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Autore: SusanTheGentle    17/12/2013    8 recensioni
Questa storia fa parte della serie "CHRONICLES OF QUEEN"

Il loro sogno si è avverato.
Tornati a Narnia, Caspian e Susan si apprestano ad iniziare una nuova vita insieme: una famiglia, tanti amici, e due splendidi figli da amare e proteggere da ogni cosa.
Ma quando la felicità e la pace sembrano regnare sovrane, qualcosa accade...
"E' solo un attimo, al sorgere e al tramontar del sole, attimo in cui riescono a malapena a sfiorarsi....
Sempre insieme, eternamente divisi"

SEGUITO DI "Queen of my Heart", ispirato al libro de "La sedia d'agento" e al film "Ladyhawke".
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Caspian, Susan Pevensie
Note: Otherverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Chronicles of Queen'
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4. Tra due mondi


Gli eroi si alzano, gli eroi cadono
Risollevarsi, vincere tutto
Nel tuo cuore, non senti la gloria?

Attraverso la nostra gioia, attraverso il nostro dolore
Siamo ancora in grado di muovere mondi
Prendi la mia mano, danza con me



Jill sapeva che era da impiccioni sbirciare tra le cose altrui, ma davvero non poté farci nulla. Non riuscì a staccare gli occhi da quelle pagine per tutta l’ora, e non fu nemmeno difficile non farsi scoprire, dato che la professoressa era stata richiamata in presidenza a causa di Eustace.
“Leggete in silenzio la prossima lezione” aveva detto prima di uscire ( ovviamente, una volta chiusa la porta, gli studenti si erano messi a chiacchierare).
E così, Jill era potuta andare avanti a farsi i fatti propri.
La ragazza aveva letto diversi romanzi fantastici, ma nessuno di essi era mai riuscito a stuzzicare così tanto la sua fantasia. Quando divorava un libro (di qualsivoglia argomento), era solita immedesimarsi nei personaggi, e non le risultava difficile ricreare con gli occhi della mente ogni scena descritta, ogni luogo in cui i fatti si svolgevano.
Jill aveva molta fantasia, e ammirava gli scrittori che ne avevano ancora più di lei.
Ma con quel racconto non ebbe bisogno di ricorrere all’immaginazione. I personaggi si muovevano in un contesto che sembrava perfetto per loro, e perfette erano le frasi, le descrizioni degli ambienti. Non dovette faticare a vedersi davanti la grande magione del professore Digory Kirke, poiché ne fu immediatamente catapultata all’interno ai quattro ragazzi Pevensie. Vide davvero Peter e i suoi capelli biondi, Susan e i suoi occhi azzurri, udì la voce squillante della piccola Lucy, e quella lamentosa di Edmund. Quasi quasi, un brivido di freddo le percorse la schiena mentre leggeva di Lucy e Tumnus nella foresta innevata di Narnia; e un altro brivido, stavolta di paura, lo provò quando apparve la Strega Bianca.
Trattenne il fiato nel momento in cui tutti e quattro i fratelli entrarono nell’enorme armadio…
Purtroppo però, il racconto non proseguiva oltre.
“Oh…” esclamò delusa, quando voltò pagina e vide che il resto del quaderno era in bianco.
Il suono della campanella pose fine alla lezione e la riportò alla realtà.
Jill si alzò dal suo posto e seguì i compagni fuori dalla classe. La prossima ora era buca, (il professore di lingue era a casa con l’influenza), e potevano occuparla con l’attività che più preferivano.
Jill si rifugiò in biblioteca, dov’era certa che i bulli non avrebbero mai messo piede. Fortuna voleva che non fosse in classe con nessuno di loro, ma quelli potevano anche bighellonare per i corridoi anche se avevano lezione, e lei non era ansiosa d’incontrarli ancora. Per quel giorno le era bastata una volta.
Mentre scendeva le scale, vide Eustace risalirle. S’incrociarono a metà rampa, stringendosi vicino al muro per far passare il resto della calca di studenti.
“Com’è andata?” gli chiese subito lei.
Lui fece spallucce. “Come vuoi che sia andata? Carter e gli altri l’hanno passata liscia. Anthony Spivvin è in infermeria col naso rotto e io invece mi sono preso una nota di demerito sul registro”
Jill si sentì rincuorata. “Non è andata poi tanto male, allora”.
Eustace fece un smorfia. “Purtroppo non è tutto: sono in punizione. Mi metteranno a pulire i bagni dei maschi per una settimana, dopo le lezioni”.
“Ma perché? La colpa non è tua! Sono stati Carter e i suoi a provocare per primi!”
“Che ti aspetti dalla nostra scuola? E’ sempre così” tagliò corto il ragazzo, che non aveva più voglia di parlare di quella storia. “Tu stai bene, Pole? Niente di rotto?”
“Io? No, no, tutto a posto” rispose Jill, lisciandosi i capelli che Eleonor le aveva spettinato. “Bè…forse ho qualche ciocca in meno…”
Eustace suo malgrado sorrise.
“Ah, Scrubb, tieni: i tuoi libri” disse poi la ragazza, porgendogli la sua cartella.
“Grazie”
“Grazie a te. Non tutti avrebbero avuto il coraggio di affrontare entrambi gli Spivvin”
“Cosa da poco, per me” disse il ragazzo con baldanza, mentre la folla si diradava.
“Ma davvero? Cosa da poco…” Jill fece una risatina. “Accidenti Scrubb, sei davvero cambiato da quando sei tornato”
A quelle ultime parole, per poco Eustace non inciampò nei propri piedi, rischiando di ruzzolare giù dalle scale.
“Che hai detto, Pole?!”
Lei si fermò e lo guardò interrogativa.
“Da…da q-quando sono t-t-tornato…”
“Dalle vacanze”
“Dalle…Oh! Certo!”
La ragazza alzò un sopracciglio. “Che ti prende?”
“Nulla…”
Sì, era davvero cambiato, pensò Jill. Lo Eustace Scrubb di prima non avrebbe mai sopportato l’idea di dover pulire i bagni, stizzoso com’era!
Ma lei non poteva sapere che, per il nuovo Eustace, affrontare i bulli della scuola con conseguente punizione, era davvero un’inezia messa a confronto con tutto ciò che visto e affrontato nel mondo di Narnia: mercanti di schiavi, battaglie da veri pirati, un serpente marino…
E proprio perché non era a conoscenza di questi fatti, Jill iniziò a pensare che oltre che cambiato, fosse divenuto anche un poco strano...
Oh, bè, non che fosse mai stato tanto normale…
“Dove sei diretta, ora?” chiese Eustace, mentre attraversavano l’atrio.
“In biblioteca” rispose lei. “Pensavo di approfittare dell’ora buca per finire la relazione di letteratura”
“Allora vengo con te”
“Non serve che mi segui dappertutto, Scrubb. Non ho bisogno della guardia del corpo”
“In realtà pensavo giusto il contrario”
Lei lo guardò con tanto d’occhi. “Stai scherzando?”
“Mmm….no. Senti, sei piccola e gracilina, e sei nel mirino di quei bulli. Io sono il doppio di te, per cui potrei…”
Jill scosse il capo, incredula.
Era pazzo…
“Chi è venuto a casa tua durante le vacanze invernali? Uno scienziato pazzo che ti ha fatto il lavaggio del cervello?” poi abbassò la voce, mentre entravano in biblioteca. “Sai Scrubb, comincio a credere che quel che mi dicevi a proposito dei tuoi cugini sia vero: ti hanno fatto diventare matto”
“Come sai che i miei cugini…?!” esclamò il ragazzo.
Jill gli tappò la bocca con la mano, contemporaneamente posandosi l’altra mano sulle labbra, mentre un coro di sommessi “Sssshhhttt!!!” si diffondeva nell’aria tranquilla.
I due amici si sedettero in silenzio accanto a una finestra. Poco dopo, una ragazza si avvicinò loro.
“Pole, ho un messaggio per te” disse, allungando un bigliettino verso la compagna.
Jill lo prese e ringraziò. Quando l’altra si fu allontanata lo aprì.
“Hai un ammiratore segreto?” la prese in giro Eustace.
“No, non direi” rispose lei, guardandosi attorno freneticamente.
Eustace seguì il suo sguardo, notando dall’altra parte della stanza Eleonor e la sua amica Adele scambiarsi uno sguardo con Jill e poi lasciare la biblioteca.
“Che cosa c’è scritto?” chiese il ragazzo sporgendosi per leggere: “‘Ti aspettiamo fuori dalla scuola’ Acci…fanno sul serio, Pole”
“Ora comincio ad avere paura” Jill tremò, sprofondando nella sedia.
“Lo vedi? Hai bisogno di una guardia del corpo!” insisté Eustace.
“Non ci penso nemmeno!”
“Perché?”
Alcuni studenti si voltarono stizziti in loro direzione. Allora Jill si piegò verso Eustace e gli fece cenno di avvicinarsi di più.
“Senti, te l’ho già detto: il fatto che tu voglia difendermi è davvero un bel gesto, ma se inizierai a seguirmi come un cagnolino sembrerà che io abbia paura di loro”
“Ma tu hai paura di loro”
“Uffa…sì, è vero. Però, se pensano – se scoprono – che ho paura, si accaniranno ancor di più. Mio padre dice sempre che quando si ha a che fare con i prepotenti, è sempre meglio ignorarli. Se li ignoro, alla fine si stancheranno e mi lasceranno in pace”
Eustace non era per nulla convinto. “Non sono d’accordo. Perché vedi, anche se la tattica di tuo padre dovesse funzionare, prima di riuscire a metterla in pratica ti ritroverai spiaccicata sull’asfalto fuori dal portone principale, oggi alle tre”
“Grazie per l’incoraggiamento!” Jill si alzò e fece per andarsene.
Eustace la seguì. “Mi dispiacerebbe se diventassi una polpettina bionda, dico sul serio”
“Una che cosa?”
“Tu sei la mia unica a mica, Jill”
Mi ha chiamata Jill…
Brutto segno, pensò. Quando la chiamava per nome era perché stavano affrontando un argomento serio.
E la faccenda si fece veramente più seria di quanto aveva creduto.
All’uscita da scuola, fu solo perché Eustace era con lei che i gemelli Spivvin non saltarono fuori dal loro nascondiglio dietro la siepe che circondava l’edificio. Anthony Spivvin si tastò il naso, e con un’espressione tra l’irritato e lo spaventato fece segno a suo fratello di levare le tende.
Mentre prendeva l’autobus con Eustace, Jill Pole pensò e ripensò alla proposta dell’amico di farle da guardia del corpo. Sarebbe stato imbarazzante, ma in fin dei conti lui aveva ragione: lei era bassina, piuttosto gracile e soprattutto non conosceva una mossa di autodifesa. Scrubb, invece, sembrava cresciuto di cinque centimetri buoni nell’ultimo trimestre, ed era anche molto più atletico e meno impacciato. Lo aveva notato ad educazione fisica: Eustace era sempre stato una frana, ma nelle ultime settimane...
“E va bene” si arrese alla fine, scendendo alla sua fermata. “Ma non metterti in testa strane idee, chiaro?” gli disse mentre le porte si richiudevano.
“Quali idee?” fece Eustace.
Jill lo salutò con la mano, facendo un sorriso rassegnato.
Si votò e prese a camminare verso casa, e solo quando fu nella sua stanza si accorse di non aver ridato a Eustace il quaderno con il racconto fantastico.
Lo aveva infilato nel libro di geografia e lì era rimasto. Avrebbe voluto chiedergli un mucchio di cose, soprattutto se poteva tenerlo per rileggerlo e congratularsi con lui.
Ma i loro argomenti erano glissati su tutt’altro e le era passato completamente di mente.


Quando Eustace rientrò a casa, una brutta sorpresa lo aspettava.
Lo aveva immaginato: la scuola aveva già avvertito sua madre per telefono di tutto l’accaduto.
Alberta, che era assolutamente contro ogni tipo di violenza, perse le staffe con il figlio.
“Io lo sapevo! La colpa è tutta dei tuoi cugini! Non hai mai fatto a botte in vita tua, cosa ti prende ultimamente?”
“Stavano maltrattando una mia amica e io l’ho difesa! Non ho ucciso nessuno, ho soltanto...”
“Non alzare la voce con me, Eustace Clarence! Non ci provare! Personalmente, non potrò permetterti di andare avanti a comportarti come un selvaggio alla stregua di tuo cugino Edmund!”
“Edmund non è un selvaggio, mamma, è solo un po’ scemo”
Ma Alberta non ascoltò e continuò a fare la tragedia greca (così diceva sempre Ed, quando sua zia faceva la finta scandalizzata).
“Quando stasera lo dirò a tuo padre…!”
Ma Harold Scrubb non parve particolarmente dispiaciuto della condotta del figlio.
“Usare la violenza non va bene, ma nemmeno prenderle dai prepotenti. Non può venir su senza spina dorsale, Alberta cara. Se si è sentito minacciato, perché non avrebbe dovuto difendersi?”
Ascoltando la conversazione dei genitori dal ciglio delle scale, Eustace si chiese per un momento cosa avrebbe detto sua madre se avesse saputo che a Narnia aveva persino impugnato una spada…anzi, che era il proprietario di una spada!
Proprio così: perché la Spada di Octesian era la sua arma, e con quella, un giorno o l’altro, avrebbe combattuto ancora per difendere la pace a Narnia.
Nemmeno a lui erano mai piaciuti i conflitti (proprio pochi giorni prima aveva sentito alla radio delle terribili notizie di nuovi bombardamenti) ma essi esistevano, e questa era la cruda realtà. Sulla Terra come a Narnia.
Lì, sul suo pianeta, era un ragazzino di quasi quattordic’anni e poteva fare ben poco, ma in quell’altro mondo era considerato più che un ragazzo, era un Lord, un Amico di Narnia, un cavaliere!
Peter gliene aveva parlato: di certo, appena Aslan li avesse richiamati, anche Eustace sarebbe stato investito di quel titolo.
Pensando a Narnia, tornò nella sua camera e decise che i compiti di scuola potevano aspettare. Aveva voglia di scrivere.
Accidenti, Lucy aveva avuto proprio ragione: lasciavi il cuore laggiù…
Afferrò la borsa dei libri e l’aprì, cercando il quaderno dove aveva iniziato a scrivere in brutta copia la storia dei cugini.
A proposito: doveva andare a comprare un nuovo nastro per la macchina da scrivere. Aveva finito l’inchiostro…
“Ma dove l’ho messo?” disse ad alta voce, svuotando l’intero contenuto della borsa sulla scrivania, mentre un dubbio atroce iniziò a far capolino nella sua testa.
No, non era possibile…
Ci stava così attento, non poteva essere che…l’avesse perso!
Se sì, dove? A scuola? Per la strada? Sull’autobus?
Calma, calma, si disse. Se qualcuno dovesse leggere la storia, non potrebbe collegare i nomi dei miei cugini a quelli dei protagonisti.
Non aveva mai parlato volentieri dei Pevensie con nessuno, neppure con Jill, per il semplice fatto che solo qualche settimana prima detestava quei quattro con tutti il suo cuore. Per parlare di loro diceva sempre ‘i miei cugini’ e basta.
I Pevensie…
Accidenti, chi li sentiva Peter, Edmund e Lucy, adesso? Si erano tanto raccomandati di tenere la cosa nascosta, di stare attenti…
Perché aveva portato a scuola quel quaderno? Perché?!
Gli parve di sentire la voce di Edmund urlare: “Perché sei un’imbecille!”.
“Eustace?” lo chiamò sua madre dal piano inferiore. “Tuo cugino Edmund al telefono”
Oh-oh.
Telepatia?
Scese le scale ed entrò in salotto. Alberta gli passò la cornetta e poi tornò alle sue faccende. Eustace deglutì un paio di volte prima di rispondere.
“P-pronto?”
“Ciao, cugino, come ti va?”
“B-bene, perché?”
“Come perché?” rise Edmund. “Certe volte sei proprio strano…Comunque, ascolta: ti telefono soprattutto da parte di Lucy, che è qui vicino a me e mi sta dando il tormento da giorni. Vorrebbe sapere – bè, tutti e tre vorremmo sapere – quando ci mandi il seguito del libro”
Eustace iniziò a sudare freddo. “Ah…sì…ecco… ahm… devo ancora sistemare un po’ di cose…ho avuto tanti compiti”
“Sì, ti capisco” disse Edmund comprensivo. “Ad ogni modo, come procede la stesura? C’è qualcosa che ancora non ti è chiaro?
Eustace rimase in silenzio un momento.
Ancora?, pensò. Aveva forse chiesto qualcosa a Edmund che non si ricordava?
“Oh, sì” rispose, spostando il ricevitore da un orecchio all’altro. “Volevo chiederti una cosa di Aslan, ma…ma non fa niente. Un’altra volta”
“Eustace, è successo qualcosa?” chiese Edmund con un tono di voce sospettoso.
“N-no, no….niente…cioè, sì. Ecco…”
Accidenti, e adesso?
Doveva dirglielo. Aveva bisogno di aiuto. Non sapeva di che tipo, ma ne aveva bisogno, e non poteva chiederlo a nessuno oltre che ai cugini.
“Edmund, se ti dico un cosa non ti arrabbi?”
Silenzio.
“Perché mi devo arrabbiare?” chiese Ed, con voce più bassa del normale.
“Io…Ho perso il quaderno con gli appunti”
Altro silenzio.
“CHE COOOSAAA?!?!?!”
Eustace allontanò il ricevitore dall’orecchio.
“Che cosa succede?” udì Lucy e Peter chiedere al fratello.
Poco dopo presero a parlare tutti e quattro assieme, facendo una gran confusione.
“Quel testa di carciofo di nostro cugino ha perso gli appunti su Narnia!”
“Che cosa?!”
“E adesso?”
“Scusate, non so come sia successo!”
“Passamelo”
“Qualcuno potrebbe scoprire tutto!”
“Mi spiace…”
“Tieni”
“Veramente io…”
“Eustace, sono Peter”
Al suono della voce del cugino maggiore, al ragazzino tremarono le ginocchia.
“C-ciao”
“Ciao, un cavolo!”
“Zitto, Ed, per favore” continuò Peter, incredibilmente calmo. “Eustace, sei proprio sicuro di averli persi?”
“Sì…”
“Hai guardato bene in camera tua?”
“No, ma non è necessario. Me li porto sempre dietro, per cui…”
“Va bene. Dove pensi di averli persi?”
“Non so… a scuola, credo”
“Pensi di poterli ritrovare?”
“Io…non lo so. Spero di sì!”
Peter non parlò per qualche secondo che al cugino parvero ore. Se Eustace avesse potuto vedere la sua espressione, avrebbe scorto sul suo viso la preoccupazione più pura.
Se qualcuno avesse letto quel quaderno e avesse capito che tra quelle righe si celava un mondo realmente esistente…cosa avrebbero fatto?
Nella migliore delle ipotesi, quel qualcuno avrebbero pensato a un gioco tra ragazzi, un racconto quale poi appariva, un’innocuità. Oppure…oppure avrebbero capito la verità, con il rischio di far cadere Narnia nelle mani di individui come lo zio del professor Digory Kirke: Andrew Ketterly.
Tanti anni addietro, quando era ancora invita, Ketterly aveva studiato l’arte della magia e aveva scoperto Narnia grazie al nipote. Come tutti gli uomini malvagi, aveva pensato di trarne vantaggio, ricchezze e fama. Si era persino alleato con la Strega Bianca! Secondo Ketterly, la scoperta di quel mondo era un evento che non si poteva tenere segreto. Ma a che prezzo lo zio di Digory avrebbe voluto divulgarne l’esistenza? Al prezzo dell’umanità corrotta, che avrebbe distrutto Narnia come stava distruggendo la Terra.
Dovevano difenderla.
“Eustace, ascoltami attentamente”
“Peter, io…”
“Trova quegli appunti. Al più presto. Non so come, o quando, o dove, ma trovali!”
Eustace tremò un poco e rispose che sì, li avrebbe trovati.
Peter non gliel’aveva chiesto da cugino. Glielo aveva chiesto da Re.



~·~





Il Gran Consiglio di Narnia era composto da dieci membri: sette Lord, il capitano delle guardie di palazzo, il Governatore o Reggente, e infine lo stesso Re.
Talvolta, a quelle sedute partecipavano anche i consiglieri del Sovrano, ovvero il dottor Cornelius e ora anche Lord Rhoop, Mavramorn, Revilian e Agoz. Inoltre, adesso che c’era una Regina, anche lei vi avrebbe preso parte, se lo desiderava.
Susan lo desiderava eccome.
Ovviamente, Erton ebbe da ridire sulla presenza dei Lord di Telmar, ma subito Lord Rhoop gli ricordò che nemmeno Galvan e Ravenlock facevano parte del consiglio.
Caspian si chiedeva quando sarebbe avvenuto il primo scontro tra i due, e ciò avvenne molto prima delle sue previsioni.
Fu durante una seduta di particolare importanza, che riguardava una questione che premeva molto a tutti: le tasse.
L’anno precedente, il regno era stato colpito dalla siccità e i raccolti erano stati poco proficui. Perciò, il Re prese in considerazione l’idea di abbassarle almeno dell’ottanta per cento, se non condonarle direttamente.
“Non possiamo chiedere alla nostra gente di dare a noi quel poco che hanno guadagnato per loro. Dopotutto, non stiamo morendo di fame”
Ma il consiglio si fece sentire.
“Sire” intervenne Lord Erton, “ ho dato ordine ai mastri armaioli di Beruna di cominciare a breve la costruzione di nuove armi e corazze. Ci servono più fondi”
“Perché avete dato un ordine simile, milord?” chiese il Liberatore. “Non siamo in guerra, né ci apprestiamo a cominciarne una”
“Bisogna sempre stare all’erta, Maestà. Ricordate sempre gli abitanti del Deserto, e quello che hanno fatto a voi e ai vostri compagni durante il vostro viaggio”
A quel punto, intervenne di nuovo Lord Rhoop. “Le vostre parole sono veritiere, Duca. Ma dimenticate che i nostri Re e Regine hanno sconfitto Calormen e il principe Rabadash nell’Oceano Orientale”
“Certamente” disse Lord Erton, sfoderando il suo solito sorrisetto ipocrita, “ma non crederete che l’Imperatore Tisroc lasci impunita la faccenda”
“Mi sembra quasi che vogliate che ci sia la guerra” aggiunse Rhoop. “E forse pensate di guadagnare molti soldi con la costruzione di nuovi armamenti”
Lord Erton lo fulminò con lo sguardo. Possibile che avesse capito?
“Inoltre, se non erro” riprese l’altro, “fin dai tempi di Caspian IX, eravate in confidenza con l’Imperatore Tisroc. Siete tutt’oggi in contatto con lui, forse? Avete preso qualche accordo con i nostri nemici all’insaputa del Re? State complottando contro la corona?”
“Come osate!” tuonò Erton, schizzando in piedi.
Iniziarono a discutere animatamente, finché non alzarono troppo la voce e Caspian intervenne, ponendo fine al confronto.
“Ora basta, signori, vi prego”
Non voleva parteggiare per nessuno dei due, anche se non poté fare a meno di pensare che se mai fosse stato costretto a scegliere, Lord Rhoop avrebbe avuto la meglio sull’altro.
Ma non poteva. Doveva essere neutrale.
I due uomini si risedettero sotto gli sguardi sbalorditi di tutti.
Per un momento, Erton aveva temuto che Lord Rhoop potesse aver capito qualcosa di molto più importante del suo volersi intascare parte dei tributi del popolo. Credeva avesse scoperto il suo coinvolgimento nell’assassinio del padre del Re.
I Lord di Telmar avevano sempre sospettato di lui, ed Erton aveva immediatamente intuito che l’averli di nuovo a palazzo costituiva un pericolo per quel suo gigantesco ed inconfessabile segreto.
Ma anche se Rhoop e gli altri avessero ritirato fuori questa storia dopo tanti anni, cosa potevano fare? Cosa potevano ottenere?
Erton era stato solo l’istigatore dell’assassinio. Aveva agito restando seduto nel suo castello, a Beruna. In concreto non aveva fatto nulla. Non aveva versato lui il veleno nel calice di vino di Caspian XI, era stato Miraz. Lui aveva solo procurato il necessario tramite….ebbene sì, tramite le sue conoscenze a Calormen.
Tirò un sospiro e si calmò. Dopotutto, pensò, sotto il regno di Caspian X non aveva ancora fatto un passo falso, non c’erano scuse valide per rivangare una storia accaduta ormai dieci anni fa, e della quale nessun narniano o telmarino voleva sentir parlare.
Erano stati tempi veramente bui...
“Non stavamo facendo un altro discorso?” riprese Briscola. “Stavamo parlando di tasse, non di guerre, che per grazia di Aslan non sono all’orizzonte”
“Giusto, Governatore, giusto” disse uno dei lord. “Parliamo delle tasse. Calormen per adesso non c’interessa affatto”
Caspian rimise allora la decisione nelle mani di tutto il consiglio. (Cornelius, Rhoop e gli altri non votarono, erano ’solo’ consiglieri).
Ognuno disse la propria, chi pro e chi contro. Finirono in parità.
A quel punto, il Liberatore si alzò dal suo posto con un sorriso e si rivolse a tutta la sala. “Siamo in parità, a quanto pare. Cinque voti per la remissione delle tasse, cinque per l’aumento. Per decidere ci serve un ultimo voto”
Tutti parvero stupiti.
Il Re si volse alla sua destra e sorrise. “Susan, tu che ne pensi?”
La Regina Dolce, che era rimasta pazientemente in silenzio fino a quel momento anche se avrebbe voluto dire più volte la sua opinione, si alzò e si mise al fianco del marito.
Era la prima volta che parlava davanti al consiglio, ed era piuttosto nervosa.
“Miei signori, io mi rifaccio alle leggi della Grande Magia, le stesse che il Grande Imperatore d’Oltremare, padre di Aslan, incise all’inizio dei tempi sulla Collina Segreta”
“E cioè?” la sfidò Lord Erton.
“Cioè” gli rispose Caspian, “quelle che tutti voi qui presenti dite di conoscere alla perfezione, ma evidentemente non è così”. Il Re prese a camminare in cerchio attorno al tavolo. “Come ho già ripetuto molte volte – e mi auguro che questa sia l’ultima – è mio volere correggere le leggi che Telmar ha imposto su Narnia durante il suo dominio. Un tempo, qui non venivano richieste tasse fisse. Gli abitanti di Narnia pagavano i tributi volontariamente, riconoscendo la sovranità di Aslan e dei Re e delle Regine ch’egli incoronò con il susseguirsi dei secoli. Tutti davano secondo quello che potevano: chi aveva poco, dava poco; chi aveva la possibilità di dare di più, dava di più”.
Caspian si fermò, ritornando al suo posto accanto a Susan.
“Pertanto, signori miei, da oggi in avanti la nostra gente ci darà secondo il volere del proprio cuore, manifestando in questo modo la fedeltà e il loro affetto per noi”
“Non sono affatto d’accordo!” esplose Lord Galvan. “Vi aspettate davvero che quelle bestiacce puzzolenti vi paghino i tributi se non sono costrette a farlo?”
“Ritirate immediatamente quel che avete detto!” esclamò Susan indignata. “Come vi permettete di parlare in questo modo delle creature di Aslan!”
“Io non ho ancora sentito il parere della Regina, però” disse Lord Erton a voce ancora più alta. “Sire, le avete fatto una domanda ed ella ha raggirato il discorso”
Il Duca guardò la ragazza negli occhi, ma lei sostenne il suo sguardo.
“La mia parola e quella del Re sono una” disse Susan. “Sono per la totale remissione delle tasse e per la reintegrazione della legge della Grande Magia, che esonera qualunque abitante di Narnia dall’obbligo di pagamento non volontario. Come ha detto Caspian, i nostri sudditi contribuiranno al bene del regno se amano Narnia”
Ci fu un mormorio, di assenso e di dissenso. Ma la riunione si concluse lì.
“Non capisco” disse Susan alle sue ancelle, quando tornò nelle proprie stanze. “Nel mio mondo, le persone farebbero i salti di gioia se sapessero di poter pagare le tasse in questo modo, dando quel che possono e non costrette a versare cifre che non riescono a coprire col proprio guadagno”
“Maestà, io non so niente di queste cose” disse Tara, mentre l’aiutava a districare la complicata pettinatura, “ma vedrete che la decisione che avete preso insieme al Re si rivelerà la più saggia”
“Grazie, sei molto gentile”. Susan le sorrise e poi ebbe un improvviso sussulto.
“Vi sentite bene, Maestà?”
“Sì…” la Regina sorrise ancora, portandosi una mano al ventre. “Si muove…” mormorò.
“Ooohhh!!! Davvero?” esclamò Tara, emozionata. “Miriel, Clipse, venite! Il bambino si muove!”
Si strinsero tutte e te attorno a Susan, ma niente. Il piccolo si era calmato.
Bussarono alla porta e la guardia annunciò l’arrivo del Re.
Quando Caspian vide le damigelle tutte attorno alla Regina, si allarmò un poco. “Che cosa succede?”
“Vieni” gli disse subito Susan, alzandosi dalla specchiera e andandogli incontro. Le altre li lasciarono subito soli, spostandosi nella stanza adiacente.
La Dolce afferrò la mano del Liberatore e la posò sul suo grembo. “Ascolta”
Rimasero in silenzio alcuni istanti, in attesa.
Caspian spalancò un poco gli occhi scuri quando percepì sotto il palmo della propria mano il movimento del bambino. Il primo contatto, il primo segno della sua piccola vita.
Il Re e la Regina si guardarono negli occhi per un momento interminabile. Lei sorrise, mentre il giovane era senza parole.
“E’ una sensazione stranissima” commentò.
“Anche per me” ammise Susan. “Ma è bellissimo”
Lui la prese tra le braccia e la baciò. “E’ tutto meraviglioso. Nessuno al mondo è più felice di me in questo momento”
Susan gli rivolse un sorriso radioso, e quando lui s’inginocchiò davanti a lei e posò il viso sul suo ventre, gli accarezzò i capelli.
“Credi che possa sentirmi?” le chiese Caspian.
“Non lo so, ma spero tanto di sì”
Il Liberatore baciò il ventre di lei coperto dall’abito di seta, chiuse gli occhi e vi posò di nuovo una guancia. “Ciao, piccolo mio” mormorò. “Mamma e papà ti aspettano”
Il cuore di Susan esplose di gioia.


In seguito all’ultima seduta del Gran Consiglio, Lord Erton e sui scagnozzi furono costretti per forza di cose a tornarsene a Beruna per fermare la produzione delle armi. E finalmente, Susan poté tirare un sospiro di sollievo.
In realtà, tutta la corte stava meglio senza qui tre in giro per il castello.
“Sono come un trio di avvoltoi impagliati” disse la Dolce il giorno della loro partenza.
A quella frase, Caspian non poté trattenersi e scoppiò in una risata.
“Ti ha fatto così ridere?”
“Sì” ammise lui, cercando di calmarsi. “Mi sto immaginando Lord Erton e i suoi con teste di uomo su corpi di avvoltoi, magari appesi a qualche parete”
Anche Susan rise. Rise come non faceva da mesi. Spontanea, gioiosa, senza un pensiero. Ora che quell’orribile uomo se n’era andato, poteva godere appieno della sua nuova vita…almeno per un po’.
Tutti notavano il suo cambiamento. Susan appariva diversa agli occhi di chi, come Briscola o Cornelius, l’aveva conosciuta come la ragazza introversa quale era stata durante la Guerra della Liberazione. Traspariva felicità, si sentiva più forte, fisicamente ed emotivamente. Si sentiva libera e si muoveva respirando a fondo l’aria di Narnia, che rendeva il suo cuore forte e gioioso.
La nuova Narnia, (la Narnia di Caspian, così le piaceva chiamarla), le dava molto da fare. C’era tanto per lei da imparare, anche se si sarebbe detto il contrario, ma Susan era vissuta in un epoca lontana, e non conosceva le usanze del tempo in cui viveva ora.
Doveva ancora intestarsi i nomi di tutti i lord e delle dame. Inoltre, si occupava dell’arredo delle stanze del bambino e di tutto il suo corredo. Aiutava il marito a decifrare gli antichi manoscritti del dottor Cornelius sulla Grande Magia poiché, talvolta, le conoscenze di Caspian si fermavano a ciò che aveva appreso dai suoi studi, mentre lei aveva assistito personalmente all’ordinanza e all’applicazione di alcune delle leggi riportate.
Il Liberatore l’ascoltava attento e la coinvolgeva praticamente in ogni cosa, senza farla mai stancare troppo, divenendo però meno apprensivo nei suoi confronti rispetto a qualche tempo prima.
Non litigavano quasi mai. Sembravano riuscire a decidere tutto con tale spontaneità e armonia da far quasi ammalare Lord Erton di nervi.
Caspian e Susan non sapevano che il Duca seguiva ogni loro mossa grazie a degli informatori ingaggiati tra le servitù di palazzo. Voleva essere sempre informato di tutto quello che i due Sovrani facevano, di qualsiasi cambiamento o novità, importante o meno.
Purtroppo per lui, le cose andavano fin troppo bene.
Le lettere che gli vennero recapitate nei mesi successivi, parlavano sempre di quanto Caspian il Liberatore e Susan la Dolce stessero dirigendo il regno di Narnia verso quella che il popolo già chiamava la nuova Epoca d’Oro. E gran parte del merito, oltre che al Re, andava alla Regina.
Il Re era amato dai suoi sudditi perché aveva riportato il regno all’antico splendore di un tempo. Grazie a lui, le creature magiche erano tornate libere. Caspian aveva ricostruito Cair Paravel, ripristinato le leggi della Grande Magia e sposato Susan, la Dolce Regina di Narnia.
Il popolo l’amava non solo perché era una degli Antichi Sovrani, ma perché era buona e sensibile.
La metà perfetta di Caspian.
Fu Susan a ideare la costruzione del primo vero ospedale. Fu Susan a insistere perché venissero fabbricati dei Mappamondi, e che gli studiosi più dotti spiegassero che il mondo è rotondo, e non quadrato. E fu sempre Susan a versare tante lacrime per l’orco Testapiatta, il quale derubò le fattorie attorno a Cair Paravel del già misero raccolto dell’anno precedente. Susan pregò le guardie che lo risparmiassero poiché, a conti fatti, l’orco era solo un gran ghiottone e non aveva mai avuto intenzione di fare male a nessuno. E l’orco Testapiatta – grosso e molto brutto, ma di cuore tenero – era rimasto così colpito da quella cara fanciulla, la prima in assoluto che aveva versato lacrime per lui, da restituire l’intero bottino.
Così, i soldati l’avevano lasciato andare.
Pochi giorni dopo, però, davanti al portone del castello e alle porte di tutte le case e fattorie della città, i narniani trovarono grossi sacchi colmi di ogni ben di Dio. Evidentemente, nella sua caverna, l’orco nascondeva un gustoso tesoro.
Dopo quelle notizie, i timori di Lord Erton divennero concreti: la Regina era riuscita ad arrivare vicina all’orecchio del Re più di quanto ci fosse mai riuscito lui. E chissà cosa mormorava alle sue spalle!
Una donna! Puah! Le donne secondo lui erano buone soltanto a intrecciarsi i capelli, truccarsi, e sfoggiare abiti e gioielli costosi.
Povero Duca, quanto si sbagliava…
Ma se Lord Erton si rodeva il fegato al pensiero che ormai il regno non era più in mano sua, Susan e Caspian gioivano del periodo più felice della loro vita.
Era stato quello il momento in cui la Regina Dolce aveva ricominciato a credere alle favole. Il momento in cui, quando guardava il suo riflesso nel grande specchio della sua stanza cambiare giorno dopo giorno, scopriva che tutte le sue paure ed insicurezze erano sparite, rimaste laggiù, sul fondo dell’Oceano Orientale.
Era stato il momento in cui la neve aveva cominciato a sciogliersi e gli animali più pigri avevano messo fuori le teste dalle loro tane. Il momento in cui aveva guardato in alto ed era stata accecata dalla luce del sole tiepido. Solo per un istante. Istante in cui tutto ciò che aveva sempre sognato di avere nella vita, che non aveva mai avuto, che le era stato sottratto – la felicità, la libertà, l’amore – era giunto a lei tutto in una volta solo grazie a lui.
Era stato il giorno in cui la sua fiaba, il suo sogno, aveva superato ogni possibile aspettativa: quando Caspian si presentò a lei e si inginocchiò, chiedendole ancora una volta di sposarlo, mettendole al dito un anello d’argento con uno zaffiro al centro.
“Perché il blu è il tuo colore. Il blu mi ricorda te” disse il Re, rialzandosi e asciugando le lacrime di gioia dal viso di lei. “Blu come le tue rose, come il tuo fiore, come i tuoi occhi”
“Non…” cercò di dire Susan, il cuore in gola. “Non sono blu… i miei occhi”
Caspian alzò gli occhi al cielo con fare scherzoso. “Perché devi sempre essere così pignola?”
Susan rise tra le lacrime, e un attimo dopo si lasciò stringere tra le braccia di lui e gli offrì le labbra, senza riserve.
“Non ho ancora pensato ad una data precisa” disse il giovane. “Ma un anello di fidanzamento ci voleva, non credi?”
“Va bene, va benissimo. Non importa” rispose lei, senza poter smettere di guardarlo. “Ti amo, Caspian”
Il sorriso di lui era uguale al fulgido splendore del sole. “Dillo ancora”
“Ti amo, ti amo, ti amo!” esclamò la fanciulla, abbracciandolo e baciandolo ancora e ancora.
“Dì la verità” disse il Re facendo un sorrisetto, “sei felice solo perché ti ho regalato un anello”
La Dolce si separò da lui e lo guardò sdegnata. “Ma Caspian! Come puoi pensare una cosa simile?!”
Caspian rise e le accarezzò i lunghi capelli castani. “Sto scherzando, Sue”
“Oh…uff…” lei fece un piccolo broncio. “Sei cattivo. Mi prendi sempre in giro”
“Ti sei offesa?”
“Mmm….no. E’ che non riesco mai a capire quando fai sul serio oppure no”
“Ma come? Non mi conosci ancora? Lo sai che adoro stuzzicarti, pesciolino”
Susan fece una linguaccia scherzosa e lui rise ancora.
Non aveva mai smesso di chiamarla pesciolino, e non avrebbe smesso mai, nemmeno negli anni a venire.
Ah! Quello fu anche il periodo nel quale, dopo aver scoperto tutte queste cose ed essendo allergico alla felicità altrui, a Lord Erton rischiò di venire un’accidenti.
Ma questo è un aneddoto insignificante e di certo non interessa a nessuno…



Alla fine di marzo, quando le giornate si erano ormai fatte più lunghe e sempre meno fredde, Caspian e Susan scendevano volentieri in città, passeggiando per le campagne o per le vie del mercato. Quando questo succedeva, una discreta folla li seguiva dappertutto ma senza infastidirli.
I bambini giocavano ad essere tutti piccoli Re e Regine. Le ragazze sognavano nel riflesso del loro amore. Sospiravano al passaggio del Re, così bello e vigoroso, e desideravano essere come la Regina, per poter apparire cortesi e aggraziate come lei agli occhi dei loro innamorati. A loro volta, i ragazzi ammiravano il Sovrano per la sua gentilezza e il coraggio, prendendolo ad esempio per far breccia nei cuori delle fanciulle a loro care.
Caspian adorava sempre la sua Susan. La rotondità ormai evidente del suo ventre non sminuiva l’armonia di quel corpo, semmai l’accresceva. E questo dipendeva soprattutto dal fatto che i suoi occhi splendevano più dell’aurora ogniqualvolta parlava del suo bambino.
Caspian aveva veduto molte donne in dolce attesa (ad esempio sua zia), ma molte di loro tendevano a nascondere la propria gravidanza quasi se ne vergognassero, coprendosi con ampi mantelli e scialli.
Susan no.
“Un figlio è il dono più grande che il cielo possa fare ad una donna” diceva con orgoglio.
Le donne l’ammiravano per questo, e gli uomini dicevano a lui che era fortunato ad averla al suo fianco.
Ma Caspian già lo sapeva, non c’era bisogno che glielo ripetessero.
“L’amo ogni giorno di più, caro dottore” confidò il Re al suo precettore. “E’ incredibile, eppure possibile.”
“Erano anni che non vi vedevo così sereno, mio Re” confessò Cornelius. “Da quando…”
Caspian sorrise amaramente. “Da quando i miei genitori sono morti”
“Perdonatemi, Maestà”
“Nulla, caro dottore. Sapete, una volta la Regina mi disse che, forse, sia io che lei abbiamo dovuto rinunciare alle nostre famiglie per costruirne una nostra. Credo che sotto un certo aspetto sia vero. Nonostante tutto, sono felice”
In quei giorni, ricorreva l’anniversario della morte dei genitori del Liberatore. Susan aveva notato l’incupirsi del suo viso, il sorriso attenuarsi, ma non aveva saputo spiegarsi il motivo di quell’improvvisa tristezza.
La mattina della ricorrenza del tragico fatto, ignara di tutto, la Dolce entrò nel salotto privato delle stanze reali per fare colazione con suo marito, portando con sé un mazzo di viole, crocus, e anemoni.
“Guarda che meraviglia!”. La fanciulla si avvicinò al tavolo e vi poggiò sopra il mazzolino di fiori, togliendo dal vaso quelli ormai appassiti. “Pensavo potessero abbellire la tavola. Ti piacciono?”
Non sentendolo rispondere subito, si volse verso di lui e una certa ansia iniziò a salirle in petto.
“Caspian?”
Il Re le dava le spalle, affacciato alla finestra. “Sì…scusami…” mormorò, passandosi velocemente una mano sul volto.
A Susan quel gesto non sfuggì. Osservò per un momento il profilo della schiena di lui, poi gli si avvicinò, piano.
“Caspian…” lo chiamò ancora, cercando di guardarlo in viso.
Ma il giovane si volse dalla parte opposta. Allora, lei gli sfiorò una guancia con una mano, dolcemente, facendolo voltare verso di sé.
“Amore, cosa c’è?!” esclamò allarmata, vedendo il suo bel viso contratto dal dolore. Un dolore così profondo che anch’ella si sentì serrare il cuore in una morsa. “Che succede?!”
“Perdonami se non ti ho messa al corrente prima” iniziò lui senza guardarla, deglutendo. “Oggi è…oggi è il decimo anniversario della morte dei miei genitori”.
Gli occhi di Susan si riempirono di pianto. Non disse nulla, non trovava parole abbastanza adatte. Forse non esistevano parole adatte.
“Sue, io…” mormorò il ragazzo, serrando poi le labbra e cercando di trattenere tutta la sofferenza dentro di sé.
“Sfogati” disse lei, semplicemente.
E allora, Caspian la prese tra le braccia e pianse. Pianse come lei non si sarebbe mai aspettata. Immediatamente, lo strinse forte a sua volta, più che poté, accarezzandogli i capelli. Sedette insieme a lui sul divanetto sotto la finestra, senza lasciarlo mai.
Pensò che anche lei aveva perso i suoi genitori, ma non era la stesa cosa: mamma e papà erano vivi, e se Aslan l’avesse voluto, un giorno si sarebbero potuti ritrovare. Invece Caspian…
“Mi dispiace” mormorò appena al suo orecchio. Le sembrava così poco… ma non sapeva assolutamente cosa fare.
“Perché non riesco ad accettarlo? Perché il ricordo è ancora così vivo?!”esclamò il giovane, la voce roca.
“Ssshhh…” fece lei, continuando ad accarezzarlo, a sussurrargli, posandogli piccoli baci sulle guance, sulla fronte, sugli occhi. “Sta tranquillo. Sono qui con te”
Per una volta fu lui ad aggrapparsi a lei, a chiedere il suo sostegno senza riserve, senza vergognarsene, anche se era un uomo e un Re.
Quando si calmò, abbassò il capo e strinse le mani di Susan nelle sue.
“Grazie” sussurrò appena.
Lei liberò una mano dalle sue, gli accarezzo il viso, e ancora i capelli. Continuò a guardarlo, finché anche Caspian non alzò lo sguardo e i loro occhi s’incontrarono.
Deboli lacrime silenziose iniziarono a solcare le guance della Regina Dolce. Il Liberatore se ne accorse.
“Non volevo rattristarti”
Susan si protese verso di lui e lo baciò piano sulle labbra. Lui la strinse un poco di più e appoggiò la fronte a quella di lei, chiudendo gli occhi.
La fanciulla gli prese il volto tra le mani e lo accarezzò ancora. “Perché non me lo hai detto?”
“Volevo vivere il mio dolore in solitudine, come sempre” confessò il Re. “Non sono abituato a condividere le mie sofferenze. E tu sei così felice che io non ho voluto…” s’interruppe un momento, fece un sospiro e chiuse ancora gli occhi, assaporando la sensazione delle carezze di lei.
Non aveva mai parlato a nessuno di come si sentiva in quei momenti, ma a Susan era pronto ad aprire totalmente il suo cuore.
“Anno dopo anno, non c’era nessuno a dividere questi istanti insieme a me, eccetto il dottor Cornelius. Ma io mi nascondevo anche da lui. Non volevo mi vedesse piangere. Non volevo mostrarmi debole”
“Tu non sei debole. Erano i tuoi genitori! Non pensare mai di essere debole.”
Caspian sorrise lievemente e Susan percepì alleviarsi la morsa che le aveva stretto il cuore alla vista delle lacrime di lui.
“Non lo penso” disse il giovane. “Ho paura che gli altri lo pensino. Non è da Re”
“Ma è da essere umano” ribatté lei. “Se non piangessi, significherebbe che non hai emozioni. Tutti piangono, perché tutti hanno emozioni, e tutti soffrono nella vita prima o poi”
“Ora sai davvero tutto di me. Non ho più segreti” disse lui, facendole a sua volta una carezza tra i capelli, sfiorando i petali blu del suo fiore.
“Ne sono felice” sorrise la fanciulla, poi tornò molto seria. “Caspian, vorresti portarmi da loro, un giorno?”
Lui la fissò per alcuni secondi.
“So che i tuoi genitori sono sepolti a Telmar, e io vorrei…vorrei fargli visita”
Lui le prese le mani e ne baciò il dorso più volte. “Ti prometto che appena sarà possibile ti ci porterò. Grazie, Susan. Grazie, amore mio”
“Caspian” fece lei, piano, guardandolo negli occhi. Gli strinse le mani. “Prega con me. Preghiamo per loro…”
Restarono seduti a lungo accanto alla finestra, Susan lo lasciò sfogare, parlando a lungo con lui. Così a lungo da non rendersi conto di aver perso le prime udienze del mattino.
“Il Re è indisposto”, fu la giustificazione della Regina per i nobili.
Avrebbe voluto sostituirlo, ma Caspian non glielo permise.
“So che ne saresti in grado, amore mio, ma vorrei che…Susan, rimani qui con me”
“Certo che rimango”. Lei non lo aveva mai visto così triste e ne fu molto turbata. Gli prese il viso tra le mani e gli baciò teneramente le guance. “Se hai bisogno di qualcosa, qualsiasi cosa, lo sai che io sono qui per te”
Anche i lord e le dame si preoccuparono, ma compresero: tutti sapevano quale mesto giorno era quello per il Liberatore.
Fu una giornata lunga e tetra.
Scoppiò il primo temporale di primavera e durante l’acquazzone, Caspian era fuori a cavallo. Non aveva messo al corrente nessuno di questa sua decisione, venuta d’impulso, come sempre nei momenti più difficili. Correre sulla groppa di Destriero e vedere il mondo svanire attorno a sé, come ogni preoccupazione, lo aiutava a non pensare. Certe volte funzionava, altre no.
Susan, preoccupata come mai in vita sua, avrebbe voluto correre a cercarlo. Ma si rendeva conto di non poterlo fare, non al sesto mese di gravidanza. Non poteva uscire a cavallo sotto la pioggia.
“Andrò io” disse Emeth.
“Vi accompagnerò” disse Tempestoso.
A loro si unirono i tre figli del Centauro e altri volontari. Ma non fecero tempo a sellare i cavalli che Caspian era di ritorno.
Il Liberatore rientrò con Destriero che era già buio. Era fradicio, ma Susan gli corse incontro e non si preoccupò di sgualcire i begli abiti che indossava mentre lo abbracciava. Voleva solo stringerlo a sé.
“Non farlo mai più!” gridò, veramente arrabbiata. “Non puoi uscire quando ti pare! Devi dirmi dove vai, hai capito?! Se ti fosse successo qualcosa, se fossi rimasto ferito o…”. Represse un singhiozzo e lo lasciò andare.
“Scusami” fu l’unica parola di lui, mentre la guardava con occhi mortificati da dietro la frangia scomposta.
“Fila a farti un bagno o ti prenderai un malanno” gli disse ancora la Dolce, cercando di essere severa ma senza riuscirci molto bene.
“Cos’ha il Re?” chiese poco dopo la piccola Clipse.
“Ha che è stupido” commentò Emeth, mentre rientravano tra le calde mura del castello e attraversavano i corridoi, ognuno diretto ai propri alloggi.
“Non puoi parlare così del Re!” esclamò Tara sconcertata.
“Pensavo la stessa cosa qualche mese fa, ma non è solo il mio Re, è anche mio amico e a volte le critiche costruttive sono utili”
“Quindi gli dirai che è uno stupido se sta soffrendo per la perdita dei suoi genitori?” intervenne Miriel, con voce asciutta.
Emeth non rispose.
“E’ un giorno particolare per lui” continuò la Driade. “Non dovremmo giudicare le sue azioni, anche se sconsiderate. Non sappiamo cosa può provare”
“Forse no” disse il soldato, “ma Susan ha ragione: non può fare di testa sua solo perché è un giorno particolare. Poteva sul serio accadergli qualcosa di grave nella foresta”
“Ma le foreste di Narnia sono sicure” ribatté Tara.
“Non sto parlando degli abitanti delle foreste, degli animali o degli alberi. So bene che non farebbero mai del male a Caspian, ma…se il Re dovesse incontrare qualcun altro in quei boschi…”
“Che cosa vuoi dire?” chiese la Driade con espressione cupa.
“Forse, quel che ha detto Lord Erton a proposito di Calormen, potrebbe…” fece Emeth, un poco titubante. “Non pensate che potrebbe essere vero?”
Le altre lo osservarono attentatamene per qualche secondo, fermandosi alla curva del corridoio che divideva l’ala ovest dall’ala est.
“Stai dicendo che Calormen potrebbe attaccare Narnia?” chiese Miriel, cercando di misurare le parole. Stava per affrontare un tema che toccava l’amico da vicino.
Tara e Clipse li osservarono molto incuriosite. Conoscevano la storia del principe Rabadash, dell’Occhio di Falco, eccetera eccetera, ma erano desiderose di sapere di più su Emeth e la sua personale vicenda.
“Miriel” riprese il ragazzo, “temo che prima o poi Tisroc verrà a riscuotere la sua rivincita. Se dovesse accadere e Caspian agisse di testa propria, per difendere Narnia, Susan o uno di noi, io non so cosa potrebbe succedere”
La fanciulla tremò appena, posandosi una mano sul cuore. “Non può succedere. Lord Erton l’ha detto solo per mettere in difficoltà il Re. Nient’altro, Emeth”
Lui la fissò dritto negli occhi con espressione molto seria. “Ne sei davvero convinta? Io non ho mai frequentato molto il palazzo di Calormen, per cui non so che cosa accadeva al suo interno o le persone che lo frequentavano, ma se quella del Duca non fosse un’insinuazione? Se anche Lord Rhoop avesse ragione? Se Lord Erton conoscesse davvero l’Imperatore Tisroc?”





Salve a tutti cari lettori!
Perdonate di nuovo il ritardo di questo capitolo…so che aspettate gli aggiornamenti nel fine settimana, ma credo di dovervi dire che da ora in avanti, l’appuntamento con Night&Day si sposterà tra lunedì e martedì, causa impegni autrice durante il weekend.
Comunque sia, voi controllate la mia pagina facebook Chronicles of Queen
, ok?

Allora allora….vi è piaciuto questo quarto capitolo? Quotidianità e problemi differenti in entrambi i mondi tra i quali si svolge la nostra storia. Spero di non aver corso troppo con lo svolgersi degli avvenimenti a Narnia, ma il tempo deve scorrere abbastanza in fretta per riuscire ad arrivare al punto in cui la trama entrerà nel vivo!

MI SERVE IL VOSTRO AIUTO: cercate la foto di un anello che rispecchi la descrizione fatta nel capitolo: argento e zaffiri. Quello che mi piacerà di più sarà l’anello di fidanzamento ufficiale della nostra Susan!!! Fate con calma, non è una gara! ;)

Ringraziamenti:

Per le preferite:
aleboh, Angel2000, EstherS, Expecto_Patronum, Fly_My world, Francy 98, HikariMoon, Jordan Jordan, Joy_10, katydragons, lullabi2000, Mia Morgenstern, Muffin alla Carota, Mutny_Hina, piumetta, Queen Susan 21, Shadowfax, TheWomanInRed e Zouzoufan7

Per le ricordate: Cecimolli

Per le seguite: Babylady, Cecimolli, ChibiRoby, cleme_b, FioreDiMeruna, Fly_My world, GossipGirl88, JLullaby, Jordan Jordan, Joy_10, Judee, Mia Morgenstern, Min_Jee Sun, niky25, Omega _ex Bolla_ , piumetta, Queen Susan 21, Revan93 e Shadowfax

Per le recensioni dello scorso capitolo: aleboh, cleme_b, FioreDiMeruna, HikariMoon, Joy_10, piumetta, Queen Susan 21, e Shadowfax

Angolino delle anticipazioni:
Pianeta Terra: vedremo come si risolverà la faccenda degli appunti perduti. Jill scoprirà il segreto di Eustace?
Narnia: abbiamo lasciato Emeth e Miriel preoccupati per una possibile alleanza tra Erton e Tisroc: scopriremo cosa c’è sotto davvero.
E i nostri Suspian? Per loro si avvicina un avvenimento importantissimo!!!


Perfect! Per questa settimana è tutto, cari amici! Aspetto i vostri commenti.
Un bacio e grazie a tutti!!!
Vostra Susan♥
   
 
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