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Autore: L chan    13/05/2008    6 recensioni
“Senta, non ha il diritto di trascinare le persone dentro i suoi stupidi giochi psicologici senza prima avere il loro consenso! “ “Oh.. invece ce l’ho eccome Miss. Catherine.” Silenzio. - In che senso ha il diritto?- “Vede, si da il caso Miss. Catherine, che in questo preciso momento, lei costituisce il mio lavoro.” Leggetela tutta perchè il finale è da urlo.
Genere: Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: L
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Dedicato a L Lawliet, il più bel personaggio che sia mai apparso in un anime e manga. Non scorderò mai quello che mi ha  insegnato.

                                            L-chan

Iocōse

 

 

 “Se ti vedi con altre donne non devi fare altro che dirmelo! Non c’è bisogno che ti inventi delle cazzate così banali!! Ammettilo e basta!!”

“E io allora cosa dovrei dire di te?!! Non fai altro che scomparire nel cuore della notte e non ti degni neanche di darmi delle spiegazioni al riguardo!!”

“Ma che cavolo stai dicendo, si può sapere!? Non mi sono mai mossa dal mio letto! Le tue sono solo scuse perché non sai di cosa accusarmi, dì la verità!”

“Vai a letto con un altro non è vero?? Non sono stupido come credi sai!!?”

“Basta non ne posso più delle tue stronzate!! La mia pazienza ha un limite Oliver!”

E dicendo così, la donna dai lunghi capelli castani se ne andò di casa sbattendo violentemente la porta dalle vetrate colorate e lasciando il giovane uomo da solo e sconvolto a fissarne i frantumi per terra.

La sera prima lo aveva sorpreso insieme ad un’altra donna, e per giunta  più vecchia di lei di dieci anni.

Era la seconda volta che succedeva e sinceramente, la faccenda si stava facendo sempre più insostenibile man mano che il loro tempo insieme trascorreva.

Basta. Era giunto il momento di cambiare aria. Non ne poteva più delle sue scuse..

-Collega di lavoro, collega di lavoro e collega di lavoro.. Ma chi cavolo va a prendere per il culo??!- Pensava tra se e se la ragazza mentre percorreva la strada del parco.

Già, il parco. Era lì che si recava ogni volta per scaricare le energie negative e per rilassarsi quando tutto andava storto; quel luogo riusciva sempre ad infonderle un innato senso di tranquillità e di serenità che nessun altro posto era in grado di offrirle …

Percorse a testa bassa tutta la stradina ghiaiata fino ad intravedere in lontananza un panchina di legno completamente immersa nel verde.

“Ah che bellezza.. meno male che non c’è nessuno..”

Dio solo sapeva quanto odiava il caos.. la gente, la massa e il pianto dei bambini avevano su di lei lo stesso effetto delle unghie sulla lavagna.. e se in quel momento ci fosse stato qualcuno a disturbarla probabilmente lo avrebbe fatto fuori con le sue stesse mani.

Raggiunse la panchina e vi si stese sopra cercando di rilassarsi e di sgombrare la mente da ogni pensiero malevolo.. decise che un buon quotidiano l’avrebbe aiutata a distaccare la mente e così aprì la borsa e lo tirò fuori.

Il  titolo in prima pagina le balzò subito all’occhio:

[“Condor” COLPISCE ANCORA: il Governo si ritrova costretto a prendere una decisione drastica.]

- Altri strani casi di donne e uomini  massacrati nelle loro case lasciano la polizia di Scotland Yard senza parole …  Ma nonostante il caos formatosi in seguito a questi orribili eventi, siamo riusciti a contattare il capo della polizia londinese John Mc.Kanzy e lo abbiamo convinto a farsi  intervistare:

Intervistatore: “Cosa ne pensa di questo caso? La Scotland Yard è riuscita a raccogliere qualche prova?”

J.M.K: “Ci troviamo in una condizione insostenibile sotto tutti i punti di vista. La polizia ha provato in tutti i modi a saltarci fuori, ha indagato a fondo e ha fatto tutto quello era in suo potere.. ma invano. Siamo riusciti però a costruire una sorta di profilo psicologico del killer: costui lascia sempre dei segni sulla scena del crimine ovvero delle scritte fatte col sangue sulle pareti che costituiscono la sua firma. I nostri profiler ne hanno dedotto che per lui uccidere è una forma d’arte.. lo eccita all’inverosimile.. si sente un artista nel vero senso della parola..  Ma “C” ,( così si autodefinisce il misterioso killer nella firma), è diverso dagli altri criminali che ho conosciuto fino ad adesso nel mio lavoro.. è intelligente, incredibilmente intelligente... perché se c’è una cosa che è quasi impossibile fare, beh quella cosa è riuscire ad ingannare la Scotland Yard..“

Intervistatore: “Cosa farete a questo punto? Quale strategia adopererete per riuscire a catturare “Condor”?”

J.M.K: “Anche se mi duole ammetterlo, le forze del Regno Unito da sole no sono più in grado di affrontare una situazione simile.. ci occorre prendere una decisione drastica.. Richiederemo la convocazione dell’assemblea  dell’Interpol e a quel punto faremo di tutto per contattare lui,  la nostra ultima possibilità..”

Intervistatore: “Non vorrete mica..?”

J.M.K: “Si, ormai è l’ultima persona a cui possiamo affidare il destino delle vite inglesi.. ci affideremo a...”

Una folata di veto le portò via dalla mani il giornale.

“Non ci credo..!” Esclamò Charlotte  “La fortuna non è proprio dalla mia parte..”

Non si scomodò neanche a rincorrerlo. Era troppo stanca.

Poi si ricordò di quello che aveva appena letto e cominciò a preoccuparsi per la sua incolumità. Dopotutto non era prudente starsene sola in un parco desolato con un assassino in circolazione..

-Beh.. però il killer colpisce sempre nelle case delle vittime … quindi non dovrei correre grandi rischi a starmene qui  al parco … il vero pericolo lo corrono le persone che a quest’ora sono in casa- pensò saggiamente.

Dopo essersi tranquillizzata riprese a rimuginare sui suoi soliti pensieri..

La sua vita non andava.. non andava per niente..

Il suo lavoro di medico legale stava attraversando una fase di crisi.. e tutto a causa di quel maledetto errore di sezionamento  lombare sul corpo di quella vittima affogata in circostanze misteriose.. non sapeva più cosa provava per Oliver e come se non bastasse, a peggiorare il tutto c’era quella stupida macchia rossa presente sui suoi pantaloni che non voleva andarsene.. ma quando se l’era fatta? Non lo ricordava proprio…

-Calmati Charlotte.. tutto si sistemerà vedrai..-

Lo stormire delle foglie autunnali e il cinguettio degli uccellini,al contrario del rumore della gente, erano per lei pura musica.

A volte avrebbe  voluto avere con se un registratore per poter risentire, una volta a casa, quella dolce melodia udibile solamente nei giorni più belli.. e meno affollati.

Avrebbe dato qualsiasi cosa per trasferirsi in campagna..

Londra non era il suo posto.. la città non era il suo posto.

Non era fatta per il caos.. per le auto e per i palazzi .. odiava la massa. Odiava la gente.

Quello che desiderava erano gli alberi, l’erba e il cielo aperto! Era troppo da chiedere?

“Voglio andarmene da qui!” Urlò prendendosi la faccia tra le mani.

“Davvero? Io invece darei qualsiasi cosa per potermi stanziare a lungo in un posto.”

-Che cos..?-

Alzò lo sguardo e rimase letteralmente sconvolta per quello che le si presentò davanti:

Sulla panchina di fronte alla sua, che no aveva notato perché troppo immersa nei suoi pensieri, era accovacciato in una posizione assurda  uno strano soggetto completamente diverso da qualsiasi altra persona avesse mai visto: capelli lunghi, scompigliati e neri come l’inchiostro che gli ricadevano sul viso cereo, due occhi a palla  spalancati del medesimo colore e sottolineati da due profondissime occhiaie e uno sguardo assolutamente inespressivo. Era vestito di una semplice maglietta candida e con le maniche lunghe e indossava un paio di jeans sbiaditi che avevano l’aria di essere stati usati per Dio solo sapeva quante volte. Assomigliava ad un panda che aveva visto due anni fa in uno zoo di Tokyo. 

Era scalzo.

Completamente scalzo.

Ma la cosa che più sorprese e messe in imbarazzo Charlotte fu la posizione che quest’ultimo aveva assunto: era accovacciato con le gambe piegate verso lo stomaco e le mani sopra le ginocchia.

-Dio, ma chi è questo tipo?- si domandò a quel punto confusa dalla vista che le si presentava davanti; ma poi si ricordò del fatto che pochi secondi  prima il ragazzo le aveva rivolto la parola e decise di farsi coraggio per evitare la brutta figura.

“Oh.. mi perdoni.. non avrei  mai dovuto urlare così forte in un luogo pubblico.. ma vede,  non mi ero proprio accorta della sua presenza..”

Quello alzò lo sguardo e la fissò in un modo indefinibile per alcuni secondi , poi prese a mordersi il pollice come se la stesse studiando.

A Charlotte questo diede molto fastidio.

“Q-qualcosa non va?” domandò imbarazzatissima.

Il giovane fece uno strano sorriso, solo una lievissima increspatura delle labbra, impercettibile da chiunque si trovasse a più di cinque metri da lui, per poi rispondere con voce pacata:

“Vede, il fatto è che non mi capita tutti i giorni di avere una vera e propria  conversazione con qualcuno.. tantomeno con una bella ragazza come lei…”

Charlotte  rimase sconvolta da quella affermazione.

Conversazione? Ma se si erano scambiati solo due parole!

“C-come prego..?” domandò arrossendo.

“Niente.. faccia finta di non aver sentito quello che le ho detto.”

E tirò fuori dalla tasca un libro dalla copertina azzurra che sollevò in aria con la punta delle dita.

-Questo qui è pazzo. Ed è anche maleducato.. sembra divertirsi a mettere la gente in imbarazzo..-

Passarono alcuni minuti senza parlare e la ragazza quel punto cominciò a chiedersi se davvero avesse delle  brutte intenzioni nei suoi confronti.

-Per quel che ne so, potrebbe anche trattarsi di Condor.. dopotutto non si sa mai.. niente è impossibile..-

“Gradisce una fragola?”

“Cos..?”

Buttò l’occhio sulla panchina dove era seduto e solo all’ora notò il sacchettino stracolmo di frutti rossi.

“No, grazie la ringrazio..” Rispose vistosamente in difficoltà..

Ma quello sembrò non accorgersi neanche del suo imbarazzo e riprese tranquillamente a leggere.

-Probabilmente è consapevole di fare questa impressione alla gente..- pensò Charlotte.

E a quel punto la domanda le risultò icredibilmente spontanea:

“Senta, so che non è affar mio.. ma mi spiega il motivo per cui si siede in quella posizione?”

Il giovane alzò lo sguardo per l’ennesima volta e rispose:

“Non posso sedermi in nessun altro modo perché se mi siedo come una persona normale le mie capacità deduttive ed intellettive calano del 40%...”

La ragazza rimase a fissarlo incredula di quel che aveva appena sentito.

“E mi spiega su quale libro ha letto una cosa del genere?”

“Non esiste nessuna teoria ufficiale per il semplice fatto che sono stato io a scoprirla.^^”

-Ma chi si crede di essere questo qui? Einstein? -

“Una bella ragazza come lei non dovrebbe stare qui da sola, non è prudente.. e  tantomeno con un pazzo assassino in circolazione..” affermò cambiando discorso e addentando una fragola contemporaneamente .

“S-si.. ha ragione.. ma vede il fatto è che mi sono detta: il killer colpisce sempre in casa delle vittime e quindi non dovrei correre grossi rischi standomene qui..”

Il giovane si bloccò di colpo e assunse un’espressione grave.

“Posso sapere il suo nome?”

Charlotte  lo guardò indecisa se dargli fiducia o meno..

-.. magari sta indagando sul mio conto..-

“Per quel che ne so, lei potrebbe benissimo essere il killer. Quindi non ho la minima intenzione di dirle il mio nome. Ma se proprio ci tiene può chiamarmi Catherine.” Rispose quindi sicura di se e  aspettandosi una reazione negativa nei suoi confronti. 

Rimase stupita nel notare un bel sorriso di soddisfazione sul volto del ragazzo.

“Mi congratulo con lei. Una donna così non può di certo correre rischi.. la mia era solo una prova per  verificare il suo grado di prudenza nei confronti degli sconosciuti.. ora posso stare tranquillo.” ^^

-Sta scherzando?-

 “Beh la ringrazio di tutto.. ma non ce n’era bisogno..”

“Invece si. Se lei avesse dato il suo nome al killer a quest’ora sarebbe già morta.”

 “Cosa?! E per quale motivo dice questo?!”

“Perché il killer ha bisogno del nome della vittima per uccidere. Se non conoscesse il nome della donna che ha ucciso non potrebbe dare un titolo alla sua opera d’arte.”

“Cosa vuole dire? Si spieghi meglio..”

“Condor ama dare un titolo alle sue opere. Dopotutto un artista che non da un titolo a una sua opera non si può considerare un vero artista a tutti gli effetti. Dico bene? “

“Quindi quello che vorrebbe dire è che sulle pareti oltre a scrivere la firma scrive anche il titolo dell’opera?”

Non si ricordava di aver mai letto un’informazione simile sul giornale.. come poteva quel tipo essere a conoscenza di certe cose?

“Esattamente. Ma non solo: sulle pareti sono presenti anche la data di nascita e quella del decesso della vittima. Le persone uccise  sono tutti giovani ragazzi nel pieno della loro giovinezza..”

“E’ tremendo come un uomo  possa definire arte una persona massacrata.. e per di più un ragazzino..!”

“Uccidere una persona è una cosa spregevole sotto tutti i punti di vista. Non conta se si tratta di un bambino , di un uomo o di un anziano.. di qualunque essere vivente si tratti è pur sempre un reato.. indipendemente  dall’età.”

“Ma cosa sta dicendo?! Vuole forse insinuare che uccidere un bambino  equivale ad uccidere un anziano morente??!”

Il giovane non si scompose minimamente e rispose:

“Forse non mi sono spiegato bene. Quello che intendevo dire è che la vita è l’unica  vera cosa che l’uomo possiede fin dalla nascita, e che nessuno e dico NESSUNO su questo pianeta ha il diritto di privare un essere umano di tale privilegio.”

Charlotte lo guardò non proprio convinta.

Come poteva quel ragazzo pensare che togliere la vita a un bambino potesse equivalere a toglierla a un anziano a cui rimangono solo due giorni di vita?? Erano talmente tante le domande che le sorgevano a proposito di quell’individuo.. per un momento pensò di scappare via, ma qualcosa la trattenne: probabilmente la curiosità  ebbe il soppravvento sul suo istinto di sopravivenza..

“Mi scusi ma non approvo quello che ha detto. Un bambino ha un’intera vita davanti a se, mille cose da scoprire e da imparare.. un anziano al contrario ha già avuto le sue opportunità.. ha già vissuto la sua vita e ha già imparato la maggior parte delle cose che c’era da imparare sul mondo.. ha conosciuto la gioia, il dolore e l’amore.. un bambino ucciso non potrà mai conoscere queste cose perché la sua vita è stata troncata nel bel mezzo delle sue scoperte. Quindi come può dire una cosa del genere? Se davvero si trovasse costretto a decidere fra la vita di un bambino e quella di un anziano quale sceglierebbe?”

Rimase zitto per alcuni secondi a fissarla poi rispose sorridendo:

“Penso che piuttosto di scegliere mi farei uccidere al loro posto” ^^

La donna  provò uno strano senso di tranquillità nel sentire quella frase..

Non poteva trattarsi del killer.. un assassino pluri-omicida non direbbe mai una cosa del genere.. a meno che non si trattasse di un individuo estremamente abile nel recitare la parte del giovane ragazzo per bene …

Se davvero quello che aveva davanti agli occhi era il killer.. allora la sua vita era in grave pericolo perché significava avere davanti un individuo capace di tutto e con tutti..

-E pensandoci bene  i profiler della Scotland Yard hanno proprio affermato che l’assassino con cui l’Inghilterra ha a che fare è  intelligentissimo.. al di là di ogni immaginazione.. per cui non avrebbe nessun problema a fingere di essere un ragazzo per bene davanti a me … devo stare attenta.. le probabilità che lui sia “C” aumentano sempre di più… -

“So a cosa sta pensando.”

Charlotte si voltò di scatto e guardò colui che aveva di fronte.

“Allora me lo dica.. a cosa sto pensando?”

“Lei crede che io sia il killer.”

Rimase sorpresa nel constatare che il giovane era riuscito a mettere a nudo i suoi pensieri così facilmente.

“E cosa glielo fa pensare?”

“Il fatto che ci troviamo in questo posto da soli, che lei è una giovane ragazza (l’ideale per un killer assetato di sangue che considera la morte una forma d’arte), che agli occhi delle persone posso sembrare un individuo strano e contorto, che sono stato io ad aprire la nostra conversazione e che le ho chiesto il nome. Se io fossi stato al suo posto, probabilmente non avrei esitato a scappare … ma lei non lo ha fatto. Per quale motivo?”

Non sapeva cosa rispondere. Per quale motivo era rimasta lì, davanti a un potenziale assassino?

Perché non era scappata via con un scusa?

La verità era che c’era qualcosa in quell’individuo.. qualcosa di estremamente particolare e unico nel suo genere che aveva l’effetto di una calamita su di lei.

Chi era quella persona? Qual’era il vero motivo per cui le aveva rivolto la parola?

Aveva come la sensazione che le stesse nascondendo qualcosa..

“Mi scusi, prima mi ha chiesto il nome.. era una prova, questo è vero.. ma fin da piccola mi hanno insegnato che prima di chiedere il nome a una persona è educato presentarsi.. quindi le dispiacerebbe dirmi il suo?” Domandò senza rispondere alla sua domanda precedente.

Sorrise per l’ennesima volta.

“Il mio nome è Louis”

“Piacere Louis. Adesso possiamo conversare come si deve..”

“Si sbaglia.”

“Come scusi?”

“Si sbaglia. Io le ho detto il mio nome, lei invece ne ha usato uno falso. Quindi la nostra conversazione non è una vera e propria conversazione, e non lo sarà fino a quando ognuno di noi due conoscerà il vero nome dell'altro.”

“Non capisco dove vuole arrivare Louis..”

“La confidenza in un rapporto si stabilisce solamente nel momento in cui ci si da del tu e quindi quando tutte e due le persone si conoscono abbastanza. E per fare ciò, occorre sapere il nome della persona che si ha di fronte.”

-Ho come l’impressione che sia tutta una messa in scena per riuscire a cavarmi il nome di bocca.. -

“Strano come lei ragioni così tanto su un semplice argomento come la conversazione..”

“Ma tutto quello che ci circonda è fondato sul ragionamento.. si guardi in torno Miss. Catherine e prenda ad esempio questa fragola..” disse afferrando con la punta delle dita uno dei frutti  “i coltivatori avranno sperimentato più e più volte il modo migliore per coltivarla.. si saranno scervellati per cercare di trovare il terreno più adatto alla coltura delle fragole e il giusto grado di inclinazione dei raggi solari in modo tale da costruire una serra adatta per la coltivazione di fragole … e tutti i loro sforzi alla fine sono stati ripagati.. perché hanno guadagnato un cliente in più, amante delle loro grosse, succose e dolci fragole giganti..^^”

-In effetti non ha torto … -

“E così come le fragole.. anche i rapporti sociali possono essere studiati.” Affermò infine con soddisfazione.

“Non so lei, ma a me interagire è sempre risultato automatico..”

“Sindrome di Asperger.”

“Come scusi?”

“Sindrome di Asperger, una delle più note forme di autismo che colpisce la popolazione. Ecco la malattia di cui soffrivo. Impedisce all’individuo di riuscire ad interpretare correttamente le emozioni degli altri individui.”

“Cosa intende dire con “la malattia di cui soffrivo”? Non sapevo si potesse guarire dalla S.A…”

“Si in effetti sono stato il primo, se non l’unico a riuscirci …”

“E come ha fatto?”

“Studio. Come le ho detto prima, anche  i comportamenti umani possono essere studiati e compresi come qualsiasi altra cosa. Studiai per anni psicologia e alla fine riuscii a raggiungere un buon livello di abilità nel riconoscere ed interpretare i comportamenti umani.. anzi, diciamo che lo superai di gran lunga.^^”

Stava mentendo per caso? Era molto probabile …

-Ma perché mai una persona dovrebbe mentire su una cosa simile? Non ne avrebbe nessun motivo… -

Se davvero quello che le aveva appena detto era tutto vero, allora si trovava davanti all’unico essere vivente che sia mai riuscito a guarire da una forma di autismo grave.

Quel ragazzo la sorprendeva ogni secondo di più  che passava e chissà quante altre cose nascondeva dietro al suo viso cereo..

“Bene. Ora che ha saputo qualcosa in più di me Miss. Catherine, è giunto per me il momento di sapere qualcosa in più di lei.”

Era assurdo come Louis potesse considerare una semplice conversazione come una partita a scacchi, basata sui turni, sulle mosse dell’avversario e sui ragionamenti.. a cosa voleva arrivare realmente?

“Perché si trova qui? Qual è il vero motivo per cui se ne è andata via di casa? Non mi dica che voleva fare una semplice passeggiata perché è passata circa un’ora dal suo arrivo.”

Quella domanda la spaventò molto. Ora le possibilità che lui fosse il killer aumentavano a vista d’occhio e il suo battito cardiaco cominciò ad accelerare.

“P-perchè le interessa?”

“Questo non  le deve importare. Io ho risposto alle sue domande sulla mia vita privata e ora ho il diritto di avere una risposta da lei.”

-Merda, non ho scelta.. devo rispondere.-

“La verità è che non ne potevo più.” Disse a voce bassa e senza guardarlo negli occhi.

“Non ne potevo più di fare questa vita. Casini, casini e casini.. il caos totale. Il lavoro va male, il mio ragazzo si vede con altre donne e questa città mi fa perdere la testa.. odio la città.. ecco perché sono venuta fin qui.. per rilassarmi i mezzo alla natura e lontano dalla gente.”

Louis a quel punto ricominciò a mordersi il pollice e la fissò per alcuni secondi senza dire una parola per poi essere interrotto dalla voce della ragazza.

“Volevo rilassarmi. E’ così strana come cosa?”

“No. Al contrario. “

Charlotte  alzò lo sguardo e lo osservò con più attenzione stabilendo un vero e proprio contatto visivo con il giovane... fino a quel momento non aveva mai osato guardarlo dritto negli occhi per più di tre secondi. In effetti era piuttosto imbarazzante.. ma era necessario per scoprire qualcosa in più di lui.

-Le occhiaie. Scommetto che sono dovute al lavoro. Il suo deve essere un lavoro estenuante, ecco perché è venuto a rilassarsi.. perché è stanco, esattamente come me .-

“E lei? Per quale motivo si trova qui?” Gli chiese a quel punto.

Sorrise. Questa volta molto vistosamente.

“Diciamo che è per lavoro.”

-Lavoro?  Ma certo! Potrebbe essere un impiegato per la manutenzione del parco.. perché non ci ho pensato prima?-

“Ah, e di che tipo di lavoro si tratta?”

“Ogni cosa ha il suo tempo Miss. Catherine.. presto lo scoprirà.”

-Cristo, mette proprio i brividi. Sembra che stia solo aspettando il momento migliore per farmi fuori.. guardandolo bene però, non mi sembra abbia nessun tipo di arma con se.. ma un attimo!. Ha qualcosa in tasca! Cos’è quello strano rigonfiamento sui suoi fianchi? Non può essere una pistola.. è troppo piccolo e sottile.. che sia un coltello? No, nessuno terrebbe mai un coltello in tasca..”

“Bene, è il mio turno. Ha mai desiderato , anche solo per un secondo, che una persona morisse?”

La domanda la colse letteralmente  alla sprovvista.

“Ma che diavolo sta dicendo??! Le sembro  forse una persona che possa desiderare una cosa del genere!!?

E’ vero.. non sopporto la gente.. ma arrivare a tal punto..! Solo un pazzo potrebbe volerlo..!”

“Appunto.”

“Cosa vuole dire con “appunto” ?”

“Niente. Non mi ascolti e risponda semplicemente alla mia domanda.”

“Ma le ho già risposto!”

“Quindi lei afferma con certezza che non desidererebbe mai la morte di una persona. Ne è sicura al 100%?”

“Senta, non so lei ma questa conversazione si sta facendo troppo strana. Insomma.. si metta nei miei panni.. arrivo qui per i fatti miei e improvvisamente uno strano individuo mi rivolge la parola chiedendomi  delle cose sul mio conto.. secondo lei come mi dovrei comportare?”

“Dovrebbe stare al gioco Miss. Catherine. Semplicemente stare al gioco.” Rispose lui con tranquillità.

-Gioco? Gioco?!! Ma come fa a definire questa conversazione un gioco??! Possibile che non abbia niente di meglio da fare?-

“Senta, non ha il diritto di trascinare le persone dentro i suoi stupidi giochi psicologici senza prima avere il loro consenso! “

“Oh..  invece ce l’ho eccome Miss. Catherine.”

Silenzio.

- In che senso ha il diritto?-

“Vede, si da il caso Miss. Catherine, che in questo preciso momento, lei costituisce il mio lavoro.”

“Che cavolo vuole dire??!! Insomma arrivi al punto!!” Perse la pazienza.

“Si ricorda quando prima le ho parlato della mia sindrome?”

“Si, certo che me lo ricordo!”

“Beh, le interesserà sapere che conversando con lei sono riuscito a diagnosticarle una patologia simile.”

Rimase spiazzata.

-Se c’è una cosa di cui sono sicura è che è questo qui ad essere pazzo non io.

“Scusi, ma chi è lei??! Cosa le fa pensare che io sia malata??!”

“Cosa mi fa pensare che lei sia malata dice? Oh, tante cose Miss. Catherine.. come ad esempio il fatto che non si ricordi di aver compiuto certe azioni.”

“E di quali azioni sta parlando?!! Si può sapere?!”

“Azioni terribili.”

La ragazza alzò un sopracciglio e sorrise per la prima volta da quando si erano incontrati.

-Lei ha bisogno di aiuto.- Disse quindi sorridendo per poi afferrare la borsa  nell’intento di andarsene.

“E io le assicuro che è il contrario”^^

Si alzò di scatto e si incamminò verso la stradina sghiaiata che l’avrebbe condotta a casa.

“E’ stato un piacere ma si è fatto davvero tardi.”

-Questo è troppo. Una persona che accusa un’altra persona di essere malata di mente senza neanche avere delle prove plausibili, non è degna neanche di essere ascoltata.-

“E’ mai stata accusata da qualcuno di aver compiuto azioni di cui non si ricordava?”

Si bloccò.

“Non sono affari suoi.“ Rispose con irritazione.

 “E invece si, perché gliel’ho detto Miss. Catherine.. questo è il mio lavoro e lei è gravemente malata.”

“E di quale malattia si dovrebbe trattare, sentiamo…”

“Lei è affetta dalla  S.D.P. , meglio conosciuta come Sindrome della Doppia personalità. E questo spiega molte cose mi creda.. cose, che non riguardano solo lei..”

“Adesso basta!! La smetta!! Cosa cazzo vuole da me?!! Me lo dica una volta per tutte!!” Urlò perdendo completamente  il controllo e strattonandolo per il colletto. Dopotutto, la pazienza non era mai stata il suo forte..

“Si calmi per favore”

“No che non mi calmo, cazzo!! Lei è un maniaco lo so! Sta solo aspettando il momento migliore per fare la sua mossa! Allora avanti.. la faccia così la finiamo una volta per tutte!!”

“Le ho detto di calmarsi. Non mi costringa a fare quello che non vorrei fare.. la prego..”

Solo all’ora la ragazza si rese conto che il giovane stava tremando come una foglia.

Smise subito di fare quello che stava facendo e lo fissò dritto negli occhi in cerca di una risposta.

“Mi dispiace Miss. Catherine.. ma vede, ne io ne lei ci possiamo fare niente.. quindi si prepari a quello che le sto per dire, perché probabilmente il suo organismo non reggerà..”

Era sconvolta. Semplicemente sconvolta. Come poteva una semplice visita al parco trasformarsi in una situazione simile??!

Il vento soffiò intensamente tra le foglie.

“Lei è il killer.“

Il cuore le si fermò. Non poteva aver sentito bene..

“Non se ne è mai resa conto a causa della sua malattia.. di notte la sua “lei” malvagia ha il soppravvento su la sua “lei” normale e la induce ad uccidere inconsapevolmente. Ci sono arrivato grazie alla nostra conversazione: all’inizio mi ha detto che prova un odio profondo per tutte le persone.. questo mi ha fatto pensare ad una possibile collegamento con l’assassino.. inoltre l’iniziale del suo nome falso è la stessa che compare nella firma del killer, sicuramente, quando avrà pensato ad un nome da usare per presentarsi, ne avrà adoperato uno che abbia a che fare con quello vero. Lo so perché anch’io ho fatto il suo stesso ragionamento. Un’altra fattore che mi ha indotto a giudicarla colpevole è stata la sua reazione alla mia domanda se era sicura al 100% di non aver mai desiderato la morte di una persona. Ha reagito cambiando discorso, una chiara dimostrazione della sua difficoltà davanti a quella domanda. E perché era imbarazzata Miss. Catherine? Perché in fondo, nel suo animo, ha sempre pensato che il mondo sarebbe stato un posto migliore senza la gente. Quindi ne ho dedotto che in qualche modo, le due personalità erano collegate.  Naturalmente queste informazioni non erano assolutamente sufficienti per giudicarla colpevole, quindi mi sono spinto più in là: le ho chiesto se si ricordava di essere mai stata accusata di aver compiuto azioni di cui non aveva ricordo. Non mi ha risposto e così ho interpretato il suo rifiuto come un si perché  spesso quando la gente non vuole ammettere una cosa si rifiuta di rispondere.  Il fatto che  non si ricordi di aver compiuto delle azioni significative è la prova che lei soffre della Sindrome della Doppia personalità, e che di conseguenza è il killer.”

La risata le venne spontanea.

“No. Non è possibile.. lei si sbaglia..”

“Io non mi sbaglio mai  Miss. Catherine.”

La ragazza a quel punto non ce la fece più e cadde in ginocchio davanti al ragazzo che pareva annoiato da quella vista.

“Quindi lei sta insinuando che io sono la responsabile della morte di quelle persone? Ma si rende conto di quello che sta dicendo?”

“Si. Ma non mi fraintenda. Non la sto accusando di ciò, perché lei soffre di una grave malattia neuropsicologica. E quando una persona è malata, non possiede più la capacità di intendere e di volere. Ora, la dichiaro in arresto, la polizia a questo punto può cavarsela anche da sola. Dopo di che verrà condotta in un istituto psichiatrico dove verranno accertate le sue condizioni psicologiche e dove  riceverà tutte le cure necessarie.”

E così dicendo afferrò due grosse manette argentate che teneva in tasca e le agganciò prima al polso di lei e poi al suo.

“Ma cos..? Lei è pazzo!! Mi lasci andare subito!! Ci deve essere un errore!!”

“Non provi a scappare. Io sono un uomo e lei è una donna e la sua forza fisica è molto inferiore alla mia.”

Era in stato catatonico. Assolutamente inconsapevole di quello che le stava accadendo.

 Louis a quel punto prese  il suo cellulare con la punta delle dita:

“Mi chiamo Louis Wellington e ho catturato il killer. Femmina, bianca, di costituzione esile e… ehm..”

Rivolse la parola a Charlotte:

“Quanti anni ha Miss. Catherine?” Le chiese con falsa gentilezza.

La ragazza lo fissò intensamente. Aveva le lacrime agli occhi.

“Che importanza ha.. che importanza ha si può sapere??!!  Sono innocente!! Che importanza ha la mia età!!??? Siete tutti impazziti per caso??!! Le sembro forse un’assassina??!”

“Glielo ripeto per l’ultima volta Miss. Catherine …” rispose evidentemente scocciato il giovane.

“…lei soffre di una rara malattia psichiatrica che la rende assolutamente incapace di  avere la piena padronanza delle sue azioni.. E’ naturale che non si ricordi di quando uccideva.. perché in quel momento il suo cervello agiva da solo. Non è né colpa mia ne colpa sua. Inoltre scommetto che quella macchia rossastra presente sui suoi pantaloni è sangue... comunque sia, se non vuole credere a me sicuramente crederà alla scientifica..”

E dicendo così la strattonò con vigore verso l’uscita del parco dove l’attendeva una macchina della polizia.

“ Il suo vero nome è Charlotte Walker, abita nel distretto di Blexey in un piccolo appartamento in stile rustico dove convive con il suo ragazzo, il quale ha già chiamato più di una volta la polizia a causa delle sue misteriose uscite notturne.” Disse uno dei poliziotti.

La donna parve non sentirlo neanche. L’unica cosa che fece fu quella di abbassare il finestrino per domandare al moro  “Louis è un nome falso. Qual’e il tuo vero nome?”

Non le rispose.

Non c’era bisogno di risponderle.

Riprese in mano il telefono con due dita e compose quel numero che gli era tanto familiare.

“Allora  Ryuzaki? Come è andata? Ah a proposito.. il governo ugandese ti ringrazia per aver fermato quell’epidemia..”

“Troppo semplice Watari. Quante volte ti devo dire di scegliere dei casi alla mia altezza? E’ stata una noia mortale.. mi è bastato scambiarci due parole per arrivare alla conclusione esatta.. Non ti ho scelto come mio assistente solo perché sei bravo a preparare dolci ma anche perché ammiro molto il tuo ingegno e la tua intelligenza.. per cui mi aspetto sempre un buon lavoro da te.”

“Ha ragione Ryuzaki. Mi perdoni. Se le interessa ho trovato qualcosa che sarebbe degno della sua attenzione..”

“Ah, sul serio? E di cosa si tratta?”

“Riguarda il Giappone. Strani casi di persone morte tutte per attacco cardiaco sono l’argomento principale della stampa, dei giornali e di Internet in questo periodo.. ”

“Interessante.. puoi svolgere delle ricerche più approfondite?”

“Certamente. Dunque.. ecco..  le vittime sono tutti criminali. Strano vero?”

“Niente male.. sai Watari, ho come la sensazione che questa volta ci sarà da divertirsi.”

 

 

 

Fine.

 

 

 

 

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 Nota dell’autrice 

Allora.. devo ammettere che questa fanfic mi è venuta abbastanza bene.. non so perché ma le cose mi saltavano in mente automaticamente.. forse è stato L a farmi questo effetto.. XD

Iocōse in latino significa “per gioco”.

La mia intenzione iniziale era quella di scrivere una ff basata interamente su L, ma poi un’idea fantastica mi è balenata alla mente: perché non partire da un’altra persona? Perché non inserire nella storia un personaggio che avesse il ruolo di protagonista e contemporaneamente quello di antagonista? Il risultato è stato il seguente: una storia che parlasse di uno dei tanti casi (1500!)  che ha risolto L nel corso dei suoi 25 anni di vita narrato attraverso gli occhi di una persona apparentemente normale nel suo complesso. Solo un semplice caso per lui.. ma qualcosa di estremamente importante per lei e per  l’Inghilterra, suo paese di origine. Ho voluto creare apposta un contrasto tra le emozioni di Charlotte quelle del detecktive  per sottolineare la quotidianità e l’abitudine di L nello svolgere il suo lavoro. Ecco perché era annoiato.. il caso era troppo semplice per una mente geniale come la sua.

L non lavorava mai allo scoperto lo so. Ma ho immaginato questa vicenda come una sorta di cambio di programma. Evidentemente era stanco di nascondersi sempre dietro uno schermo e aveva voglia anche lui di uscire all’aperto.. tanto non correva rischi.. non avrebbe mai dato il suo nome e nessuno avrebbe mai saputo che era stato lui a catturare il killer grazie al nome falso.

E per quanto riguarda la Sindrome di Asperger fidatevi che ogni sintomo coincide alla perfezione con questo personaggio.. andate su Wikipedia se non mi credete!

Spero vi sia piaciuta e mi raccomando recensite!

 

L-chan

 

  
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