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Autore: _Princess_    15/05/2008    24 recensioni
“Per favore, mi scusi…” Una delle guardie si voltò e le rivolse uno sguardo interrogativo. “Ha visto una bambina?” gli chiese Nicole, sull’orlo delle lacrime. “È piccola, alta così,” e misurò circa un metro da terra con la mano. “Bionda…”
La guardia cambiò rapidamente espressione: sembrava quasi divertito. Nicole non condivideva il sentimento.
“Ha un vestitino rosso, per caso?” indagò l'uomo.
“Sì!” Nicole trasse un sospiro di sollievo, cominciando a riacquisire il controllo delle proprie emozioni. “L’ha vista?”
La guardia lanciò una rapida occhiata alla propria sinistra e le rivolse uno sguardo penetrante.
“Signorina, credo che l’intera arena l’abbia vista.” Disse, e si voltò ad additare il palco. E là, proprio al centro dello stage, tranquilla come se nulla fosse – come se non ci fosse stata tutta quella gente a guardarla a bocca aperta – c’era Emily, con il suo ragno di peluche in mano, e stava andando dritta dritta verso Bill.
Oh, merda.
Genere: Generale, Romantico, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Bill Kaulitz, Georg Listing, Gustav Schäfer, Nuovo personaggio, Tom Kaulitz
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The Heart Of Everything' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
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Da che mondo e mondo, le riunioni erano formalità a cui nessun membro dei Tokio Hotel partecipava con piacere, soprattutto perché, su un piano pratico, il loro ruolo in genere si limitava ad assumere pose scomposte ed annoiate e fare finta di annuire di tanto in tanto, come se fossero stati d’accordo con qualunque cosa si dicesse.

Il fatto era che ritrovarsi chiuso in una stanza afosa dopo un mese di vacanze forzate – benché gradite – era per Bill una presa in giro: aveva aspettato a lungo prima di poter tornare allo studio di registrazione, accumulando una lunga serie di date cancellate e migliaia di fans delusi, ed ora che finalmente ci rimetteva piede, lo costringevano a sopportare quella sottospecie di miniconferenza sul recupero del tempo perduto.

Lui, Tom, Gustav e Georg sedevano pazientemente ad un lato del tavolo di lucido legno, una sfilza di finestre alte e strette alla spalle, assieme all’onnipresente Saki, Dunja e Benjamin (quest'ultimo appena reduce da un importante viaggio negli States proprio per loro), che sedevano al lato opposto, mentre David camminava avanti e indietro per la stanza, a capotavola, illustrando la scaletta di impegni che li aspettavano nei mesi a venire. Bill dubitava che con sole ventiquattro ore giornaliere sarebbero riusciti a stare dietro a quel fitto programma. Avevano molto da recuperare, era vero, ma i miracoli non li sapeva fare nemmeno lui.

“Inoltre,” stava dicendo David, riprendendo fiato dopo una lunghissima tiritera sugli Stati Uniti. “C’è un dettaglio di cui ancora non vi abbiamo parlato, che accompagnerà il vostro atteso ritorno sulla scena.”

Erano parole piuttosto sibilline per Bill, ma nemmeno gli altri parevano aver capito cosa intendesse. Chi invece sembrava sapere esattamente di cosa si stesse parlando erano Benjamin e Dunja, che annuivano con veemenza.

Faceva caldo, e nessuno aveva veramente voglia di starsene chiuso là dentro a parlare di lavoro, ma avevano firmato un contratto, si erano presi l’impegno di darsi da fare per mantenere il loro successo, e ora dovevano rimboccarsi le maniche e mettere tutte le pezze possibili a ciò che restava dell’ancora incompiuto 1000 Hotels Tour.

“In poche parole, ragazzi,” proseguì David. “Quelli della Universal vogliono un pezzo nuovo, da lanciare alla data conclusiva del tour, e vogliono avere in mano il demo per giugno.”

La notizia non ebbe effetto immediato. Erano tutti vagamente intontiti dalla noia e dalla temperatura fiaccante, ma alla fine, uno dopo l’altro, cominciarono tutti ad assumere espressioni sconvolte.

“Cosa?” esclamarono in un coro a quattro, esterrefatti. Bill non poteva credere alle proprie orecchie.

Doveva essere uno scherzo.

Non poteva che essere uno scherzo, e anche di pessimo gusto, perché chiedere ad una band il cui cantante era appena uscito da un mese di riabilitazione delle corde vocali di preparare un nuovo brano in poco più di due mesi non solo andava contro ogni etica professionale del cantante stesso, ma era anche materialmente molto arduo da attuare.

La prossima mossa quale sarebbe stata? Incatenarli ad un palco itinerante e farli esibire per un mese filato?

“È una mossa mediatica che trovo molto intelligente, anche se un po’ impegnativa, per quel che vi concerne.” Soggiunse Dunja, in un tono deciso, ma vagamente compassionevole.

‘Un po’ impegnativa’?

Bill avrebbe volentieri riso, se solo ne avesse avuto la forza e lo spirito. ‘Un po’ impegnativo’ era smisuratamente riduttivo.

“Dovete solo scrivere un nuovo brano entro il mese prossimo,” aggiunse David per sdrammatizzare, appoggiandosi con le mani allo schienale di una delle sedie e scrutandoli uno ad uno. “Niente restrizioni o criteri particolari, quello che volete, purché facciate qualcosa.”

“Stiamo scherzando?” sbraitò Tom indignato, con un salto che fece sussultare tutti i presenti. “Hanno aspettato che Bill finisse in ospedale con una cisti in gola per decidersi a lasciarci una pausa, e ora che lui è di nuovo in forma, anziché concederci ritmi più umani, ci vogliono spremere come limoni?”

“E comunque io non scrivo su commissione,” protestò Bill. “Scrivo quando sento di avere qualcosa da dire.”

“Già,” concordò Gustav. “E poi, in così poco tempo, anche se ci mettessimo sotto di brutto, gli unici brani che avremmo da offrire sarebbero quelli delle nostre carni sfinite.”

Calò un silenzio improvviso, talmente pesante che si poté sentire il cellulare di Benjamin vibrargli nella giacca. L’atmosfera era tesa, ciascuno di loro si stava chiedendo come potessero, nei loro umani limiti, trovare il tempo di scrivere un brano, se la loro agenda registrava il pienone per mesi interi.

“Bene,” disse David, sospettosamente calmo, dando tregua alla momentanea stasi. Si tirò su ed inspirò lentamente. “Allora andate voi ad informare quella simpatica gente di questo calcio in culo che volete inferire alla vostra carriera?”

Era un colpo basso. Un meschino, sleale ricatto. Non era che loro non volessero farlo, il problema stava tutto nella fattibilità della cosa in sé: serviva una buona idea, innanzitutto, e Bill al momento aveva solo appunti vari ed eventuali con ben poco potenziale, senza contare che attorno al testo, che comunque non avevano, sarebbe stato necessario costruire anche la melodia, e non una a caso, ma quella giusta.

Bill odiava vedersi porre delle condizioni riguardo quel genere di cose: scrivere una canzone appositamente per usarla come espediente pubblicitario toglieva significato ad anni ed anni di vita del gruppo.

“Ragazzi,” intervenne Georg ad un tratto, esitante. “Io un pezzo ce l’avrei.”

Sette sguardi increduli piovvero su di lui.

Georg ha un pezzo?

David lo guardò con particolare stupore, misto però ad una speranza nettamente visibile. Dal canto suo, Bill era curioso di saperne di più.

“Sul serio?”

Incrociò gli sguardi stupefatti di Gustav e Tom, e fu lieto di scoprire di non essere l’unico a sentirsi tagliato fuori da quel piccolo pezzo di vita dell’amico. Ma, a ragion veduta, che male c’era se Georg aveva scritto delle canzoni senza parlarne a loro? Bill stesso aveva un mucchio di idee appena abbozzate che teneva per sé fino a che non germogliavano in qualcosa di concreto, era normale. Qualcosa però – sebbene non sapesse dire cosa, esattamente – gli diceva che si trattava di una questione piuttosto personale, e l’atteggiamento riluttante di Georg non fu che una conferma di quella supposizione.

Bill si era tenuto lontano da lui per un po’, dopo la partenza di Nicole, ma da quando lei era venuta a trovarlo dopo l’intervento, era come se fosse rinato in un nuovo spirito più positivo: era stato così contento di rivederla – e di rivedere Emily – che si era reso conto che non gli importava se lei stava assieme a Georg; l’importante era che ci fosse.

“Sì,” Georg non sembrava molto convinto di quel che stava facendo. Teneva gli occhi bassi e tormentava con le dita il sottobicchiere di carta, chiaramente a disagio. “L’arrangiamento è da perfezionare ed adattare, ma è a buon punto.”

Per David sembrò una notizia migliore della pace nel mondo.

“Sia ringraziato il cielo!” sbuffò, raccogliendo un fascicoletto di fogli dal tavolo. “Di cosa si tratta?”

Georg congiunse le mani sopra il tavolo, sollevando appena le spalle.

“Non è esattamente nel nostro solito stile…”

“Non importa,” disse David sbrigativo. “Se è un buon pezzo, può anche darsi che susciterà un interesse superiore del previsto,” Si sentiva da come parlava che trovava quella scoperta inattesa molto interessante. “È una ballata, per caso?”

Georg si passò una lingua sulle labbra, cercando appoggio negli occhi di Bill, Gustav e Tom, i quali, però, non poterono far altro che inarcare le sopracciglia ed invitarlo a spiegare.

Bill lo vide sospirare e annuire.

“In un certo senso…”

 

***

 

Nessuno avrebbe scommesso mezzo centesimo sull’esito positivo da parte della Universal, ma, un pomeriggio di metà giugno, mentre i Tokio Hotel si trovavano in trasferta in Portogallo, a David arrivò la telefonata entusiasta di Dunja, che comunicava che la nuova canzone era stata approvata a pieni voti e che la Universal stava addirittura considerando l’opzione di farla uscire come prossimo singolo, se il responso del pubblico si fosse rivelato positivo, come si prevedeva.

Gustav trovava che tutto questo avesse del miracoloso, e non perché il brano non fosse ben riuscito, ma perché lo avevano riarrangiato e registrato talmente in fretta – in una sola settimana – da essere rimasti loro stessi stupiti dalla qualità che avevano ottenuto.

Gran parte del merito, andava detto, era da attribuire a Georg, che aveva concesso loro di usare il suo pezzo per fini commerciali, consentendo così al mondo intero di conoscere, seppur indichiaratamente, una parte della sua vita di cui pochi eletti erano a conoscenza.

“Quindi la suoneremo alla data conclusiva di Berlino?” chiese conferma Bill quando, la sera stessa, si riunirono con tutta la troupe a festeggiare l’ottima riuscita della loro performance al festival e l’approvazione della nuova canzone.

Seduto davanti a lui, David posò il boccale di birra sul tavolo ed assentì.

“L’idea di farci un singolo è molto allettante,” disse poi. “Vediamo come va, poi ne riparleremo.”

Tom allungò un braccio per circondare le spalle di Georg e scontrò il proprio boccale con il suo.

“Benvenuto nel mondo degli scrittori di canzoni!” esclamò. Era già un po’ brillo, dopo nemmeno mezza pinta di birra.

“Bene, mi toccherà buttare giù qualcosa, o mi sentirò emarginato.” Sospirò Gustav, fingendosi cupo. Al suo fianco, Bill gli diede qualche piccola pacca compassionevole.

“Hey,” esclamò poi, all’improvviso. “Dovremmo invitare un paio di ospiti speciali per quella sera, non credete?”

Non c’era bisogno di domandare spiegazioni: tutti quanti sapevano bene chi intendesse.

“Sarebbe bello riuscire a fare in modo che sia una sorpresa,” Osservò Gustav. “O per lo meno fingere che non sia un invito nostro diretto.”

“E come facciamo?” obiettò Tom, scettico. “Le mandiamo due biglietti e una lettera che dice ‘Congratulazioni, sei stata estratta tra milioni di persone in tutto il paese per partecipare all’esclusiva data di chiusura del 1000 Hotels Tour dei Tokio Hotel’?”

“Io avrei un’idea molto più semplice.” Disse Georg sornione, tirando fuori il proprio cellulare.

Gustav si domandò se l’idea e il cellulare fossero connessi. Guardò l’amico smanettare un po’ sui tasti e poi portarsi il telefonino all’orecchio.

“Chi chiami?” indagò Tom, interessato.

“La sorella di Nicole.”

“Come fai ad avere il suo numero?” volle sapere Bill, sporgendosi in avanti.

Georg guardò il proprio telefono e selezionò il numero una seconda volta, mettendosi una mano sull’orecchio libero.

“Nicole l’ha chiamata dal mio cellulare quando è venuta a trovare Bill.”

Tom scattò verso di lui e tentò di strapparglielo di mano.

“Dai qua, ci voglio parlare io!”

Una risata diffusa animò quel capo del tavolo: tutti ricordavano bene quanto Brenda fosse risultata simpatica a Tom fin dal primo momento.

“Scordatelo.” Berciò Georg, voltandosi dall’altra parte.

“Allora metti il vivavoce.” Gli intimò Tom, tirandolo per la maglia, senza dargli tregua. Georg resistette qualche secondo, poi si arrese.

“Va bene, va bene, ma mollami, per pietà!”

Ebbe giusto il tempo di accontentare Tom, che il segnale di linea libera si interruppe.

“Sì?” rispose una calda voce femminile. Georg ignorò la pagliacciata esibizionista di Tom, lasciando a Gustav e Bill il piacere di zittirlo a suon di colpi di tovagliolo.

“Pronto? Parlo con Brenda Sandberg?”

“Sì,” rispose la voce di Brenda, in assoluto distacco. “Chi parla?”

Georg increspò le labbra in un sorriso ambiguo. Gustav sogghignò nel vederlo pregustare la scena.

“Sono Georg, Georg Listing.”

Seguì una brevissima pausa, poi un’esclamazione di stupore.

“Oh mio dio!”

“Tesoro, chi è?” chiese una voce lontana, maschile e profonda, all’altro capo della linea.

“L’Uomosesso di mia sorella!” urlò Brenda con disinvoltura, causando a Tom un repentino crollo di entusiasmo e agli altri un accesso di risate conseguenti, che contribuirono solo ad avvilirlo ancora di più.

“Chi?” fece di nuovo la voce maschile.

“Il bassista dei Tokio Hotel, Gabe, il ragazzo di Nicky!”

“Oh, certo.”

Gustav soffocò a stento una risata. A primo acchito, Brenda poteva apparire come una sensuale donna in carriera, ma sotto sotto era un’adolescente scalmanata e senza peli sulla lingua, così diversa da Nicole.

“Senti,” le disse Georg, una volta sedatasi la confusione. “Ho chiamato perché io e i ragazzi avremmo bisogno del tuo aiuto.”

 

***

 

Non esistevano parole in grado di descrivere ciò che Nicole stava provando in quel momento. Era come fare un salto indietro di cinque mesi e tornare al fatidico concerto di Parigi, a quella serata magica che aveva segnato il punto di svolta verso un capitolo della sua vita che non si sarebbe mai aspettata di aprire.

Cinque mesi… Possibile che sia passato davvero tanto tempo?

Sedeva sulle tribune, con Emily, Brenda e Gabriel accanto, e le sembrava incredibile essere lì con loro, con la sua famiglia, e condividere con loro un’emozione sicuramente non nuova, ma senz’altro vissuta in modo diverso, rispetto alla prima volta.

Era stata felicissima quando Brenda le aveva detto di aver trovato quattro biglietti per quella data così ambita, e non aveva nemmeno tentato di fingere di essere dubbiosa. Si era ritrovata a dire di sì ancora prima che le venisse esplicitamente chiesto se le andasse di andarci.

Sorrise a Brenda da sopra la testolina bionda di Emily, e Brenda ricambiò estasiata. La sua pancia era cresciuta a dismisura nelle ultime settimane, ben evidenziata dall’abito bianco e leggero, e c’era stata diversa gente che l’aveva guardata in modo strano mentre si faceva largo tra la folla per raggiungere il proprio posto, e anche quando si era messa a urlare come le ragazzine che la circondavano appena la band aveva fatto il suo ingresso spettacolare sul palco.

Sicuramente non era cosa da tutti i giorni vedere una trentenne incinta di sei mesi ad un concerto rock, soprattutto una così vivace, ma nonostante i ripetuti sforzi di Gabriel di farla calmare un po’, Brenda, come sempre, aveva fatto di testa sua tutto il tempo, ed ora si godeva, stanca ma felice, le note dolci di An Deiner Seite.

Gli urli e gli strepiti che per tutta la durata del concerto avevano riempito l’arena si erano placati ed erano stati sostituiti dalle luci soffuse di accendini e cellulari, mentre Bill cominciava a cantare.

Nicole si sentiva orgogliosa di lui, di Gustav, di Tom e di Georg, perché avevano appena regalato a migliaia di fans una performance magnifica, debellando definitivamente ogni residuo di malalingua che osava insistere ancora sulla presunta perdita di abilità vocali da parte del frontman dei pluripremiati Tokio Hotel, pronosticandone la tragica fine.

E invece no.

Quella sera i ragazzi avevano appena dimostrato al mondo che la stella dei Tokio Hotel era appena all’alba del suo splendore, e c’erano quindicimila persone pronte a testimoniarlo, a raccontare della grinta e dell’energia, dell'affetto e della magia di quell’atmosfera così vicina al surreale.

Mentre An Deiner Seite andava spegnendosi, Emily si unì al giubilante coro di lodi che esplose dal pubblico, accompagnato da un applauso scrosciante che a Nicole fece venire e brividi.

Da un lato non vedeva l’ora che il concerto finisse definitivamente per poter correre nel backstage e fare una sorpresa a tutti quanti, dall’altro, invece, avrebbe tanto voluto poter restare in eterno ad ascoltarli suonare e vederli così soddisfatti e commossi.

An Deiner Seite era l’ultimo bis, la scaletta era conclusa. Tutti si aspettavano di vedere i ragazzi che si allineavano per un ultimo inchino e ringraziamento, ma ciascuno rimase al proprio posto. Soltanto Bill si mosse, facendosi avanti attraverso il palco, seguito dal cono di luce che incombeva su di lui, microfono alla bocca.

L’intera arena ammutolì in pochi secondi, spiazzata da quest’evento imprevisto, e un’unica domanda viaggiava di bocca in bocca, in attesa di risposta.

Che sta succedendo?

Bill si fermò a brodo del palco, aspettando pazientemente che il chiacchiericcio incuriosito si spegnesse e che ogni singolo sguardo fosse puntato su di lui.

“Berlino,” esclamò un attimo più tardi, lievemente ansante. “Questa bellissima serata è giunta al termine, e noi non potremmo essere più entusiasti di un concerto così ben riuscito!” Un boato di grida di apprezzamento lo fece interrompere brevemente. “Ora, come gran finale, vorremmo proporvi una canzone nuova, che suoniamo per la prima volta ufficialmente su questo palco, con voi,” Bastò quella sola frase per ottenere un silenzio quasi tombale, cosa alquanto bizzarra ad un concerto, specialmente uno dei loro. “Questa canzone è stata scritta da uno di noi, ed è per una persona molto speciale che ora si trova qui, da qualche parte in mezzo a voi, una nostra giovane amica che per noi significa davvero molto.”

Tutti presero a guardarsi intorno, a scrutare sospettosamente i propri vicini, come aspettandosi di riuscire ad individuare magicamente la misteriosa persona di cui aveva parlato Bill.

Nicole era come paralizzata. Non era abbastanza presuntuosa da pensare che stesse parlando di lei, ma quel ‘giovane amica’ aveva solleticato il suo interesse. Non avrebbe mai detto così, se si fosse trattato di lei; avevano la stessa età, non aveva senso. E poi i ragazzi non potevano sapere che lei si trovava lì.

“Mamma, fanno una canzone nuova!” esultò Emily infervorata, saltando i piedi sul sedile.

A meno che…

“È la prima canzone del nostro repertorio ad essere stata scritta direttamente in inglese,” proseguì Bill, prendendo fiato tra una frase e l’altra. “E non per ragioni commerciali, ma perché sappiamo che colei a cui è dedicata ha una predilezione per le canzoni in questa lingua.” E il sorriso che gli illuminò il viso – così bello e spontaneo – volò in ogni singolo millimetro dell’arena, surriscaldando nuovamente gli spiriti ormai già rassegnati alla conclusione della serata. “Berlino,” esclamò Bill, sollevando un braccio in aria. “Grazie di essere stati qui, stasera, e di aver reso questo concerto davvero indimenticabile!” Si chinò leggermente in avanti, il sorriso sempre più ampio, scorrendo con lo sguardo da una parte all’altra del vastissimo spazio che lo circondava. “Questa è Lullaby For Emily!”

Uno scroscio tonante di applausi che scosse la terra. Un battito cardiaco saltato. Una piccola mano che la afferrava e cominciava a tirarle il braccio.

“Mamma, mamma, hai sentito?” strillava Emily, estatica, saltando su e giù accanto a Nicole. “Mi hanno scritto una ninnananna!”

Nicole fu grata del fatto che nessuno a parte Brenda e Gabriel l’avesse sentita, ma questo era solo un vago pensiero di fondo, come un’eco lontana che era sovrastata da un’emozione incombente, che cancellava ogni altra cosa.

Tom attaccò con la chitarra, una serie di accordi lenti e armonici, molto delicati, a cui si unì il suono profondo del basso, seguito dai toni soffusi della batteria. L’intro durò quasi un minuto, un bellissimo minuto che cullò, proprio come una ninnananna, la grandissima folla, che ascoltava rapita ogni singola nota.

E poi, dopo un brevissimo istante in cui tutto sembrò finire, la musica ripartì, leggermente più decisa, vagamente malinconica, e stavolta c’era la voce di Bill ad accompagnarla.

Hey there, Emily
Don’t fear the dark
Take my hand
Let’s go to dreamland
Where you won’t cry anymore
Where angels will watch after you
Lie down and listen, Emily
This song is for you

Una sensazione strana si diffuse lentamente in Nicole, simile all’angoscia per certi versi, ma calda, morbida, piacevole, e finì con l’abbracciarla completamente.

Stavano suonando una ninnananna per Emily, davanti a quindicimila spettatori.

My lullaby for Emily
I’ve held you through your nightmares
Promised I’d be there
When you’d call for me
My lullaby for Emily
All I have to give

Aveva un groppo alla gola che quasi le impediva di respirare. Sentiva la voce di Brenda che le parlava da lontano, ma non era in grado di distinguere ciò che le stava dicendo, occupata com’era a restarsene pietrificata a fissare il palco, rapita dalla dolcezza delle parole e dalla bellezza della melodia, e più ascoltava, più la sua mente associava spontaneamente delle sensazioni a quel flusso di musica che la attraversava come linfa, avvolgendole le spalle, accarezzandole il viso, gonfiandole il cuore.

Remember me, Emily
I’m always by your side
I carry you deep inside my heart
Forever more
And trust me when I say
It will all be better one day
Tonight we are here with you
Come and listen, Emily
This song is just for you

C’era Georg in quelle parole, in quella tristezza quasi impercettibile, sentiva il suo tocco in certi accordi e in certe espressioni. Anche a di là della voce di Bill, quasi le sembrava di poterlo vedere, lui e la sua chitarra, chiuso da qualche parte a riversare i propri pensieri in una canzone.

Lo guardò, appoggiato con un piede ad un amplificatore, la testa china, il capelli che gli nascondevano il viso, mentre le sue dita scorrevano lente sulle corde del basso, in un modo quasi sensuale, e solo allora lo notò.

Uno scintillio improvviso in corrispondenza della sua spalla attirò l’attenzione di Nicole e di molti altri. ‘Cos’è?’ si chiedevano diverse ragazze, allungando il collo e zoommando con le videocamere per vedere meglio, ma solo Nicole – e probabilmente anche Emily – era in grado di rispondere a quella domanda: Georg aveva una strana decorazione fissata alla cinghia del basso, una farfalla tempestata di brillantini che aveva preso a luccicare quando si erano spente tutte le altre luci e si erano accesi i quattro riflettori sopra le teste di ciascuno di loro, un oggetto che lei conosceva molto bene, e che fu immensamente felice di rivedere in quella posizione, in un momento così speciale.

Per mesi era stata convinta che lui se ne fosse dimenticato, che l’avesse persa e non se ne fosse mai preoccupato, ma ora Nicole sapeva che non se n’era mai separato.

Through the time and the distance
We’ll be together when you close your eyes
Think of me whenever you feel lonely
And never ever forget, Emily
There’s no goodbye

Nemmeno si accorse delle due lacrime che le erano sgorgate dagli occhi, scivolandole ai lati del viso fino a morirle sul collo. Si ricordò delle tante cose successe da cinque mesi a quella parte, e anche se stava piangendo, sorrise a se stessa per la bellezza di quel regalo inatteso.

Era commossa, infinitamente commossa, e voleva che loro lo sapessero.

Non era la sola ad essersi lasciata prendere dall’emotività: moltissime ragazze seguivano le labbra di Bill come ipnotizzate, i volti rigati da rivoli di lacrime che scioglievano il trucco, ma si respirava aria di soddisfazione e gioia.

A lullaby for Emily
I’ve written for the rainy days
A lullaby for Emily
For a smile to light her face
My lullaby for Emily
Is all I have to give
To change what was done
To get her back to me
Lullaby for Emily

E quando l’ultima nota fu suonata, quando la musica si spense piano, e con essa la voce di Bill, e il cuore di Nicole le batteva così forte da farle male, quando i ragazzi si riunirono al centro del palco, stanchi ma palesemente euforici, quando le urla e gli applausi furono così forti da diventare una cosa sola, quando quattro sorrisi velati di commozione – così simili al suo – urlarono un muto ‘Grazie!’ a tutta quella gente, Nicole seppe che, anche se per tutti gli altri poteva sembrare una fine, per lei ed Emily quello non era che l’inizio.

 

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Note: ultimo capitolo, gente, ormai resta solo l’epilogo, e la cosa mi rende molto triste, ma, animo, come qualcuno di voi già sa (ma si è sparsa la voce? XD) c’è un seguito che brama di essere scritto, quindi la fine di Lullaby significherà l’inizio di una nuova storia, di cui vi preannuncio una cosa sola, ossia che il titolo sarà The Truth Beneath The Rose (una canzone stupenda dei miei adorati Within Temptation). Per ora mi limito a ringraziarvi di nuovo tutti quanti ed invitarvi a lasciare un commento, anche piccino, perché le recensioni non fanno mai male, anche perché spero che il capitolo sia stato di vostro gradimento, visto che è tanto importante. ;)

A titolo informativo, la canzone Lullaby For Emily (si sono spiegate tante cose, vero?) è stata inventata di sana pianta dalla sottoscritta, quindi niente credits nè possibilità di andarla a sentire da qualche parte, mi spiace. ^^ Se qualcuno avesse bisogno della traduzione, me lo faccia presente, la aggiungerò al più presto!

Al prossimo e ultimo capitolo!

P.S. durante lo scorso capitolo la storia ha toccato che 483 recensioni (un numero doppiamente apprezzabile, per una fan dei Tokio Hotel ^^) e quella folle di Lady Vibeke ha avuto la prontezza di spirito di immortalarlo: 483

   
 
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