Ahhh grazie per le vostre recensioni!
Eh Eh, Bella ha avuto
una piccola crisi isterica … Capita a tutti no? Povera
… Per il futuro, chissà?Sono
davvero contenta che il capitolo scorso vi sia piaciuto!!! E che sia
piaciuto a
freedom,
giulia9_91,Hele91
tanto da
inserire la mia storia tra i loro preferiti!!! Grazie Hele91,
KiraraMiranda,
yuyutiamo,
HopeToSave,
Princesseelisil,
Clhoe,
algin91,
hachicat,
BellaSwan95,
sophie_95,
PenPen,giulia9_91.
Scusate se sono
così
breve ma ho visto che è uscito l’ultimo capito di
FMA!!! In assoluto il mio
manga preferito!!! Corro a leggerlo!!!! Correzione, sono appena andata
a
leggerlo!!! Oh mamma mia!!! Favoloso! Se volete che vi consigli un bel
manga,
leggete FMA!!!
Spero che anche questo capitolo vi piaccia. Mi è venuto in
mente mentre ero al telefono quindi … vabbè,
lascio a voi il giudizio. Thanks!!!
Quando
fui nel corridoio, mi accorsi che la luce proveniva dal piano di sotto.
Scesi
lentamente le scale che però scricchiolarono sotto i miei
piedi nudi.
Quando
arrivai ai piedi della scalinata, vidi Edward seduto al suo pianoforte.
Dietro
di lui Esme e Rosalie stavano discutendo mentre Alice e Jasper stavano
seduti
sul divano. Lui la cingeva con un braccio e lui appoggiava la sua testa
sulla
sua scapola.
Non
li avevo mai visti
in quella situazione.
Sapevo che Jasper l’adorava ma il loro era un rapporto
estremamente riservato.
Pensavo
che non mi avessero sentito, o forse me ne illudevo. Mi dispiaceva
turbare
quella pace.
<
Bella, Amore, vieni. Cosa ci fai lì sulle scale? >
<
Oh, scusa Edward. Non volevo disturbarvi. >
<
Ma cosa dici? Vieni e sta tranquilla. >
Mi
fece segno di sedermi sulle sue gambe e così feci. Mi teneva
fra le braccia
come fossi una bambina. Talvolta era lui stesso a dirmi: < Tu
sei la mia
bimba. >
Io
di solito annuivo. Quando pensavo agli anni che ci separavano, mi
sentivo male.
Quella
volta rimasi alcuni minuti a farmi coccolare. Adoravo sentire le sue
dita
scorrere veloci e leggere tra i miei capelli.
Le
sue labbra si appoggiarono sulla mia fronte.
<
Bella, credo che tu abbia bisogno di dormire un altro po’.
È molto tardi … Anzi,
è così presto. Sei così stanca.
>
Quelle
parole mi risvegliarono:
<
O no Edward, che ore sono? Devo tornare a casa da Charlie. Mi
starà aspettando!
>
<
Sht, non preoccuparti. Charlie l’ho chiamato prima. Sa che
sei qui. Gli ho
detto che ti eri addormentata. Mi ha avvertito di controllare che fossi
ben
coperta. >
Mi
sorrise tentando di annientare ogni mio briciolo di ribellione. Io
però non
cedetti e gli dissi:
<
Edward, voglio tornare a casa mia! >
Cominciò
a cullarmi tra le sue braccia e mi sussurrò: < Fra
quattro giorni soltanto,
questa sarà anche casa tua. Non sei contenta? > Annuii ma insistetti:
< Sì che sono
contenta, ma adesso voglio tornare da Charlie. Per favore, riportami a
casa o
ci vado da sola, rischiando di fare un incidente con la tua volvo
adorata. >
< Guarda che te la faccio ricomprare se me la sfasci! >
mi rispose lui
ridendo. Io gli baciai la guancia e sentii la sua mano scorrermi sui
capelli e
poi scendere sul mio collo.
<
Dimmi una cosa, Amore. Hai intenzione di andarci così da tuo
padre? Va bene che
ci stiamo per sposare, ma credo che non gli si possa chiedere di
sopportare
anche questo. Non hai neanche idea di quanto si stia sforzando di non
spararmi
alle spalle … >
Lo
guardai un po’ rincoglionita poi lui, con il sorriso
più dolce del mondo,
cominciò a giocherellare con il lembo della mia maglietta,
sollevandola fino a
lasciare scoperto l’ombelico.
In
quel momento osservai ciò che avevo indossato:
Un
paio di culotte nere e una camicetta semitrasparente nera
anch’essa. Arrossii e
poi lo guardai.
< Perché non ti piace forse? > Chiesi
maliziosa.
<
Altrochè! Mi piaci eccome … > Mentre mi
sussurrava queste parole mi fece
sedere a cavalcioni sulle sue gambe. La mia pancia poggiava sulla sua e
io
avevo posato la mia testa sulla sua spalla. Le mie gambe erano
allacciate alle
sue.
Rimanemmo
in quella posizione per alcuni minuti.
Esme
e Rosalie si erano spostate a parlare in cucina mentre Alice e Jasper
se ne
erano andati in giardino.
<
Dico sul serio Edward. Vorrei tornare da mio padre. >
<
Come desideri. > Mi prese in braccio e mi portò in
camera. Mi infilai una
tuta e delle scarpe mentre Edward mi aspettava paziente, osservandomi.
Quando
fui pronta esclamò:
<
Guarda che è piuttosto tardi. Sarà meglio non
svegliarlo. Sono circa le 4 …
>
<
Sì, credo anch’io. > < Bene, vuoi
che rimanga? > < E me lo domandi?
Certo che voglio che tu rimanga! > < Quando vuoi,
ciò che vuoi. >
Quella era in assoluto la mia frase preferita. No anzi, la mia frase
preferita
era “Ti amo”. Quella era la seconda.
Salutai
Esme, che mi abbracciò, e Rosalie che, stranamente, mi
rivolse un sorriso
abbozzato e poi tornò a ravvivarsi i capelli specchiandosi
nel vetro del forno
a microonde. Era proprio Rosalie!
Edward
mi aprì la porta d’ingresso sospirando esasperato.
Inizialmente non capii poi
vidi Alice e Jasper seduti sotto il porticato. Lui la teneva tra le
braccia, le
carezzava i capelli e le baciava labbra. Quello era un bacio adulto,
tanto
diverso da quelli che ci scambiavamo io ed Edward. Le loro lingue si
incontravano e non avevano paura. Niente impediva loro di lasciare
libero il
loro amore. Mi si strinse lo stomaco. Alice tratteneva Jasper con le
sue dita
avvinghiate ai capelli di lui. Jasper, dal canto suo, la teneva stretta
a se.
Adesso le accarezzava le gambe perfette lasciate libere dalla gonna
cortissima. Le
loro labbra non si staccavano mai.
Io abbassai lo sguardo e mi fissai le scarpe.
Edward, che mi teneva per mano, mi guidò fino alla macchina.
Io mi accomodai
sui sedili posteriori. Percepii lo sguardo di Edward fisso su di me.
Era un po’
stupito. Lo vidi alzare impercettibilmente le spalle vidi anche le sue
labbra
dischiudersi. Disse qualcosa che però io non fui in grado di
cogliere. Mi
accoccolai lungo il sedile e chiusi gli occhi. Pochi istanti dopo, le
mani
veloci e delicate di Edward mi posarono la sua giacca sul corpo.
Il suo profumo mi invase e mi tranquillizzò.
Non mi accorsi neanche che l’auto si era fermata.
Non eravamo vicino a casa mia. Era passato troppo
poco tempo. Anche se Edward avesse corso come un matto non avremmo
potuto
impiegarci così poco.
L’abitacolo era illuminato da una fioca luce di
cortesia.
Edward, che era ancora seduto al posto del
guidatore, era girato completamente verso di me. Mi stava osservando e
nel suo
sguardo intravidi frustrazione e paura.
< Edward? Tutto bene? >
< … >
< Edward, per favore, dimmi. Cosa c’è che
non
va? >
< Amore, ritorna a dormire. >
< E come faccio se so che tu mi guardi così?
>
Mi sfiorò con le sue dita gelide. < Bella, non
so dove troverò la forza … >
Poggiai la mia mano sopra la sua e con l’altra gli
accarezzare la fronte e i capelli.
Lui chiuse gli occhi e afferrò il mio polso.
Respirò a fondo il mio odore e mi strinse con forza.
Talmente forte da farmi
male, per la prima volta.
Non feci niente finché non sentii male davvero.
Cercai di divincolarmi dalla sua presa inutilmente.
Lui sembrava totalmente perso nei suoi pensieri.
Non si era neanche accorto dei miei sforzi per liberarmi.
<
Edward! LASCIAMI! > Gridai ad un certo
punto. Lui parve risvegliarsi e mi osservò.
Delle piccole lacrime sgorgavano dagli angoli
dei miei occhi.
Quando si rese conto di starmi stringendo il
braccio con forza, me lo lasciò andare.
Io me lo portai al petto e lo nascosi con l’altro.
Lui mi guardava allibito.
Protrasse una mano verso di me ed io arretrai
involontariamente. Sul volto di Edward comparvero e svanirono in un
solo
istante centinaia di emozioni. Dall’incredulità
alla paura, dalla rabbia
all’odio. La frustrazione, la paura, la rassegnazione.
< Scusa Bella, non volevo. Ero soprappensiero.
Davvero … Fammi vedere. >
Mi sorrideva rassicurante. Io gli porsi il
braccio, tremante.
Lui me lo prese con delicatezza e mi baciò il
dorso della mano, poi, molto lentamente, mi sollevò la
manica fino alla spalla.
Un
grosso livido viola, calco perfetto della mano
di Edward, si distingueva perfettamente sulla mia pelle pallidissima.
Inghiotti la saliva e rimasi in silenzio. Edward
mi fissava il braccio, allibito.
Cercai di staccarmi dalla sua presa ma non ci
riuscii.
< Edward, non è successo niente. Lasciami
andare il braccio, per favore. >
Non appena pronunciai quelle parole, Lui mi lasciò
andare la mano.
< Scusa, non volevo. Mi dispiace … >
< No, non preoccuparti. Non è successo niente.
Sta tranquillo. Torniamo a casa? >
Cercavo di mantenere un tono di voce allegro, o
per lo meno normale, e invece la mia voce tremava. Lui se ne accorse.
Sembrava
sconvolto.
<
Bella, credo che stiamo commettendo uno
sbaglio. >
< Come scusa? > < Bella, ho visto come
guardavi Alice e Jasper. Ti ho letto negli occhi ciò che non
posso leggere
nella tua mente. Io non potrò mai darti ciò che
desideri, non potrò farti
felice finché sarai ancora così. Per farlo dovrei
darti la … morte … > La
sua voce s’incrinò.
< Edward, su quello mi pareva non ci fosse più
niente da discutere. >
< Bella, ti prego. Ora devi ascoltarmi. Non
sarebbe giusto. Ho cercato di convincermi in tutti questi giorni. Tu
però
meriti di più. Questa vita non fa per te. >
< Edward, sono stanca. Non ho voglia di certi
scherzi a quest’ora. Ora portami a casa. >
< Sì, credo sia la scelta migliore. > <
Edward, tu non puoi farmi questo. Non te lo permetterei. >
< Tu sei troppo piccola. Non capisci. > <
Piccola! Come scusa? Forse sei tu che sei troppo vecchi …
> Ecco, avevo
sbagliato. Mi ero fatta trascinare. Era colpa della stanchezza. Della
paura …
Lui
mi osservò e sospirò:
< Vedi, lo dici anche tu … >
< No
Edward, no. Tu lo sai cosa intendevo. Non cercare di girare la storia a tuo favore! Per favore!
> Ero arrabbiata
e terrorizzata. Non mi poteva lasciare. Non perché mi
avrebbe lasciata
praticamente sull’altare, a 4 giorni dal matrimonio, ma
perché non poteva farmi
questo. Cominciai a battere il pugno del braccio sano contro lo
schienale del
suo sedile. < Stai zitto. Stai zitto. Non voglio neanche stare a
sentire
tutte queste cavolate. Io ti amo, io ti voglio. Quante volte te lo devo
dire?
>
< Isabella! Potrei ucciderti anche solo
provando a fare un quinto di quello che stavano facendo prima Alice e
Jasper.
Figurati a darti quello che vuoi? Tu non riesci a capire! Tu non puoi
capire
come mi senta! Potrei ucciderti anche solo dimenticando per un attimo
di
moderare la mia forza! > Urlava. Era arrabbiato e io ero
terrorizzata. Non
lo avevo mai visto in quello stato.
Avevo paura, ma non che mi ferisse o mi facesse
del male. Ciò di cui avevo paura era qualcosa di ben
perggiore: temevo che
potesse lasciarmi di nuovo. Io ero rannicchiata in un angolo, in
lacrime.
Edward si voltò e
ricominciò a guidare.
In poco più di tre minuti arrivammo a casa di Charlie.
< Bella,
ascoltami … > < No, non ti voglio ascoltare.
Tu non sai, TU NON SAI! Non
sai cosa è stato per me vivere senza di te. Tu non
c’eri in quei mesi. Non hai
neanche idea. Non potrei mai riaffrontare tutto di nuovo. Questa volta
morirei!
> Così dicendo aprii la portiera ed uscii
nell’aria fredda della notte. Lui
mi osservava da dentro l’auto.
Non
riuscivo a decifrare la sua espressione. Forse era colpa dei goccioloni
che mi
inondavano il volto.
< Bella, ascolta … > < No! > Gli
urlai
dietro. < No che non ti ascolto. >
Mi sbattei la portiera alle spalle. Corsi verso
casa piangendo. Con parecchi sforzi riuscii ad aprire la porta
d’ingresso. Non
mi ero accorta che la luce della camera di Charlie si fosse accesa.
Quando entrai in casa lo trovai ad attendermi, in
pigiama e preoccupato, in cima alle scale. Io cercai di riacquistare un
po’ di
contegno. Fallii miseramente lui mi venne incontro mezzo addormentato e
io mi
tuffai nelle sue braccia. Sentimmo la volvo ripartire e allontanarsi.
Cominciai
a singhiozzare.
Charlie mi accarezzava la schiena. Improvvisamente
si bloccò. Lo sentii irrigidirsi.
Di
rimando mi irrigidii anch’io. Smisi di
singhiozzare e alzai lo sguardo fino a incontrare i suoi occhi. Lui
però non
osservava i miei. Charlie teneva il suo sguardo fisso sul mio braccio,
con la
manica alzata.
Visto alla luce, il livido sembrava ancora più
grande di quanto non mi fosse sembrato in macchina.
Si vedeva perfettamente che il segno era stato
provocato da una mano.
< Bella, tesoro. > La sua voce era sconvolta
e scandalizzata: < Bella, cos’è quel
livido? ti ha picchiata? >
< No! > < Bella, dimmi la verità!
> Mi
afferrò per le spalle.
< No Papà,
nessuno mi ha picchiata! Non preoccuparti. Sono solo caduta! >
< Bella,
sono un poliziotto. Sai quanta violenza vedo? Lo sai che la maggior
parte
avviene in famiglia? Non ti permetterò mai di sposare un
uomo che ti maltratta.
Un uomo che ti picchia. Io lo uccido! > <
Papà, piantala. Non è successo
niente! > < E allora perché stavate litigando
in auto? E che motivo c’è
di portarti a casa a quest’ora della notte? Perché
avete litigato? Perché hai
questo livido sul braccio? > Io non risposi. Corsi su
per le scale e mi
chiusi in camera mia. Mi accasciai contro la porta mentre mio padre, da fuori,
batteva i pugni e mi
chiedeva di farlo entrare, minacciando di chiamare i Cullen. Non
risposi e
ricominciai a piangere. Sentivo che la ferita nel petto si sarebbe
riaperta,
solo che questa volta non sarei sopravvissuta.
Rimasi immobile finché mio padre non smise di
battere i pugni sulla porta. Era sceso in soggiorno. Pregai che non
telefonasse
a Carlisle.
Ero
molto stanca e molto agitata. Avevo paura. In quei
giorni tra l’altro ero già irritabile di mio,
avevo ancora le mestruazioni e
quindi ero estremamente irritabile. Poi ci si era messa Alice e il suo
irrefrenabile entusiasmo …
Insomma, cosa
potevo fare?
Ritornando con la mente al passato, forse avrei
compiuto scelte diverse però, si dice che si debba fare
ciò che appare più
opportuno nel momento in cui lo si vive. È inutile pensare a
cosa sarebbe3 potuto accadere se si avessero preso strade diverse
…
Alla fine crollai addormentata. Mi ero chiusa
dentro a chiave.
Sognai Edward che si allontanava. Mi lasciava sola
nella radura e raggiungeva gli altri suoi familiari che intravedevo
negli alberi
del bosco. Io non riuscivo ad alzarmi. Protendevo muta le braccia verso
di lui
che però non mi guardava neanche. Quando ormai era al
limitare del bosco, sii
voltò nella mia direzione. Distrutta dal suo sguardo,
scoppiai a piangere. Mi svegliai
e mi accorsi che stavo piangendo davvero. Affondai la testa nel
cuscino.
Cuscino? Sì, ero nel mio letto. Mi accorsi che era mattina.
Era chiaro fuori. Mi
asciugai le lacrime con la manica della felpa e mi rigirai nel letto.
Pensai che
fosse stato mio padre ad avermi messo a letto, poi ricordai che mi ero
chiusa
dentro a chiave e che lui non ne aveva una copia. Rimasi immobile in
attesa di
udire un qualsiasi suono che mi avvisasse della presenza di qualcun
altro nella
stanza.
Silenzio. Assordante e terrificante.
Alzai la testa e vidi che la finestra era chiusa. Sospirai.
<
Tutto a posto? >
Balzai a sedere di colpo e caddi dal letto per lo
spavento. Tre istanti dopo le braccia di Edward mi cinsero i fianchi e
mi
rimisero tra le coperte.
<
Come ti senti? > Mi chiese con la sua voce
vellutata. Io non risposi. Mi fissavo le mani.
< Ti fa male il braccio? >
< No, non preoccuparti. Tutto a posto. E tu?
> Domandai
fissando decisa da un’altra
parte. Ero amareggiata, adirata e disperata contemporaneamente. Troppe
emozioni
in una volta sola.
Lo intravidi sorridere malinconico.
< Ho parlato con Carlisle ed Alice. Dicono che
mi faccio troppi problemi. >
< Ah davvero? > Risposi acida.
< Bella … > Mi voltai e vidi il suo volto a
pochi centimetri dal mio. Il suo respiro gelato mi accarezzava i
capelli. Mi fece
sdraiare e poi mi si accovacciò accanto, poggiando la testa
sul mio ventre. La
sua mano scivolò fin sul mio cuore. Rimaneva in silenzio ad
ascoltarlo battere
disperato.
<
Charlie ha chiamato questa mattina Carlisle. >
< Da quanto sei qui? > Chiesi all’improvviso.
< da ieri sera. Sono entrato appena ti sei
addormentata. >
< Avresti potuto venire prima. Mi hai fatto
sentire così sola! >
< Scusa, avevo bisogno di tempo di riflettere…
>
< E quindi? >
< Beh, credo che non ci sia niente da
aggiungere. > Così dicendo mi strinse a se e
portò la mia testa sotto la
sua. Le mie labbra erano a contatto con il suo collo. Lo baciai.
<
Bella … >
< Sì? >
< Scusami. > < No. > Sentii il suo
corpo irrigidirsi e la sua stretta farsi più forte.
Poggiò il suo naso tra i
miei capelli e sospirò.
< No, non ti perdono per avermi fatto
spaventare. Non puoi comportarti in questo modo! Mi fai sempre
preoccupare da
morire! Non puoi dirmi certe
cose e poi andartene. >
Stavo piangendo.
< Perdonami. Perdonami davvero. Sai che non ti
potrei mai lasciare. Ma, renditi conto. Se solo avessi potuto darti una
vita
normale! Se solo avessimo potuto essere felici come chiunque altro.
>
< Tu però lo sai. Lo sai che a me basta stare
con te per essere felice! Te e nient’altro. >
< Ti amo. > < Senti, che cosa ha detto
Charlie a Carlisle? > < Ma, direi che gli ha chiesto cosa
diavolo ti
avessi fatto. Carlisle però è riuscito a
calmarlo. Credo che si sia inventato
uno stupido litigio prematrimonio. > < è forse
stato qualcosa di diverso?
> < No, credo sia stato uno stupido litigio dettato
dall’ansia Per
spiegargli il livido, Carlisle si è inventato una caduta. Ti
avrebbe afferrato
Emmett, che non controllerebbe bene la sua forza. Ha detto che
sicuramente
anche tu avevi tirato in ballo un volo giù dalle scale.
> <
Carlisle è davvero in gamba. > <
Sì. > < Gli devo un favore. > <
Perché? > Mi chiese lui,
continuando ad accarezzarmi.
< Perché ti ha fatto ragionare. > <
Sì
beh, non credo sarei riuscito a starti lontano per più di
mezza giornata. Già quando
vado a caccia non so come faccio.
Ho
sempre il terrore che tu ti faccia male. Certo che se poi a farti male
sono io …
> < Edward, Piantala! Non dirlo neanche. Non mi sono
fatta niente! >
Per dimostrarglielo alzai il braccio e glie lo misi davanti agli occhi.
Si
vedeva il livido ma non mi faceva male.. ero abituata a cose ben
peggiori, e
glie lo ricordai.
Lui mi fissò per un istante interminabile e poi mi
baciò il braccio in corrispondenza dei segni.
Il freddo gelido trasmesso dalle sue labbra mi
fece sussultare. lui mi avvolse nella coperta e mi riempì il
volto di carezze.
< Amore, credo che tu debba scendere fra poco.
Charlie ora è abbastanza tranquillo. >
< Va bene. Ci vediamo tra poco? > <
Certo. Arriverò tra un venti minuti. Credi che vada bene?
>
< Sì, credo che fra venti minuti andrà
benissimo. > Le nostre labbra si sfiorarono e poi lui
uscì dalla finestra. Con
un salto aggraziato sparì inghiottito dagli alberi. Sospirai
e mi alzai. Notai
sul comodino una busta. Era sigillata con la cera. Il mio nome era
scritto in
inchiostro rosso, la calligrafia era quella aggraziata ed elegante di
edward. Era
stato scritto con la stilografica. La carta era pesante ed molto bella.
Color pesca.
Aveva il suo profumo. La aprii e tirai fuori la lettera.
Le uniche parole che riempivano il foglio erano: “Perdonami.
Ti
amo e per
questo temo di commettere errori.
Temo che tu
possa un giorno pentirti.
Temo di
poterti perdere. Ti amo così tanto … Ogni istante
lontano da te è un’agonia.
Fremo nell’attesa
di rivederti. Non farmi attendere troppo.
Ancora e per
sempre, ti amo.”
<
Stupido > Sussurrai stringendo la lettera
al mio petto. Sempre tenendola tra le mani, aprii la porta e scesi le
scale. Intravidi
mio padre in fondo alle scale. Sembrava contrariato. Dovetti
raggiungere il
salotto per capirne il motivo. Poi lo capii, lo capii eccome.