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Autore: caly    22/12/2013    6 recensioni
Dal primo capitolo:
"Alejandro era assolutamente certo che se quel fottutissimo giorno non avesse avuto voglia di fare lo stronzo come suo solito tutto questo non sarebbe mai accaduto. Ma era la sua cattiva attitudine.
Si era diretto spedito verso la vecchia macchina del caffè appoggiata a ridosso della parete
che segnava la fine dell'ufficio con l'intenzione di far innervosire la sua più grande rivale: Heather Wilson.
E l'avrebbe fatto, giuro, l'avrebbe fatto se solo quel qualcosa non fosse stato dipinto sul quel viso così perfetto.
[....]
Eppure l'aveva vista.
Aveva visto quella maschera da stronza cadere per un momento,
quella maschera su cui era dipinto un sorriso falso e due occhi neri come la pece capaci di stregare persino lui. L'aveva vista cadere e frantumarsi in mille pezzi su quella moquette sudicia mentre la giovane donna si rigirava la fede intorno al dito e un'espressione sostituiva il posto di quella maschera."
[DxG SxC BxG presenti in piccole dosi]
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alejandro, Altro personaggio, Courtney, Duncan, Heather | Coppie: Alejandro/Heather
Note: AU, Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza | Contesto: Contesto generale
Capitoli:
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Alejandro era sulla soglia della sua camera, la fissava e non una parola usciva dalle sue labbra. "Che ci fai qui?" Chiese l'asiatica interrompendo il silenzio imbarazzante. Perché era lì? A casa sua? "Sono venuto a vedere come stavi...." Disse finalmente, facendo un passo verso il letto. "Chi ti ha fatto entrare?" Domandò diffidente.
"Tuo marito.... Ma è uscito subito dopo, ha detto che doveva andare al negozio di liquori"
"Non mi lascerebbe mai da sola con qualcuno, in casa nostra..." Il latino avanzò ancora verso la Wilson che, seduta al centro del letto, lo guardava diffidente. Quando arrivò al bordo del letto, con un movimento lentissimo, quasi stesse chiedendo il permesso, si mise a sedere lontano da lei.
"Heather..." provò in modo più dolce ".... Perché oggi non sei venuta in ufficio?" La Wilson abbassò lo sguardo colpevole. "Courtney mi ha detto che non ti sentivi bene, eppure non mi sembra che tu stia male..." Continuò guardandola come se potesse scavare in quegli occhi e impadronirsi di tutti i suoi segreti. "I-io ..." Balbettò improvvisamente scomoda, quasi fuori luogo nella sua stessa casa. "Perché sei qui?" Si riportò immediatamente sulla difensiva e Alejandro sospirò alzando gli occhi al cielo.
"Te l'ho già detto, sono venuto a controllare come stav-"
"Il vero motivo.." Lo interruppe. Il latino rimase per un momento interdetto, indeciso se cogliere l'invito o meno. "Io avevo bisogno di vedere che non ti era successo nulla..." E non ci fu bisogno di altre parole perché la Wilson capisse al volo.
"Perché?" Chiese istintivamente. Il latino la fissò confuso "perché cosa?" Chiese, ma Heather lo vide, aveva capito perfettamente quella domanda eppure stava fingendo il contrario. L'ispanica si limitò a fissarlo per un tempo che le sembrò lunghissimo prima che lui sospirasse di nuovo.
Il latino la guardò indeciso per ancora un paio di minuti prima di portarsi al centro del letto perfettamente difronte a lei. "Mi piaci Heather, mi piaci da impazzire..." Disse incatenando gli occhi a quelli petrolio della collega. "...mi sei sempre piaciuta, dalla prima volta che sei apparsa nel mio ufficio chiedendomi dove fosse il tuo ufficio a quando per la prima volta ho notato l'anello al tuo dito...." Continuò prendendole la mano sinistra tra le proprie, Heather trattenne il fiato incapace di fare altro. "...E oggi sono corso qui, appena dopo l'ufficio per...per assicurarmi che stessi bene, quando mi ha aperto tuo marito volevo solo..solo sferrargli un pugno in piena faccia...perciò e per tanti altri motivi che non so spiegare Heather sto per baciarti, perché? Perché non voglio fare nient'altro....
Conterò fino a cinque, se non vuoi allontanami..se non vuoi, devi dirlo..." Soffiò l'ultima frase abbassando la voce di due toni.
Heather lo fissava incredula.
"Uno.." Cominciò piano, in un sussurro.
"Due..."
"Alejandro..." Le uscì in un soffio poco convinto.
"Se vuoi che mi fermi basta che lo dici... Tre.." Portò con un gesto lento la sua mano destra sulla guancia dell'asiatica, facendo una piccola pressione con i polpastrelli su quella pelle olivastra così liscia.
"Quattro..." La Wilson ingoiò a vuoto, gli occhi lucidi. "Heather basta che tu dica 'Fermati Alejandro' e io uscirò da quella porta, mi vedresti solo in ufficio...non piomberei più nel tuo di ufficio a stuzzicarti e non ti farei più inviti poco consoni... Basta che tu lo dica..."
Heather incatenò gli occhi a quelli del latino per poi chiuderli e dischiudere leggermente le labbra in una richiesta silenziosa.
Il respiro bollente del suo collega si infranse sulle sue labbra e l'ispanica si ritrovò a serrare con più forza gli occhi.
"Cinque..." Soffiò Alejandro prima di azzerare la distanza.


La sveglia suonò prepotente ed Heather si tirò a sedere con uno scatto, il suo stesso respiro affannato risuonava nella stanza. Quando ebbe riconosciuto la sua camera da letto si lasciò cadere sul materasso all'indietro, cercando di regolarizzare il respiro.
Ma cosa accidenti le era preso?!
Si passò pesantemente le mani sul volto buttando fuori dai polmoni tutta l'aria. Poi lasciò cadere anche quelle in modo da occupare tutto il letto matrimoniale.
Tutto.
Si voltò solo in quel momento per poi notare che suo marito era già fuori dalle lenzuola. Rotolò fino alla parte del letto ancora tiepida di suo marito, appoggiando la testa sul suo cuscino per poi inspirare il suo profumo. Sorrise debolmente e chiuse gli occhi.
Pessima mossa.
Pessima mossa perché appena le sue palpebre furono chiuse il profumo di suo marito si trasformò in quello di un latino di sua conoscenza e le parve quasi di rientrare nel sogno.
Si tirò a sedere di scatto nuovamente scuotendo la testa. Doveva assolutamente smettere di rigirarsi in quelle lenzuola e prepararsi per andare in ufficio.
Indossò le pantofole che la sera prima aveva accuratamente lasciato al fianco del letto e una lunga felpa da casa che aveva sicuramente visto giorni migliori. Si diresse in cucina strisciando pesantemente i piedi ed evitò per miracolo di sbattere contro la credenza del corridoio. Quando entrò in cucina di stupì di trovare la tavola imbandita e un biglietto appoggiato alla sua tazza. Sorrise amaramente, del resto la fase delle scuse non era ancora terminata. Prese il biglietto tra le mani piano quasi potesse sgretolarsi da un momento all'altro e passò altrettanto delicatamente le dita sulla bella calligrafia del marito.

-Sono uscito a fare dei servizi e per andare al negozio di liquori-

Recitava. Al negozio di liquori. "Oh ma andiamo.. Sul serio?!" Chiese ad alta voce, cercando con gli occhi quasi una telecamera o una troupe televisiva pronta a sbucare da dietro un angolo, nonostante fosse l'unica ad essere in casa in quel momento.
Mentre il sogno le ritornava prepotente in mente.



Alejandro entrò in macchina preceduto dalla sua valigetta che aveva accuratamente lanciato. Con un tonfo sordo chiuse la portiera per poi mettere in moto. Le parole di suo fratello, dalla sera precedente, continuavano a riaffiorare nella sua testa, quasi come un pezzetto di legno nel bel mezzo del mare. Non importa quanto il mare sia agitato, il legnetto troverà sempre il modo di galleggiare, così come quelle lettere taglienti. "Riflettici" aveva detto.
Ma su cosa?! Sul fatto che forse apprezzava anche la personalità di Heather oltre che il fisico? E allora? Era del tutto normale! O almeno così sperava che fosse.
Accese la radio con un gesto secco cercando di allontanare i suoi pensieri della sera precedente e uno del tutto nuovo che gli diceva che tra meno di un quarto d'ora avrebbe visto Heather Wilson. La radio si avviò con fatica ma ben presto le note di una canzone riempirono l'abitacolo della macchina. No, non una canzone qualunque, sarebbe stato troppo facile. Una canzone con un testo e delle parole ben precisi. -You will never know-  risuonava debolmente in tutta l'auto e il latino sbottò incredulo "Oh ma andiamo.. Sul serio?!" nonostante fosse solo. Era sempre più convinto che il destino si divertisse terribilmente a prenderlo per i fondelli. Sbuffò cambiando stazione radio mentre nella sua testa scriveva a chiare lettere, come promemoria per una vita futura, 'trovare il responsabile del destino'.


Entrò in ufficio con una camminata che sembrava più una marcia che altro per poi sbattere pesantemente la valigetta di cuoio sulla scrivania ancora arrabbiata per lo scherzetto che il suo subconscio le aveva fatto quella stessa notte. Come poteva aver sognato il suo più grande nemico in una..in una situazione come qu-quella!? Perfetto, ora balbettava anche mentalmente. " Noto che sei di ottimo umore anche oggi..." Una voce calda le arrivò alle orecchie e un brivido caldo le percorse la spina dorsale. Merda. Si girò con un sorriso tirato "...dovrei assolutamente fissare un cartello che vieti ai cani di entrare sulla mia porta" fece fintamente pensierosa. Il latino ridacchiò. "Ma così ti auto-esculederesti Heat' " La Wilson lo guardò confusa "Heat'?" Alejandro spalancò gli occhi, come si era potuto lasciare sfuggire quel nomignolo ?!
" Sul serio? Heat'?" Chiese l'ispanica ancora confusa. " I-io.... beh.. io" provó Alejandro senza che alcuna scusa valida gli venisse in mente. "Non mi affibbiare mai più un nomignolo." Disse dura l'ispanica. Il latino non fece in tempo ad annuire che una terza persona entrò nella stanza. "A me sembra un ottimo inizio, signorina Wilson," la voce squillante della segretaria del capo interruppe quel silenzio imbarazzante-almeno per il latino-" considerato quello che vi aspetta" continuò con un sorrisetto che non prometteva nulla di buono. Entrami aggrottarono le sopracciglia per poi guardarsi confusi.
"Se adesso volete seguirmi, prego" fece con aspetto formale per poi voltarsi e dirigersi verso la seconda parte del piano che comprendeva altri uffici tra cui quello del capo. Seguirono la bionda in silenzio lanciandosi occhiate interrogative e, da parte di Heather, stilettate quando la testa del latino prese il ritmo del sedere della segretaria. "Attendete qui." Disse voltandosi appena per poi entrare nell'ufficio del capo e chiudere la porta alle proprie spalle. Su Blaine
ley non c'era molto da dire. Bionda, occhi azzurri  , assetata di fama e ricchezza, un bel corpo e niente scrupoli a sfruttarlo.
Sapevano tutti perché e come fosse diventata la segretaria del capo e ogni tanto il "colloquio" si ripeteva. Diciamo solo che se la moglie del capo avesse partecipato ad un presepe vivente avrebbe avuto la parte del bue.
Dopo pochi minuti uscì dalla stanza e fece segno ai due di entrare. Alejandro trotterellò verso la porta e l'aprì in modo teatrale e ammiccante per la Wilson che, in tutta risposta, alzò gli occhi al cielo.
Quando entrarono il latino si gettò su una delle sue poltrone poste difronte all'immensa scrivania in mogano mentre l'ispanica rimase in piedi diffidente con le braccia appena incrociate sotto il seno.
La sedia altrettanto enorme che, fino a quel momento, era stata di spalle si girò lentamente e un uomo sulla cinquantina apparve sorridente, troppo sorridente.
Adorava farlo.
Sia fare la sua entrata ad effetto che mettere in soggezione i suoi dipendenti con quel sorriso smaltato. Negli occhi vispi una strana luce brillava, rimasero così a fissarsi per un po' prima che l'uomo battesse le mani facendo sobbalzare i due colleghi.
"Allooora.." esordì "...so benissimo che tra voi due non corre buon sangue.." Continuò saltando, letteralmente, giù dall'enorme sedia e aggirando la scrivania. "...ma siete i miei due dipendenti migliori, o sbaglio?" Chiese sorridendo.
"Su, su, rispondete" li esortò saltellando sul posto.
"Così dicono.." Rispose la Wilson per entrambi. L'uomo annuì sorridente allacciando le braccia dietro la schiena in un gesto che gli avevano visto fare molte volte. "E indovinate un po' ? Due!" Fece riprendendo a saltellare.
Alejandro e Heather si scambiarono un'altra occhiata, sempre più confusi. L'uomo sbuffò come se la semplice frase che aveva pronunciato fosse una delle più esaurienti spiegazioni di sempre. Si arrampicò nuovamente sulla sua poltrona e si infilò gli occhiali. "Due è il numero di dipendenti che devo mandare in centrale questo fine settimana" spiegó scocciato. "Per delle nuove direttive" aggiunse. "E noi che dobbiamo fare?" Chiese irritata la Wilson, quell'uomo la innervosiva non poco.
"Mia sciocca, sciocca e viziata ragazzina, ho scelto voi due! Albergo pagato e tutto il resto, ovviamente." Per un momento la Wilson lo fissò incredula. Poi quasi come se si fosse risvegliata da un sogno sbottò "Due giorni interi- giorno e notte, 24 ore su 24!- con quest'essere?!" Chiese indicando il latino che già stava ghignando. "Non ci penso minimamente!" Fece con voce stridula prima di voltarsi e uscire in modo teatrale.
Il latino si alzò ridacchiando e strinse la mano del suo capo. "Non si preoccupi, signor Mclean, ci penso io" disse uscendo da quell'ufficio.
Alejandro trotterellò fino al suo ufficio mentre un ghigno sempre più ampio si apriva sul suo volto. Due giorni. Due giorni interi, interi! Aveva due giorni per stare solo ed unicamente con Heather. Quasi fece una piroetta, quasi.
Sentì distintamente rumori e imprecazioni provenire dalla stanza in fondo al corridoio e il suo ghigno si allargò a dismisura. Si sarebbe divertito non poco, assolutamente non poco. "Hey chica che ti prende?" Esordi entrando nell'ufficio della Wilson.
"Non so, forse il fatto che devo passare due giorni con un troglodita come te mi infastidisce?!" Chiese retorica, accartocciando l'ennesimo foglio e il latino trattenne una risata. "Oh, andiamo, non sarà così terribile!" Disse a metà tra il divertito e il serio.
"Alejandro, io ho degli impegni qui, non posso tutto ad un tratto partire con quattro giorni di preavviso!" Il latino avanzò verso di lei ghignando. "Sei sicura che sia questo il vero motivo?" Domandò con una punta di malizia nella voce e appoggiandosi con le mani allo schienale di una delle due poltrone per clienti.
"Sentiamo in quella mente bacata quale potrebbe essere.." Disse alzando le mani e lasciandosi cadere sulla sua poltrona.
"Non so, vediamo, ho una vasta scelta..... Non vuoi rimanere sola con me..." Incominciò e in un gesto,che Heather identificò come automatico -per forza automatico, si- , si leccò rapidamente le labbra. "Non mi sembra che abbia problemi a rimanere da sola con te." Rispose acida alzando le mani per far notare che nessun altro era nella stanza. "Sai benissimo che non intendo in questo modo....Non vuoi rappresentare un'azienda di cui fondamentalmente ti importa ben poco..." Continuò, sedendosi su quella stessa poltrona a cui si era appoggiato.
"Su questo potresti avere ragione, ma potrei dire la stessa cosa di te...."
"Forse..." Incatenò gli occhi a quelli dell'asiatica ed entrambi seppero che in realtà stavano girando intorno ad un unico motivo.
Il marito della Wilson.
Alejandro non sapeva cosa in particolare la trattenesse ma sapeva che il motivo principale era lui. "Heather è un'occasione che comunque non puoi lasciare che ti sfugga" riprovò immediatamente serio.
"I-io..."
"Heather potrebbe essere il modo di farci notare in centrale..." Continuò sporgendosi un po' sulla scrivania.
"I-io non credo siano affari che ti riguardano." Rispose fredda ma colpita da quelle parole.
"Fa come ti pare..." Sospirò il latino prima di abbandonare quella stanza.


Heather spinse delicatamente il portone di casa sua che si richiuse con un leggero 'click'. "Sono a casa.." si annunciò posando la borsa da lavoro e le buste della spesa nell'ingresso. Ma non ricevette alcuna risposta. Sospirò, suo marito non era ancora rientrato.
Sistemò la spesa nella dispensa e le carte nella piccola libreria del soggiorno. Si lasciò cadere sul divano al centro della stanza.
Un pensiero la tormentava.
Cosa avrebbe dovuto fare? Certo, la chiamata in centrale avrebbe potuto segnare una svolta nella sua carriera che attendeva da tempo eppure.... Eppure l'idea di passare due giorni con quell'uomo, la spaventava.
Se il sogno di quella mattina aveva contribuito? Certamente. Non riusciva più a liberarsi di quell'immagini che la sua testa continuava a ripercorrere. E continuava a darsi della stupida.
Era così sbagliato, maledettamente sbagliato. Non avrebbe dovuto avere quei pensieri soprattutto se riguardavano un suo collega. E non un qualsiasi collega....
Alejandro Burromuerto.
Il suo nemico più grande all'interno di quell'ufficio e anche il più grande marpione che avesse mai conosciuto.
Ed, ecco, la sua mente stava vagando di nuovo. Tutte le volte che il latino le aveva fatto delle avance inopportune o che le aveva lanciato occhiate poco consone le tornarono alla mente veloci come un fulmine. E poi quell'occhiata.
Quella che le aveva lanciato subito dopo aver scorto il livido appena sotto la clavicola. Un brivido le percorse la schiena e si costrinse a smettere di pensare. Guardò l'orologio.
Le 20.04
Suo marito ancora non era rientrato, sbuffò per poi tirarsi su e dirigersi in cucina. Preparò la cena e apparecchiò la tavola con una lentezza esasperante. L'acqua ormai bolliva da tempo quando la porta d'ingresso si chiuse con un tonfo.
Passi leggeri, rumore di chiavi che cadono sulla credenza, buste di plastica e mobili che si aprono e si chiudono. Dopo poco suo marito comparve sulla soglia della cucina sorridente. Heather sorrise di rimando e si alzò per salutarlo.
Lui la strinse a se delicatamente "Ciao" soffiò sulle labbra di sua moglie che sorrise e a sua volta mormorò un 'ciao'. La baciò così dolcemente che Heather per un momento dimenticò la sua scappatella di pensieri.
Per un momento. Prima di ricordare che doveva mettere al corrente suo marito, almeno del viaggio. Servì i piatti mentre suo marito si cambiava al piano superiore. Un rumore di passi le annunciò che stava scendendo le scale e, improvvisamente, si sentì terribilmente nervosa.
 Suo marito prese posto difronte a lei e le sorrise felice. "Com'è andata oggi a lavoro?" Chiese realmente interessato portando la prima forchettata di pasta alla bocca. Heather deglutì a vuoto. "Bene.... Mclean mi ha scelto per andare a rappresentare la nostra azienda in centrale" sorrise nervosa attendendo una qualsiasi reazione. L'uomo sorrise e lei si rilassò, giusto un po'.
"Solo te?" Chiese dopo poco.
"No, anche un mio collega...Alejandro Burromuerto" rispose giocherellando nervosamente con la forchetta.
"Che razza di cognome" ridacchiò con la bocca piena l'altro. "Quando?" Chiese poi nuovamente serio.
"Questo weekend" rispose con voce debole l'asiatica "però se vuoi che non ci vada basta che tu lo dic-" si affrettò ad aggiungere ma l'uomo la interruppe.
"No, no vacci" disse sorridendo.
Heather lo fissò confusa, in un'altra situazione sapeva che non l'avrebbe mai mandata con un altro uomo in viaggio, ma sapeva anche che l'uomo era ancora pentito per il loro litigio. Abbastanza pentito da lanciarla tra le braccia di un suo collega, quando uno dei motivi principali del litigio era stato proprio questo. Il presunto tradimento dell'asiatica, ma un'idea le attraversò veloce la mente.
Cogliere la palla al balzo.
"Sul serio, basta che tu dica che non vuoi e io non ci vado" disse fintamente affranta.
"No, basta è deciso. Voglio che tu ci vada."




**Angolo dell'autrice**
Scusate il ritardo!
Prometto che questa settimana mi farò perdonare!

  
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