Anime & Manga > Capitan Harlock
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Autore: JeanGenie    15/12/2013    3 recensioni
"Ogni brigante, commerciante o pirata che percorra in lungo e in largo il cosmo sa che bottino o merce posso essere piazzati bene solo a Capo d'Ancora." Ma quando l'Arcadia si trova davvero nei guai, forse il prezzo da pagare per salvarla è troppo alto perfino per Harlock. Fortunatamente le donne, soprattutto quelle provenienti da Yura, ne sanno una più del diavolo
Genere: Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harlock, Miime, Tadashi Daiwa, Yattaran, Yuki
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Et in Arcadia Ego...'
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OGNI COSA HA IL SUO PREZZO

 

 

 

Il castello di Lord Hyousmar è perfettamente protetto da qualunque forma di intrusione. Non solo nessuno sarebbe così pazzo da tentare un assalto, ma neppure il mondo esterno ha il diritto di intrufolarsi se non è il padrone a volerlo. Gli odori intensi della perenne fiera, il chiassoso vociare di mercanti e acquirenti, la musica che sale dalle bettole, non raggiungono il signore di Capo d’Ancora. Come un magnanimo benefattore Lord Hyousmar concede la propria proprietà, quel pianeta piccolo e pallido nella nebulosa conosciuta come Scrigno di Luce dai locali e più prosaicamente M 104 o Sombrero dai terrestri, a coloro che praticano il libero mercato in cambio di una tassa d’approdo e del venti per cento dei profitti. E ogni brigante, commerciante o pirata che percorra in lungo e in largo il cosmo sa che bottino o merce posso essere piazzati bene solo a Capo d’Ancora. Solo i cacciatori di taglie non sono ammessi.

Tiberius ha imparato tutto questo anni prima, da quando ha lasciato il piccolo pianeta azzurro nella Via Lattea per tentare la fortuna altrove. È stato poco prima che gli Illumidas facessero piazza pulita della vecchia classe politica e militare, prima che anche loro venissero spazzati via, prima che il governo della nuova Federazione Terrestre si insediasse. Tiberius ha incrociato spesso navi della flotta di difesa terrestre e ancora adesso non riesce a spiegarsi come tutti sembrino essersi dimenticati di essere stati i vassalli dei pelleverde per quasi tre anni. A volte si chiede anche se lui sia l’unico a ricordarsi dei Meccanoidi, che li hanno preceduti nel prendere possesso del suo pianeta di origine. Non si tratta di un pensiero iperbolico. Ha quasi il sospetto che ci sia stato un lavaggio del cervello generale. Ed eccoli lì, i suoi compagni terrestri, tranquilli e sonnacchiosi(,) sul loro pianeta, certi che al di là di quei confini tondeggianti non ci sia nulla di minaccioso. In fondo perché dovrebbe importarmene? riflette Tiberius lisciandosi la barba. Si sveglieranno quando sarà troppo tardi, quando madama Raflesia e le sue gentili donzelle se li papperanno in un boccone. Io al momento ho altri problemi.

Per la precisione ha un solo, enorme problema e si tratta proprio di Lord Hyousmar. Tiberius ha trattato con lui troppe volte per non accorgersi che il cliente più importante che abbia mai avuto è tutt’altro che soddisfatto.

Seduto sul suo scranno dorato lo fulmina con le pupille verticali, la testa appoggiata a un braccio, l’aria annoiata e la lunga coda bianca che dondola lentamente.

“Tiberius, mi stai prendendo in giro?” domanda alla fine.

Lui arretra di un passo. “Come potete pensarlo, signore? Si tratta di merce di ottima qualità” si giustifica il mercante.

Possibile che nessuno dei pregiatissimi pezzi che gli ha portato raccolga l’approvazione di quel ricchissimo umanoide dalle orecchie di volpe, e non solo quelle? Pensava, sperava, che sarebbe riuscito a tenerlo buono, invece deve arrendersi all’evidenza. Lord Hyousmar sta per tornare su quei due argomenti.

“Ottima qualità. Ma nulla che non abbia già, Tiberius. Sbaglio o ti avevo fatto una richiesta specifica?”

“Due” lo corregge Tiberius, dandosi dell’idiota subito dopo. Due richieste che non sono riuscito ad esaudire.

Lord Hyousmar si gratta il mento volitivo. “Due. Ebbene? Cominciamo dalla prima. Dov’è la mia guerriera di Tokarga?”

Tiberius comincia sudare. Una guerriera di Tokarga. Sarebbe più facile trovare un ago in un pagliaio. La gente di Tokarga è in tutto e per tutto simile ai terrestri, tranne che per un dieci per cento: i guerrieri. Torace ampio, pelle verdognola, una testa glabra incassata nelle spalle, occhi tondi e mobili. La casta più importante. E solo una volta ogni dieci anni nasce una femmina appartenente a questa ristretta minoranza.

“Come sapete, la popolazione di Tokarga è stata decimata, signore. E i sopravvissuti ora sono asserviti a Mazone. A quanto mi risulta, non ci sono femmine guerriere tra di loro.”

Hyousmar fa un gesto annoiato con la mano. “E tu sei sicuro che non ne siano nate di recente? Mi andrebbe bene anche un’infante da allevare…”

Tiberius ridacchia nervosamente. “Non pretenderete che vada dalla regina Raflesia a chiederle di farmi controllare, vero?”

Hyousmar inarca un sopracciglio e Tiberius trema Una risposta affermativa gli spezzerebbe definitivamente le gambe. Ma l’essere volpino gli regala solo un ghigno di scherno.

“Paura, Tiberius? Eppure io trovo quelle creature adorabili. È stato un piacere trattare con quella donna… Katandra. Mi ha lasciato anche due fanciulle scelte tra i civili, dopo avere stabilito che Capo d’Ancora poteva mantenere la sua indipendenza.”

Tiberius sta per chiedergli come mai allora non si informi lui in prima persona circa lo stato dei sopravvissuti di Tokarga, dal momento che trova quelle tizie spettrali e maligne tanto piacevoli, ma viene interrotto.

“E l’altra faccenda? L’Arcadia? Capisco che tu possa fartela addosso al pensiero di avere a che fare con la flotta mazoniana, ma per il resto che giustificazione hai? Quaranta uomini. E devi solo trattare con loro e convincerli a vendere. O prenderti con la forza quello che voglio, se mai facessero storie.”

Tiberius scuote la testa deciso. “No, niente da fare. Io sono un mercante, non un pirata. Loro sono i pirati. Io tratto, non aggredisco né depredo.”

Hyousmar solleva gli occhi al cielo, giocherellando distrattamente con i pesanti orecchini. “Un mercante e non un pirata. Come se facesse differenza…”

Tiberius si morde la lingua. È quella dannata Emeraldas che sta rovinando la reputazione della categoria. Nonostante un lasciapassare per il libero commercio, si comporta come una brigante, ricoperta di teschi e tibie incrociate dalla testa ai piedi.

“Sono stanco e ho fame, Tiberius” annuncia Lord Hyousmar alzandosi. “Mettiamola così. Dal momento che sono una persona magnanima, ti permetterò di partecipare alla Grande Fiera e di trarne il tuo profitto. Ma poi niente più scuse. Ti do tre mesi di tempo dalla chiusura del Mercato per trattare con Harlock e portarmi ciò che ti ho chiesto, in un modo o nell’altro.”

Tiberius si inchina borbottando un “Agli ordini” tra i denti. Sa bene cosa c’è sull’altro piatto della bilancia. Hyousmar può rovinargli la piazza impedendogli l’approdo a Capo d’Ancora. Segue con gli occhi la frusciante tunica azzurra e la coda folta fino a quando non sono sparite insieme al loro proprietario. Trattare con Harlock. Al momento preferirebbe farsi cavare un dente, ma non ha altra scelta.

 

Yama è imbarcato sull’Arcadia da quasi quattro anni e mai si è trovato in una situazione così critica. Il capo ingegnere Yattaran è sempre in grado di risolvere qualunque problema tecnico. Non stavolta. Si pulisce le mani sporche di grasso sui pantaloni della tuta e si prepara a dare al capitano quella pessima notizia mentre il rumore delle saldatrici non conosce tregua.

“Allora?”

Il capitano sembra impaziente. Da tre giorni sono approdati sull’Ombra di Morte e da tre giorni il leggendario Harlock sembra una tigre in gabbia. Nessuno di loro può sapere se quanto è capitato alla loro Arcadia sia stato a causa dell’ennesimo piano delle alte sfere di Mazone o se invece si sia trattato di semplice sfortuna. L’unica cosa di cui Yama al momento è certo è che sono nei guai fino al collo.

“Secondo Yattaran si tratta di un batterio.”

Yama si ferma di fronte all’espressione spazientita del capitano. Quello lo sa già e non è necessario ribadirlo, ma è meglio mostrare il quadro nella sua interezza.

“Abbiamo provato a debellarlo con ogni tipo di reagente chimico senza risultato. Al momento sappiamo solo che questa specie di muffa sta corrodendo l’Arcadia e che non riusciamo a fermarla. Secondo i nostri calcoli in tre mesi non solo renderà inservibile l’intera astronave, ma arriverà al computer centrale e in quel momento non ci sarà davvero più nulla da fare.”

Il capitano scuote la testa. “Dimmi qualcosa che non so, Yama.”

Forse l’ha immaginato, ma gli è sembrato di percepire nella sua voce un tono di supplica. “Milonio” dichiara allora tentando di riaccendere la speranza nel loro carismatico capo.

“Milonio?” ripete Harlock con un tono perplesso.

Yama annuisce. “Esattamente. Ne basterebbero pochi grammi portati a temperatura di fusione e diventerebbe un repellente eccezionale per questa… cosa. Poi non ci resterebbe che riparare i danni.”

“Milonio…” ripete di nuovo Harlock. “È un minerale quasi introvabile. Eppure se quanto hai detto ha del fondamento, dobbiamo procurarcene a tutti i costi.”

Il capitano si volta e si allontana dalla sala macchine fermandosi solo un attimo per rivolgersi di nuovo a lui. “Grazie, Yama. Hai salvato l’Arcadia.”

Yama sospira. Per quanto gli faccia piacere sentirsi apprezzato da Harlock, non se la sente di sposare quel nuovo ottimismo.

Trovare del milonio e in soli tre mesi… Impossibile…

 

Tadashi Daiba non riesce a fare a meno di sentirsi in colpa. È stato lo stesso Harlock a concedere un giorno di libertà ai membri dell’equipaggio che non possono rendersi utili nell’immediato. Ma starsene sdraiato sulla spiaggia artificiale dell’Ombra di Morte a comportarsi come se fosse in vacanza ai tropici mentre l’Arcadia sta letteralmente marcendo non lo fa sentire a proprio agio.

Dannazione a noi e a quando ci siamo infilati in quella fascia di asteroidi…

La solita strategia. Portare la flottiglia mazoniana che li stava seguendo dove avrebbe avuto difficoltà di manovra e lì affidarsi al capitano e alla sua abilità nel manovrare il timone. Ha sempre funzionato. Ma poi quella robaccia grigiastra ha iniziato ad attaccarsi alla nave…

Tadashi scatta a sedere. Deve fare qualcosa e subito.

“Calmati.”

Calmarmi?

Lancia un’occhiata furibonda a Yuki che continua imperterrita a prendere il sole. “Come fai ad essere così tranquilla?”

A volte non la capisce proprio. È sempre pronta nei momenti critici e Tadashi deve riconoscere che sta imparando davvero molto da lei. Ma in questa occasione si sente deluso.

Il suo asciugamano, il suo bikini, i suoi occhiali da sole, sembrano essere le uniche cose di cui le importi.

E io le sono venuto dietro invece di insistere per restare ad aiutare gli altri.

“Non sono calma. Sono logica. Non serve a nulla agitarsi e stare fra i piedi senza poter fare nulla. Se avranno bisogno di noi, ci chiameranno.”

Tadashi sta per ribattere quando la voce di Yattaran spunta da un comunicatore sepolto sotto vestiti e asciugamani.

Ragazzi, basta oziare. Sul ponte immediatamente. C’è un problema da risolvere.”

“Un altro?” chiede Tadashi mentre Yuki gli sorride e si avvolge nel pareo.

“Vedrai che ne usciremo anche questa volta, Tadashi” gli risponde mentre si dirigono verso l’hangar dove l’Arcadia sta agonizzando.

Non hanno neppure il tempo di recuperare le loro uniformi. ‘Subito’ sull’Arcadia vuol dire ‘subito’.

Sul ponte l’aria è frenetica, ma Tadashi nota subito che qualcosa è cambiato. Harlock ha ritrovato la sua postura fiera che era andata appannandosi. Si siede al proprio posto, imitato da Yuki, in attesa degli ordini. Basta che Harlock pronunci poche parole perché Tadashi capisca che la situazione non è affatto migliorata.

Milonio. Trovarne è difficilissimo. Trovarne in così breve tempo, con una nave malconcia e le mazoniane alle calcagna, praticamente impossibile.

“So cosa state pensando. Che la nostra è un’impresa folle. Ma dobbiamo mettere le mani su quel minerale. Ora, sapete bene che l’Arcadia non è in una buona situazione, ma il tempo scarseggia. E, se non troveremo aiuto, dovremo muoverci noi. Comunque non voglio lasciare nulla di intentato. Yuki!”

“Sì!” risponde prontamente lei. Ora la riconosce. Nonostante il pareo e il bikini, è assolutamente in servizio.

“Voglio che ti metta in contatto con la Queen Emeraldas. E che localizzi immediatamente il 999.”

Tadashi trattiene il respiro. Emeraldas. Dava per scontato che fosse morta. E ora Harlock tira fuori quel nome come se nulla fosse.

La Queen Emeraldas deve essere la sua nave, ma non è detto che sia ancora viva.

Non dice una parola, anche se ha dozzine di domande da porre. Aspetterà che Yuki abbia un attimo di tregua e chiederà a lei, anche se ha il sospetto che di Emeraldas e dei rapporti del capitano con la ferrovia Galattica ne sappia quanto lui.

“Capitano, sono in contatto con il 999. Sono disposti a comunicarci non appena avranno notizia di presenza di milonio. La loro prossima fermata è prevista tra sette giorni sul pianeta Osiris e…” Yuki esita, poi legge meglio il foglio codificato appena uscito dalla stampante. “C’è una postilla. Un messaggio personale per te. ‘Sapevo che prima o poi ti saresti cacciato in un guaio più grosso di te. In bocca al lupo nonostante tutto. Maetel.’”

“Maetel?” Tadashi non riesce trattenersi. Ha già sentito quel nome, anche se non ricorda dove.

Harlock solleva le spalle. “Vecchie ruggini di famiglia” si limita a spiegare. “Yuki, avvertimi appena hai notizie di Emeraldas. Hai il codice, vero?”

Lei annuisce. “L’ho trovato nell’archivio. E mi chiedo come non l’abbia mai visto prima…”

Per un’infinità di tempo nessuno si muove sul ponte dell’Arcadia. Solo alle otto di sera, ora di Greenwich, quando Tadashi comincia ad avere fame - ed è sicuro di non essere il solo -, Yuki porta loro una pessima notizia.

“Capitano, la Queen Emeraldas si trova nella Nebulosa di Andromeda, a tre giorni dal pianetoide PLt9. Non risponde al nostro segnale e comunque, dalla posizione in cui si trova ora, anche se volessimo incontrarci a metà strada ci metteremmo minimo quattro mesi.”

Perfetto. Questo è un totale disastro, pensa Tadashi, mentre Harlock non batte ciglio. A quanto sembra nessuno può o vuole aiutarli. Cose che capitano quando si hanno nemici giurati in tutta la galassia e una taglia sulla testa che cresce di giorno in giorno.

“Accensione motori. Velocità di crociera. Di più non possiamo. Cadremmo a pezzi.” Nessuno commenta, ma la tensione nell’aria si sente. “Rotta per Capo d’Ancora. Ci arriveremo tra tre mesi esatti, in tempo per salvare la nave o arrenderci definitivamente.”

Capo d’Ancora. Almeno questo sa cos’è. Anche se avrebbe voluto visitarlo in un momento migliore.

 

L’Arcadia stride, ma a Harlock sembrano gemiti. Quel batterio presto arriverà a corroderne perfino l’anima. Lui deve trovare l’unica cura possibile. Non può lasciare che il suo migliore amico muoia una seconda volta. Stavolta per la sua malattia troverà la medicina migliore. Tre mesi per arrivare a Capo d’Ancora. Se c’è del milonio sulla piazza, lo potranno reperire di sicuro nel più grande mercato del cosmo conosciuto. Ma devono fare in fretta. La richiesta per l’atterraggio è già partita. Dal momento dell’approdo avranno un margine di tempo ristrettissimo per trovare il minerale e riparare la nave. Inoltre qualche grammo di milonio costerà loro metà della fortuna accumulata sull’Ombra di Morte. Ne vale la pena, certo. Ma restano delle incognite. L’Arcadia potrebbe andare in pezzi molto prima dell’arrivo a Capo d’Ancora. Basterebbe un gruppetto di ricognitori e stavolta avrebbero la peggio. L’ordine è scappare non appena si avvista l’ombra di una mazoniana. Un comportamento da vigliacchi che gli pesa. Ma non ha altra scelta. Si rifarà quando l’Arcadia sarà come nuova.

Si versa un altro bicchiere di vino e ascolta il fruscio regolare delle carte che Meeme appoggia delicatamente sul tavolo. Non può dirsi superstizioso, ma nutre una fiducia incondizionata nella sua straordinaria sensibilità e nelle sue capacità empatiche. Che usi i tarocchi per lui è solo un dettaglio trascurabile.

“Quale sarà la nostra sorte?” le chiede.

Meeme socchiude gli occhi. Oltre le sue ciglia un riverbero dorato lo abbaglia. “La fortuna tornerà a girare dalla nostra parte. Con un po’ di impegno.” La donna si alza, poi si avvicina alla grande finestra del cassero portandosi dietro la bottiglia. Beve una lunga sorsata, il suo corpo sottile risuona e si illumina, poi fissa le stelle che li circondano. “L’Arcadia non ha nessuna intenzione di lasciarsi morire. È tenacemente attaccata alla vita.”

 

Velocità di crociera. Yuki sorveglia incessantemente il monitor tentando di cogliere i segni di una presenza nemica. Ma da un mese l’Arcadia sembra essere l’unica astronave dell’universo. Una fortuna imprevista in mezzo a tutta quella cattiva sorte, anche se la loro destinazione è ancora lontana.

Tadashi si stiracchia nella postazione accanto alla sua, poi si volta verso il dottor Zero impegnato a vuotare una bottiglia di sakè seduto sul pavimento del ponte. “Dottore, posso farle una domanda?”

L’uomo ha gli occhi lucidi, segno che perfino lui è riuscito a superare il livello di guardia. “Dimmi, ragazzo” biascica.

“Lei sapeva che Emeraldas è viva? E l’hai mai incontrata?”

Yuki si volta verso il medico di bordo, ansiosa di sentire la risposta quanto Tadashi. Anche lei era convinta che Mayu non avesse nessuno al mondo. E non riesce a capacitarsi del fatto che, se Emeraldas è ancora là fuori da qualche parte, non si sia mai fatta viva con la figlia. Parecchi tasselli cominciano da andare al loro posto. La gigantesca nave che ha combattuto al loro fianco durante l’assalto ad Andromeda, il fatto che l’Arcadia abbia iniziato a manifestare una volontà proprio in quel periodo…

Il dottore sbadiglia. “Ragazzi miei, io non l’ho mai incontrata. Ma non mi sorprende affatto scoprire che non se n’è ancora andata all’altro mondo. I veri eroi non muoiono mai, non lo sapete? Sono le leggende nate intorno a loro a tenerli in vita.”

Sibillino. Yuki torna a guardare il monitor delusa. Non è affatto soddisfatta di quella risposta. E comunque lei non trova nulla di eroico nell’abbandonare in quel modo la propria bambina. Le leggende non muoiono. Allora è una leggenda quella annidata nel nostro computer?, riflette rendendosi conto che quella che devono salvare a tutti i costi è una vita e non un semplice pezzo di metallo che se ne va in giro nello spazio. E per la prima volta si rende conto che potrebbero fallire. Se Harlock decidesse di sciogliere l’equipaggio… No, non lo farà. Prenderemo un’altra nave. Dopo tutto, c’è una guerra da vincere. Ma quel pensiero le sembra un’eresia. L’Arcadia non potrebbe mai essere rimpiazzata. Mai. La morte dell’Arcadia significherebbe la fine.

Yuki scuote la testa. Se la caveranno anche questa volta. Il pessimismo in una situazione simile non aiuta.

 

Tiberius ci ha rimuginato per quasi due mesi, senza riuscire a trovare una soluzione. Lord Hyousmar la fa facile. Trattare con Harlock…

Certo. È sempre stata la mia ambizione segreta finire appeso al pennone di una nave pirata.

Xylak ha tentato di confortarlo ricordandogli che si vocifera che Harlock non uccida terrestri. Bene, la sua voglia di verificare di persona è ai minimi storici. E per stare dietro alle richieste impossibili del padrone di Capo d’Ancora sta anche trascurando l’organizzazione delle compravendite per l’imminente Fiera. Rischia di guadagnarci una miseria e, tenendo conto che molto probabilmente sarà l’ultima Fiera della sua vita, la cosa lo rende oltremodo infelice.

Quando Xylak irrompe nella stanza come se avesse il diavolo - o un bucaniere sanguinario, a pensarci bene - alle calcagna, Tiberius lo guarda appena.

Altre disgrazie in arrivo, pensa tentando di concentrarsi sulla lista dell’inventario.

Il respiro di Xylak è più affannoso del solito. Tiberius sa benissimo che per un kilariano come lui riuscire a sintetizzare le sostanze necessarie ai suoi polmoni semianfibi in quell’ambiente in tutto e per tutto simile all’atmosfera terrestre non è affatto una passeggiata.

“Signore, ci sono novità!” dice tentando di controllare l’affanno.

Tiberius si costringe a guardarlo negli occhi. La pelle grigia che ricopre il suo cranio ovoidale trasuda quella robaccia trasparente che quelli della sua razza hanno al posto del sudore.

“Avanti. Cos’altro mi devo aspettare adesso?” gli domanda quasi supplicandolo.

Ma le labbra quasi inesistenti di Xylak si distendono in una specie di sorriso. “Una richiesta di atterraggio e ingresso alla Fiera di Harlock. È arrivata oggi. Cerca del milonio e la sua offerta è ‘Qualunque cifra’.”

La testa di Tiberius si fa più leggera. Allora un dio c’è. Ed è decisamente dalla sua parte.

Milonio? Per qualunque cifra? Considera l’affare fatto, carogna di un pirata.

 

Capo d’Ancora durante la Grande Fiera è sempre uno spettacolo da togliere il fiato. Da anni non mette piede su quel pianeta. Troppo caotico per un amante della solitudine come lui. Ma adesso, nonostante tutto, non può non pensare che quel gigantesco luna-park abbia le sue indubbie qualità. Per prima cosa vi si può trovare davvero tutto. Inoltre i cacciatori di taglie sono banditi. L’ultimo dei criminali e la persona più onesta della galassia sono tutelati allo stesso modo e se questo per qualcuno può rappresentare un problema, per uno come lui è indubbiamente un vantaggio.

Prova un improvviso moto di tenerezza nei confronti del proprio equipaggio, trentanove facce estatiche che guardano la gemma scintillante sulla quale faranno scalo avvicinarsi lentamente oltre il reticolo di piattaforme, su una delle quali dovranno ancorare l’Arcadia. Non c’è spazio su quel piccolo mondo per tutte le navi che conducono mercanti e compratori, e quella specie di rete da pesca per astronavi è un autentico capolavoro di ingegneria. Tochiro lo ripeteva spesso. “Avrei voluto pensarci io…” Aria sognante voce commossa. Quel ricordo lo riporta bruscamente alla realtà. Sono lì per salvare l’Arcadia. Per salvare Tochiro.

Richiama all’ordine i suoi uomini tentando di non suonare duro. “Coraggio. Avrete tutto il tempo per godervi Capo d’Ancora e tutto quello che ha da offrire, ma ora bisogna attraccare. Yattaran, inizia le manovre.”

Immediatamente ciascuno raggiunge il proprio posto. Harlock sa bene che sono impazienti, ma non ritarderebbero mai nell’eseguire un suo ordine. E in alcuni casi dare ordini non è neppure necessario.

“Capitano, una richiesta di compravendita” gli annuncia infatti Yuki senza che lui abbia avuto il tempo di chiederle di controllare le offerte. “Di un certo Tiberius. Offre milonio. Il prezzo vuole trattarlo personalmente con te. Questa sera alle sette, ora locale, al Pub dell’Oca Zoppa.”

Fin troppo facile. Ora devono solo sperare che non si tratti di una truffa. La cifra che possono offrire è considerevole. La cosa fondamentale è non farsi imbrogliare.

L’Arcadia atterra scricchiolando sulla piattaforma 39. Non hanno il tempo di verificare se l’offerta sia valida o meno. Deve giocare d’azzardo e presentarsi all’appuntamento.

Tiberius. Ha già sentito quel nome. È uno dei pochi terrestri che si siano azzardati a lasciare il sistema solare. Di lui non sa altro. Ma non importa che sia degno di stima o meno. Non se è davvero in possesso del milonio.

“Rispondi che ci sarò, Yuki” conferma sperando che le cose si stiano davvero mettendo a loro favore.

 

Le cose si stanno mettendo davvero a suo favore. Perfino Lord Hyousmar ha trascorso quelle settimane con un umore straordinariamente felice.

“Tutto il milonio che vuole, Tiberius!” ha gridato, prima di scoppiare a ridere, nel momento esatto in cui è stato informato della richiesta di Harlock.

E quel ‘qualunque cifra’ messo sul piatto delle offerte può voler dire solamente una cosa: quel pirata ne ha un bisogno disperato.

E dubito che voglia farsi un collier. Comunque la cosa non mi riguarda.

Gli proporrà un semplice baratto e lui non potrà fare altro che accettare. Dopodiché saranno tutti felici e soddisfatti, Harlock con il suo milonio, lui con la fiducia di Hyousmar e un altro affare andato in porto, e lo stesso Hyousmar con la sua nuova proprietà.

Tiberius lascia che Xylak gli sistemi il mantello verde sulle spalle. Harlock deve capire subito di avere a che fare con un professionista serio. Perfino il posto scelto per l’incontro è tutt’altro che una bettola.

Andrà tutto liscio, si ripete tentando di ingoiare l’insensata paura che continua a provare all’idea di trovarsi faccia a faccia con uno dei banditi più sanguinari della galassia.

 

Turni di quattro ore per girare in lungo e in largo il pianeta. E lui sta sprecando il suo in quel modo, annoiandosi dietro a Yuki e Meeme. Sarebbe dovuto andare con gli altri, ma non aveva voglia di finire in un bar a sbronzarsi. Fortunatamente ha Yattaran a fargli compagnia quando ha voglia di fermarsi ad osservare armi, pezzi di ricambio e…

Splendido, questo astrolabio…

Pensava che sarebbe stato piacevole, invece sta sperimentando sulla propria pelle l’assurda propensione femminile a fermarsi irrimediabilmente davanti a stoffa colorata e oggettini luccicanti.

“Guarda che meraviglia, Meeme” sta dicendo Yuki con una voce languida che lui ha sentito molto raramente, mostrando all’altra un abito di seta gialla. “Ti starebbe benissimo. È lo stesso oro dei tuoi occhi.”

Credo che riuscirò a sopportarle ancora per poco.

Stanno cercando un liutaio, che a quanto sembra è il migliore di tutta la galassia. Meeme ha con sé la propria arpa e ha intenzione di farla accordare da questo presunto artista degli strumenti musicali. Forse potrebbe approfittarne e far pulire la sua armonica.

Tadashi solleva lo sguardo quando un rullo di tamburi seguito da uno squillo vivace di qualcosa che assomiglia a una tromba arriva alle sue orecchie. Un attimo e la calca intorno a lui si ritrae.

“Vieni via” gli dice Yuki tirandolo per una manica verso il bordo della strada..

La caotica folla si è trasformata in un compatto muro in attesa.

“Sta per passare il padrone di tutto questo, Hyousmar la volpe. È la parata inaugurale” gli spiega Yattaran ridacchiando. “Le prossime dodici ore le passerà percorrendo in lungo e in largo il pianeta, facendosi acclamare come una vedette.”

Una navetta ricoperta da quello che sembra argento e ornata da drappi di velluto rosso arriva nella loro direzione, tirata da quattro cavalli completamente meccanizzati. I corpi degli animali sintetici sembrano scolpiti nell’onice. È uno spettacolo notevole. L’umanoide sulla navetta che saluta la folla con la mano ha addosso l’abito più ricco e sfarzoso che Tadashi abbia mai visto. Il riverbero delle gemme fa quasi male agli occhi.

L’uomo volpe…

Se non fosse per le orecchie, la coda e gli artigli, sarebbe in tutto e per tutto simile a un essere umano.

Errore, riflette Tadashi, mentre il padrone di Capo d’Ancora si fa più distinguibile. Occhi gialli, pupille verticali e quei mustacchi così… così… ferini…

“È davvero affascinante” afferma Yuki e lui si chiede con che strana testa ragionino le donne.

“Andiamo…” propone Meeme e la sua voce si è fatta piuttosto lugubre. Probabilmente quello spettacolo non piace nemmeno a lei.

“Giusto” le fa eco immediatamente. “Non stavamo cercando un liutaio?”

 

A volte la soluzione di un problema si presenta vicinissima e chiara. Tuttavia è impossibile afferrarla. Deve parlarne ad Harlock il prima possibile. Quella sera, quando saranno di nuovo a bordo della loro malconcia Arcadia, troveranno un modo per ottenere ciò di cui hanno bisogno.

Sempre che l’incontro con il mercante non vada a buon fine. In fondo fra qualche ora potremmo avere già il milonio che ci occorre.

La bottega del liutaio odora di legno e di antico. Se non fosse per lo schermo che continua a trasmettere immagini di Lord Hyousmar, le sembrerebbe di essere tornata indietro di almeno un millennio yurano. Le piace quell’atmosfera. Suo padre le diceva sempre che in lei c’era uno spirito ancestrale e che forse davvero aveva ereditato dalla sua nonna materna il sangue di quelle che gli sciocchi chiamano streghe. Semplicemente lei crede che il gusto estetico non abbia nulla a che vedere con il contemporaneo e che questo c’entri ben poco con le antiche stirpi. Ha tutti i poteri della gente del suo clan, quelli che su Yura si chiamano Esir, nulla di più. Il fatto che l’altra metà della popolazione di Yura, i Flor, abbia finito per sentirsi inferiore di fronte al crescere di numero degli Esir, e che questo abbia portato a una guerra globale, ormai non conta più. Perché lei è l’ultima. Yura è morta e solo grazie ad Harlock lei non è stata divorata dalle piante mostruose che ora dominano il luogo che una volta chiamava casa. Ha le vecchie ballate del suo popolo a farle compagnia. Sono l’unica cosa di Yura che porti con sé. La sua arpa è un mezzo per mantenere le proprie memorie per tutto il tempo che le sarà concesso vivere.

Hai detto che ti piace suonare. Questa è per te.”

Un dono di Harlock, naturalmente. Parte del bottino di una nave depredata. Un motivo in più per considerare quello strumento un prezioso tesoro.

“Pregevole fattura” le dice l’uomo dalla barba bianca e dalle antenne verdi. “È certa di non volerla vendere?”

“Certissima” gli risponde Meeme. Per nulla al mondo.

L’uomo si aggiusta il monocolo sull’occhio destro. “Il sol è debole. Va sistemato. E avrebbe un suono migliore se potessi limare il legno di mezzo millimetro. Se me la lascia posso fargliela trovare pronta per domani sera.”

“La ringrazio” gli dice porgendogli tre monete d’oro di Alpha Centauri.

“Oh, signora. Io accetto di essere pagato solo a lavoro ultimato” protesta l’uomo.

“Domani potrei essere di fretta.” Meeme non concede altre spiegazioni.

Fa parte di un equipaggio di pirati, dopo tutto. Le dimostrazioni di onestà in certi casi si rendono doppiamente necessarie.

“Mi auguro di no” ribatte l’uomo con un sorriso. “Perché prima che riparta vorrei sentirla suonare.”

 

Tiberius ha ordinato il vino migliore. Si sta sforzando di apparire cordiale, ma Harlock sa riconoscere ad occhio nudo un uomo terrorizzato. Ne ha incontrati troppi in vita sua e ormai distingue la razza a fiuto. La fama che lo precede dipende in buona parte dal fatto che sia così temuto. Sono sorte centinaia di leggende su di lui e tutte hanno una matrice lugubre e sanguinaria. La cosa lo infastidisce. Dopo tutto ha fatto della lealtà un proprio punto d’onore. Ma quella situazione più di una volta gli è tornata utile. Un avversario che ha paura fugge o commette sbagli. In quel particolare caso la paura può fargli ottenere del milonio a buon prezzo.

Tiberius ha offerto la cena a lui e a Machi, ma lui non ha fame. Potrà occuparsi del cibo quando la compravendita sarà conclusa. Ma sta facendo onore al vino tentando di dimenticare il caos che la fa da padrone nell’affollatissimo locale.

L’uomo di Kilaria, seduto accanto al mercante, confabula per un attimo con lui. Harlock attende con pazienza. Sa che il momento di parlare di affari è venuto.

“Sì, esatto” esordisce infatti Tiberius, come se stesse concludendo un lungo discorso. “Dunque, veniamo al sodo, se a lei non dispiace, capitano.” L’uomo solleva una borsa di cuoio e la appoggia sul tavolo. “Tre chilogrammi di milonio purissimo. È questo che le offro. Se fossi in lei eviterei di aprire la borsa ora. Ma potrà controllare non appena saremo fuori di qui.”

Tre chilogrammi di milonio. E dire che gliene servirebbe così poco. Dovrà contrattare. Neppure vendendo la stessa Ombra di Morte con tutti i tesori che contiene riuscirebbe ad acquistare una tale quantità di quel preziosissimo metallo.

“Quanto?” chiede. Meglio sapere subito di che morte dovranno morire.

Tiberius ridacchia in modo nervoso, poi beve un sorso di vino. “Vede, capitano, è Lord Hyousmar in persona a offrirle il milonio.” L’uomo si asciuga la fronte. “Io sono qui a suo nome.”

“Che cosa vuole Hyousmar da me?”

La faccenda si sta facendo sempre meno chiara. Il padrone di Capo d’Ancora possiede tutto. Non c’è oggettivamente nulla che lui possa dargli in cambio del metallo che gli occorre per salvare la nave.

“Non accetto lettere di corsa e non mi metto al servizio di nessuno, voglio che sia chiaro.”

Non sarebbe certo il primo degli arroganti e ricchissimi signorotti planetari ad avanzare la pretesa che lui si metta al soldo di chi può pagare meglio per depredare le navi e gli insediamenti dei rivali.

“No no, capitano.” Tiberius ridacchia di nuovo e Harlock comincia ad averne abbastanza di lui e di quel posto. L’unico caos che apprezza è quello che si scatena nelle battaglie, un caos solo apparente, dove in realtà tutto è perfettamente calibrato.

“Allora?” lo sprona. Non vuole perdere altro tempo.

“Vede, Lord Hyousmar è un raffinato esteta, un collezionista di rarità, oggetti preziosi e tutto quanto c’è di unico nell’universo” riprende Tiberius con una nota di ammirazione nella voce. “E si dà il caso, capitano, che lei possegga qualcosa per il quale Hyousmar è disposto a pagare tre chilogrammi di milonio.”

Tutto quanto c’è di unico nell’universo…

L’Arcadia, il suo computer, l’Ombra di Morte. Nessuno di questi tre è cedibile. Harlock attende. Deve trovare un compromesso. Forse dovrà parlare con Hyousmar faccia a faccia.

“Lord Hyousmar, capitano, desidera aiutarvi e venirvi incontro. Accetterà come pagamento l’ultima abitante del pianeta Yura, la quale sappiamo essere in suo possesso.”

Machi smette di masticare, guarda il mercante, poi esplode in un “Ma ti sei bevuto il cervello?”

“Ragioniamo” insiste Tiberius. “Le assicuro, capitano che la ragazza verrà trattata in modo principesco. Rifornisco da anni l’harem di Lord Hyousmar e ho visto con i miei occhi che ha per le sue donne tutte le premure.”

Harlock non si chiede se stia parlando sul serio. Neppure gli importa. Anche solo il fatto che abbia messo insieme un discorso simile è sufficiente. La sua mano scivola al calcio della pistola.

“Hai tre secondi per sparire prima che ti faccia un buco in testa.”

Tiberius ha smesso di ridacchiare. “Ragioni, capitano. È l’unico…”

“Uno.”

“…modo per…”

“Due.”

Tiberius afferra la borsa sul tavolo e fila via portandosi dietro lo xilariano.

Dovrebbe preoccuparsi davvero, ora. Più di quanto non abbia fatto in quei tre mesi. Perché l’unico barlume di speranza ormai sembra sparito.

“Assaltiamo il castello di Hyousmar, capitano” suggerisce Machi. “Oppure aspettiamo quel tizio in un vicolo e impadroniamoci della borsa.”

“Facile, in teoria. Ma se violassimo le regole in quel modo tutte le navi presenti intorno a Capo d’Ancora attaccherebbero l’Arcadia, e nelle condizioni in cui siamo non potremmo difenderci. Quanto a rubare il milonio, credi che riusciremmo a lasciare il pianeta vivi?”

Eppure una soluzione deve esserci. Una soluzione che non sia vendere Meeme come al mercato degli schiavi.

“Machi…”

Non credeva che le cose si sarebbero messe in quel modo. La buona sorte letta nelle carte non vuol saperne di arrivare.

“Non fare parola con gli altri di quanto è successo. Soprattutto, non farne parola con Meeme.”

 

“Capitano, è arrivato un messaggio da parte della autorità di Capo d’Ancora. ‘Causa problemi imprevisti la vostra nave non potrà lasciare l’orbita del pianeta fino a nuovo ordine. Stiamo facendo accertamenti’.” Yuki sposta gli occhi su Harlock con aria perplessa. “Che genere di accertamenti?”

Ma lui non le risponde. Parla molto poco da quando è tornato dall’incontro con quel mercante terrestre. Ha detto semplicemente che è stato impossibile concludere l’affare.

Se lei fosse come tutti gli altri, potrebbe pensare che la tensione che avverte in Harlock sia dovuta alla consapevolezza che la salvezza dell’Arcadia si allontana. Ma lei non è come gli altri e riesce a percepire i sentimenti di Harlock come se fossero i propri.

Lo segue quando lascia il ponte senza rispondere a Yuki, lo segue lungo i corridoi fino alla sala del computer. Lo segue e non dice nulla nemmeno quando lo vede appoggiare la testa contro il cuore di spirito, metallo e circuiti della nave, ma smette di tacere quando capisce che lui sta crollando.

“Harlock… Che cosa sta succedendo?”

Non si aspetta che le risponda subito. Più di una volta ci è voluto molto tempo per convincerlo a confidarsi con lei. Ma non è quello il caso.

“Non posso salvare l’Arcadia. Il prezzo che mi hanno chiesto è troppo alto.”

Razionalmente sa che dovrebbe proporgli di offrire i propri servigi fino all’estinzione dell’eventuale debito, ma è consapevole che, se fosse possibile, Harlock avrebbe già valutato l’opzione.

“Quanto?” insiste. C’è qualcosa che lui sta nascondendo.

“Troppo, Meeme.”

“Quanto?”

Lui la guarda da sopra la spalla. Forse sta riflettendo, forse semplicemente non vuole condividere con altri le proprie preoccupazioni. Ma quando finalmente le dice la verità i suoi pensieri si appannano.

“Tu, Meeme. Tre chilogrammi di milonio in cambio della tua persona. Hyousmar ti vuole nella sua collezione di rarità.”

Lei sente il nucleo delle proprie cellule girare più velocemente. Non sa dire se le emozioni che le esplodono dentro siano fatte di rabbia o di senso di colpa ma, come sempre, non riesce a celarle. L’ha sempre fatta riflettere la capacità del novanta per cento delle razze umanoidi con le quali è venuta in contatto di nascondere i propri sentimenti. Lei continua a trovarla una cosa innaturale, dal momento che, quando le sue emozioni si fanno violente come in quel momento, il suo corpo si illumina.

È questo il prezzo che consideravi troppo alto, Harlock?

Lui sembra intuire i suoi pensieri, si volta e le si avvicina. “Togliti certe idee dalla testa, Meeme. Io non vendo i membri del mio equipaggio.”

Non c’è bisogno di dirlo. Lo sa bene. E sa anche che l’idea di passare il resto della propria vita prigioniera in un mausoleo non è affatto di suo gradimento. Non sono quelli i pensieri che l’hanno colta.

“E non possiamo neppure allontanarci… È a causa mia che Hyousmar ci impedisce di ripartire?”

“Non andremmo comunque lontano” le fa notare Harlock. “Ma qualunque cosa tenti per prenderti, non dovremo rendergliela facile. Non dovrai lasciare l’Arcadia per nessun motivo, mi hai capito, Meeme?”

Lei non gli risponde, lasciando che lui dia per scontato che così sarà.

Ma io devo andare a riprendere la mia arpa. Tra le altre cose…

 

Lord Hyousmar è di pessimo umore. Tiberius preferirebbe trovarsi dovunque tranne che lì. Non è affatto piacevole vedere un uomo-volpe digrignare i denti in quel modo, ululare e spaccare tutto quello che si trova a portata di mano.

“Si rifiuta! Harlock non tratta!” urla. “Benone! Allora resti pure qui fino a quando lui e i suoi non moriranno di fame. Che provi a usare i cannoni contro le nostre barriere, se ne ha il fegato. E che provi a mandare qualcuno a procurare rifornimenti, se ne ha il fegato. Oh, ce l’ha il fegato. Io lo so. Ma meglio così. Lo ridurrò in pezzetti!”

Decisamente qualcuno a cui non si può dire di no. Tiberius si chiede se sarebbe così deciso se non avessero avuto informazioni circa il pessimo stato dell’Arcadia. Harlock non potrebbe tentare di attaccarli nemmeno volendo.

Testardo di un pirata. Consegnagli l’aliena e facciamola finita. Io ne ho abbastanza di tutta questa storia.

Quando un servo entra trafelato nella stanza senza nemmeno chiedere il permesso, Tiberius capisce che è successo qualcosa di grosso.

“Signore!” grida evitando per un soffio di essere centrato da un vaso volante.

“Che c’è?” chiede Hyousmar con un ringhio.

Il servo non arretra e Tiberius ammira il suo sangue freddo. “Una navetta proveniente dall’Arcadia è appena atterrata nella zona est. A bordo c’era una donna non terrestre. In questo momento si trova nella bottega del liutaio Jemole.”

Tiberius ha usato spesso la frase ‘gli occhi si sono illuminati di gioia’ ma non sapeva che potesse succedere effettivamente. Gli occhi di Lord Hyousmar brillano e fanno davvero paura.

“Oh oh” ridacchia sfregandosi le mani. “Non riesco a crederci. La signora è tutta sola. Andiamo ad accoglierla.”

 

Una soluzione. Una soluzione per appropriarsi del milonio e lasciare il pianeta. Intrufolarsi nella residenza di Lord Hyousmar e prendere ciò di cui hanno bisogno. E poi? Non possono lasciare l’orbita di Capo d’Ancora se prima le barriere che li vincolano non verranno rimosse.

Se solo fossimo a pieno regime…

Fare arrivare l’Ombra di Morte, spostare l’equipaggio sulla loro base e usarla come mezzo per allontanarsi.

Abbandonando l’Arcadia?

No, sarebbe assurdo. Hanno bisogno del milonio, hanno bisogno di portare via l’Arcadia da quel posto e hanno bisogno di tempo per riparare i danni.

Harlock si versa da bere. Sarà il caso di risolvere un problema alla volta. Per prima cosa studiare un buon piano per impadronirsi del milonio, poi…

Harlock fissa incredulo la navetta che si allontana dall’Arcadia verso Capo d’Ancora.

Chi è? Le direttive erano chiare. Nessuno doveva lasciare la nave senza un preciso ordine…

Abbandona la propria stanza quasi travolgendo Machi che arriva di corsa dalla direzione opposta. Non ha bisogno di chiedergli chi sia l’autore di quella piccola diserzione. Riesce a immaginarlo benissimo.

Pazza. Cosa intende fare? Hyousmar non sta aspettando altro.

Dovranno parlare molto seriamente quando lei sarà di nuovo a bordo al sicuro. Una lunga chiacchierata su quanto valga la sua vita, quella vita che continua ad offrirgli come ricompensa per averla salvata.

Questo non dovevi farlo, Meeme…

Adesso può pensare solo che deve andare subito a riprenderla.

 

Un breve concerto. Il liutaio la guarda con aria incantata. Le note sfuggono alle sue dita e si rincorrono cantando libere ed allegre una ballata nuziale. Da tempo non suonava più quel pezzo. Il ricordo del matrimonio di un’amica, di un giorno di festa sulla sua lontana Yura… La musica si tinge di nostalgia. Meeme sa di avere poco tempo.

Le ultime note muoiono quando la porta della bottega si apre. Il vecchio liutaio spalanca gli occhi.

“Siete voi, signore…”

Meeme si volta a guardare in viso colui che vorrebbe essere il suo padrone. Da vicino è magnifico e inquietante nello stesso tempo. Non avverte malvagità in lui, solo una brama che lo rende negativo. Le sorride e quel sorriso le fa quasi paura.

“Mia cara, attendevo di conoscerti da tempo. E averti davanti a me è ancora più straordinario di quanto potessi immaginare.”

Ricchezza, superbia, carisma. Tutto questo le racconta il suo aspetto. Nonostante la scorta armata, non potrebbe trattenerla se lei decidesse di tornare alla sua navetta e raggiungere l’Arcadia. Ma non è quella la sua intenzione. Osserva con attenzione la veste ricchissima e i gioielli di cui è ricoperto, pensando che non è affatto strano che una creatura che sembra possedere tutto sia in grado di desiderare.

“Suppongo che dovrò seguirti” gli risponde stringendo l’arpa al petto. “Mi sembra che sia stato stabilito un prezzo. Voglio che quanto pattuito venga consegnato ad Harlock il più presto possibile.”

Le parole che ha appena pronunciato suonano squallide al suo stesso orecchio. Ma non ha intenzione di dare loro un peso maggiore di quanto non ne abbiano in realtà.

“Domattina” le risponde l’uomo-volpe annuendo, poi le porge la mano. “Sono felice che tu abbia deciso di collaborare senza opporre resistenza. Mi sarebbe dispiaciuto dover violare io stesso le regole vigenti sul mio pianeta.”

Lei non esita nemmeno un attimo e accetta quella mano come se riponesse in lui la massima fiducia. Le regole di Capo d’Ancora. Sarebbe davvero ricorso alla forza, su questo non nutre dubbi. Ma avrebbe potuto fare ben poco se lei non avesse deciso di seguirlo. Non importa. Che reputi pure quel baratto concluso felicemente per entrambi. Ora lei sa che entro l’alba l’Arcadia sarà salva.

 

Alla navetta non c‘è traccia di Meeme. Le parole del vecchio al negozio di strumenti sono state al tempo stesso una conferma e una sorpresa. Hyousmar l’ha presa. Ma lei non ha neppure tentato di difendersi.

Non dovevi farlo, Meeme…

Non riesce a credere che lei possa essere arrivata a tanto. Anche con l’Arcadia a pezzi dovrà attaccare il castello. Non ha altra scelta.

La voce di Yuki gli arriva dal comunicatore. “Capitano, abbiamo un messaggio video da Lord Hyousmar.”

Certo. La questione va portata avanti fino in fondo. Qualunque cosa debba dire non cambierà il fatto che mi prenderò la sua testa.

“Capitano?” insiste Yuki

Hyousmar sa di certo che ora lui si trova sulla superficie di Capo d’Ancora. È stato fin troppo rapido ad allungare le zampe su Meeme perché lui possa illudersi di arrivare a mettergli le mani alla gola cogliendolo impreparato.

Eppure sono arrivato qui con un equipaggio di quaranta persone e ripartirò da qui con un equipaggio di quaranta persone.

“Arrivo subito, Yuki” risponde.

Attacca i cavi di rimorchio alla navetta che ha portato fin lì Meeme, poi cambia idea. Deve lasciarle una via di fuga, in quelche modo. Deve lasciarle i mezzi per tornare. Perché non può finire così. Harlock avvia la propria navetta e dopo meno di dieci minuti raggiunge l’Arcadia, malata e prigioniera di una barriera energetica che le impedisce di spiccare il volo.

Assaltare il castello… Dovremmo dare fondo a tutta l’energia che ci resta…

Raggiunge il ponte e immediatamente ordina a Yuki di far partire la registrazione. Hyousmar appare sullo schermo accennando un garbato inchino.

“Buonasera, capitan Harlock. Come può vedere anche lei, sono felice di annunciarle che ho trattato direttamente con la signorina Meeme e siamo giunti a un accordo soddisfacente per entrambe le parti.” L’uomo volpe fa cenno a qualcuno e un attimo dopo Meeme gli arriva vicino. “Può darvi lei stessa la conferma. La signorina ha accettato di trascorrere il resto della sua esistenza nel mio palazzo in cambio di tre chilogrammi di milonio che vi verranno consegnati poco prima dell’alba. In quel preciso istante le barriere che trattengono la vostra nave verranno rimosse e potrete lasciare Capo d’Ancora indisturbati. Vi auguro un buon proseguimento di giornata e un felice rimanente soggiorno.”

Non c’è altro. Neppure una parola da parte di Meeme. Ma lui non ne ha bisogno.

“Un gesto troppo nobile ed eroico. Non è giusto che si sacrifichi in questo modo. Non possiamo permetterlo.” Il dottor Zero sembra assolutamente sobrio e lucido. È stato l’unico a parlare. Gli altri sembrano semplicemente attoniti.

È il momento di avere fiducia, Meeme?

“Non faremo nulla” annuncia. “Aspetteremo semplicemente l’alba.”

“Ma capitano…” inizia Tadashi, ma qualcuno, non sa dire chi, lo interrompe e, dal momento che lui non insiste, deve trattarsi di Yuki.

L’alba…

Un’altra. Possibile che siano già passati dieci anni? La vita di Meeme non è in pericolo. Non è destinata a subire la stessa sorte di Maya. Il ricordo del vile ricatto che lo ha costretto a scegliere è ancora vivo. Consegnarsi all’alba, o Maya sarebbe morta. Stavolta le cose sono diverse. Meeme non ha detto una parola in quel messaggio filmato.

Ma non era necessario. Il modo il cui hai chiuso gli occhi… Solo io potevo capirlo e tu lo sapevi.

Non sa cosa abbia in mente per l’esattezza, ma quella parola torna nei suoi pensieri.

Fiducia. Mi fido di te, Meeme.

Non rimarrà con le mani in mano, nel frattempo. Ingannerà l’attesa del nuovo giorno in compagnia di Tiberius. Dopo tutto la trattativa è stata portata a termine grazie a lui. Harlock sorride a denti stretti.

Qualunque cosa accada, quel mercante di carne viva si ritroverà con qualche capello bianco in più.

 

La ragazza di Yura si comporta in modo strano. Di solito i pezzi della sua collezione piangono e si disperano almeno per le prime ore. Lei è insolitamente tranquilla. Ha fatto il bagno e si è agghindata per la cena senza fare storie, ma Hyousmar sa che non è la ricchezza che ha visto intorno a lei ad averla fatta giungere a miti consigli. È stata condiscendente dal primo istante.

Lo sta facendo per il milonio promesso ad Harlock. Uno scopo nobile. Ma a me interessa molto poco. Quello che conta è che un’altra gemma rara ora fa parte del mio tesoro.

Meeme, è questo il suo nome. L’ultima degli Esir. Hyousmar si trova a metà strada tra la brama e l’ammirazione; si tratta senza dubbio di una creatura affascinante. Il suo lato più bestiale si trova a desiderare di scoprire se davvero il bacio della donne di Yura può condurre alla pazzia e a volere comprendere come un tale incantesimo possa essere messo in atto, dal momento che lei sembra priva di bocca. È quasi certo che prima della fine della serata avrà da lei delle gradite sorprese. Ha una splendida figura.

La tavola imbandita è stata la causa di un’occhiata perplessa da parte della ragazza.

“Un’accoglienza squisita” dice accomodandosi. “Ma la mai alimentazione è a base alcolica.”

Hyousmar non si scompone. Gli basta schioccare le dita. In tre minuti di fronte a Meeme di Yura vengono esposti i migliori liquori e distillati della sua cantina insieme ai vini più pregiati della galassia.

Lei si serve senza trovare altro da ridire. È uno spettacolo vedere il suo corpo di silfide diventare incandescente quando l’alcol invade il suo sistema nervoso.

“Non puoi mangiare altro?” le chiede. Non lo sorprende affatto che quelli della sua specie fossero considerati custodi di meravigliosi poteri magici, come creature uscite da un’antica fiaba.

“Certo che posso” gli spiega riempiendosi il bicchiere di distillato al jiboun. “Ma non ne ho bisogno. È un piacere nel quale indulgo molto raramente e che non è neanche lontanamente paragonabile a quello che può darmi una sorsata di alcol puro.”

Così fredda… Chissà se sa danzare…

Hyousmar non osa chiederglielo. Detesta fare la figura dello stupido. Decide che è meglio che almeno lui ceni. Non può certo passare il resto della serata a guardarla bere da sola.

“Parlami di Yura. È triste che un pianeta diventi celebre per essere arrivato all’autodistruzione” le dice servendosi del roastbeef.

È davvero inquietante. Trova normale che gli altri abitanti di Yura abbiano finito per fare la guerra a quelli come lei. Il suo pallore azzurrino gli brucia gli occhi.

Ha dei capelli magnifici…

“Yura… Un giardino impazzito. Splendido e feroce…”

Lei continua a parlare e la mente di Hyousmar ritorna al suo pianeta, Jeol, un giardino almeno quanto lo è Yura.

Ma ogni bocciolo, ogni grano di polline è controllato e solo noi sappiamo creare fiori simili a gioielli.

Sorride pensando che forse un giorno potrebbe condurvi la sua nuova bambola. Per ora farà portare dei fiori da Jeol apposta per lei. Perché non lo teme, perché dimostra una fierezza composta e perché sa parlare.

“Jeol… la serra più grande dell’universo…” Hyousmar si perde nei ricordi. Le parla della sua casa, lasciata in cerca di un futuro diverso, quando si è reso conto di non avere alcun talento scientifico e botanico. E lei annuisce alla sua nostalgia che lo rende così debole.

“Suona per me” le dice. “E dopo parlami ancora.”

 

È piacevole vederlo tremare in quel modo. È giusto che Tiberius per una volta capisca cosa vuol dire essere nei panni della merce. Lo sguardo su di lui è semplicemente terrorizzato e i suoi uomini stanno tirando fuori i loro migliori ghigni da canaglie.

Il loro ospite è legato come un salame in una delle celle e trema come una foglia sotto la minaccia costante di due pistole. Scovarlo è stato facile. Non si può dire che lui e la sua mercanzia non saltino all’occhio. Tra tesori e stranezze spiccano ragazze provenienti dagli angoli più remoti del cosmo. Harlock sa bene che su molti pianeti la schiavitù è riconosciuta e legale, ma per lui si tratta comunque di un fenomeno raccapricciante. È ancora troppo recente il ricordo delle cacce selvagge dei meccanizzati ai danni di esseri umani considerati meno che animali.

E non è finita. Non ancora. Ma non posso pensarci adesso.

In quel momento Andromeda, Lametal e la loro folle regina devono essere messi da parte.

“Allora, capitano!” esordisce Yattaran cercando di sembrare feroce. “Che ne facciamo di lui? Lo gettiamo in pasto agli squali?”

Harlock è pronto a scommettere che Yattaran abbia aspettato da tutta la vita il momento di dire quella frase. Tiberius dimentica in un attimo l’elementare nozione che non esistono pesci, feroci o meno, nello spazio, e si mette a tremare in modo ancora più violento.

“Non così in fretta, Yattaran. È abbastanza robusto e possiamo venderlo come schiavo su Great Andromeda. E una volta che l’avranno sfruttato a dovere, potranno usarlo come fonte di energia.”

“Quella… quella è una leggenda metropolitana” protesta il mercante balbettando.

Mi piacerebbe che lo fosse, riflette Harlock. Ma di dubbi in proposito gliene sono rimasti pochi. Se solo la guerra contro Mazone non lo impegnasse completamente, metterebbe fine a quella faccenda una volta per tutte. Ci sono delle voci che stanno circolando sempre più insistentemente, voci che non gli piacciono affatto e che riguardano Maetel…

Ma non può occuparsene davvero in quel momento. L’Arcadia, Meeme e il milonio sono i suoi problemi attuali, non necessariamente nell’ordine.

“Se ne sei così sicuro perché sei impallidito?” insiste Yattaran.

Harlock è sicuro che in quel momento vorrebbe avere tra le mani un coltello da macellaio, tanto per potere entrare meglio nella parte.

“Che cosa volete da me?” supplica il mercante.

“Hyousmar ha rapito una nostra compagna. Dubito che la tua vita valga tanto da permetterci uno scambio, ma…”

“… ma possiamo sempre torturarti per sfogare il nervoso!” conclude Yattaran.

Harlock si avvicina al prigioniero. Lui non l’avrebbe messa proprio così. Ma in fondo si tratta proprio di quello. “Hyousmar non pagherà alcun riscatto per te. Ma , vedi, la mia nave cade a pezzi, non posso ripararla e siamo trattenuti qui a forza. E come ti ho detto, una di noi è in mano vostra. Tutto questo a causa tua, Tiberius. Capisci cosa intendo quando ti dico che sono piuttosto nervoso in questo momento?”

Tiberius scuote la testa disperato. “Io non c’entro con i danni alla tua nave! Ed è Hyousmar quello con la fissazione per le donne esotiche. Io mi limito a procurargli la merce.”

Harlock si ritrova involontariamente ad agguantarlo per il collo. “Prova a definire un’altra volta Meeme ‘merce’ e il giro di chiglia te lo faccio fare davvero.”

“… senza tuta?” miagola il mercante.

“Ora” insiste Harlock sibilando sulla sua faccia. “Mi guiderai all’interno del castello di Hyousmar. Se riusciremo a riprendere Meeme senza intoppi, forse ti lascerò andare.”
Tiberius tenta una debole protesta, ma viene interrotto dalla voce di Tadashi dall’interfono.

“Capitano, ci sono novità.” Il tono non è affatto preoccupato come lo è stato nelle ultime ore.

“Quali novità?” chiede Harlock lasciando andare il collo di Tiberius.

“La prima è che siamo riusciti a rimuovere il campo di energia che ci bloccava. Possiamo muoverci liberamente ora. La seconda è che su Capo d’Ancora non c’è più un solo essere vivente sveglio. La terza è che forse Meeme potrà spiegarci cosa è successo. La navetta che ha usato per raggiungere il pianeta sta tornando indietro proprio ora.”

Lo stupore gli impedisce di parlare solo per un istante, poi Harlock si scopre a sorridere. Sapevo che aveva in mente qualcosa, riflette uscendo a passo spedito dalla cella in cui Tiberius è trattenuto.

 

Lord Hyousmar, nonostante tutto, ha dimostrato di avere uno spirito gentile. La sua compagnia non è stata affatto spiacevole. È una persona colta e un ottimo conversatore, dall’eccellente gusto estetico. Peccato che le sia stato impossibile trattenersi oltre.

Meeme scende dalla navetta accettando la mano che Harlock le porge per aiutarla. Lui non fa domande. Le sorride e le dice solo: “Ci hai fatti stare in pensiero. Ora possiamo ripartire.”

Lei annuisce e lascia che lui faccia strada verso il ponte.

“Mi dispiace non averti detto cosa avevo in mente.”

Non è stato affatto facile e ora è stremata. Tra le ballate della sua gente ce n’è una speciale. Una volta l’anno la sacerdotessa della Dea cantava e il pianeta sprofondava in un sonno magico per il tempo di una rivoluzione intorno ad Antares. Era un rito compiuto perché gli Dei scendessero su Yura e le offrissero prosperità. Lei non è mai stata una sacerdotessa e quella nenia la conosce come l’hanno conosciuta tutti gli abitanti del suo pianeta, imparandola dai loro insegnanti e cantandola come una semplice ballata senza aggiungervi la preziosa energia che provoca l’oblio. Fino a quella notte. È una dilettante e non sa neppure dire quanto quel sonno durerà. Per questo devono allontanarsi in fretta.

“È opera tua?” le chiede infine Harlock prima che le porte del ponte si aprano davanti a loro. Non ha bisogno di specificare a cosa si stia riferendo.

“Sì. Ma non dobbiamo perdere tempo. Potrebbe finire da un momento all’altro.”

Harlock la guarda in modo interrogativo. “Ti sei consegnata a Hyousmar per questo? Per darci il tempo di prendere il milonio senza intralci?”

Meeme scuote la testa. Per una cosa simile non avrebbe avuto bisogno di farsi condurre al castello. Dischiude la mano sinistra e gli mostra il bottino di quella notte di caccia. “È la prima cosa che ho notato quando ho assistito alla parata. Orecchini di milonio.”

Harlock solleva uno dei due pendenti e lo osserva con attenzione. Sembra ancora incredulo. I suoi occhi si spostano dal gioiello a lei. “Non ho parole.”

Lei gli regala la sua luce. Una volta lui le ha detto che quello è il suo modo di sorridere. Probabilmente ha ragione, anche se continua a trovare bizzarro il modo che i suoi simili hanno di distendere le labbra per mostrare felicità.

“Fai presto, Harlock” gli dice distogliendo lo sguardo.

Lui annuisce, poi torna sui propri passi per dirigersi verso la sala motori.

 

Il milonio ha una temperatura di fusione piuttosto bassa ma l’energia che sprigiona è notevole e duratura. L’Arcadia sta guarendo. Lentamente Capo d’Ancora scompare dietro di loro. Presto raggiungeranno l’Ombra di Morte e potranno provvedere con calma alle riparazioni. Un semplice orecchino. Non hanno avuto bisogno di altro. E non c’è stato neppure il bisogno di combattere. Come quella specie di miracolo sia avvenuto fa ancora fatica a spiegarselo. Meeme. Dovrà ricompensarla in qualche modo.

Quando l’interfono gli annuncia che c’è una comunicazione da Capo d’Ancora la cosa non lo sorprende affatto. Raggiunge il ponte trovando tutti in attesa di ordini. Si aspettano che ci sia battaglia. La presenza di Meeme a lui fa pensare che forse non sarà necessario combattere.

“Sullo schermo, Yuki” ordina e immediatamente il volto ringhioso di Hyousmar si materializza di fronte ai suoi occhi. Quella vista gli strappa un sorriso. Essere giocato deve essere un’esperienza nuova per lui.

“Harlock!” tuona in un modo che gli ricorda la maniera che ha Kirita di pronunciare il suo nome. “Restituiscimi Meeme! Abbiamo fatto un patto, io e lei. Se non vuoi che la tua nave vada in pezzi…”

“Hyousmar, posso parlare con te con calma?” Meeme sembra tranquilla come uno specchio d’acqua. Hyousmar emette un altro ringhio, ma tace. “Eri disposto ad offrire tre chilogrammi di milonio pur di tenermi nella tua collezione per tutta la durata della mia esistenza. Io ho preso i tuoi orecchini in cambio di una serata di piacevole conversazione. Il risultato dell’equazione è perfetto.”

Hyousmar abbassa la testa con l’aria di chi ha parecchio su cui rimuginare. “Una ladruncola, ecco cosa sei” borbotta seccato.

Harlock decide che è venuto il momento di chiudere la questione una volta per tutte. “Vorrei che ragionassi, Hyousmar. In questo modo nessuno ci ha rimesso. La nave ora è di nuovo a pieno regime. Sei sicuro di volerci affrontare? E soprattutto, sei sicuro di voler spezzare il tacito accordo che c’è tra Capo d’Ancora e la filibusta?” Sa bene che l’uomo dall’altra parte dello schermo non è uno stupido. Conosce il rischio che corre. Un pianeta che basa la propria economia sul commercio rischierebbe il tracollo se si ritrovasse preda di pirati pronti a trasformare in bottino le navi in arrivo e partenza.

Gli occhi dell’uomo volpe si accendono di una fiamma pericolosa. “Mi stai minacciando, Harlock?”

Esattamente, sarebbe tentato di rispondergli. Ma Meeme sembra aver preso la questione personalmente. “Hyousmar, ti faccio una promessa. Le minacce non piacciono a nessuno e nelle poche ore che ho trascorso in tua compagnia credo di aver capito che tipo di persona sei. Ma mi piacerebbe poterti venire a trovare di nuovo tra un anno” chiude il discorso lei.

Hyousmar sembra stanco quanto loro di quella storia. “Mi risulta che Tiberius sia scomparso e che ora sia in mano vostra. Almeno lui posso riaverlo indietro?”

Harlock annuisce. Yattaran non la prenderà bene vedendosi sottrarre il suo giocattolo nuovo, ma dovrà farsene una ragione. È ovvio che Hyousmar tenga alla vita del mercante terrestre. Sembra che Tiberius sia particolarmente abile nel rifornire il suo harem. Solo che questa volta ha sbagliato bersaglio. “Lo riavrai tutto intero, stai tranquillo. Ovviamente, in cambio pretenderò un trattamento di favore ogni volta che verremo a fare affari sul tuo pianeta…”

“Togliti dalla mia vista. Buona giornata, Meeme.”

Harlock si concede una risata mentre la faccia di Hyousmar scompare dallo schermo. Non sa ancora spiegarsi come, ma tutto alla fine è andato meravigliosamente bene.

 

“C’è il pilota automatico inserito. La navetta è programmata per riportarti a capo d’Ancora e per tornare indietro. Bada a te. La rivoglio senza nemmeno un graffio, ci siamo capiti?”

Lo spettacolo di Yattaran che sfrutta fino in fondo il tempo che gli è concesso per terrorizzare Tiberius lo mette di buon umore. Il mercante terrestre non ha ancora smesso di tremare. È probabile che non si fidi affatto di loro e che pensi che lo lasceranno vagare nello spazio fino a quando non morirà. Non che la cosa gli interessi. Non ha intenzione di rassicurarlo. Si tranquillizzerà quando sarà in vista di Capo d’Ancora.

L’Arcadia ora è felice. Ci vorrà ancora qualche giorno per completare le riparazioni, ma ormai ogni traccia di preoccupazione ha abbandonato lui e i suoi uomini. Lui sa bene che si tratta di una situazione provvisoria. Quello stato di cose passerà non appena Raflesia e le sue sottoposte torneranno a farsi vive, quindi ha tutta l’intenzione di sfruttare quei momenti fino in fondo. Esce dall’hangar lasciando che sia Yattaran ad occuparsi del resto.

Il computer di bordo canta. La sua voce è un continuo trillare di suoni sottili che solo lui riesce ad interpretare.

No, non solo io…

Ci sono altre persone in grado di comprendere quel canto, ma solo un’altra oltre a lui è a bordo di quella nave. Il computer sta ringraziando entrambi. Harlock sorride. Ci vuole un brindisi. Quella faccenda si è chiusa portando a tutti loro dei vantaggi imprevisti. Sa leggere il volto degli uomini e ha visto rispetto su quello di Hyousmar. Così come Tiberius potrebbe rivelarsi utile in futuro, se avranno bisogno di acquistare materiale a prezzo di favore.

E infine tu, invisibile amico…

Ancora una volta ha avuto la prova che nulla potrà mai piegare l’Arcadia e la sua anima. Non fino a quando potrà contare sul suo straordinario equipaggio.

Questa volta qualcuno merita un ringraziamento speciale.

 

Vino rosso per celebrare. Harlock solleva il bicchiere rivolgendo un brindisi al cuore della sua nave. La sua nave che non lo tradirà mai.

La musica gentile di Meeme non è cambiata. Lei ha semplicemente ripreso il proprio posto seduta sul suo letto a pizzicare le corde con attenzione, come se nulla fosse accaduto. Harlock riempie un bicchiere anche per lei e glielo porge.

“Che ne hai fatto dell’altro orecchino?” le chiede.

Lei appoggia l’arpa sul letto e prende il bicchiere. “Ancora nulla. Ma pensavo di farne un pendente. Starebbe benissimo con l’abito giallo che Yuki mi ha regalato.” La donna beve un lungo sorso, poi il suo corpo si illumina.. “E indosserò entrambi quando andrò a fare visita a Lord Hyousmar nell’anniversario del salvataggio dell’Arcadia. Tanto per ricordargli chi ha vinto questa partita.”

Harlock le sorride. Il ‘grazie’ che le spetta deve ancora dirglielo. Ma ci sarà tempo più tardi. Si avvicina alla porta e la chiude con un doppio giro di chiave. Almeno fino al giorno seguente non desidera essere disturbato.

“Su una cosa Hyousmar ha perfettamente ragione” le dice. “Sei unica, Meeme.”

 

 

 

 

 

 

Note:

 

 

Per prima cosa: questa storia è per CowgirlSara. Non è stata scritta per lei, ma è un regalo successivo alla prima pubblicazione. Perché ogni riferimento alla sua “Schiavi dello Spazio” non è voluto (e Zeus mi fulmini se non sono rimasta con due occhi in stile uova al tegamino quando l'ho letta) ma c'è ed è ben visibile e qualunque altra autrice avrebbe smadonnato. Sara invece, quando le ho fatto leggere questo racconto, mi ha dato l'ok perché restasse on line. Cosa per cui le sarò grata in eterno. Quindi questa storia è per lei.

So benissimo che varie serie che vedono Harlock come protagonista o comprimario non sono collocabili nella stessa linea temporale. Tuttavia in questa storia, basata sulla serie classica, mi sono divertita a nascondere richiami a ‘L’Arcadia della mia giovinezza’, i tre film sul ‘Galaxy Express 999’, ‘Queen Emeraldas, ‘Maetel Legend’ e ‘Cosmo Warrior Zero’.

Hyousmar e Tiberius mi appartengono in tutto e per tutto e ho intenzione di farli tornare in scena il più presto possibile.

Ho sempre visto Harlock e Meeme come una coppia. So che c’è chi non li intende in questo modo e che vede il loro rapporto come assolutamente platonico. La verità la sa solo il maestro Matsumoto. Io, intanto, per diletto, faccio di loro ciò che voglio.

Note del 02-01-2014: Yama... Un personaggio di nome Yama appare nel film su Harlock appena uscito. Il mio Yama non ha una faccia e l'ho inventato quando ancora il film era solo un'idea nella mente degli autori. Un'altra coincidenza in questa dannata storia. Da oggi, immaginatelo pure come lo Yama del film. A proposito. Quelli della movie-Meeme sono chiaramente orecchini di milonio. Così è deciso.

   
 
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