permetti una parola?»
Annuì alla richiesta di Clint e lo raggiunse tenendo però sempre sotto occhio la figura della ragazza.
«Credo che dica la verità» bisbigliò al suo compagno e Clint assentì con un gesto della testa. «Chiama Thor e chiedigli se conosce questa ragazza, avremo presto una conferma.»
«Sì, Steve, però c'è un piccolo problema.» Spostò lo sguardo sul viso di Clint e aspettò che continuasse. «Ha detto che questa misteriosa lettera è per Thor e che la consegnerà solo a lui.»
«E allora?»
Clint si umettò le labbra con un sorriso. «Steve, noi non ce l'abbiamo “Thor” al momento, abbiamo solo una bionda con due belle tette.»
Evitò di rimproverarlo per quel commento poco appropriato ma non poteva che dargli ragione. Non potevano certo prenderla con la forza, o meglio, potevano e di certo il direttore non si sarebbe fatto scrupoli a ordinarglielo, ma era altrettanto certo di non obbedire a un simile ordine.
Se la madre di Thor aveva deciso di inviargli una lettera proprio in quel momento allora ciò che vi era scritto aveva una certa importanza.
Magari da Asgard sapevano cosa stava accadendo, quale fosse il piano di Loki e Amora, magari c'era la soluzione ai loro problemi.
Sapevano di Thor e del suo cambiamento?
Se era accaduto anche in passato forse su Asgard erano preparati ad affrontare quell'eventualità.
E allora perché Thor non aveva chiesto di mettersi subito in contatto con il suo mondo?
Troppe domande, troppe pesanti domande.
«Chiama Thor e poi penseremo al da farsi.»
Clint sospirò pigiando l'indice sul suo auricolare.
«Come vuoi, capitano.»
«Siamo in arrivo alla base.» Li informò Natasha dalla cabina di pilotaggio. «Attendo i tuoi ordini per atterrare.»
«Va bene.»
Non gli restava far altro che aspettare che Thor rispondesse.











***













NdA.
Linn viene a farci visita con un piccolo presente per il nostro principino, e se ve lo state chiedendo, sì, resta con noi fino alla fine della storia *w*
YEAHHH!
Recupero il contegno e vi informo che al 90% avrete anche il cap 8 domenica prossima, questo perché la mia idea natalizia sembra si sia arenata (damn... >///>) ma anche perché questo è un capitolo di transito e mi sentirei una bastarda a lasciarvi così.
È Natale e siamo tutti più buoni, anche una sadica come me >///<

Allur, i risultati del sondaggio per il font hanno dato vincente il Georgia con un punteggio di 1-0 (grazie a Glitter Princess per aver partecipato ;P) e così ho sistemato già l'intera storia.
Niente d'aggiungere stavolta ^^
Ci leggiamo nel prossimo dove tornano anche i nostri tre terribili(?) cattivoni...
Grazie a tutti <3
Kiss kiss Chiara
  
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