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Autore: AriCalipso    21/12/2013    3 recensioni
-Perché è stato già tutto prestabilito da entità talmente grandi e sconosciute a noi essere umani. Io e te siamo stati destinati e questo non può essere modificato da nessun’altra cosa al mondo, siamo legati da un vincolo inviolabile, un sigillo che non si aprirà, nemmeno dopo la morte –rispose sfiorando la mia bocca con le labbra. Un bacio leggero, delicato e del tutto inaspettato
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ville Valo
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 7
Slaves
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-Paula, vado a fare la doccia, poi pranziamo ok? Non ti azzardare a toccare pentole o chissà quale altra cosa, devi riposare –esclami mettendola in guardia che se mai avesse provato a prendere qualsiasi arnese da cucina, l’avrei fulminata solo con lo sguardo e fatto le peggio ramanzine. Si distese sul divano, poggiando bene i piedi su di un cuscino, emettendo dei grandi sospiri, era davvero bella e ciò che la rendeva ancora più meravigliosa era il pancione rotondo e ben delineato. Non potevo descrivere la felicità che d’un tratto pervase il mio corpo, ero davvero orgogliosa della mia amica e di Lauri, di come l’amore avesse potuto fargli realizzare qualcosa di così puro e perfetto e in un attimo pensai anche io al giorno in cui avrei avuto in grembo una creatura così indifesa, d’istinto mi toccai la pancia, del tutto assente per via della danza, ma sorrisi ugualmente, perché un giorno sarebbe cresciuta anche lei. Andai a fare una doccia veloce, senza lavarmi i capelli, altrimenti avrei fatto morire Paula di fame. Mi recai in camera e mi misi un paio di blu jeans ed una maglia rosso bordeaux a maniche corte, indossai gli anfibi e mi recai in cucina. Con la coda dell’occhio vidi Paula ancora sul divano, che stava riposando, almeno una volta mi aveva dato retta. Preparai un qualcosa di leggero, dato che nessuna delle due aveva molta fame. Apparecchiai la tavola con una tovaglia bianca, posi due bicchieri da birra sul tavolo, le posate e due piatti di porcellana bianca. Mi sedetti vicino alla ragazze, le spostai una ciocca di capelli dietro l’orecchio e le sussurrai leggermente che il pranzo era pronto. Paula si stropicciò gli occhi come un bambino e sorrise, ci alzammo entrambe dal divano per poi goderci il pranzo. Durante il pasto regnò un soave silenzio, a romperlo era solo il cantare dei dolci passerotti che svolazzavano sul tetto, era tutto così piacevole e leggero, mi sentivo appagata e soddisfatta, il solo passare del tempo con la mia migliore amica mi faceva dimenticare di tutto il caos che albergava nel mio animo, a cui ora non volevo pensare.

-Lauri sta lavorando? –le chiesi mentre mi accingevo a sparecchiare la tavola, portando in cucina le posate.

-Sì è a casa di Aki per un progetto musicale, sai è parecchio impegnato e si sente anche in colpa a lasciarmi da sola ogni tanto, ma io preferisco restare qui –rispose mentre mi passava i bicchieri con i piatti, restando seduta, anche perché altrimenti l’avrei sgridata.

-Ma che cucciolo che è –risi aprendo il lavello –si preoccupa il piccino –continuai pulendo per bene tutte le stoviglie.

-Ascolta Ary, questo pomeriggio c’è un’esibizione di skateboard al parco e dovrebbe esserci Bam a gareggiare, vogliamo andarci così esco da questa cella di isolamento? –mi chiese ridendo. Le feci cenno di sì con la testa, mi erano sempre piaciute queste esibizioni e poi ero contenta di scambiare quattro chiacchiere con Bam, era un pazzo scatenato, ogni volta ne combinava una delle sue ed io a piegarmi dal ridere come una iena. Finii di lavare i piatti, li asciugai e li riposi negli appositi ripiani. Aspettai Paula che si era andata a cambiare, mentre io mi mettevo un leggero filo di matita sugli occhi. La mia amica uscì dalla sua camera, indossava una maglia grigia, lunga fino a metà coscia, che evidenziava leggermente il pancione, un paio di legghins neri e delle converse rosse a stivaletto. Uscimmo da casa e ci dirigemmo verso il parco. Era davvero gigante, uno spazio verde contornato da alberi in fiori che coloravano tutto il dipinto, sulla destra c’era un piccolo chiosco in legno dove servivano delle bevande, a sinistra, invece si poteva notare un grazioso parco giochi, arricchito di altalene e scivoli. Ci inoltrammo nel verde, dove trovammo la pista da skate tutta allestita, nella rampa potevamo notare dei ragazzi che la stavano testando, erano davvero bravi.

-Dio ma questi ragazzi non hanno nulla di meglio da fare che trovare un metodo per rompersi le ossa del collo? –domandò Paula carezzandosi il pancione, come se volesse rassicurare la creatura che portava in grembo. Le sorrisi, mentre dalla borsa tiravo fuori il tabacco. Ne misi un po’ nella cartina e poi iniziai a rollarla.

-Stai tranquilla tesoro, ci sanno fare questi bimbi qua, soprattutto uno di mia conoscenza che però non vedo, molto probabilmente si è ritirato per paura di rompersi un’unghia –risi continuando a girarmi la sigaretta. La portai verso la bocca per leccare la colla, quando sentii improvvisamente un braccio cingermi il collo.

-Ma ci sono le mie due fan numero uno qui, che onore ragazze –esclamò Bam compiaciuto della nostra presenza. Era vestito come un classico skater, jeans larghi tenuti a vita bassa, delle vans old skool nere come quelle che avevo io, indossava una maglia nera a maniche corte ed in testa non poteva mancare la sua cuffia. Poggiò un piede sullo skateboard, facendolo saltare in alto per poi prenderlo al volo con la mano sinistra, dove portava un guanto con le dita tagliate. Adoravo quel ragazzo, la sua pazzia mi regalava sempre delle grandi e fragorose risate, facendomi dimenticare qualsiasi pensiero o problema che incombeva nella realtà. In un istante fui catapultata indietro nel tempo, ricordando le infinite serata passate insieme quando ancora io e Ville eravamo dei semplici conoscenti e se ora mi trovo in questa situazione, a vivere un intreccio tra gioia e dolore, devo odiare e ringraziare lui allo stesso tempo e nulla, come all’ora, mi farà cambiare idea sul fatto che lui fosse innamorato di Ville quanto lo ero io. Lo ammirava in tutto e per tutto, cercando di assomigliargli il più possibile, nei modi di vestire e di fare,  d'altronde come dargli torto? Fossi un uomo anche io cercherei di imitarlo, ma ogni tentativo sarebbe risultato vano per il semplice fatto che tutti gli altri erano solo degli essere umani, lui invece era la perfezione.

-Bam non spaccarti un osso –esclamai mentre leccavo la cartina –sai che non ti aiuterei –risi chiudendola. Dio quanto mi divertivo a prenderlo in giro, ci stuzzicavamo di continuo e puntualmente ci ritrovavamo piegati in due con le lacrime agli occhi, come due veri e propri idioti.

-Ary ma dai poverino, è pericoloso sai? –mi rimproverò Paula, preoccupata per la salute di Bam. Giorno dopo giorno veniva fuori il suo istinto materno, trattando tutti come fossero figli suoi e la cosa mi regalava un nuovo sorriso, consapevole del fatto che sarebbe stata una mamma perfetta, affiancata da un uomo che tutte penso avrebbero voluto come compagno e padre delle proprie creature … tutte tranne me, troppa era l’amicizia che ci univa da non riuscire mai a vederlo al mio fianco come l’uomo con cui condividere la mia vita, forse perché il destino lo aveva reso parte di me in ben altri modi, quasi che iniziavo a crederci a tutte queste nozioni trascendentali.

-State tranquille ragazze, sono un professionista –ci rassicurò il ragazzo, facendoci l’occhiolino, mentre si dirigeva verso la rampa. Dalla tasca dei pantaloni tirai fuori un accendino, lo portai verso la sigaretta per accenderla, ma ogni tentativo fu vano, probabilmente si era scaricato. Feci per cercarne uno nuovo nella borsa, quando d’un tratto me ne vidi uno davanti agli occhi con la fiamma accesa. Avrei riconosciuto quella mano da lontano un miglio, poiché il pallore che la contraddistingueva dalle altre era un qualcosa di sovraumano. Con la coda dell’occhio studiai quella figura, fino ad incontrare il suo sguardo glaciale, che mi entrò dentro come una lama tagliente, senza recarmi alcuna ferita.

-Sembra che tu sia accorto di gas –esclamò con la sigaretta ancora in bocca, dalla quale usciva del fumo grigio. Paula si voltò verso di me e sgranò gli occhi, come se potesse percepire il mio stato d’animo, che era un misto tra felicità e disperazione allo stesso tempo, tanta era la voglia di vederlo quanta quella di evitarlo.

-Ville dì qualcosa al tuo amico, si farà male –esclamò la mia amica preoccupata, pregandolo con gli occhi. Il ragazzo per tutta risposta rise, scrollando un po’ di cenere dalla sigaretta, quasi terminata.

-Ha già battuto la testa quando era piccolo, qualche ossa rotta non sarà poi la fine del mondo –rispose buttando il mozzicone a terra, spegnendolo con una scarpa. Sorrisi anche io, non tanto per la battuta di Ville, quanto per la preoccupazione di Paula che stava vivendo un’angoscia assurda, eppure lei era voluta venire qui. Feci una carezza sulla guancia della mia amica, rassicurandola.

-Tranquilla, sì Bam sarà pure fuori di testa, ma non si farà male, è un professionista in queste cose fidati –esclamai cercando di infonderle tutta la mia energia positiva, quella poca che mi era rimasta. La ragazza si calmò e calò tra noi un soave silenzio, intenti tutti e tre ad osservare l’esibizione e sperare che il nostro amico non si facesse male. Dentro di me si stava scatenando una guerra cosmica, la ragione che mi consigliava di stare alla larga da Ville, vedendolo come un pericolo mortale per il mio animo, troppe erano le delusioni e sofferenze che mi aveva inflitto , dall’altra parte c’era il cuore, bramoso della sua presenza, necessitava di succhiare il nettare vitale che ogni giorno gli permetteva di battere per far funzionare ogni parte vitale del mio corpo e più mi convincevo a tranquillizzarmi, più questi due titani si scagliavano colpi violenti, che mi logoravano dentro, come se volessero uccidermi. Senza neppure accorgermene stavo sudando come un dannato in preda all’agonia e la cosa che più mi tormentava, era nel sentire quello sguardo infernale che continuamente vegliava su di me, non potevo nascondere nulla perché nessuna emozione sarebbe sfuggita a Ville, che con il suo potere percepiva qualsiasi cosa, anche il desiderio più innocente. Mi misi una mano sulle tempie, massaggiandole leggermente, cercando di placare tutto quel caos interiore, senza riuscirci.

-Vado a prendere qualcosa da bere, tu Paula vuoi qualcosa? –domandò il ragazzo prendendomi per un braccio, obbligandomi ad andare con lui. La ragazza ordinò un tè al limone e, senza opporre alcuna resistenza né proferendo parola, mi lasciò andare assieme a Ville, sapendo benissimo che l’unico modo per placare tutta quell’angoscia, che lei anche aveva avvertito, era stare assieme a lui.

Percorremmo il viale alberato in totale silenzio, con attorno al collo il braccio totalmente tatuato di Ville, che mi stringeva a sé, come per non farmi scappare via. Mi stavo riprendendo pian piano, in quell’abbraccio potevo avvertire tutta l’energia positiva che andava a toccare le viscere più profonde, conferendomi quella spensieratezza che solo in sua compagnia riuscivo a raggiungere. Il ragazzo mi diede un delicato bacio sulla guancia, facendomi rabbrividire a causa delle sue labbra tanto infuocate quanto gelide. Non appena le tolse, il mio corpo le bramava ancora una volta, schiavo della passione più che mai, sentiva il bisogno di unirsi al corpo del ragazzo, per appagare il suo desidero e tutto questo sarebbe stato meno angosciante, se non fosse per il fatto che il cervello mi ricordasse continuamente che quell’uomo non era mio e, scaduto il tempo, non lo avrei potuto più sentire dentro di me, lasciando che la tristezza mi uccidesse a poco a poco.

-Stai ancora pensando, se vuoi che tutta questa agonia cessi ti consiglio di smetterla all’istante –esclamò accendendosi un’altra sigaretta. Doveva continuare a puntualizzare il fatto che mi conoscesse così bene? Non vedeva che stavo soffrendo come un povero cane? Dio avrei voluto ucciderlo, ma non me lo sarei mai perdonato, non tanto per il reato, quanto per il fatto che senza di lui sarei diventata un vegetale. Senza ribattere alla sua affermazione, continuammo a camminare fino a raggiungere il chiosco. Ville andò a prendere le bevande, mentre io lo aspettavo, intenta a finire un’altra sigaretta, che riusciva a calmare il mio stato d’animo … i miracoli della nicotina! Forse era grazie a lei che quell’uomo era sempre così calmo ed appagato? Non credo, probabilmente era solo in grado di vivere appieno ogni istante del presente, senza tralasciar nulla e senza meditare ad azioni future o ricordare vicende passate e se ci fossi riuscita anche io sicuramente non starei così ora, ma per colpa del mio essere razionale cercavo continuamente risposte a temi del tutto trascendentali ed impossibili, sfidavo le sorti del destino, ed esso mi stava dando una bella lezione.  Posai la sigaretta nel posacenere di un tavolino, mentre Ville si avvicinava verso di me, porgendomi il tè di Paula e la birra per me. Ne bevvi un sorso, sentendo la freschezza pervadere il mio corpo accaldato dal desiderio,placandolo leggermente. Tornammo verso la rampa da skateboard, senza dirci nulla, poiché lui era in grado di sentirmi continuamente e di avvertire qualsiasi cosa, cosa che non ero capace di fare io, dovendo sempre rompere i beati silenzi con le noiose parole, troppo scontate e banali.

-Avevo ragione … -esclamò d’un tratto, prendendomi per un braccio ed appoggiandomi ad un tronco di un albero –non riesci a starmi lontana, so quanto desideravi vivermi non appena mi hai visto –proseguì avvicinando la bocca al mio orecchio sinistro, mentre con la mano destra mi carezzava la spalla, fino a scendere fino ai fianchi –quando capirai che evitarmi ti è impossibile? Placa questo caos, non lasciarti manipolare dal volere della ragione, lei non può capire le sorti del destino, il tuo cuore sì –concluse baciandomi, con una dolcezza e passione tale da renderlo forse il più bello che mi avesse concesso. Ma io come riuscivo a sopravvivere a tutto questo? Come potevo appagare il mio animo irrequieto sapendo che fra meno di due settimane tutta quella magia, quella spensieratezza, quella passione si sarebbero spente in un sovrastare di ricordi che mi avrebbero tormentato fino a straziarmi. Non volli chiedergli nulla, perché niente ora doveva rompere quell’attimo di pace che si era generato, tanto da non voler sciogliere le mie labbra da quel bacio. Fu Ville a staccarsi da me, sorridendo, carezzandomi delicatamente la guancia con il dorso della mano.

-Andiamo, altrimenti la tua amica chiama la polizia per tentato rapimento –rise prendendomi la mano, stringendola contro la sua. Avrei tanto voluto dirglielo, confessare il mio amore per lui a parole, ma forse non ce n’era bisogno, perché lui sapeva già tutto, l’unica a non capire cosa provasse nei miei confronti ero proprio io, perfino Paula conosceva i suoi sentimenti verso di me, ma la mia testardaggine era talmente forte da volerci arrivare a tutti i costi da sola, spremendo le meningi come dei chicchi d’uva pronti per divenire mosto. Arrivammo alla rampa e trovammo Paula intenta a chiacchierare con Bam, il quale si stava asciugando il sudore con un asciugamano da viso. Non appena vide Ville, gli saltò al collo, urlando come una quindicenne quando si trova faccia a faccia con il proprio idolo.

-Amico mio, mi sei mancato tantissimo –esclamò ridendo, anche se solo chi li conosceva veramente avrebbe capito che stesse scherzando, visto il modo con cui lo stringeva. Ville, per tutta risposta, gli diede dei colpetti sulla schiena, esprimendo in modo più sostenuto il suo affetto.

-Mamma mia non fare mai più tutte quelle acrobazie Bam, ero in pena per te –esclamò Paula, toccandosi il pancione –tu non hai visto nulla –sussurrò al piccolo che portava con sé. Era il più bel gesto che avessi mai visto in tutta la mia vita, rassicurare il proprio figlio ancora prima di darlo alla luce, mettendolo in guardia di tutte le avversità che avrebbe poi incontrato là fuori, consapevole già del fatto che avrebbe avuto due grandi figure meravigliose pronte ad accompagnarlo in qualsiasi percorso avesse intrapreso.

Fu davvero una bellissima giornata, che si concluse dentro ad un locale, tra una birra ed una chiacchiera qua e là, raggiunti poi da Lauri che, finalmente, aveva finito di lavorare. Era tutto esattamente come i vecchi tempi, quando nessuna preoccupazione affliggeva nessuno, o almeno non tormentava me. Le pazzie di Bam, le raccomandazioni di Paula e Lauri riempivano tutto il vuoto che si era creato in quei due anni di totale alienazione dalla realtà, facendomi ricordare tutte le risate e le emozioni che ogni giorno erano riusciti a regalarmi, solo standomi accanto, perché mi bastava la loro presenza per poter affrontare tutte le avversità che mi stavano colpendo. Erano davvero speciali, ognuno in un modo particolare ed io li adoravo più della mia stessa vita, che sarei stata pronta a rischiare qualora ne avessero avuto bisogno, come gesto di gratitudine per tutte le meraviglie che mi avevano permesso di provare.

 

Eccomi di nuovo tra voi miei carissimi lettori!!
Eh sì, è passato parecchio tempio, ma tra intoppi vari sono tornata di nuovoooo
Vi è mancato il caro presuntoso eh?
Lo so, fa questo dannato effetto a tutti il saccentone qui presente e fa salire alquanto il veleno, o come dice la pischellina "il nazismo"!!!
Beh prima di tutto volevo ringraziare tutte coloro che mi seguono e mi sostengono in questa mia storia un po' travagliata,
chiunque voglia buttarsi in questo "strazio" è ben accetto XD
Buona lettura!!!



  
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