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Autore: discord    16/12/2013    3 recensioni
Possiamo dire che Wendy Hughes, una giovane ragazza albina, l’unica figlia di John Hughes , orfana di madre e quasi di padre, è una ragazza difficile. Ma dicono sia la vita a trasformare le persone, e dunque, questa vita non era mai stata troppo allegra a parer della psicologa che la seguiva.
Genere: Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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                                        Capitolo 2
                                       His new favourite color.

Come ogni mattina, Wendy si svegliò presto, era riuscita dormire egregiamente quella notte, a causa dell’imprevista stanchezza.
Rimase ancora un po’ nel letto prima di alzarsi, come al solito fissava il soffitto, e quello maleducatamente neanche le parlava.
Quando si sentì pronta appoggiò i piedi sul freddo parchè ed ancora scalza cominciò il suo tour giornaliero della casa.
L’andò a cercare fra le stanze del lungo corridoio  color glicine, sapeva che non l’avrebbe trovata, ma non le importava.
Le esplorò tutte, la quantità di luce che entrava nella stanza, e il loro odore; poi arrivò d’avanti alla candida porta dell’ultima, quella con il manico luccicante, ma non la aprì.
L’accarezzò dolcemente, se sua madre era nascosta li dentro, prima o poi sarebbe dovuta uscire, e lei, non aveva più il coraggio di aprire.
Voltò le spalle alla porta con malavoglia e tornò in camera, per mettersi qualcosa di presentabile.
Una volta essere entrata nei pantaloncini e nella canottiera, non poté più aspettare per il suo ambito tea.
Scivolò lungo le scale in legno coperte da una moquette lilla, emettendo un lieve cigolio ad ogni suo passo.
Quando si ritrovò in cucina, notò che il padre la stava beatamente ignorando, era seduto sul divano con una tazza di caffè in mano, si era girato a guardarla ma fece finta di niente.
Wendy così decise di fare lo stesso, non capiva, non avevano litigato, perché si comportava in quel modo? Non poteva, quelle poche volte che era in casa, svegliarsi nervoso, e non rivolgerle neanche un saluto!
Prese la bollente tazza di tea e, esitando un po’, tornò in camera sua.
Accese il suo computer e cominciò a cercare Patrick sul web. Di solito era sempre collegato da qualche parte.
- Buongiorno Patrick. -
- Ehylà piccola! Dormito bene? ;)-
- Si, quando ci vediamo oggi? –
Scrisse la ragazza facendo scivolare velocemente le dita sulla tastiera per poi portarsi alle labbra la tazza contenente il tea. Le piaceva il rumore dei tasti sul computer, la rilassava era un picchiettare dolce, spesso picchiettava su quella tastiera solo per il gusto di farlo.
- Pomeriggio penso, mia madre vuole che l’aiuti a tagliare l’erba del prato. :c Perché a me?-
- Per lo meno tu l’hai una madre. -

E poi il vuoto, Patrick  non seppe che rispondere.
Per Wendy l’assenza di sua madre, aveva causato un dolore, che nessuno psicologo avrebbe potuto curare.
La sua mente “malata”, non era destinata a guarire.
- Alle 3.00 sono da te. - Quel discorso era peggio di una tazzina di porcellana, tutti non la toccano per paura che cada.
- Pff.. Ok! -
Subito dopo, fu sovrastata dalla voglia dell’altezza, del silenzio e della solitudine. Del vento caldo, data l’estate, dell’odore dell’ossigeno.
Guardò la mansarda in legno, il suo amato soffitto, ma sta volta con uno scopo preciso: il lucernaio.
L’unica via di passaggio per il tetto, l’unica via per soddisfare momentaneamente il suo bisogno di pace.
Fortunatamente per lei il soffitto era basso e con un piccolo salto e la minima agilità presto si trovò aldilà di quella prigione di ricordi.  E preferendo più il fuori al dentro fece uscire anche i piedi.
Era tutto come aveva previsto, il vento soffiava caldo e leggero fra i suoi lattei capelli, poteva vedere tutto il mondo, per un attimo le sembrò piccolo, e per un momento ancora più ristretto si sentì gli occhi di Dio.
I dettagli non potevano sfuggirle, di fatto il suo sguardo cercava solo quelli e tutto il resto,  quel contorno quotidiano così banale, in quel momento avrebbe potuto cancellarlo tutto, ma non lo fece.
Lei voleva solo assaggiare le impavide urla del vento.
Chiuse gli occhi, ascoltò le grida di un mondo in lacrime, poco dopo non sentì più niente, solo il suo respiro, sempre più flebile e lento.
La sua mente era vuota, avrebbe potuto spaziare nei misteri più assurdi dell’universo, ma decise di deviare, e rimanere nel nulla.


Rimase li a lungo, ma non se ne accorse, una volta che arrivi alle porte del nulla il tempo non esiste più.
Era così persa da non sentire neanche  la porta aprirsi.
<< Ehilà. >> Quella voce che risuonò in lei come una terremoto, la spinse a sobbalzare.  Gli occhi le si sgranarono e il petto cominciò a correre così forte da fare male.
Guardò in basso, verso la finestra osservando l’individuo aldilà di quel “hey”. E ci mise un attimo prima di collegare. << Che ci fai qui? >> Rispose lei con un bisbiglio che si mimetizzava col vento.
A differenza sua, Tom, non si era a fatto dimenticato di quei capelli candidi, gli aveva imposto dentro un senso di curiosità di quel che poteva davvero essere quell’esserino  misterioso.
<< Scusa se ti ho spaventata, sono qui per il pranzo, John mi ha invitato..  >>
Inconsapevolmente, nella mente della ragazza si accese un po’ di rabbia, non tanto per Tom, ma per il fatto che il padre non l’avesse neanche  avvisata.  << Ok. >>
Tom corrugò leggermente lo sguardo e allungo le mani verso il lucernaio. << Adesso ti prego, scendi. >>
La ragazza si limitò ad annuire. Mise le magre gambe fuori e quando fece per darsi un piccolo slancio Tom le afferrò i magri fianchi e l’accompagnò leggermente a terra.
<< Grazie. >>  
Prese la maglia da rugby che aveva precedentemente appoggiato sul letto, quella che le aveva regalato Patrick, e se la mise.
Seguì un momento di silenzio riempito dall’osservare di Tom. Non seppe bene come o perché, ma gli sembrò che quella ragazza con gli occhi grigi e i capelli bianchi, avesse dentro un colosso, scatole e scatole di segreti, glielo leggeva negli occhi, era come se ogni sorriso fosse accompagnato da una lacrima. Non che l’avesse vista sorridere tante volte.
<< Giorno Wendy! >> Disse il padre nel vedere sua figlia.
<< Ah, quindi parli. >> Replicò la ragazza.
L’uomo alzò gli occhi al cielo mentre disponeva gli ultimi piatti sul tavolo. Aveva ordinato qualcosa da mangiare, probabilmente cinese. Non era un bravo cuoco senza l’aiuto di Wendy, e quella mattina si era sentito troppo orgoglioso per chiederle una mano.


                                 ∞
Era già un po’ che mangiavano, Wendy non aveva fame, allora assaggiava lentamente, in modo da non darlo a vedere. Non aveva parlato per niente, però ascoltava le conversazioni con la stessa attenzione con cui sarebbe riuscita prenderne parte, ogni tanto sorrideva a qualche sguardo di Tom, e il padre sembrava esserne orgoglioso.
<< Io e il signor Hughes ci conosciamo dai tempi di Thor. Credo che sia il primo giornalista che dopo un intervista mi abbia invitato a prendere un tea ..L’unico. >>
Wendy sorrise, anche se non si può dire che nella mente non abbia pensato al  fatto che suo padre sapesse essere così cordiale con tutti tranne che con lei. Forse semplicemente si vergognava di sua figlia, lo aveva sempre  creduto Wendy, doveva essere questo il motivo per cui non gli piaceva che avesse una vita sociale amplia. Era troppo diversa agli occhi degli altri, ai suoi.
<< Nah, mi sei stato simpatico fin dal primo momento, se no altro che tea.  Wendy, non hai fame? >>
Chiese poi il Signor Hughes notando la figlia giocare con la forchetta nel piatto.
<< No, a dire il vero.. >>  Rispose lei con un tono di voce basso, quasi bisbigliato, che non aveva mai mutato.
L’uomo si portò due dita sotto gli occhiali, schiuse le labbra per dire qualcosa, ma poi si fermò.
<< Fa come senti. >> 
Le loro conversazioni infondo erano sempre state monotone, e quando la signora Hughes morì, ebbero un discorso in comune, ma comunque preferirono tacere lasciando che il peso insopportabile di quei silenzi diventasse ogni giorno più carico, ricco di risentimento, rabbia e tristezza.
<< John, a che ora hai detto che hai quell’appuntamento? >> Chiese Tom per aprire una nuova conversazione.
<< Alle tre. >>
<< Vai via? >> Chiese poi Wendy.
<< Si ho avuto un imprevisto con il lavoro.. >>
<< Ok. >> Rispose lei, tentando di mascherare la sua gioia al riguardo.
<< Se per te non è un problema , John, potrei restare a far compagnia a Wendy, sarebbe un peccato lasciarla in solitudine di domenica pomeriggio. >>  Si  intromise Tom alternando lo sguardo fra John e Wendy, la quale lo guardava un po’ allibita.
<< Sarebbe grandioso Tom. >> Rispose il signor John illuminandosi, aveva tanta stima di quel educato ragazzo del Elton Collage.
<< Si certo, c’è anche Patrick, ci divertiamo. >> Disse la ragazza provocando il padre trattenendo qualche risolino ogni tanto, per evitare di sembrare antipatica.
<< Devi proprio? >> L’uomo si mise una mano sulla fronte e scuotendo la testa appoggiò il gomito sul tavolo.
<< Vedi Tom, a mio padre non piace Patrick. >> Continuò lei ridendo.
<< Oh, mi è sembrato un bravo ragazzo ieri. Si è prendeva cura di Wendy egregiamente. E’ molto premuroso nei suoi confronti. >>
La ragazza rise guardando il padre e poi si girò per ringraziare Tom, il quale ricambio con uno dei suoi bellissimi sorrisi.
<< E’ così strano, è troppo grande per te, fuma.. >> Disse l’uomo arrangiando qualche gesto con la mano.
<< Ma papà, non devo mica sposarlo. E se dovessimo vederla dallo stesso punto di vista, anche tu fumi, e sei molto più vecchio di Patrick. >>
Tom, spettatore di quella scena non fece a meno di ridere.
<< Io ci rinuncio. >> - Disse sbuffando, poi si alzò dal tavolo, e prese un pacco di sigarette dalla tasca. - << Vado a fumare. >> Aggiunse. I due annuirono divertiti e lo osservarono andarsene verso il giardino borbottando qualcosa. << Sposarlo, ci mancherebbe altro. Poi vecchio io, bah.. >>   
Appena il padre se ne fu andato, Wendy cominciò a raccogliere i piatti intenta a sparecchiare la tavola, e subito Tom l’aiutò.
<< Grazie mille Tom. >>  
Non rispose, molto probabilmente non ci riuscì, sorrise, perché se c’era una cosa che gli avevano da sempre insegnato a fare è che quando sei in difficoltà nulla ti può aiutare più di un sorriso. Due educazioni distinte le loro, e se dovessi fare un paragone, potrei affermare con certezza che il sorriso di Wendy non era diventato altro che un insensato  arcuarsi delle labbra, un abulico e accidioso gesto.
<< Vado a salutare John. >> Disse girandosi di spalle, ma appena fece un passo la ragazza lo fermò allungando una mano verso il suo braccio, che comunque non sfiorò.
<< Ti volevo chiedere scusa per ieri sera, non era mia intenzione essere scortese, ero un po’turbata.. Non – non avrei dovuto.. >> Ed ancora una volta quelle parole suonarono lo stesso canto del vento.
Guardò il pavimento schiacciandosi i piedi da sola, non riuscendo neanche a alzare lo sguardo per l’imbarazzo.
<< Chiedermi scusa di cosa? >> Disse corrugando lo sguardo in una smorfia che, se avesse visto dato che aveva la sguardo basso, avrebbe riso.
<< P- P- Per aver..- >>
L’uomo continuò a farla sillabare ancora per un po’, la trovava al quanto adorabile, ma poi decise di essere meno crudele del personaggio che interpretava.
<< Un uomo sconosciuto, con la barba.. Si offre di accompagnarti ad una festa in piena notte. Io non avrei neanche accettato. >> Disse ridendo appoggiandole una mano sula spalla e sorridendo come mai aveva smesso di fare.
Wendy riuscì ad alzare lo sguardo, sentendosi un po’ troppo bassa confronto all’altezza da torcicollo del suo interlocutore.
Le arrivò un messaggio:
- arrivé mou ! -  Riebbe il coraggio di ridere.
<< Mi piace la tua barba, man. >>
Risero di gusto. << Allora gli darò il tuo nome. “ The moustaches: Wendy.” >>  disse facendo il segno dei titoli come se si trattasse di un possibile film.
 
Non c’erano nuvole nel cielo ceruleo, dove minuscoli aerei segnavano linee che parevano fatte con dei gessetti.
I suoi occhi cenerei,  la porta di mille rimpianti, osservavano il mondo da spettatore, senza mai arrischiarsi a farne parte; ogni tanto batteva le palpebre lentamente, mettendo inconsapevolmente in risalto la parte delle ciglia lattee sfuggite al mascara.
Suo padre se ne era andato da poco, e lei e Tom erano rimasti nel giardino sul retro, sotto l’ombrellone con motivi floreali posto nel centro di un tavolino da giardino bianco in ferro.
A parte il cinguettare dei passerotti fra loro vigeva un inequivocabile silenzio,Tom avrebbe voluto parlare ma era intento nel sperimentare Wendy, sperava che se avesse taciuto, prima o poi, avrebbe incominciato un dialogo da se, voleva che fosse lei la prima ad iniziare, per una sorta di curiosità che gli poneva dentro.
<< Così.. Sei il Dio delle malefatte. Non deve essere un caso che mio padre ti abbia ospitato oggi, magari sta arruolando un esercito contro Patrick. E tu, per passare inosservato, l’hai difeso. >> Disse abbozzando un sorriso quasi riuscito bene e dando un’occhiata veloce all’uomo accanto a lei.
Lo sentì ridere ma non s’arrischio a guardarlo. << Quanta fantasia! >> Avrebbe continuato, ma qualcosa, o meglio qualcuno, non avesse sollevato Wendy dalla sedia ed, a grande velocità, l’avesse spinta via con se.
Non si può negare che inizialmente ne fu spaventato, ma poi sentì la sua risata provenire dietro un albero di limoni. Era una gradevole melodia. C’era solo una persona che poteva farla ridere così naturalmente, spontaneamente, e connesse che doveva trattarsi per forza di Patrick.
Si alzò di scatto  e camminò verso l’albero di limoni, appoggiò la mano sulla ispida corteccia e si sporse curioso verso di loro.
Quella fu la prima volta in cui capì di starla guardando per davvero, quello che era, quella perfezione che faceva paura.
Una distesa verde smeraldo,che le faceva da sfondo e su cui era sdraiata, le risaltava la pelle diafana. I lunghi e candidi capelli gli diedero una sensazione di tutto ciò che poteva essere puro.
Era bellissima. La guardò: era piccola, gracile, avrebbe potuto farle del male anche un semplice soffio di vento. La guardò ancora, era bellissima. I suoi tratti tenui donavo profondità al suo sguardo luminoso.
Ma tutto quel pallore, non faceva altro che delineare le sue labbra, anch’esse sarebbero state pallide, ma il sangue le rendeva scure e rosse, non era giusto che le mordesse a tal misura, ma la rendevano ancora più avvenente, era un dettaglio che la racchiudeva in un stato di perfezione. Si era proprio questo, il mondo è in una costante ricerca della perfezione, a tal punto che quando la incontra la discrimina nel peggiore dei modi.
Fu così che decise: il bianco doveva essere per obbligo il suo nuovo colore preferito.
<< Mmh che bella maglia, chi te l’ha regalata? >> Urlò il ragazzo mentre, letteralmente sopra di lei, la solleticava ben attento a non schiacciarla.
<< Tu! >> Disse con la voce soffocata in una risata.
Poi smise di muovere le dita e la abbracciò in modo appassionato, come aveva sempre fatto, ma accentuò il tutto una volta resosi conto di avere Tom al suo fianco.
<< Suvvia Tom. Non guardarmi così, Wendy è single. Infondo.. Puoi chiedere ad una sorella di amarti come suo uomo e non come suo fratello? >>
Tom rise. << Buon giorno anche a te Patrick. >>
<< Ma che diamine hai detto? >> Chiese Wendy in un espressione che li fece sorridere entrambi.
<< Ah, Tom ha capito. Perchè lui non ha semplicemente UNA sorella, ne ha addirittura due, ed è per giunta quello di mezzo. >>- Bofonchiò alzandosi e sbattendosi le mani sporche di terra. - << Due sorelle che, se posso permettermi, sono molto carine. Ti ho cercato su Google. >> Aggiunse, aiutando Wendy a rialzarsi.
 
                                     ∞
Decisero di fare una passeggiata ad Hyde Parck, tanto per non sprecare una domenica calda e soleggiata come quella.
Il parco, specialmente in quella stagione pullulava di gente: turisti, bambini e sorveglianza. Vicino al lago artificiale diversi bambini giocava a far rimbalzare sassolini sulla superficie dell’acqua, ma in pochi ci riuscivano davvero.
E in tutto questo groviglio di gente l’unica a sentirsi osservata e giudicata era Wendy, poteva perfino sentire le voci delle persone che la guardavano, i bambini che la indicavano e i rumore della sua autostima logora caderle sotto i piedi a frantumarsi.
 << Sei bellissima. >> Le sussurrò Patrick nell’orecchio avendola notata nascondere il suo viso abbassandolo.
<< Questa gente non la pensa come te. >>
<< Questa gente deve essere stupida. >>
Sentì un disperato sospiro della ragazza fuoriuscire dai suoi polmoni, lo stesso suono che si ha quando si sradica una pianta dalla sua radice.
Tom non voleva sentire, ascoltò per caso, e non poté che provare una certa pena, si avvicinò alla ragazza appoggiandole una mano sulla schiena. << Vi va un gelato? >>
<< Sempre. >> Canzonarono.
Patrick e Wendy corsero verso la gelateria giocando a prendere i piccioni, la voglia di Tom di aggregarsi era infinita, ma una vecchia impronta di una rigida educazione glielo impediva.

Discussero a lungo sul gusto dei gelati, come se avesse avuto un importanza rilevante.
Wendy notò che una bambina li stava osservando. Poteva aver avuto su per giù sei anni, aveva i capelli di un arancione acceso, la pelle chiara, il naso coperto da lentiggini e due piccoli e vispi occhietti color nocciola.
Quando la ragazza si dimenticò dell’esserino, sentì qualcosa tirarle la mano, abbassò lo sguardo e la vide.
Per un attimo  tacquero e sorrisero. Di solito i bambini della sua età non si avvicinavano, la temevano, era la strega che non li faceva dormire la notte.
<< Ciao! >> Disse con una vocina alta e goffa, rivolta verso Wendy.
<< C- Ciao.. >> Disse confusa, abbassandosi comunque all’altezza della bambina e inarcando le labbra.
<< Ma tu sei.. La fata della neve? Perché.. perché.. tu sei bella proprio come lei.. >>
Sussultò un attimo, non ci credeva, di solito i bambini ridevano alle sue spalle. Ma quella bambina l’aveva immaginata come la fata della neve, ed era l’appellativo più bello che le avessero mai dato.
Sorrise spontaneamente. << Sarò tutto quello che pensi io sia. >>
La bambina sorrise saltellando un attimo. << Lo sapevo! Lo sapevo che esistevi! Da grande voglio essere bella come te, anche i miei capelli saranno così. >>
La ragazza appoggiò una mano sulla spalla della bambina e sorrise. << Ma tu sei già più bella di me adesso, non cambiare mai. >>
Qualcuno in lontananza chiamò la bambina, lei si girò a guardare e poi abbracciò la ragazza e allontanandosi sorrise. << Adesso devo andare, fai nevicare tanto questo inverno! >>
<< Farò il possibile. >>
E in quel momento si sentì un carico in meno sullo stomaco.

Quando Tom tornò con i gelati Patrick e Wendy si sussurravano nelle orecchie e ridevano divertiti.
<< Ragazzi di che parlate? >>
Si voltarono di scatto, guardarono l’attore e notarono i gelati.
<< Oh Tom, scusa, ma sono segreti del club. Grazie per i gelati! >>
Ognuno prese il proprio gelato, per quanto in due giorni Tom si fosse “affezionato” ai due si sentì escluso dalle loro conversazioni, ogni parola o espressione accendeva un lui senso di mistero incredibile, a cui sentiva di dover entrare a farne parte.
<< Io, penso di voler far parte del vostro club. >>
Entrambi sorrisero, ma non capirono la serietà delle sue parole.
Ed ancora una volta si senti un passo indietro al segreto del suo colore preferito.




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Angolo Autrice.
Sono torna! Volevo aggiornare prima ma non avevo la connessione.
Questo capitlo è un po' lento e noioso lo ammetto, ma io sono così.. 
Vorrei ringrazziare esplicitamente MusicIsMyDestination, Akane92 ed Eden garden per aver recensito e avermi dato una spinta ad andare avanti; tutti quelli che hanno commentato e messo fra i seguiti/ricordati/ preferiti. 
Anche questa volta vi chiedo qualche dritta, mi fermo se non vi piace ( anche perchè sarebbe inutile continuare). 
Accetto critiche. Vi prego recensite ho bisogno di spinte ahah o non vado avanti manco con il pieno! * Si inchina davanti al loro cospetto* 
Alla prossima, spero di non avervi deluso, un bacio :*
.- discord
 
   
 
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