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Autore: coldays    17/12/2013    4 recensioni
Sebastian è tornato, e stavolta per i Cacciatori non sembrano esserci speranze. Non si limita a distruggerli; vuole per sè Clary, vuole scoprire fino a che punto è umano, è pronto a piegare il Cielo alla sua volontà. I suoi esperimenti lo sconvolgono, e ciò che sconvolge Clary è la sua natura. E se Magnus custodisse un segreto, ed Alec sia convinto di poter sfidare la morte? E se Jace fosse costretto a fare da spettatore, mentre il suo mondo crolla? Simon rischia la vita ogni giorno, ed Izzy riuscirà ad essere sempre la solita, mentre tutto cambia?
Cosa succede quando tutto si ribalta, la luce scompare, e le carte in tavola giocano a tuo sfavore?
Genere: Angst, Guerra, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Clarissa, Izzy Lightwood, Jace Lightwood, Jonathan, Magnus Bane, Sebastian / Jonathan Christopher Morgenstern
Note: Lemon | Avvertimenti: Non-con, Spoiler!
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A Martylavivace99,
che mi ha sostenuta ancora prima
che iniziassi a scrivere.
Prologue.

Era  risaputo, del resto, che le grandi idee vengono nei momenti meno opportuni. Come manne dal cielo, arrivano proprio quando non servono. Eppure a volte la loro portata è talmente sconvolgente da lasciarti boccheggiante per alcuni attimi. Anche se, riflettendoci bene, si tratta di una cosa mediamente impossibile. Ma chi, subito dopo un idea del genere, pensa all’effettiva  veridicità di codesta? Neanche Jonathan, in tutta la sua razionalità, nel bel mezzo dell’evocazione di un demone superiore. Del resto, tutto passava in secondo piano se comparato con lei, il centro più puro e avvelenato dei suoi pensieri. La dimostrazione che era un demone, ma anche un angelo in parte. Perchè gli angeli amano, ed i demoni distruggono. E Jonathan desiderava distruggere colei che amava, come lei aveva fatto con lui. Portarle via tutto, restare lì per lei, solo lui.
Oh, ci sarebbe riuscito. Presto, sarebbero stati nuovamente insieme.
 

                                                                                ********

Se ne rese conto una sera, con un bicchiere di vino rosso in mano, lo sguardo perso nei riverberi dorati del fuoco scoppiettante del camino ed una sensazione strana alla bocca dello stomaco.
Il libro sulla genetica demoniaca abbandonato in un angolo, ormai dimenticato. Era impossibile, stava impazzendo. Tutte le domande che si poneva riguardo ciò che effettivamente scorreva nelle sue vene lo assillavano, e quello era il risultato. Non aveva mai sbagliato, pensò con le labbra arricciate, quando pensava che l’amore rendesse tutti degli idioti. E lui non faceva eccezione, poiché pensava di poter davvero amare. Nel suo caso la sola idea dell’amore lo rendeva idiota. C’era tanto di quel sangue demoniaco, nelle sue vene, da averlo fatto nascere con degli artigli. Divorava tutto il –poco- buono che c’era in lui, rendendolo sempre più forte: era il suo prezzo da pagare.

Ma c’era qualcosa che non quadrava, lo sentiva nelle ossa, che era tutto profondamente sbagliato.

Eppure quelle sensazioni c’erano –come quelle descritte nei libri- anestetizzate e rese innocue. Erano frutto della sua mente provata dai sogni che l’Angelo gli inviava, voleva portarlo alla pazzia quel maledetto, probabilmente. Jonathan chiuse e riaprì i pugni, cercando di calmarsi. Era un mostro, uno stramaledettissimo mostro, e tutto quello non gli piaceva. Tutte quelle emozioni, avvelenate e pericolose, gli davano immensamente fastidio. Avrebbe dovuto agire, ed in fretta. Si, si disse alzandosi di scatto, è soltanto il mio desiderio di vendetta, la voglia di avere quello che è mio di diritto, e farne ciò che voglio. Forse perché, pensò, voleva piegare a lui anche quella furia dai capelli rossi così insolente, che si rendeva conto di ciò che faceva solo quando vedeva le conseguenze con i suoi occhi. Colei che lo accendeva di una rabbia cieca, di sentimenti sconosciuti, che voleva spegnere in lei. Perché erano fratelli, erano sostanzialmente uguali. Entrambi portatori di un destino che non avevano scelto, separati da loro stessi e dagli altri ancor prima di nascere. Lei avrebbe potuto capirlo, avrebbe compreso la solitudine che lo attanagliava da quando era nato. Perché la condividevano, anche lei avrà sentito le stesse sensazioni, di essere diversa, sbagliata, giusta, rispetto al resto del mondo, unica. Anche lei conosceva la sensazione del sangue nelle vene che brucia, come una promessa macabra? Conosceva la solitudine bruciante, l’essere fuori posto, la ricerca disperata e folle della perfezione? Jonathan conosceva la risposta prima ancora di porsi le domande; la risposta era sì, perche Clary era sua sorella, e loro condividevano lo stesso destino. Morgestern, stelle del mattino. Lui vi era stato possibilmente scagliato via, dal Paradiso, e lei ne era scesa dolcemente, ma sinceramente poco importava. Erano dettagli non degni di nota, nel grande disegno che si espandeva nella mente di Jonathan giorno dopo giorno. Aveva annunciato il suo arrivo anche troppo tempo fa. Έρχομαι*, adesso arrivava sul serio. Per lei.

                                                                            ********                              

L’aria di New York, anche in primavera, era gelida. Le luci al neon, i grandi cartelloni pubblicitari e le insegne, la facevano sembrare calda, eppure era lo stesso fredda e pungente. Il Portale si chiuse silenziosamente alle spalle della ragazza, che si strinse nella sua giacca leggera. L’Istituto si stagliava imponente davanti a lei, sprezzante dell’aria moderna di New York, così austero che sembrava si beffasse dei grattaceli della città che lo circondavano. Entrò a passo spedito dentro l’edificio, lasciando che prima la porta della chiesa e poi la rete dell’ascensore le si chiudessero alle spalle come il portale. Quella sera voleva lasciarsi tutto alle spalle. Era una di quelle sere da cui non si faceva ritorno, di quelle che non tornavano più e non sapevi se fosse un bene o meno. Come quelle prima della tanto preannunciata fine del mondo, che possono essere le ultime, in cui non hai niente da perdere, con la paura e l’adrenalina a solleticarti i sensi ed inibirti. La portata delle sue azioni la spaventava un po’, ma come le aveva detto Luke lei doveva imparare a convivere con i suoi poteri. Non usarli in casi disperati, vederli come una risorsa estrema, e temerli. Quindi, nonostante le sembrasse abbastanza impossibile quella notte aveva ceduto alla tentazione. Certo, sicuramente Luke sarebbe stato più felice se lei li avesse usati per asciugarsi lo smalto, come le aveva ironicamente detto –e soprattutto Jocelyn-, ma si sarebbe accontentato. Aveva bisogno di Jace, di sapere che era accanto a lei e che poteva smettere di preoccuparsi, almeno per poco.
Le idee del suo ragazzo non erano sempre suicide, lo sembravano soltanto, questo lo sapeva. Ma più Clary ci pensava, più le sembrava che Jace l’avesse contagiata, con la singola differenza che le sue idee sembravano suicide e beh, lo erano sul serio. Ma lo sapeva, che sarebbe tornato a prenderla. Lo sapevano tutti, era nell’aria, avevano solo paura di dirlo. Se ne rendeva conto con la stessa intensità in cui quel pomeriggio, anello delle fate in mano e zaino in spalla, si era seduta nei gradini della casa di Luke ad aspettare Jace. Forse era la sua natura di Shadowhunter a renderla così sicura riguardo la sua sopravvivenza. Jace glielo diceva sempre, che era coraggiosa. Eppure dubitava seriamente che tutto ciò avesse a che fare col coraggio. Scosse la testa come a scacciare tutti quei pensieri; in fondo era lì per quello, per trovare pace e sfuggire ai suoi tormenti interiori rifugiandosi nelle braccia di Jace. Lui avrebbe già deciso cosa fare, dura lex sed lex, avrebbe detto, e poi salvato il mondo. Ma lei non era Jace, nessuno lo era. Che cosa diavolo sperava di fare? Stava solamente farneticando, in preda al panico. Non poteva neanche dormire, preferiva fissare il tetto in cerca di una soluzione che chiudere gli occhi ed assistere alle scene strazianti che si rincorrevano dietro le sue palpebre. Tutto ciò la riportava al motivo per cui si trovava nel corridoio dell’Istituto. Bussò lievemente a quella porta che conosceva fin troppo bene, di quante volte era rimasta a fissarla nell’indecisione, e di cui avrebbe saputo individuare le principali venature del legno ad occhi chiusi. Uno sbuffo, rumore di passi leggeri, e poi la testa bionda ed arruffata di Jace fece capolino dalla porta, con un’espressione adorabilmente interrogativa. «Clary!» Esclamò, visibilmente curioso e preoccupato. «E’ successo qualcosa?!» Chiese, aprendo di più la porta e cercando con lo sguardo la sua cintura con le armi. Lei sorrise dolcemente, facendolo rilassare. «No, volevo solo… stare con  te.» Ammise arrossendo lei, restando ancora sulla soglia della porta. Le braccia di Jace la attirarono dentro la sua stanza, chiudendole silenziosamente la porta alle spalle ed abbracciandola. A Clary venne da piangere. «Tua mamma ci ucciderà, lo sai vero?» Rise sommessamente, annuendo contro la sua spalla. «Ma come diamine sei arrivata?» Chiese ancora lui, aggrottando le sopracciglia. «Ho aperto un portale per l’Istituto. » Disse candidamente, provocando l’ilarità di Jace. Le diede un buffetto sulla guancia, facendola sorridere soddisfatta ed anche  rincuorata. Si sentiva meglio, ora che era con lui, ma quella sensazione opprimente continuava a pesare sul suo stomaco. Stava per succedere qualcosa, ma sarebbe andato tutto bene, si ripetè. Diede un bacio a Jace, «Lo sai che non possiamo fare niente, vero Morgestern?- «Oh allora tolgo il disturbo, Herondale.» Rispose poi alzando gli occhi al cielo.

                                                                      ********

Il suo piano stava per essere portato a termine. Più guardava il cielo, più realizzava quanto poco gli sarebbe piegato per piegare al suo volere quell’infinita distesa blu. La soddisfazione bruciante era espressa in un sorriso sprezzante dell’aria fredda. Gli occhi rilucevano la luce delle stelle, silenziose come se segretamente approvassero il suo operato. L’universo si era svegliato, grazie a lui. Aveva tutti in pugno, era invincibile, e nessuno lo sapeva. Nessuno sapeva quello che sarebbe successo di lì a poco. Era una rete intricata e perfetta, un piano senza falle, e presto avrebbe avuto tutti gli elementi necessari per portarlo a termine. Avrebbe iniziato riprendendosi ciò gli apparteneva, la sua fiamma, il centro dei suoi pensieri. Colei che, sprezzante, osservò uscire con grazia dal portale che aveva creato ed entrare a notte fonda nell’Istituto di New York. Avrebbe voluto andare lì, uccidere Jace e portare con sé sua sorella, ma si trattenne. Mancava meno di quanto pensasse.

*Erchomai, la parola finale di CoLS, sto arrivando, in greco antico, la lingua originale. Scusatemi tutto quanti, ma dovevo metterlo lol. Anche perché io amo il greco(forse perché sono solo al quarto ginnasio), e sono al liceo classico, e questo piccolo riferimento mi sembrava d’obbligo!
bytheway, eccomi di nuovo qui! Stavolta con una long, sui Clastian, ma non solo. Ci sto lavorando moltissimo, e sarei felicissima di sentire le vostre opinioni al riguardo!:) Anche per sapere se vorreste continuassi o meno, se l’idea vi piace, insomma qualcosa! A presto spero, bacioni,
coldays.
  
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