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Autore: fantwriter    23/12/2013    0 recensioni
"Dieci minuti prima di chiudere il computer mi arrivò una richiesta di amicizia su Facebook. La aprii.. 'Harry Glarthen desidera essere tuo amico. ACCETTA o RIFIUTA'
Cercai di capire per un paio di minuti se era qualcuno della mia scuola, ma quando sentii ‘Ciao, è stata una bella serata, saluta Danielle’ , accettai la richiesta senza pensarci e chiusi il computer."
Genere: Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Era un nuovo giorno, il tempo era uno schifo come sempre. Controllai il cellulare e trovai una chiamata persa..
«Sconosciuto..mmm» dissi fissando lo schermo. Misi il cellulare nella borsa e andai al piano di sotto, c’era mia mamma seduta sul divano con un fazzoletto bagnato tra le mani. Capii subito che aveva pianto quella notte così le andai vicino e le diedi un bacio sulla guancia. Mi sorpresi al contatto, aveva la pelle molto calda.
«Mamma tutto bene? » avvicinai la mano delicatamente sulla fronte per controllare la temperatura ma allo sfioro mi prese la mano e le diede un bacio freddo.
«Tranquilla Dani, credo sia solo febbre. Vai a scuola o fai tardi, ci vediamo per pranzo».
«No, voglio stare a casa con te. Posso saltarla per una volta, tanto non danno compiti i primi giorni» la mia sembrava più una supplica che una richiesta.
«Ti ho detto che sto bene, vai a scuola piccola. Fallo per me» si alzò dal divano, prese una barretta dietetica dalla borsa e me la mise in mano. La salutai e uscii dalla porta per prendere l’autobus delle 7:40.
Appena arrivata fuori scuola iniziò a piovere a dirotto. Iniziai a correre con la borsa sulla testa per non bagnarmi i capelli, anche se con scarsi risultati.
Percorsi il corridoio e arrivai al mio armadietto bagnata fradicia, presi i libri e gli appunti quando sentii una mano appoggiarsi sulla mia spalla. Passò a una stretta in pochi secondi, delle labbra mi sfiorarono il collo, brividi che invasero il mio corpo dalla testa ai piedi. Chiusi gli occhi senza volerlo e mi girai di scatto.. aprii gli occhi e..
«Ciao pulce, che fai? Vai ai festini in piscina in pieno autunno senza di me? » era Andrea. Il solito coglione, pensai, non so nemmeno perché sia mio amico.. cioè, fa battute pessime che nemmeno fanno ridere. Poi però mi sorrise e i suoi occhi verdi luccicarono come facevano sempre.. ecco perché, era la dolcezza in una sola persona. Dire che Andrea è un dono della natura è dire poco. Lasciai da parte i miei pensieri e gli diedi uno schiaffo sul petto facendo finta di essere incazzata.
«Perché non ti sei fatto sentire per tutta l’estate? Dove cacchio eri finito? Pensavo fossi morto» misi il broncio come una bambina di cinque anni.
«Ho provato a contattarti ma alla fattoria di mio padre non prendeva niente, pensa che non ho guardato la TV per due mesi».
«Saranno stati i mesi peggiori della tua vita immagino» iniziai a ridere pensando al mio povero Andrea chiuso in una casa senza tecnologia.
«Puoi dirlo forte. Io ora vado che ho il test di biologia, ci vediamo nell’intervallo. Ciao DanDan» mi diede un bacio sulla guancia e se ne andò. DanDan è il soprannome che mi diede quando avevamo otto anni. Stavamo facendo una gara di rap in camera sua e non so come, è venuto fuori questa specie di nome. Da quel momento in poi ha iniziato a chiamarmi sempre così, lo adoro.
 
 
Finite le lezioni mi incamminai verso l’uscita quando vidi mio padre fuori il cancello ad aspettarmi. Le mie gambe iniziarono a tremare, non riuscivo a reggermi in piedi, non sapevo se piangere o esplodere di gioia, così gli corsi incontro ma rallentai il passo notando la sua espressione.. non era affatto felice. Stava piangendo.
«Papà che diamine sta succedendo? » il mio respiro si stava facendo pesante.
«D-danielle.. mi dispiace. I-io non p-potevo crederci» iniziò a singhiozzare e abbassò lo sguardo.
«Di cosa stai parlando? Insomma mi vuoi spiegare o devo rimanere qui come una stupida? E dov’è mamma?! Doveva venirmi a prendere lei oggi».
«Sali in macchina e ti spiego per favore, sali» mi aprì lo sportello della macchina facendomi segno di entrarci.
«Io non vengo da nessuna parte finché non mi dici dove cazzo è mia madre! » stavo iniziando ad incazzarmi ma la paura stava crescendo velocemente dentro di me.
«E va bene.. lei.. lei ha preso delle pillole e.. Danielle non ce l’ha fatta, è arrivata in ospedale troppo tardi. Mi dispiace piccola» i suoi occhi si riempirono di lacrime e il mio cuori smise di battere per qualche secondo. La frase “non ce l’ha fatta” continuava a rimbombare nella mia testa, speravo di essere in uno dei miei soliti incubi. Chiusi gli occhi sperando di risvegliarmi ma niente, sentivo mio padre che ripeteva il mio nome, sentivo le sue braccia avvolgermi ma non riuscivo ancora a muovermi, ero impassibile, la luce nei miei occhi si stava spegnendo lentamente.
«Portami da lei» mi uscì un filo di voce, mio padre a malapena riuscì a sentirmi. Entrai in macchina ancora con lo sguardo fisso nel vuoto, i miei occhi bruciavano, le lacrime scendevano sulle guance rosse.  Restai in silenzio per tutto il viaggio fino all’ospedale e quando fui arrivata all’ingresso tutto stava diventando più reale, i miei singhiozzi invasero la stanza. Eccola, era lì. Su quel lettino, con gli occhi chiusi, senza vita. Era proprio lei, la donna che amavo di più al mondo. Piansi per mezz’ora ininterrottamente ma all’improvviso mi pervase il corpo di rabbia. Ero incazzata, furiosa, delusa, ferita, mio padre era la colpa di tutto questo, lui e la sua famiglia del cazzo! Mi alzai da terra, percorsi il corridoio del tredicesimo piano dell’ospedale e li trovai lì, con delle tazze di cioccolata in mano vicino alla macchinetta delle bibite.
«TU! » indicai mio padre e cacciai fuori tutta la rabbia possibile. «Brutto bastardo, mi fai schifo! Vedo che ti sei portato anche la tua bella famigliola felice! E non fare quella faccia dispiaciuta Amanda perché non ti è mai fregato un cazzo di me e mia madre, tu sei stata la causa di tutto questo, per me puoi solo morire! E ora mi rivolgo di nuovo a te caro padre che mi viene a trovare a ogni morte di papa, non ti bastava avere una bella casa con una donna che ti fa da serva 24 ore su 24 e con due bambine strillanti che saltano di qua’ e di la’? No! Devi venire a casa a rovinare la mia serata, a rovinare la mia vita PER SEMPRE, e sì, dico per sempre perché mamma non potrà più tornare indietro, l’hai lasciata per una che potrebbe essere tua figlia, ci hai abbandonato e torni così dal nulla portando loro tre! Spero tu sia felice adesso, hai raggiunto il tuo obiettivo, hai distrutto la mia vita, sei contento adesso? » oddio, si. Ce l’ho fatta, sono riuscita a dirgli in faccia tutto quello che mi sono contenuta in questo tempo. Guardavo mio padre dritto negli occhi, aspettavo qualche risposta, qualche frase per farmi calmare ma le sua labbra non si mossero. Nei suoi occhi c’era tristezza, riuscivo a percepire i suoi sensi di colpa, rimase in silenzio e mi guardava, sapeva che avevo ragione. Non riuscii a restare nemmeno un secondo e me ne andai, presi un Taxi e mi feci portare a casa. Corsi in camera a piangere, non riuscivo ancora a crederci, sentivo ancora il suo profumo nell’aria. Mi addormentai con il viso impregnato di lacrime, il cuscino macchiato dal trucco e con una ferita al cuore che penso non si riparerà mai.
  
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