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Autore: FALLEN99    16/12/2013    2 recensioni
Fino a che punto può spingersi la passione prima di diventare oscura?
Questo Amalia Jones, appena trasferitasi dalla splendente California in un paesino ai piedi di Dublino, ancora non lo sa. Appena però incontra gli occhi funesti di Alek Bás inizia ad averne una vaga idea. La passione ti strappa la ragione e ti getta nella pazzia, ed Amalia lo sperimenterà a caro prezzo.
“Come un ago sulla bilancia, il tuo potere è in grado di favorire la luce o le tenebre. Sta solo a te decidere. Se sceglierai il bene, potrai salvare il mondo. In caso contrario, distruggerlo”
**
– Riesci sempre a metterti nei guai.– le sussurrò all’orecchio.
– Ti sbagli– gli rispose Amalia, diventando concorrente nella tacita sfida dei loro sguardi
- Cosa te lo fa credere?
-Perchè sei tu che mi metti nei guai. Tu, TU sei i miei guai
Genere: Dark, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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~Capitolo 2.

La moto sfrecciava ad una velocità altissima nelle strade, sollevando folate di vento ogni volta che cambiava direzio-ne. Le sue gomme, nere e lucide, mordevano l’asfalto  come felini a digiuno da mesi, la cui fame era diventata insostenibile.
Il rombo del motore si disperdeva nelle strade quasi ad in-timorire gli altri guidatori con la propria prepotenza.
Il paesaggio correva attorno ad Amalia troppo velocemente perché la ragazza potesse apprezzarlo, risultando una cen-trifuga di colori confusi e odori selvatici.
L’aria le si insinuava fin dentro le ossa tanta era velocità a cui la vettura viaggiava; le sembrò quasi di volare quando la lancetta segnò i centoventi chilometri orari.
Ma non obbiettò, primo perché aveva timore della reazione del ragazzo, secondo perché erano già in ritardo per l’inizio delle lezioni, cominciate già cinque minuti prima. 
Si morse la labbra e represse il grido che le stava nascendo in gola. Davanti a loro spiccava un enorme berlina nera, capovolta al centro della strada. Dal motore si espandevano scarlatte e voraci fiamme, che avevano fatto sciogliere gli pneumatici e stavano per divorare l’intera macchina. un odore nauseante di benzina le si insinuò prepotentemente nelle narici, dandole la nausea.
– Tieniti forte – fu quello che sentì dire dal ragazzo prima che la moto impennasse e compisse un perfetto arco nell’aria, superando come una pantera la berlina e atter-rando sull’asfalto.
Amalia non ebbe nemmeno il tempo di respirare che fu sbalzata in avanti, finendo contro la schiena del ragazzo e sentendo un brivido incandescente diramarsi dentro di lei al contatto.
– Fermati! – gridò, ma l’aria inghiottì la sua voce.
– Quella macchina ha bisogno d’aiuto! Ferma la moto! – riprovò a urlare, ma il ragazzo la fece tacere sterzando im-provvisamente a destra in una stradina che serpeggiava fra gli alberi.
– Ho detto ferm..!– non fece in tempo a finire. Il ragazzo aveva già frenato ed il suo corpo era già in volo, pronto per un doloroso attrito con il terreno, che l’aspettava umido e fangoso.
Amalia chiuse gli occhi e si maledisse per non aver chiuso la bocca, mentre il suo corpo veniva trascinato dalla forza di gravità verso terra.
Atterrò in una pozzanghera, sporcandosi la divisa e sen-tendo le gocce d’acqua stagnante impregnarle le gote.
– Merda! –  disse tirandosi in piedi.
Furibonda, lanciò uno sguardo di fuoco al ragazzo, che la fissava divertito dalla moto.
– Cosa diavolo ti salta in mente?! Quella macchina aveva bisogno d’aiuto! – alle sue parole, un guizzo malizioso il-luminò gli occhi verdi del giovane.
– Non c’era nessuno dentro la macchina. – disse, la voce ferma.
Amalia affilò gli occhi e strinse i pugni. – E tu come fai a saperlo?! Viaggiavamo talmente veloci che non si riusciva a vedere nemmeno la strada!
Le nocche le diventarono bianche da quanto stringeva i pu-gni e, se avessero potuto, i capelli avrebbero preso a vorti-care nell’aria come serpi.
– Chiamalo stesso senso.– ribatté lui, sfidandola con lo sguardo.
Amalia pestò i piedi a terra. – Guarda dove ci ha portati il tuo sesto senso! – mentre parlava, si guardò attorno, con-statando di trovarsi nel bel mezzo della foresta. Sola.
Un brivido gelido come il ghiaccio le graffiò la pelle, facen-dola sobbalzare.
– Senti, ragazzina isterica, se ti dico che non c’era nessuno nella macchina, è così.– il ragazzo sembrava divertito.
Contemplò Amalia trafiggerlo con uno sguardo truce, sor-ridendo. – E, un’altra cosa, hai almeno idea di cosa hai alle spalle?– chiese, il tono saccente e irritato allo stesso tempo.
Amalia si voltò e, boccheggiante, osservò l’enorme edificio secolare che si ergeva davanti a lei.
L’insegna “Saint Gabriel Hight School” trovava posto sul cancello argentato che delimitava l’edificio, e Amalia desi-derò aver chiuso la bocca al momento giusto.
– Dove pensi che siamo? – la voce del ragazzo le arrivò co-me un ceffone da dietro, ma lei decise di ignorarlo e di var-care il cancello, stufa di sentire i suoi rimproveri.
Camminò rapida fra l’erba alta, arrivando quasi incolume davanti al portone d’entrata, dove una ragazza dai vivaci capelli rossi la stava aspettando.
Continuava a picchiettare il piede sugli scalini polverosi, scadendo i secondi con una precisione esasperante. Aveva gli occhi stretti in due fessure, ed Amalia capì subito quale emozioni li colmava: rabbia.
Intimorita, le si avvicinò, dando una stretta alla coda.
 – Scusi io sono…
La ragazza la fulminò con lo sguardo. – In ritardo. Ecco co-sa sei.– disse, secca, scrutandola con diffidenza.
Amalia indietreggiò di un passo, reprimendo la rispostaccia che le stava crescendo in gola.
– Veramente io sono…
– Amalia Lizbeth Jones, sì, lo so chi sei. Sei la nuova stu-dentessa appena trasferitasi dalla splendente California.– la ragazza si sistemò gli occhiali sul naso e consultò il registro che teneva stretto in mano.
– Amalia, ho una spiacevole notizia per te: qui il sole non splende mai e i ritardi sono puniti rigorosamente. Mi di-spiace informarti che tu ne hai appena collezionato uno.– mentre parlava, appuntò qualcosa su un foglio dove Amalia poté vedere incorniciata la sua foto.
– Ho una scusa… – provò a balbettare.
– Non mi interessano le tue scuse, Amalia.– ribatté, chiu-dendo di scatto il registro.
Amalia vide una targhetta fermata da una spilla sulla ma-glietta della ragazza. Diceva : Shannon Stevenson, coordi-natrice degli studenti.
– Ti prego…– indugiò un istante sul nome –… Shannon, è il mio primo giorno e sono un po’ disorientata…
Shannon sorrise. – Oltre ad arrivare in ritardo sai anche leggere vedo.– disse, il tono pungente come uno spillo.
– Ora che ci siamo presentate ti mostrerò rapidamente la struttura della Saint Gabriel e poi ti condurrò verso la tua prima lezione, iniziata circa– consultò l’orologio da polso argentato – venti minuti fa.
Shannon si voltò e la invitò con uno sguardo di fuoco a fare lo stesso. Amalia, stordita dalla rapidità con lui la ragazza l’aveva messa in riga, fece per seguirla, ma una mano calda la trattenne per la spalla.
Quando si voltò, il ragazzo era a qualche spanna da lei, gli occhi verdi fissi come lame nei suoi.
– Ora che vuoi?
– Augurarti buona fortuna, Amalia.
Amalia strabuzzò gli occhi, constatando primo che il ragaz-zo si doveva essere mosso davvero rapidamente per non  essere visto da Shannon, e secondo che non poteva sapere il suo nome.
Prima che potesse respirare lui le sorrise e il richiamo di Shannon la riportò alla realtà, facendola voltare.
Quando lo fece, la coordinatrice sbuffò, seccata.
– Non farmi perdere altro tempo parlando da sola.
Amalia si girò di scatto, mossa dall’istinto di verificare l’affermazione di Shannon.
Boccheggiò quando vide che dietro di lei non  c’era nessu-no, esclusi le chiome degli alberi, che la guardavano beffar-de. Verdi come i suoi occhi.

   
 
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