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Autore: Elikin    23/12/2013    1 recensioni
- Sono felice quando Mai è felice! Lei è felice con Tate, quindi a me va bene! Mh!-
- A volte mi chiedo se tu in realtà non sia la più matura di tutte noi...- mormorai tra me e me con un mezzo sorriso, ma bastò tornare ad alzare lo sguardo verso Mikoto e il suo tentativo di toccarsi il naso con la lingua per farmi ricredere quasi immediatamente.
Sospirai scuotendo la testa e cercai qualcosa su cui concentrarmi nell'attesa, visto l’impegno che la mia compagna metteva nella sua attività, ma non ne abbi bisogno perché quella parlò di nuovo.
- Perché Natsuki non è felice?-
[Dal Primo Capitolo - "Tutto è bene quel che finisce bene"]
Genere: Introspettivo, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shoujo-ai | Personaggi: Natsuki Kuga, Shizuru Fujino, Un po' tutti
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'She's just my most important person.'
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Chiedimi se sono felice
Capitolo 4 – Passato, presente e futuro

 
Con l’avanzare di Dicembre il rapporto tra me e Shizuru era decisamente migliorato e per questo probabilmente dovevo ringraziare Mai. Il suo intervento quella volta era stato decisivo per dare una svolta al nostro rapporto ormai raffreddato. Quella sera appena ci eravamo ritrovate a casa l’avevo ringraziata - evento straordinario per me - e avevo fatto meno sfuriate del solito quando lei mi aveva preso in giro. Si era comportata davvero da amica e la cosa mi rendeva felice.
Per anni avevo vissuto in solitudine, lontana da tutti. Poi quando mi ero trasferita in quella scuola avevo incontrato Shizuru e lei era diventata a mia migliore amica, l’unica persona di cui mi potessi fidare e che pareva tenerci a me. Mi aveva insegnato lei ad accettare l’aiuto degli altri e a non rifiutare a prescindere chiunque si volesse avvicinare a me. Se me lo avessero detto allora non avrei mai creduto che sarei riuscita a farmi delle amiche, per me era già una cosa strana frequentare Shizuru, figurarsi ripetere la cosa con qualcun altro! Eppure ero cambiata. Non ero stata però l’unica a farlo. Tutte noi durante il Karnival avevamo imparato qualcosa e avevamo fatto tesoro di quell’insegnamento.
Io avevo scoperto che la mia migliore amica si era innamorata di me e che l’aveva taciuto per tutto il tempo. A prescindere dagli orrori che erano poi stati causati dal mio rifiuto nei suoi confronti, o da quello che potesse essere successo o meno quella notte, tutto questo mi aveva profondamente scombussolato e ferita. Sapevo che se anche me l’avesse detto prima le cose non sarebbero cambiate, però la cosa mi aveva turbata lo stesso.
Perché? Probabilmente perché in qualche modo l’avevo sempre saputo ma avevo preferito nasconderlo.
Accettare l’amore di Shizuru, come l’amore di una donna per un’altra per me era una cosa troppo complessa anche solo da concepire a quei tempi, ma non perché fosse lei! Semplicemente non riuscivo ancora a capire bene cosa volesse dire essere innamorati. Innamorarsi... sembrava una di quelle cose che possono capitare solo agli altri e non a te. Invece ero stata messa di fronte a quella verità e mi era toccato fare una scelta. Alla fine a risolvere tutto era stata Nao, seppure aspirasse a fare esattamente l’opposto. Era stata lei a farmi capire chi fosse la vera persona a cui tenessi di più, cioè quella che mi era sempre stata vicino nonostante tutto e che avevo fatto soffrire con il mio comportamento infantile.
La sera precedente alla fine del Karnival, prima dello scontro con Shizuru, era stata la più lunga e complessa della mia vita. Nonostante la notte insonne al mattino ero solo riuscita a capire che in qualsiasi modo avrei dovuto fermare Shizuru, non avrei permesso che si distruggesse, non dopo tutto quello che aveva fatto per me. Anche se quello voleva dire andare a morire.
Era stato con l’animo di una suicida che mi ero diretta a scuola, ma fu solo quando incrociai di nuovo il suo sguardo ferito e vidi le lacrime correre sulle sue guance che mi resi conto di una cosa.
Provavo amore nei suoi confronti. Un amore così grande e puro che mi aveva permesso di evocare un Child in grado di tenerle testa. Era all’amore che provavo per lei che pensavo quando la abbracciai e la baciai in quella Chiesa, ma non ne comprendevo ancora tutte le sfumature e i risvolti.
Mi pento ora di averlo fatto quella volta. Non sapevo ancora cosa volesse dire “amare” in quel senso. Era stato un bacio dettato dal bisogno di farle capire che non la odiavo, che non mi faceva schifo come pensava. Non era stato altro. Proprio per questo tornare a vivere come se nulla fosse accaduto risultò essere per me impossibile. Non avevo programmato di sopravvivere, quindi alla fine la vita risultò essere ancora più spaventosa della prospettiva della morte.
Fu probabilmente per questo che mi allontani gradualmente da lei nei mesi seguenti. All’inizio credevo che sarei riuscita a comprendere meglio quei sentimenti in breve tempo e che tutto si sarebbe risolto - d’altronde mi era bastata una notte l’ultima volta - ma così non era stato ed io e Shizuru ci eravamo allontanate.
Ritrovarla per me era stato come rinascere di nuovo, probabilmente non l’avrei mai ammesso, ma era stato così. Riprendere a parlarle, a giocare e a scherzare per me era una immensa fonte di gioia. Ultimamente mi sorprendevo ad avere quasi la voglia di avvicinarmi a lei e di toccarla magari, mentre era così concentrata sui libri quando studiavamo assieme nel salotto di casa mia. Ma non lo facevo mai. Per ora preferivo aspettare, ma mi ripromisi di non far ricapitare mai più una cosa come quella dell’estate appena passata.
 
- Ara Natsuki, non scordare di riscaldare la cena prima di mangiarla! È sul tavolo!- mi ricordò Shizuru prendendo la sua borsa nera dal divano sul quale ero seduta e dirigendosi verso l’uscio di casa mia.
- Oi, Shizuru! Non sono più una bambina!- mi lamentai distogliendo un attimo gli occhi dal videogioco nel quale ero immersa.
Quelle scenette così casalinghe e naturali erano tornate ad essere all’ordine del giorno per mia enorme gioia. Purtroppo l’università che frequentava Shizuru sembrava essere un ostacolo più grande di quanto avessimo pensato. Non avevamo quasi mai tempo da passare assieme e quando lo avevamo raramente era per rilassarci, più che altro ne approfittavamo per condividere un pasto oppure per studiare assieme. Tuttavia ero fiduciosa, mi aveva promesso che non appena fossero iniziate le vacanze invernali avremmo avuto tutto il tempo che volevamo e saremmo persino andate fuori città ad una importante svendita di lingerie con la sua nuova macchina.
- Se Natsuki dovesse avere bisogno d’aiuto non deve esitare a chiamarmi, sarei disposta anche ad imboccarla se ce ne fosse bisogno!- mi informò con tono carezzevole mentre cercava le chiavi della macchina rovistando nella borsa.
- NON C’E’ BISOGNO CHE TI DISTURBI TANTO!- mi affrettai a ribattere alzando la voce. Quella ragazza amava sempre dire cose così imbarazzanti!
- Honma? Che gran peccato... beh, vorrà dire che dovremo rifarci in un altro modo.- il tono lascivo con cui pronunciò le ultime parole non lasciava di certo scanso ad equivoci, anzi faceva correre la fantasia in modo abbastanza funzionale.
Gemetti arrossendo fino alla punta dei capelli.
- SHIZURU!- urlai lanciandole il primo cuscino che trovai a portata di mano, ma quello si andò a schiantare con forza contro il muro visto che la mia torturatrice aveva già provveduto a tagliare la corda.
Scossi la testa brontolando cose come “Shizuru baka”, “Dovrebbero metterla sottochiave” e “Un giorno di questi la ucciderò nel sonno” mentre tornavo a giocare al mio videogioco. Il suo aiuto a superare il recupero di Economia Domestica - decisamente diverso da quello dell’anno passato visto che a Midori era stato vietato di transitare per la scuola quel giorno - era stato fondamentale e se non fosse stato per lei non mi sarei neanche potuta rilassare come in quel momento, mentre pregustavo già le vacanze invernali.
Passai un’altra mezz’oretta sul mio gioco, ma ben presto me ne stancai. Stranamente mi sembrava noioso ora che non c’era Shizuru ad interrompermi ogni cinque minuti per chiedermi chi fosse quel personaggio o perché stessimo sparando a quel Capo di Stato. Mi guardai intorno alla ricerca di qualcosa da fare, ma sul momento niente sembrava aggradarmi. Sbuffando mi ero quindi diretta verso la mia stanza ed avevo indossato la mia tuta da motociclista, la mia seconda pelle, e dopo aver preso il casco e le chiavi ero subito uscita dal mio appartamento in direzione della mia Duran Mark IV.
 
L’aria fredda invernale sulla mia pelle mi fece inizialmente rabbrividire, ma una volta che me ne abituai ripresi a respirare come ogni volta che ero a cavallo di quel veicolo.
Guidare la moto per qualche strano motivo mi rilassava. Sentire l’aria infrangersi contro di me senza riuscire a fermarmi, il paesaggio scorrermi intorno o persino l’odore della benzina erano tutte cose che inebriavano i miei sensi e mi facevano sentire viva. Trovavo piacevole persino fare lo slalom tra le macchine a velocità improponibili - cosa che di solito riusciva a strappare un gemito di sorpresa persino a Shizuru con mia enorme soddisfazione -.
Per me la moto era come un pezzo di me stessa, non c’era niente che non potessi fare quando la cavalcavo. Ma una cosa in cui la moto riusciva particolarmente, era l’essere perfetta distrazione da qualsiasi problema. Avevo guidato per ore quando ero venuta a conoscenza dei miei poteri di HiME e questo era successo anche quando avevo scoperto la verità su mia madre, o quando avevo preso la mia decisione finale riguardo il Karnival. Quando la cavalcavo ogni problema si faceva lontano e potevo evitare di pensarci almeno per qualche momento. Potevo desiderare di essere una ragazza normale con interessi normali e perché no, una vita e una famiglia normale. A volte quando tornavo nella mia casa spoglia dopo una serata passata a correre mi pareva di sentire quasi la voce di mia madre che mi rimproverava di essere stata troppo avventata e che mi sarei potuta fare del male, a volte la sua voce veniva sostituita da quella melodiosa e con la cadenza tipica del Kyoto-ben di Shizuru. Sebbene non fossero circostanze proprio felicissime quel semplice interessamento nei miei confronti riempiva il mio cuore di calore. Mentre voltavo a sinistra e mi preparavo ad accostare la moto ripensai alla prima volta che mi era capitato di risentire quella sensazione da quando mia madre era morta.
Era successo circa due anni fa, quando ero ancora al terzo anno delle scuole medie. Quando scoprì di avere i miei poteri da HiME, che cosa fossero e quali fossero le vere intenzioni del Primo Distretto, l’organizzazione che aveva ucciso mia madre anni prima. Il risveglio del mio marchio fu piuttosto complesso e doloroso, come anche lo scontro che ebbi con Duran prima che riuscissimo ad intenderci e diventare uno parte dell’altra, per cui l’indomani mi ero recata a scuola piena di graffi e contusioni. Shizuru ne era subito rimasta allarmata e credendo alla mia scusa dell’essermeli fatti cadendo dalla moto mi aveva anche minacciato di picchiarmi se avessi osato rifare una cosa del genere. Ma quel tono così accorato e preoccupato aveva risvegliato in me qualcosa, così come continuava a farlo anche oggi a distanza di anni.
 
Le luci intermittenti e non proprio funzionanti della mia meta facevano allungare la mia ombra in un modo alquanto malsano e spaventoso. Avevo deciso di avventurarmi al supermercato per fare un po’ di spesa di schifezze. Da quando Shizuru aveva di nuovo ripreso a frequentare la mia casa ogni cosa che non fosse da lei ritenuta salutare era stata buttata nel cestino sotto i miei occhi piangenti. Solo la maionese era riuscita a resistere a tale trattamento, ma mi era stato concesso mangiarla solo lontano dai suoi occhi. “Occhio che non vede cuore che non duole, ara” mi aveva detto.
Feci le mie spese in tempi abbastanza brevi e quando uscì dal supermercato osservai felicissima il mio sacchetto della spesa pieno di patatine, popcorn, barrette di cioccolato e quant’altro esistesse di grasso o zuccherato. Mentre appendevo il sacchetto al’apposito gancio sul avanti della moto però il mio occhio ricadde sull’insegna di un negozio là vicino. A quanto pareva aveva appena aperto un negozio di accessori per veicoli.
Eccitatissima all’idea di esplorarlo e di trovare, nel frattempo, qualcosa per migliorare le prestazioni della mia Ducati mi ci fiondai dentro senza neanche pensarci.
L’interno si presentò subito più grande di quanto sembrasse dall’esterno e nonostante le poche persone mi bastò un colpo d’occhio per rendermi conto della qualità della merce esposta. C’era sia roba di gran classe che più economica, insomma era un posto decisamente ben organizzato. Cominciai così a farmi strada tra le varie sezioni, destando come sempre curiosità negli altri clienti che solitamente erano tutti maschi. Effettivamente non era una cosa da tutti i giorni vedere una ragazza così interessata ai motori e vestita con una tuta da motociclista.
Evitai di fare caso ai fischi di apprezzamento che si levarono da un paio di deficienti provenienti dal settore auto e mi recai direttamente nella sezione protezioni. Era da un po’ che mi frullava in testa l’idea di cambiare casco, ormai questo per quanto avessi cercato di sistemarlo era quasi ridotto un rottame. Non sarebbe stato male prenderne uno blu magari. Mentre riflettevo attentamente sulla scelta migliore da fare sentì dei passi pesanti farsi strada fino alle mie spalle per poi fermarsi.
Il nuovo venuto scelse di schiarirsi la gola per palesare la sua presenza, ma io lo ignorai bellamente. Provò a ripetere il gesto, ma continuai a fissare tranquillamente i caschi esposti.
- Che ci fa una bella ragazza come te in un negozio per maschietti?- disse la voce, chiaramente indispettita dal non aver ricevuto nessun segno poco prima. Doveva essere un uomo veramente imponente a giudicare dai toni gravi e dall’ombra che la sua mole proiettava su di me. Immediatamente cominciai ad irritarmi, per colpa sua non riuscivo a distinguere bene le gradazioni di blu.
- Ehi, ci senti?- continuò ad urlare quello.
- Ti conviene andartene, sono già parecchio irritata.- sussurrai girandomi appena e fulminandolo con lo sguardo. Vidi l’omaccione, alto almeno un metro e ottanta e vestito in perfetto stile da centauro della strada, indietreggiare leggermente davanti alla mia occhiata, salvo poi riprendersi e cercare di costringermi a girarmi completamente verso di lui afferrandomi per la spalla. A quel punto la mia pazienza giunse al limite, esibendomi in una delle mie soavi note gli torsi il braccio con rabbia e lo calciai in pieno viso, facendolo finire tra le catene per legare le moto, poi sbuffai riavviandomi i capelli e gli voltai le spalle, prendendo un casco che avevo già adocchiato prima e dirigendomi verso la cassa sotto gli occhi increduli del mal capitato e dei restanti clienti.
Come se nulla non fosse successo porsi al commesso ancora a bocca aperto l’articolo prescelto e feci per pagare, ma fu in quel momento che lo vidi, in uno scaffale vicino la cassa, messo in esposizione in tutto il suo splendore. Il regalo supremo.
 
Non saprei ben dire perché queste cose mi stiano tornando in mente proprio adesso che mi trovo in una situazione simile. Sono tanti e piccoli i particolari che mi hanno condotto fino a qui - ora posso quasi sentire il rumore dell’occhiello che viene spostato e che mostra al padrone di casa chi è che ha osato suonargli a quest’ora -, non mi pento di nulla di quello che feci in seguito, anche perché furono tra i momenti più belli della mia vita nonostante tutto. 



 


Sebbene in ritardo ecco anche il quarto capitolo! So benissimo che è di passaggio, ma con il prossimo ci rifaremo :3 Vi lascio con un paio di precisazioni linguistiche e ne approfitto per augurarvi un Buon Natale!

Honma: Viene anche questo dal dialetto del Kyoto-ben e significa "Davvero" 

Baka: Termine classico di ogni opera per intrattenimento Giapponese vuol dire "Stupido/a"

P.S.
Per chiarimenti riguardo altri termini presenti nel Capitolo basta leggere le note infondo del Capitolo 2 :3 
   
 
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