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Autore: cup of tea    22/12/2013    1 recensioni
Inghilterra, 1848. L’istruito e razionale Blaine Anderson viene assunto nella casa del riservato e di ampie vedute signor Hummel, come gestore della biblioteca della sua tenuta nella brughiera. La casa però, nasconde un segreto: ogni tanto si sentono delle urla di donna. Le signorine Rachel, Santana, Brittany e Mercedes saranno le sue colleghe e il Signor Hummel forse più di un semplice datore di lavoro.
Dal capitolo 4:
“Signor Hummel,” cominciò la ragazza, “lei ha davanti a sé un futuro colorato. Vedo del verde… e un'altra sfumatura, più scura e calma. Ma è lontana al momento. Un impedimento. Vedo un impedimento. Come un’ombra che incombe."
Genere: Dark, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash, FemSlash | Personaggi: Blaine Anderson, Kurt Hummel, Rachel Berry, Sebastian Smythe, Un po' tutti | Coppie: Blaine/Kurt, Blaine/Sebastian
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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A SHADOW HANGING OVER


CAPITOLO 5



 
Le premonizioni di Brittany avevano lasciato in Blaine una strana sensazione.

Non aveva mai creduto al sovrannaturale, aveva sempre avuto un certo senso pratico ed era solito far prevalere la ragione sulle emozioni, ma quella casa stava mettendo in discussione tutto ciò che pensava di sapere.

La sua infanzia dagli Anderson era stata caratterizzata da una separazione netta tra padroni e servitù; qui invece il signor Hummel trattava i suoi sottoposti come dei pari, ed era stato cresciuto addirittura da una di loro.

Alla Dalton aveva imparato a tenere nascosto ciò che non era socialmente accettabile; qui invece una ragazza aveva due papà, e il padrone di casa non aveva paura di chi era “diverso” – addirittura lo accettava sotto il suo tetto, dando rifugio a tutti quelli che il mondo scartava.

Gli era stato insegnato che a tutto c’è una spiegazione logica; qui invece si credeva agli spiriti e alla preveggenza.

Aveva sempre creduto che la realtà potesse essere divisa in due parti nettamente separate: bianco o nero, vero o falso, giusto o sbagliato. Ma la verità che aveva appena realizzato era che c’era un infinito mondo di possibilità.
 
“Lei ha freddo… dentro. E’ stato ferito, non è così?” D’accordo, la signorina Rachel doveva aver spifferato qualcosa a Brittany, giusto? Fissò il soffitto dal materasso del suo letto. Il signor Hummel gli aveva concesso quattro giorni di pausa e Blaine aveva deciso di passare la sua prima mattina di vacanza a letto, a meditare. Era sceso giusto per una velocissima colazione, per rintanarsi nella sua stanza subito dopo. “Una fiamma ha bruciato il suo cuore, trasformandolo in un pezzo di ghiaccio. E ora non sta bene, perché tiene lontano da lei il più nobile e forte dei sentimenti, l’unico capace di liberare il vero fuoco che arde in lei.” Ma quale fuoco? Nel momento in cui Sebastian aveva deciso di non farsi più sentire aveva spento qualsiasi cosa in lui, o almeno questa era la sua sensazione. “Le dico un segreto. Lei si trova in una curiosa situazione: ha davanti a sé tutti gli elementi per essere felice, non gli resta che combinarli. Il caso li ha posti un po’ distanti l’uno dall’altro, ma faccia sì che si uniscano, e ne risulterà la felicità.” Cosa significava? Quali elementi gli erano davanti? Era una congiura, non c’era dubbio. Tutti in quella casa per qualche motivo lo volevano vedere col signor Hummel, dimenticando che entrambi non avevano neanche dato segno di piacersi in quel senso. E dimenticavano anche la differenza di rango e il fatto che fossero entrambi uomini, ovviamente, anche se Rachel sosteneva non fossero due argomentazioni rilevanti.

Certo, l’infinito mondo di possibilità, doveva averlo già dimenticato.

Provò a immaginarsi una vita futura con il signor Hummel.

Si vedeva accanto a lui a cena, tutto agghindato da gran signore senza però sentirsi tale.

Allora si vide vestito modestamente, ad aspettare il suo compagno di ritorno da un grande spettacolo. Non era una brutta immagine, ma pur sempre strana.

Ebbe poi la visione di sé messo da parte quando il signor Hummel avrebbe ricevuto visite, o da solo per lunghi periodi quando il signor Kurt fosse partito come era solito fare. E questo non gli piacque. Come avrebbe occupato il tempo? Avrebbe comunque gestito la sua biblioteca? In tal caso, non sarebbe stato molto diverso dalla situazione in cui si trovava già. Ma come avrebbe reagito? Avrebbe fatto la parte di quello che accetta qualsiasi condizione? O avrebbe avuto il coraggio di aprirsi e di sostenere i suoi diritti come legittimo compagno di un uomo che avrebbe dovuto rispettarlo e trattarlo come meritava? Se c’era una cosa che in quegli ultimi tempi a Hummel Place aveva imparato era che non si era fatti per negare sé stessi in favore degli altri. C’era posto per tutti, e non era forse questo che il signor Hummel professava ogni giorno?

Presa considerazione di ciò, la triste immagine che poco prima aveva preso forma nella sua mente lasciò il posto ad un’altra. Vide il signor Hummel a casa, per Natale. Lo vide tenergli una mano, entrambi seduti sul divano. Vide un caldo camino scoppiettante. Vide Rachel versare il tè, Santana guardare il paesaggio innevato fuori dalla finestra, la signora Mercedes portare in tavola i suoi famosissimi muffin e Brittany esclamare “I bambini! Eccoli, arrivano!” E allora vide tutti alzarsi e Rachel aprire la porta agli orfani del villaggio. Tutti in ordine, in fila, li vide cantare la loro carola di Natale e poi entrare prudenti in quella casa che ai loro occhi sarebbe apparsa enorme. Vide la biblioteca popolarsi in fretta e lui, Blaine, distribuire i volumi che i bimbi richiedono. La gioia nei loro occhi li avrebbe illuminati, così come il suo sorriso e quello delle sue amiche. Il signor Hummel, però, sarebbe stato quello che avrebbe sorriso di più: il suo sogno si era realizzato. E forse io ho trovato il mio.
Sarebbe stato un gran lieto fine.

Però cosa ne pensava il signor Hummel?

Con quella storia dei colori, la signorina Brittany non era stata molto chiara.

“Un impedimento. Vedo un impedimento. Come un’ombra che incombe. La seconda sfumatura tende verso un’altra, un’arrogante anima viola.” Blaine ricordò di aver visto il signor Hummel rabbuiarsi un poco a quelle parole. Forse anche lui era lontano dalla felicità e non aveva più voglia di lottare per essa, proprio come lui. “Perché l’anima scura si faccia più vicina, occorre fare un passo alla volta. Piano, e con pazienza. Ma quelle che al momento sono solo sfumature separate, si fonderanno a formare un colore tutto nuovo.”

Forse Brittany si riferiva a qualcun altro, ma Blaine non potè che pensare che quel colore scuro si trattasse proprio di lui. Il blu era un colore scuro, no? Un passo alla volta, aveva detto la ragazza. Non si deve avere fretta quando si è alla ricerca della felicità, no di certo, perché si rischia di prendere un abbaglio.

Gli girava la testa, per tutte quelle domande e riflessioni.

Ma la questione era una e semplice: vedeva nel signor Hummel un’opportunità di essere felice, una persona qualsiasi a cui avrebbe potuto affezionarsi, o vedeva in lui l’unica opportunità di esserlo, l’unica senza la quale non avrebbe avuto senso vivere?

Certo, era decisamente troppo presto per decidere.  

Un passo alla volta, e lo avrebbe scoperto.

 
***
 
Quando si decise a scendere, in salotto trovò solamente il signor Hummel e la signorina Brittany. In casa c’era un grande silenzio.

“Dove sono tutti?” Chiese al padrone di casa.

“Mercedes ha lasciato la tenuta pochi minuti fa: una vecchia e lontana zia è gravemente malata e ha chiesto di lei. Starà via per un po’. Rachel e Santana sono invece andate in città, al mercato.” Poi, il signor Hummel, rivolgendosi a Brittany, disse: “Brittany, lasciaci soli un momento, grazie.”

Blaine trasalì, per qualche motivo.

La ragazza lasciò la stanza.

Passò quella che a Blaine parve un’eternità, prima che il signor Hummel dicesse qualcosa.

“Cos’è quella faccia direi quasi spaventata, Blaine? Stia tranquillo, sono anch’io vittima, quanto lo è lei, delle cospirazioni delle sue colleghe.”

Oh, beh. Questo Blaine non se l’aspettava.

“Le mie ragazze vogliono solo vedermi felice. E a quanto pare vogliono che lo sia anche lei…” Continuò il padrone di casa.

“Rachel sembra tenerci molto, sì. Ed è strano, per me, perché nessuno ha mai tenuto a me davvero.” Rispose lui, come riflettendo ad alta voce.

“Quando diciamo che qui siamo una famiglia, lo diciamo con cognizione di causa.” Disse il signor Hummel, donandogli un sorriso comprensivo che a Blaine parve splendido. Incominciava a crederci anche lui. “Facciamo così”, continuò, “conosco Rachel, e quando si mette in testa qualcosa, non si ferma prima di aver tentato il tutto e per tutto. Finora solo in una cosa ha ceduto prima di averla ottenuta. Diamole quello che vuole – facciamole vedere che ci abbiamo provato – e poi prometto che la lascerò in pace, e che lo farà anche Rachel. Solo, è l’unico modo perché lei si convinca che non c’è niente tra di noi. Altrimenti sarà una piaga per tutti noi. Le sta bene?”

Oh. Okay. Era chiaro che il signor Hummel non aveva nessunissima intenzione di “fare un passo alla volta”. Era arrivato già a destinazione, ben diversa da quella che aveva predetto la signorina Brittany. E così, in fondo, aveva avuto ragione lui. Differenza di rango, omofobia, o il semplice non interesse verso la sua persona – non importava quale fosse la vera causa – il signor Hummel non riteneva che Blaine valesse la pena di mettersi in gioco. Se non per mettere a tacere le fantasticherie di una sua sottoposta.

Blaine sentì una fitta, come se si fosse aperta una crepa, da qualche parte dentro di lui, e il magico quadretto che si era inventato poco prima fu squarciato in due dalla tagliente verità.

“Blaine?” Lo richiamò.

“S-sì, sì, certo, signore. Come vuole.”

“Insieme possiamo farcela.”

Insieme, sì certo.

Anzi, no.

In un moto di crescente orgoglio e autostima, Blaine prese una decisione. Era arrivato il momento di smetterla di essere usato o di sottovalutato: il signor Hummel voleva che la signorina Rachel li vedesse fare amicizia? Ebbene, questo sarebbe stato quello che avrebbero fatto. Avrebbe detto o accettato un “no” solo dopo che si fossero conosciuti davvero. Anche se questo avrebbe significato operare alle spalle del signor Hummel stesso.

Blaine annuì, solo per mettere fine all’odiosa conversazione.

Si sedette sulla poltrona vicino al divano dove stava il signor Hummel, e dopo un po’ chiese: “Quando torneranno le signorine Rachel e Santana?”

“Entro il tramonto, di certo.” Rispose il signor Hummel. Pareva sorpreso. “Perché me lo chiede?”

“Ho un’idea per cominciare con la nostra farsa. E dovrà sporcarsi le mani, perciò si metta il cuore in pace e tiri su le maniche, mentre io l’accompagno di là.”

 
***
 
Di là era in cucina.

Blaine aveva preso sotto braccio e sorretto il signor Hummel fino a lì, che fortunatamente non era troppo distante. Come la mattina in cui l’aveva accompagnato in casa, Blaine constatò che era snello e leggero, ma troppo alto per lui, per essere sostenuto senza fatica.

Una volta lì e adagiatolo su una sedia, cominciò ad aprire le ante degli armadietti, alla ricerca dell’occorrente, ovviamente sotto lo sguardo ancora perplesso del signor Hummel. Non gli aveva ancora detto cosa avesse intenzione di fare.

“Dove sono…?” Chiese Blaine più a sé stesso che al padrone di casa, che senza dubbio non avrebbe saputo rispondergli. Un uomo altezzoso come lui sarà entrato in cucina solo per dire alla servitù dove sono le altre macchie da pulire. No, va bene, forse non era affatto così, però che poteva farci? Ora aveva il dente avvelenato nei suoi confronti.

“Blaine, vuole spiegarmi?” Chiese quasi risentito il signor Hummel.

“Eccole!” Disse per tutta risposta lui, trovando finalmente le uova. Aveva già raccolto sul tavolo la farina, lo yogurt, lo zucchero e il burro, mancavano solo loro. Anche se Rachel e Santana erano uscite per fare la spesa, per fortuna i beni di prima necessità erano già in casa. “E le nocciole? Ah, faremo senza.”

“Sono nella dispensa. Mercedes non può farne a meno.” Rispose ora rassegnato il signor Hummel, come se ormai avesse accettato l’idea che Blaine non avrebbe detto nulla fino a che non avesse avuto tutto sotto controllo.

“Oh, grazie.” Rispose l’altro, sorpreso. Forse c’era già entrato in cucina, dopotutto. Ma questo non cambiava niente. E poi… vederlo così sulle spine era una piccola vittoria dolce come il miele. Prese anche le nocciole e le aggiunse al resto.

“Bene,” annunciò infine. “Quello che io e lei stiamo per fare, signor Hummel, si chiama cucinare dolci.” Disse, con una voluta petulanza.

“Cucinare dolci?”

“Proprio così, signore. Non era annoiato in questi giorni? E guardi un po’ che combinazione: io ho qualche giorno di permesso. Quindi…”

“Va bene, va bene.” Lo interruppe il padrone di casa. “E quali dolci andremo a cucinare, se posso saperlo?”

“Muffin alle nocciole.”

“Muffin alle nocciole?”

“Muffin alle nocciole, sì. Sono come dei semplici pasticcini ch-“

“Lo so che cosa sono i muffin, grazie. Il mio sconcerto sta nel fatto che lei pretende di volere insegnarmi a farli. Il sono il Re dei Muffin, i muffin pretendono di essere cucinati da me, quando preparo i muffin cori angelici irrompono in cucina. Anzi gli angeli fanno la fila per assaggiarli.”

“…Però, che modestia!” Disse Blaine, impressionato.

“Sono stato cresciuto da una cuoca, sa com’è.”

“Oh, beh, per un po’ una cuoca è stata l’unica amica che avevo.”

“Vediamo cosa le ha insegnato, allora.”

Blaine accettò la sfida. Prese il restante occorrente – bilancia, ciotole, cucchiai, forchette e altro – e cominciò.

Prese un uovo e lo ruppe battendolo elegantemente con una posata, lasciando cadere il contenuto in una ciotola ampia. Nella stessa fece scivolare anche i grammi di zucchero desiderati e il burro che nel frattempo si era ammorbidito. Poi piazzò il tutto di fronte al signor Hummel. “Prego, monti il tutto.”

Il signor Hummel prese una forchetta e obbedì. Era come se finalmente si fosse deciso a stare a sentire Blaine. O sta solo aspettando di vedere dove sbaglio.

Una volta fatto ciò, Blaine, che fino a quel momento era stato dalla parte opposta del tavolo rispetto al padrone di casa, gli si avvicinò, per rovesciare lo yogurt nell’impasto. Non era la prima volta che si trovavano a quella ristretta distanza – lo aveva già trasportato sottobraccio ben due volte, e lì la distanza era stata addirittura minore – ma ora c’era qualcosa, che Blaine non riuscì a definire. Era come se la sua pelle fosse attirata verso quella del signor Hummel, incontrollabilmente. Le loro mani erano così vicine…
Ma si ridestò.

“Prego signor Hummel, ricominci pure a mescolare il tutto, io intanto peso e setaccio la farina.”

Il signor Hummel obbedì, ma con una lentezza che Blaine giudicò alquanto strana. Come se qualcosa dentro di lui facesse resistenza ai comandi del cervello. Decise di ignorare la cosa e pesò la farina.

“Mi scusi, Blaine, davvero. Mi ero ripromesso di non correggerla ma…”

E ti pareva.

“Le assicuro che non mi sto sbagliando.” Rispose Blaine, seccamente.

“Io ci metterei del formaggio, prima della farina.”

Sì, certo, questa è buona. Non ci va il formaggio nei muffin alle nocciole. “Formaggio, signore?”

“Mercedes li faceva così, quando ero più piccolo. Mi ricordano la mia infanzia.” Rispose il signor Hummel, con una tale dolcezza, ritrovata in chissà quale ricordo, che Blaine non riuscì più ad essere arrabbiato.

“Ehm, d’accordo, possiamo provarci, allora. Può essere una bella scoperta.” Si fece più accomodante Blaine.

“Non se ne pentirà.” Rispose l’altro, tutto contento. Aveva sfoggiato un sorriso che ricordò a Blaine quanto lo avesse trovato adorabile dal primo momento che lo aveva incontrato.

Trovò del formaggio spalmabile avanzato da Mercedes dalla preparazione del pranzo e lo aggiunse all’impasto sotto indicazione delle dosi da parte del signor Hummel. Percepì con la coda dell’occhio la soddisfazione non maligna sul volto del padrone di casa e, per qualche ragione, fu contento anche lui.

Il signor Hummel riprese a mescolare gli ingredienti, mentre Blaine setacciava la farina con un colino. Sembrava nevicare sul loro impasto.

“E’ una buona idea quella di non buttare la farina così come capita… non avevo mai pensato di usare qualcosa che la rendesse più soffice e priva di grumi.” Disse a un certo punto il signor Hummel. A Blaine parve proprio un complimento, e ne ebbe la conferma quando il padrone di casa aggiunse: “Sono colpito.”

“E’ un vecchio trucco che Bessie mi ha insegnato quando ero piccolo.” Rispose gentilmente Blaine.

“Deve volerle molto bene.”

“E’ così. Lei mi ha sempre trattato come un bambino normale, bisognoso della stessa attenzione di cui tutti i bambini necessitano. Ma poi gli Anderson mi hanno mandato via, e non so se Bessie lavori ancora con loro.”

“Le manca?”

“Vorrei solo sapere se sta bene. Ma non me la sento di scrivere ai miei zii, con loro non voglio avere più niente a che fare. Può tritare le nocciole, per favore? Continuo a girare io.” Disse, porgendo al signor Hummel il sacchetto che conteneva le nocciole e un coltello grande e affilato. Prese poi la ciotola con l’impasto e continuò a mescolare quella che ormai era una crema soffice e spumosa. Il signor Hummel rimase in silenzio mentre tritava. Sembrava pensieroso, ma d’altra parte anche Blaine lo era diventato. Probabilmente, come lui stava pensando a Bessie, Il signor Kurt stava pensando alla sua infanzia con la signora Mercedes. Si volevano ancora bene, si vedeva, ma inevitabilmente il loro rapporto doveva essere lievemente mutato con la crescita del signor Hummel. Probabilmente era difficile per tutti e due tenere ben distinti i ruoli di madre e figlio adottivi e quelli di cuoca e padrone. Doveva essere un po’ disorientante.

Lo guardò facendo attenzione a non essere visto. I movimenti veloci con cui tritava le nocciole erano esperti e capaci. Lo vide fermarsi un momento, tirarsi su le maniche della camicia ripiegandole verso i gomiti, e liberare le sue braccia candide e, a occhio e croce, lisce come le mani che Blaine già aveva avuto il piacere di toccare quando lo aveva trasportato. Riprendendo il coltello e premendo la lama sulle nocciole, i suoi bicipiti si gonfiavano e sgonfiavano ritmicamente. Blaine sentì di nuovo quell’impulso profondo e ancestrale di sfiorarlo.

“Basta così, sono perfette!” Se ne uscì all’improvviso. “L-le nocciole, intendo. Intendo le nocciole.” Non le sue delicate eppure forti braccia divine.

“Certo che intendeva le nocciole, Blaine. Che altro poteva aver voluto intendere?” Rispose il signor Hummel, sgranando gli occhi azzurri con sorpresa e ingenuità – costruita, giudicò senza riserve Blaine – e sbattendo le sue graziose ciglia.

Avrebbe voluto sotterrarsi. Il signor Hummel aveva capito… aveva capito senza dubbio. Che figura!

 “Ehm, unisca anche quelle all’impasto e formi quelli che una volta cotti diventeranno i nostri muffin!” Lo esortò in fretta.

“Va bene.” Convenne il signor Hummel. Ma poi aggiunse: ”Vuole lo faccia con le dita o…?” E a Blaine parve la cosa più sporca ed eccitante che avesse mai sentito.

“Come, prego?” Chiese, come spaventato.

“La posata, Blaine. Ce l’ha ancora lei in mano. Uso le mani per l’ultima mescolata o me la ridà?” E indicò la forchetta che effettivamente Blaine stava stringendo con una forza sovrumana con la mano destra.

“Oh! Oh, ma certo, la forchetta! Ecco, tenga!” Gliela porse, freneticamente.

Il signor Hummel lo fissò un poco prima di ricominciare a impastare, dopo aver rovesciato le nocciole. Blaine si morse un labbro, imbarazzato, e si portò una mano dietro la nuca, come ogni volta che era nervoso. Fortuna che la mano non era sporca degli ingredienti usati.

“Blaine…?” Chiese il signor Kurt.

“Sì?”

“Si rilassi.” Rispose dolcemente.

E con sua grande sorpresa, tanto bastò a rilassarlo davvero.

 
***
 
I muffin alla fine vennero davvero bene.

Rachel e Santana arrivarono, come da programma, precise per l’ora del tè e convennero che quei pasticcini erano davvero ottimi.

Anche la sera passò in fretta e in allegria. Prima, Blaine aiutò le signorine a mettere a posto la spesa, poi tutti insieme cenarono con una zuppa semplice ma calda e gustosa preparata da Rachel. Dopodiché, davanti al fuoco, la signorina Brittany e la signorina Santana giocarono a carte – Santana vinceva sempre, ma aveva anche dichiarato apertamente di aver truccato il mazzo. Chissà perché a Brittany non dava fastidio che l’amica barasse. Il signor Hummel, invece, steso sul divano leggeva un libro. Era molto carino, così assorto.

Rachel era tutta presa con un ricamo per un cuscino, mentre Blaine, accanto a lei, decise di  riposare un po’ gli occhi.

Batterono le ventitré.

Probabilmente credevano si fosse addormentato, perché sentì Rachel alzarsi piano e andare vicino al signor Hummel – o almeno così ipotizzò Blaine per la direzione da cui proveniva il suono della voce della signorina.

“Allora,” stava dicendo lei, “Oggi è stato bello?”

“Cosa?” Disse il signor Hummel.

“Come cosa, signor Kurt! Lei e Blaine…?”

“Sto leggendo Rachel, non disturbarmi.”

“Oh, andiamo. Mi racconti un po’. Ci sono state occhiate ammiccanti? O dolci sguardi innamorati? Carezze? Baci appassionati sul tavolo della cucina? Cielo, dovrò pulirlo a fondo...”

Blaine arrossì. Per fortuna era in penombra.

“Rachel! Perdiana, cosa sta dicendo?!” Rispose indignato il signor Hummel.

“Niente, fantasticavo un po’.”

Ci fu una pausa, rotta poi dal signor Hummel.

“E’ stato un bel pomeriggio.” Dichiarò. “Blaine è un’ottima compagnia. E’ stato bello conoscerlo un po’. Non dirò altro”.
Blaine a quel punto sorrise, e si addormentò davvero.
 
 
 

**********************************
La tavola di cup of tea

Dunque, dunque, dunque.
Un po’ di commedia, finalmente! Che dite? Era ora? x)
Ad ogni modo, oggi vi devo un’unica precisazione. Anzi, la devo ad Alessandra. E’ sua la ricetta dei muffin alle nocciole, anche se qui l’ho modificata un po’. In realtà dovrebbero esserci in più le gocce di cioccolato e il formaggio in questione è il Philadelphia. Non credo proprio che esistesse nel 1848, perciò ho dovuto accontentarmi di lasciare un generale “formaggio spalmabile”. Inoltre, ho saltato anche la parte fondamentale della crema al burro col colorante alimentare per fare i decori tipo cake design. Ah, è sempre di Alessandra l’idea di setacciare la farina – oppure di norma si fa così e io non lo sapevo. Non so fare alcun tipo di cupcake, shame on me. Però sono buoni davvero! :D sulla mia pagina fb trovate una foto di quelli che ho fatto insieme a lei.
Alla prossima settimana, e continuate a dirmi che ne pensate della storia – o dei muffin, se vi va di tentare di farli!
Un abbraccio e Buon Natale,
cup of tea  
   
 
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