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Autore: CassandraLeben    14/05/2008    15 recensioni
< Scusi Clarissa, non è che potrebbe aiutarci? Isabella è caduta e credo abbia bisogno dei punti … i moduli li riempirò dopo, mentre attenderemo l'esito delle analisi …> Come diavolo faceva ad essere così sexy la sua voce? Alzai una palpebra e tanto mi bastò per scorgere una giovane infermiera arrossire violentemente e coprirsi il volto fino agli occhi con una cartella clinica, per nascondere le gote diventate bordeaux. Era giovane, era carina, e Edward la stava incantando con il suo sguardo ammaliatore. Poveretta.
Ho provato a immaginare come potrebbe essere l'inizio del "dopo Eclipse" con annessi e connessi! Ed ecco qua ... un'altra storia!!! spero vi piaccia! Questa volta ho provato qualcosa di un po' più allegro. Lasciate una traccia del vostro passaggio su queste pagine per farmi sapere cosa ve ne pare! Grazie!
Genere: Romantico, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Ahhh grazie per le vostre recensioni! Eh Eh, Bella ha avuto una piccola crisi isterica … Capita a tutti no? Povera … Per il futuro, chissà?Sono davvero contenta che il capitolo scorso vi sia piaciuto!!! E che sia piaciuto a freedom, giulia9_91,Hele91 tanto da inserire la mia storia tra i loro preferiti!!! Grazie Hele91, KiraraMiranda, yuyutiamo, HopeToSave, Princesseelisil, Clhoe, algin91, hachicat, BellaSwan95, sophie_95, PenPen,giulia9_91.
 Scusate se sono così breve ma ho visto che è uscito l’ultimo capito di FMA!!! In assoluto il mio manga preferito!!! Corro a leggerlo!!!! Correzione, sono appena andata a leggerlo!!! Oh mamma mia!!! Favoloso! Se volete che vi consigli un bel manga, leggete FMA!!!
Spero che anche questo capitolo vi piaccia. Mi è venuto in mente mentre ero al telefono quindi … vabbè, lascio a voi il giudizio. Thanks!!!

 

 

 Improvvisamente mi svegliai. Non ricordavo cosa avessi sognato ma sentivo il sudore gelido sulla mia pelle. Senza aprire gli occhi, allungai la mano alla ricerca del corpo duro e freddo di Edward. Le mie dita si sporsero fino al bordo del letto. Quando mi accorsi che non c’era scivolai giù dal letto e osservai la stanza. Le candele si erano spente e tutto era avvolto dall’oscurità. Intravidi un completino ai piedi del letto. Mi spogliai e me lo infilai, dopo essere andata in bagno a darmi una sciacquata. Socchiusi piano la porta da cui filtrava un sottilissimo fascio di luce.
Quando fui nel corridoio, mi accorsi che la luce proveniva dal piano di sotto.
Scesi lentamente le scale che però scricchiolarono sotto i miei piedi nudi.
Quando arrivai ai piedi della scalinata, vidi Edward seduto al suo pianoforte. Dietro di lui Esme e Rosalie stavano discutendo mentre Alice e Jasper stavano seduti sul divano. Lui la cingeva con un braccio e lui appoggiava la sua testa sulla sua scapola.
Non li avevo  mai visti in quella situazione. Sapevo che Jasper l’adorava ma il loro era un rapporto estremamente riservato.
Pensavo che non mi avessero sentito, o forse me ne illudevo. Mi dispiaceva turbare quella pace.

< Bella, Amore, vieni. Cosa ci fai lì sulle scale? >
< Oh, scusa Edward. Non volevo disturbarvi. >
< Ma cosa dici? Vieni e sta tranquilla. >
Mi fece segno di sedermi sulle sue gambe e così feci. Mi teneva fra le braccia come fossi una bambina. Talvolta era lui stesso a dirmi: < Tu sei la mia bimba. >
Io di solito annuivo. Quando pensavo agli anni che ci separavano, mi sentivo male.
Quella volta rimasi alcuni minuti a farmi coccolare. Adoravo sentire le sue dita scorrere veloci e leggere tra i miei capelli.
Le sue labbra si appoggiarono sulla mia fronte.
< Bella, credo che tu abbia bisogno di dormire un altro po’. È molto tardi …  Anzi, è così presto. Sei così stanca. >

Quelle parole mi risvegliarono:
< O no Edward, che ore sono? Devo tornare a casa da Charlie. Mi starà aspettando! >
< Sht, non preoccuparti. Charlie l’ho chiamato prima. Sa che sei qui. Gli ho detto che ti eri addormentata. Mi ha avvertito di controllare che fossi ben coperta. >
Mi sorrise tentando di annientare ogni mio briciolo di ribellione. Io però non cedetti e gli dissi:
< Edward, voglio tornare a casa mia! >
Cominciò a cullarmi tra le sue braccia e mi sussurrò: < Fra quattro giorni soltanto, questa sarà anche casa tua. Non sei contenta? >  Annuii ma insistetti: < Sì che sono contenta, ma adesso voglio tornare da Charlie. Per favore, riportami a casa o ci vado da sola, rischiando di fare un incidente con la tua volvo adorata. > < Guarda che te la faccio ricomprare se me la sfasci! > mi rispose lui ridendo. Io gli baciai la guancia e sentii la sua mano scorrermi sui capelli e poi scendere sul mio collo.
< Dimmi una cosa, Amore. Hai intenzione di andarci così da tuo padre? Va bene che ci stiamo per sposare, ma credo che non gli si possa chiedere di sopportare anche questo. Non hai neanche idea di quanto si stia sforzando di non spararmi alle spalle … >
Lo guardai un po’ rincoglionita poi lui, con il sorriso più dolce del mondo, cominciò a giocherellare con il lembo della mia maglietta, sollevandola fino a lasciare scoperto l’ombelico.

In quel momento osservai ciò che avevo indossato:
Un paio di culotte nere e una camicetta semitrasparente nera anch’essa. Arrossii e poi lo guardai.
< Perché non ti piace forse? > Chiesi maliziosa.                                                       
< Altrochè! Mi piaci eccome … > Mentre mi sussurrava queste parole mi fece sedere a cavalcioni sulle sue gambe. La mia pancia poggiava sulla sua e io avevo posato la mia testa sulla sua spalla. Le mie gambe erano allacciate alle sue.
Rimanemmo in quella posizione per alcuni minuti.
Esme e Rosalie si erano spostate a parlare in cucina mentre Alice e Jasper se ne erano andati in giardino.
< Dico sul serio Edward. Vorrei tornare da mio padre. >
< Come desideri. > Mi prese in braccio e mi portò in camera. Mi infilai una tuta e delle scarpe mentre Edward mi aspettava paziente, osservandomi. Quando fui pronta esclamò:
< Guarda che è piuttosto tardi. Sarà meglio non svegliarlo. Sono circa le 4 … >
< Sì, credo anch’io. > < Bene, vuoi che rimanga? > < E me lo domandi? Certo che voglio che tu rimanga! > < Quando vuoi, ciò che vuoi. > Quella era in assoluto la mia frase preferita. No anzi, la mia frase preferita era “Ti amo”. Quella era la seconda.
Salutai Esme, che mi abbracciò, e Rosalie che, stranamente, mi rivolse un sorriso abbozzato e poi tornò a ravvivarsi i capelli specchiandosi nel vetro del forno a microonde. Era proprio Rosalie!
Edward mi aprì la porta d’ingresso sospirando esasperato. Inizialmente non capii poi vidi Alice e Jasper seduti sotto il porticato. Lui la teneva tra le braccia, le carezzava i capelli e le baciava labbra. Quello era un bacio adulto, tanto diverso da quelli che ci scambiavamo io ed Edward. Le loro lingue si incontravano e non avevano paura. Niente impediva loro di lasciare libero il loro amore. Mi si strinse lo stomaco. Alice tratteneva Jasper con le sue dita avvinghiate ai capelli di lui. Jasper, dal canto suo, la teneva stretta a se. Adesso le accarezzava le gambe perfette lasciate libere dalla gonna cortissima. Le loro labbra non si staccavano mai.
Io abbassai lo sguardo e mi fissai le scarpe. Edward, che mi teneva per mano, mi guidò fino alla macchina. Io mi accomodai sui sedili posteriori. Percepii lo sguardo di Edward fisso su di me. Era un po’ stupito. Lo vidi alzare impercettibilmente le spalle vidi anche le sue labbra dischiudersi. Disse qualcosa che però io non fui in grado di cogliere. Mi accoccolai lungo il sedile e chiusi gli occhi. Pochi istanti dopo, le mani veloci e delicate di Edward mi posarono la sua giacca sul corpo.
Il suo profumo mi invase e mi tranquillizzò.
Non mi accorsi neanche che l’auto si era fermata.
Non eravamo vicino a casa mia. Era passato troppo poco tempo. Anche se Edward avesse corso come un matto non avremmo potuto impiegarci così poco. Quando socchiusi gli occhi, capii che ci trovavamo al limitare della foresta.
L’abitacolo era illuminato da una fioca luce di cortesia.
Edward, che era ancora seduto al posto del guidatore, era girato completamente verso di me. Mi stava osservando e nel suo sguardo intravidi frustrazione e paura.
< Edward? Tutto bene? >
< … >
< Edward, per favore, dimmi. Cosa c’è che non va? >
< Amore, ritorna a dormire. >
< E come faccio se so che tu mi guardi così? >
Mi sfiorò con le sue dita gelide. < Bella, non so dove troverò la forza … >
Poggiai la mia mano sopra la sua e con l’altra gli accarezzare la fronte e i capelli.
Lui chiuse gli occhi e afferrò il mio polso. Respirò a fondo il mio odore e mi strinse con forza. Talmente forte da farmi male, per la prima volta.
Non feci niente finché non sentii male davvero. Cercai di divincolarmi dalla sua presa inutilmente.
Lui sembrava totalmente perso nei suoi pensieri. Non si era neanche accorto dei miei sforzi per liberarmi.

< Edward! LASCIAMI! > Gridai ad un certo punto. Lui parve risvegliarsi e mi osservò.
Delle piccole lacrime sgorgavano dagli angoli  dei miei occhi.
Quando si rese conto di starmi stringendo il braccio con forza, me lo lasciò andare.
Io me lo portai al petto e lo nascosi con l’altro. Lui mi guardava allibito.
Protrasse una mano verso di me ed io arretrai involontariamente. Sul volto di Edward comparvero e svanirono in un solo istante centinaia di emozioni. Dall’incredulità alla paura, dalla rabbia all’odio. La frustrazione, la paura, la rassegnazione.
< Scusa Bella, non volevo. Ero soprappensiero. Davvero … Fammi vedere. >
Mi sorrideva rassicurante. Io gli porsi il braccio, tremante.
Lui me lo prese con delicatezza e mi baciò il dorso della mano, poi, molto lentamente, mi sollevò la manica fino alla spalla.

Un grosso livido viola, calco perfetto della mano di Edward, si distingueva perfettamente sulla mia pelle pallidissima.
Inghiotti la saliva e rimasi in silenzio. Edward mi fissava il braccio, allibito.
Cercai di staccarmi dalla sua presa ma non ci riuscii.
< Edward, non è successo niente. Lasciami andare il braccio, per favore. >
Non appena pronunciai quelle parole, Lui mi lasciò andare la mano.
< Scusa, non volevo. Mi dispiace … >
< No, non preoccuparti. Non è successo niente. Sta tranquillo. Torniamo a casa? >
Cercavo di mantenere un tono di voce allegro, o per lo meno normale, e invece la mia voce tremava. Lui se ne accorse. Sembrava sconvolto.

< Bella, credo che stiamo commettendo uno sbaglio. >
< Come scusa? > < Bella, ho visto come guardavi Alice e Jasper. Ti ho letto negli occhi ciò che non posso leggere nella tua mente. Io non potrò mai darti ciò che desideri, non potrò farti felice finché sarai ancora così. Per farlo dovrei darti la … morte … > La sua voce s’incrinò.
< Edward, su quello mi pareva non ci fosse più niente da discutere. >
< Bella, ti prego. Ora devi ascoltarmi. Non sarebbe giusto. Ho cercato di convincermi in tutti questi giorni. Tu però meriti di più. Questa vita non fa per te. >
< Edward, sono stanca. Non ho voglia di certi scherzi a quest’ora. Ora portami a casa. >
< Sì, credo sia la scelta migliore. > < Edward, tu non puoi farmi questo. Non te lo permetterei. >
< Tu sei troppo piccola. Non capisci. > < Piccola! Come scusa? Forse sei tu che sei troppo vecchi … > Ecco, avevo sbagliato. Mi ero fatta trascinare. Era colpa della stanchezza. Della paura …

Lui mi osservò e sospirò:  < Vedi, lo dici anche tu … > < No Edward, no. Tu lo sai cosa intendevo. Non cercare di girare la storia  a tuo favore! Per favore! > Ero arrabbiata e terrorizzata. Non mi poteva lasciare. Non perché mi avrebbe lasciata praticamente sull’altare, a 4 giorni dal matrimonio, ma perché non poteva farmi questo. Cominciai a battere il pugno del braccio sano contro lo schienale del suo sedile. < Stai zitto. Stai zitto. Non voglio neanche stare a sentire tutte queste cavolate. Io ti amo, io ti voglio. Quante volte te lo devo dire? >
< Isabella! Potrei ucciderti anche solo provando a fare un quinto di quello che stavano facendo prima Alice e Jasper. Figurati a darti quello che vuoi? Tu non riesci a capire! Tu non puoi capire come mi senta! Potrei ucciderti anche solo dimenticando per un attimo di moderare la mia forza! > Urlava. Era arrabbiato e io ero terrorizzata. Non lo avevo mai visto in quello stato.
Avevo paura, ma non che mi ferisse o mi facesse del male. Ciò di cui avevo paura era qualcosa di ben perggiore: temevo che potesse lasciarmi di nuovo. Io ero rannicchiata in un angolo, in lacrime. Edward si voltò  e ricominciò a guidare. In poco più di tre minuti arrivammo a casa di Charlie.
 < Bella, ascoltami … > < No, non ti voglio ascoltare. Tu non sai, TU NON SAI! Non sai cosa è stato per me vivere senza di te. Tu non c’eri in quei mesi. Non hai neanche idea. Non potrei mai riaffrontare tutto di nuovo. Questa volta morirei! > Così dicendo aprii la portiera ed uscii nell’aria fredda della notte. Lui mi osservava da dentro  l’auto. Non riuscivo a decifrare la sua espressione. Forse era colpa dei goccioloni che mi inondavano il volto.
< Bella, ascolta … > < No! > Gli urlai dietro. < No che non ti ascolto. >
Mi sbattei la portiera alle spalle. Corsi verso casa piangendo. Con parecchi sforzi riuscii ad aprire la porta d’ingresso. Non mi ero accorta che la luce della camera di Charlie si fosse accesa.
Quando entrai in casa lo trovai ad attendermi, in pigiama e preoccupato, in cima alle scale. Io cercai di riacquistare un po’ di contegno. Fallii miseramente lui mi venne incontro mezzo addormentato e io mi tuffai nelle sue braccia. Sentimmo la volvo ripartire e allontanarsi. Cominciai a singhiozzare.
Charlie mi accarezzava la schiena. Improvvisamente si bloccò. Lo sentii irrigidirsi.

Di rimando mi irrigidii anch’io. Smisi di singhiozzare e alzai lo sguardo fino a incontrare i suoi occhi. Lui però non osservava i miei. Charlie teneva il suo sguardo fisso sul mio braccio, con la manica alzata.
Visto alla luce, il livido sembrava ancora più grande di quanto non mi fosse sembrato in macchina.
Si vedeva perfettamente che il segno era stato provocato da una mano.
< Bella, tesoro. > La sua voce era sconvolta e scandalizzata: < Bella, cos’è quel livido? ti ha picchiata? >
< No! > < Bella, dimmi la verità! > Mi afferrò per le spalle.  < No Papà, nessuno mi ha picchiata! Non preoccuparti. Sono solo caduta! > < Bella, sono un poliziotto. Sai quanta violenza vedo? Lo sai che la maggior parte avviene in famiglia? Non ti permetterò mai di sposare un uomo che ti maltratta. Un uomo che ti picchia. Io lo uccido! > < Papà, piantala. Non è successo niente! > < E allora perché stavate litigando in auto? E che motivo c’è di portarti a casa a quest’ora della notte? Perché avete litigato? Perché hai questo livido sul braccio?  >  Io non risposi. Corsi su per le scale e mi chiusi in camera mia. Mi accasciai contro la porta mentre  mio padre, da fuori, batteva i pugni e mi chiedeva di farlo entrare, minacciando di chiamare i Cullen. Non risposi e ricominciai a piangere. Sentivo che la ferita nel petto si sarebbe riaperta, solo che questa volta non sarei sopravvissuta.
Rimasi immobile finché mio padre non smise di battere i pugni sulla porta. Era sceso in soggiorno. Pregai che non telefonasse a Carlisle.

Ero molto stanca e molto agitata. Avevo paura. In quei giorni tra l’altro ero già irritabile di mio, avevo ancora le mestruazioni e quindi ero estremamente irritabile. Poi ci si era messa Alice e il suo irrefrenabile entusiasmo …  Insomma, cosa potevo fare?
Ritornando con la mente al passato, forse avrei compiuto scelte diverse però, si dice che si debba fare ciò che appare più opportuno nel momento in cui lo si vive. È inutile pensare a cosa sarebbe3 potuto accadere se si avessero preso strade diverse …
Alla fine crollai addormentata. Mi ero chiusa dentro a chiave.
Sognai Edward che si allontanava. Mi lasciava sola nella radura e raggiungeva gli altri suoi familiari che intravedevo negli alberi del bosco. Io non riuscivo ad alzarmi. Protendevo muta le braccia verso di lui che però non mi guardava neanche. Quando ormai era al limitare del bosco, sii voltò nella mia direzione. Distrutta dal suo sguardo, scoppiai a piangere. Mi svegliai e mi accorsi che stavo piangendo davvero. Affondai la testa nel cuscino. Cuscino? Sì, ero nel mio letto. Mi accorsi che era mattina. Era chiaro fuori. Mi asciugai le lacrime con la manica della felpa e mi rigirai nel letto. Pensai che fosse stato mio padre ad avermi messo a letto, poi ricordai che mi ero chiusa dentro a chiave e che lui non ne aveva una copia. Rimasi immobile in attesa di udire un qualsiasi suono che mi avvisasse della presenza di qualcun altro nella stanza.
Silenzio. Assordante e terrificante.
Alzai la testa e vidi che la finestra era chiusa. Sospirai.

< Tutto a posto? >
Balzai a sedere di colpo e caddi dal letto per lo spavento. Tre istanti dopo le braccia di Edward mi cinsero i fianchi e mi rimisero tra le coperte.

< Come ti senti? > Mi chiese con la sua voce vellutata. Io non risposi. Mi fissavo le mani.
< Ti fa male il braccio? >
< No, non preoccuparti. Tutto a posto. E tu? >  Domandai fissando decisa da un’altra parte. Ero amareggiata, adirata e disperata contemporaneamente. Troppe emozioni in una volta sola.
Lo intravidi sorridere malinconico.
< Ho parlato con Carlisle ed Alice. Dicono che mi faccio troppi problemi. >
< Ah davvero? > Risposi acida.
< Bella … > Mi voltai e vidi il suo volto a pochi centimetri dal mio. Il suo respiro gelato mi accarezzava i capelli. Mi fece sdraiare e poi mi si accovacciò accanto, poggiando la testa sul mio ventre. La sua mano scivolò fin sul mio cuore. Rimaneva in silenzio ad ascoltarlo battere disperato.

< Charlie ha chiamato questa mattina Carlisle. >
< Da quanto sei qui? > Chiesi all’improvviso.
< da ieri sera. Sono entrato appena ti sei addormentata. >
< Avresti potuto venire prima. Mi hai fatto sentire così sola! >
< Scusa, avevo bisogno di tempo di riflettere… >
< E quindi? >
< Beh, credo che non ci sia niente da aggiungere. > Così dicendo mi strinse a se e portò la mia testa sotto la sua. Le mie labbra erano a contatto con il suo collo. Lo baciai.

< Bella … >
< Sì? >
< Scusami. > < No. > Sentii il suo corpo irrigidirsi e la sua stretta farsi più forte. Poggiò il suo naso tra i miei capelli e sospirò.
< No, non ti perdono per avermi fatto spaventare. Non puoi comportarti in questo modo! Mi fai sempre preoccupare da morire! Non puoi dirmi certe
cose e poi andartene. >
Stavo piangendo.
< Perdonami. Perdonami davvero. Sai che non ti potrei mai lasciare. Ma, renditi conto. Se solo avessi potuto darti una vita normale! Se solo avessimo potuto essere felici come chiunque altro. >
< Tu però lo sai. Lo sai che a me basta stare con te per essere felice! Te e nient’altro. >
< Ti amo. > < Senti, che cosa ha detto Charlie a Carlisle? > < Ma, direi che gli ha chiesto cosa diavolo ti avessi fatto. Carlisle però è riuscito a calmarlo. Credo che si sia inventato uno stupido litigio prematrimonio. > < è forse stato qualcosa di diverso? > < No, credo sia stato uno stupido litigio dettato dall’ansia Per spiegargli il livido, Carlisle si è inventato una caduta. Ti avrebbe afferrato Emmett, che non controllerebbe bene la sua forza. Ha detto che sicuramente anche tu avevi tirato in ballo un volo giù dalle scale. >  < Carlisle è davvero in gamba. > < Sì. > < Gli devo un favore. > < Perché? > Mi chiese lui, continuando ad accarezzarmi.
< Perché ti ha fatto ragionare. > < Sì beh, non credo sarei riuscito a starti lontano per più di mezza giornata. Già quando vado a caccia non so come  faccio. Ho sempre il terrore che tu ti faccia male. Certo che se poi a farti male sono io … > < Edward, Piantala! Non dirlo neanche. Non mi sono fatta niente! > Per dimostrarglielo alzai il braccio e glie lo misi davanti agli occhi. Si vedeva il livido ma non mi faceva male.. ero abituata a cose ben peggiori, e glie lo ricordai.
Lui mi fissò per un istante interminabile e poi mi baciò il braccio in corrispondenza dei segni.
Il freddo gelido trasmesso dalle sue labbra mi fece sussultare. lui mi avvolse nella coperta e mi riempì il volto di carezze.
< Amore, credo che tu debba scendere fra poco. Charlie ora è abbastanza tranquillo. >
< Va bene. Ci vediamo tra poco? > < Certo. Arriverò tra un venti minuti. Credi che vada bene? >
< Sì, credo che fra venti minuti andrà benissimo. > Le nostre labbra si sfiorarono e poi lui uscì dalla finestra. Con un salto aggraziato sparì inghiottito dagli alberi. Sospirai e mi alzai. Notai sul comodino una busta. Era sigillata con la cera. Il mio nome era scritto in inchiostro rosso, la calligrafia era quella aggraziata ed elegante di edward. Era stato scritto con la stilografica. La carta era pesante ed molto bella. Color pesca.
Aveva il suo profumo. La aprii e tirai fuori la lettera. Le uniche parole che riempivano il foglio erano: “Perdonami.

Ti amo e per questo temo di commettere errori.
Temo che tu possa un giorno pentirti.
Temo di poterti perdere. Ti amo così tanto … Ogni istante lontano da te è un’agonia.
Fremo nell’attesa di rivederti. Non farmi attendere troppo.
Ancora e per sempre, ti amo.”

< Stupido > Sussurrai stringendo la lettera al mio petto. Sempre tenendola tra le mani, aprii la porta e scesi le scale. Intravidi mio padre in fondo alle scale. Sembrava contrariato. Dovetti raggiungere il salotto per capirne il motivo. Poi lo capii, lo capii eccome.

  
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