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Autore: oscar1755    18/05/2008    5 recensioni
“Oscar si svegliò di malumore anche quella mattina. Ultimamente, non riusciva a riposare che poche ore per notte. I pesanti turni di pattugliamento, ai quali erano sottoposti i suoi soldati, le impedivano di essere serena.
L'esasperazione del popolo parigino sembrava diffondersi senza controllo, ed il compito di prevenire disordini diventava sempre più arduo.”
Genere: Romantico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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capitolo 5

CAPITOLO 11

Le labbra serrate e lo sguardo gelido del generale Jarjayes mostravano chiaramente che fremeva d’ira a stento trattenuta.
Oscar ignorò la poltrona che suo padre le aveva indicato e rimase in piedi.
Pur consapevole della grave colpa commessa, avvertiva nell’animo, una profonda serenità, originata, senza alcun dubbio, dall’aver agito abbracciando gli ideali di lealtà e di giustizia nei quali, da sempre, credeva.
Non avrebbe mai potuto impartire l’ordine di aprire il fuoco sui rappresentanti del Terzo Stato, né permettere che una persona nobile d’animo come il colonnello Stewart, la cui unica colpa consisteva, forse, in un eccesso di generosità, affrontasse il tribunale militare.
Presumeva, non senza ironia, che i generali di Sua Maestà il re, riuniti al suo cospetto, avessero violentemente protestato, reclamando una punizione severa ed esemplare per il colonnello Oscar François de Jarjayes, reo di aver osato sfidare la secolare autorità del sovrano.
Scrutò di nuovo il volto cupo di suo padre, rinfrancata dalla rassicurante presenza di André alle sue spalle.
- André, lasciaci soli – ordinò il generale, rompendo il silenzio – che cosa aspetti? – tuonò impaziente, notando che il giovane non accennava ad allontanarsi.
- Gli ho chiesto io di accompagnarmi, padre – intervenne Oscar con tono tranquillo, ma risoluto – e non desidero che se ne vada.
Il generale squadrò la figlia, cogliendo nello sguardo un lampo di sfida e, sebbene adirato, ne apprezzò il coraggio.
- Hai organizzato la fuga di un prigioniero e deliberatamente ignorato un ordine di Sua Maestà il re: con il tuo tradimento hai infangato il nome della nostra famiglia. Siamo disonorati – la biasimò con veemenza.
- La soluzione è puntarsi una pistola alla tempia, ma non posso farlo – dichiarò laconica.
- Stai forse tentando di provocare tuo padre, Oscar? – la accusò, in preda all’ira - se hai qualcosa da dire ti ascolto. La colpa di cui ti sei macchiata è grave, ma sei sempre mia figlia – concluse, senza nascondere un sincero sconforto.
- Non posso morire adesso, vi scongiuro di perdonarmi – ribadì, rattristandosi.
- Non posso perdonarti. Subirai le conseguenze del tuo assurdo gesto, Oscar.
- Padre, consentitemi di affrontare il tribunale militare – lo supplicò, pacata – ed accetterò qualunque punizione mi verrà inflitta. Non opponetevi a questo mio desiderio, vi prego.
Padre e figlia si misurarono con lo sguardo, in un silenzio denso di incertezza.
Entrambi percepivano la profonda tensione che, inesorabile e furtiva, stava logorando il loro già fragile legame.
Il generale Jarjayes osservò con attenzione il volto impassibile di Oscar, ravvisando in lei, per la prima volta, la ferrea determinazione a tenergli testa.
Posò la mano sull’impugnatura della spada, oppresso da sentimenti contrastanti.
Temeva, tormentandosi, che la malinconica fragilità che, troppo spesso ormai, traspariva dal bellissimo volto di Oscar fosse cagionata dall’averle imposto un destino assai diverso da quello delle sorelle.
Diviso fra l’amore paterno per quella figlia che aveva cresciuto come un uomo e la cieca devozione alla famiglia reale, non riusciva a dirimere l’angosciante conflitto interiore.
Scosse nervosamente il capo, richiamando alla mente il grave atto di tradimento che ella aveva commesso nei confronti del sovrano.
- Il disonore non si cancella con un processo, ma solo con la morte! – esclamò, infine, sguainando la spada.
Sollevò il braccio armato, trattenendo brucianti lacrime di dolore.
- Ti ucciderò chiedendo perdono a Dio, e poi ti seguirò – mormorò, sconfitto.
- No. Non lo fate! – gridò André, avventandosi con forza sull’uomo.
- André, vattene!
- No, signor generale, non me ne vado! – lo sfidò di nuovo, contrastandolo minaccioso.
Disorientato, lo fissò, stentando a riconoscere, in quello sguardo fiero e determinato, l’attendente rispettoso e taciturno che da molti anni era al servizio della sua famiglia.
Ne osservò l’atteggiamento impavido e, senza nascondere lo stupore, realizzò che André non era più il ragazzo pacato che lui stesso aveva voluto al fianco di sua figlia, ma un uomo determinato a proteggere, a qualsiasi costo, la donna amata.
- Tu vorresti fuggire con Oscar, non è vero? – gli chiese, infine.
- Sì – confessò – ma lei desidera affrontare il tribunale militare. La sua lealtà verso di voi è più forte del timore di una condanna. Vi prego, signor generale, acconsentite alla sua richiesta.
- Taci, André – gli intimò, contrariato.
- Vi ergete a giudice senza darvi cura di comprendere l’animo di vostra figlia – mormorò, chinando il capo.
- Basta, Andrè! – gridò il generale, indispettito - non posso più tollerare il tuo atteggiamento insolente.
- Voi non ucciderete la donna che amo – si ostinò, deciso – badate, farò qualunque cosa per difendere Oscar – lo avvertì, irremovibile.
Il generale Jarjayes lo squadrò con ostilità, rendendosi conto, dall’espressione seria e risoluta, che non vi era alcuna menzogna nelle parole di André.
Un improvviso rumore di zoccoli ruppe il minaccioso silenzio calato tra loro.
- Aprite! - gridò una voce concitata - sono un messaggero di Sua Maestà. Vengo da Versailles e ho un messaggio per Oscar François de Jarjayes.
Il generale rinfoderò lentamente la spada ed osservò, con un’espressione vuota e spossata, l’uomo entrare nel palazzo.
- Colonnello Oscar François de Jarjayes siete invitata a recarvi immediatamente a Versailles dove sarete ricevuta in udienza da Sua Maestà la regina.
Il generale si avvicinò alla figlia e, trattenendola per un braccio, la scrutò dubbioso.
- Andrò da sola, padre – dichiarò la giovane, intuendo i pensieri del genitore.
- No, ti accompagno – affermò, contrariato dall’atteggiamento riluttante di Oscar.
- Padre, credete forse che io possa fuggire? – gli chiese, sconcertata.
L’uomo scosse lentamente il capo, trasse un profondo respiro e cercò lo sguardo limpido della figlia, bramando di leggervi il perdono per il suo folle comportamento.
Oscar, immobile, fissò la mano del padre ancora posata sul braccio.
- No, so che non lo farai – sospirò, infine, il generale, lasciandola andare.
In silenzio, incrociò lo sguardo di André e si lasciò sfuggire un sorriso stanco.
- Ti ringrazio per avermi impedito di commettere una pazzia – mormorò sommesso, prima di uscire a sua volta.

***

Si inchinò in segno di rispetto ed attese che la regina Maria Antonietta le rivolgesse la parola.
- Madamigella Oscar, non vi ho convocato per biasimarvi – esordì, pacata – ma per annunciarvi che non verrà preso alcun provvedimento nei vostri confronti. Mi auspico soltanto, da parte vostra, una maggiore lealtà verso la famiglia reale.
Stupita, Oscar sollevò lo sguardo, incrociando l’espressione indulgente della sovrana.
- Avevo commesso una mancanza molto grave ed ero pronta ad accettare qualunque punizione, cosa che ho evitato grazie al vostro intervento – mormorò riconoscente - ve ne sono grata, Maestà.
- La nostra amicizia dura da vent’anni. Era il minimo che potessi fare – le disse, sorridendole con sincerità.
La regina mosse qualche passo, senza nascondere una crescente apprensione.
- Anche tutto quello che sta accadendo a Parigi mi preoccupa non poco, Oscar – proseguì - però questi disordini finiranno molto presto. Forse voi non lo sapete, amica mia, ma in questi giorni molti reggimenti stanno marciando verso Parigi e Versailles – confessò – e quando ci saranno i soldati, scioglierò l’Assemblea Nazionale e farò combattere i rivoltosi – promise con tono minaccioso.
Oscar sgranò gli occhi, incapace di profferire parola, mentre una violenta inquietudine le attanagliava l’animo.
- Il momento è molto difficile, madamigella Oscar. Forse sarà necessario che il re dia ordine alle truppe di combattere i rivoltosi e se questo accadrà vorrei tanto avervi vicino – aggiunse Maria Antonietta, accorata.
Oscar abbassò lo sguardo, lacerata da un terribile impeto di ineluttabile fatalità.
Si sforzò di regalarle un ultimo sorriso prima di congedarsi, con un inchino, da un mondo che ormai non le apparteneva più.
Lungo i corridoi cupamente deserti, i passi riecheggiavano lenti e cadenzati, in netto contrasto con il tumulto interiore che la stava devastando.
Mentre la famiglia reale si stava inesorabilmente inimicando il popolo, il vento della protesta che spirava dentro di lei sempre più intenso, la esortava ad allontanarsi dalla donna che aveva servito e rispettato per vent’anni.
Un improvviso attacco di tosse la costrinse ad appoggiarsi al muro. Respirò a fondo, cercando di calmarsi.
Fissando, con soffocante angoscia, il guanto macchiato di sangue, comprese che non avrebbe più potuto tacere, ad André, la verità.

***

Gli ultimi raggi del sole morente risplendevano sul volto bellissimo, ma affaticato di Oscar. Attraversò, con il cavallo al passo, l’ampio cancello di palazzo Jarjayes.
All’esterno, suo padre ed André la attendevano, ciascuno immerso nei propri pensieri.
Chiuse gli occhi per un istante, tentando di contrastare un fastidioso malessere che non le concedeva tregua.
Incontrò con bramosia lo sguardo smeraldo di André ed un lieve sorriso le illuminò il volto stanco.
Osservò i due uomini, l’uno accanto all’altro, in palese attesa del suo rientro.
Passato e futuro si stagliavano di fronte a lei: il generale Jarjayes, padre severo e soldato inflessibile, inconsapevole di essere al centro della terribile lotta che aveva ingaggiato contro se stessa e la nobiltà alla quale apparteneva, ed André, amato e desiderato al di là di ogni convenzione sociale, al cui fianco bramava trascorrere la propria vita.
Scese da cavallo con elegante agilità e porse le redini ad Andrè.
- Sua Maestà Maria Antonietta mi ha perdonato – asserì, semplicemente, celando la opprimente incertezza sul proprio avvenire.
Il generale Jarjayes sospirò di sollievo.
- Grazie alla generosità della nostra regina la tua vita è salva, Oscar – mormorò tra le lacrime – sono contento.
Posò lo sguardo cristallino sul padre, osservandone la sincera commozione. Dall’espressione tranquilla e malinconica trapelava l’affetto per quel genitore che l’aveva voluta soldato a qualunque costo.
Un lieve sospirò le uscì dalle labbra socchiuse, consapevole che il conflitto interiore che la affliggeva rischiava di allontanarli, definitivamente, l’uno dall’altra.
Il generale Jarjayes osservò entrambi i giovani con espressione enigmatica, prima di allontanarsi, senza aggiungere altro.
Oscar avvertì su di sé lo sguardo attento di André, certa che lui percepisse il suo sordo dolore. Tornò a guardarlo, sentendosi, ancora una volta, felice di averlo accanto.
- Ti ringrazio per avermi protetto da mio padre, André - sospirò con affettuosa gratitudine.
Il giovane chinò il capo e le sorrise, infondendole un poco della sua tenace forza interiore.
- André? – lo chiamò.
- Che cosa c’è, Oscar? – le chiese dolcemente.
- So che i turni di guardia sono spossanti, ma d’ora in avanti vorrei che tu tornassi a casa con me ogni sera – ammise con premura.
- Come desideri, Oscar – replicò, accarezzandole con tenerezza i lunghi capelli biondi.
Gli occhi chiari le brillarono di gioia, mentre la sua mano cercava, avida, quella di André.
In silenzio, si scambiarono un profondo sguardo d’intesa, consapevoli che la notte avrebbe dischiuso i loro segreti ed accolto, nel proprio grembo, il legame indissolubile che li univa.

***

I giorni si susseguivano, in apparenza, uguali a loro stessi, densi di tensione e di contrasti.
I soldati della Guardia avevano ripreso i pesanti turni di pattugliamento, ma sui loro volti stanchi si leggeva l’inquietudine per un futuro che non offriva alcuna certezza.
Le truppe, richiamate dal re, si ammassavano a Parigi, fomentando lo scontento e la rabbia popolare.
In molti, ormai, vedevano nell’atteggiamento del sovrano e dell’aristocrazia un complotto per annullare l’autorità dell’Assemblea Nazionale.
Oscar sapeva che la calma apparente dei soldati celava, in realtà, una intensa e frustrante preoccupazione.
Lo stesso colonnello Dagôut le aveva esternato il timore che la situazione potesse degenerare in qualsiasi momento.
Con impeccabile eleganza, si allontanò dalla finestra del proprio ufficio e tornò ad osservare il soldato di fronte a lei, immobile sull’attenti.
- Hai chiesto di vedermi. Parla, Alain. Che cosa c’è? – lo invitò, perentoria.
- Volevo ringraziarvi a nome di tutti i soldati della Guardia, comandante. L’ordine di rimanere consegnati in caserma ha evitato che fossimo accusati tradimento – dichiarò con riconoscenza – perché noi non avremmo mai eseguito le disposizioni del generale Bouillé – confessò, avvicinandosi a lei ed osservandone attentamente l’espressione imperturbabile – e voi lo sapevate. Siete il miglior comandante che abbia mai avuto – aggiunse, infine, con palese ammirazione.
Un lungo silenzio calò fra loro.
Fissando gli occhi scuri di Alain, Oscar comprese di condividere con i propri soldati molto di più di una semplice uniforme militare.
- Bene, ora puoi andare – gli disse con un sorriso – devi dirmi altro? – gli chiese poi, notando che Alain non accennava a muoversi.
- Comandante, sono preoccupato. Parigi è piena di soldati. Il popolo si sente minacciato e potrebbe decidere di ribellarsi. Che cosa accadrebbe alla Francia, se il re ordinasse di reprimere nel sangue i disordini?
Oscar strinse le labbra e volse lo sguardo verso la piazza d’armi.
- Non lo so - mentì - ora torna nei tuoi alloggi, Alain – gli ordinò pacata.
Il soldato assentì e prima di uscire le gettò un’ultima, intensa, occhiata.
Rimasta sola, ammise di condividere con Alain e gli altri soldati della Guardia il medesimo timore.
Con un sospiro, prese tra le mani la missiva che un maggiordomo dei Jarjayes le aveva consegnato quella mattina stessa.
Si avvicinò alla finestra e cominciò a leggere.

Mia cara Oscar,
vi scrivo queste righe con il cuore gonfio di dolore per quanto accaduto. Il desiderio di ricevere vostre notizie è intenso quanto la pena che mi affligge nel sapere che dovrete affrontare il tribunale militare.
Mi auspico che voi non dobbiate espiare una condanna a causa della grave mancanza che ho commesso.
Nutro la speranza che la regina Maria Antonietta rammenti che l’avete servita lealmente per molti anni e che il vostro gesto non è altro che l’espressione di un animo generoso e sincero e vi conceda il perdono che meritate.
La nave sulla quale William ed io ci siamo imbarcati fra poco leverà le ancore ed il mare separerà le nostre vite. Mi auguro che non sia per sempre. Io desidero rivedervi, Oscar.
Vi devo la vita e ve ne sarò per sempre grata.
Mi addolora non essere riuscita a persuadervi a partire con noi.
Ma non dispero, sapete? Forse quello che sto per scrivervi non vi farà piacere, ma non posso lasciare nulla di intentato per convincervi a lasciare la Francia.
Avrei desiderato coltivare più a lungo la nostra amicizia, ma il destino ha deciso diversamente.
Vi confesso che in più di una occasione ho colto il tormento che vi affligge, ma, rispettosa del vostro riserbo, non ne ho fatto parola con voi ed ora me ne dolgo.
Ricordo, non senza rimpianto, i lunghi silenzi che hanno scandito le ore trascorse in vostra compagnia e solo quando il tempo è divenuto nostro nemico, mi avete rivelato, concisa e riservata, che amate André.
Ditemi Oscar, perché allora non ricercate la felicità personale? Pensate a voi stessa. E ad André.
La Francia attraverserà un periodo molto difficile e voi ne siete lucidamente consapevole. Vi prego, raggiungetemi a Londra, Oscar.
Assaporate nel mio Paese quella felicità completa a cui avete diritto insieme all’uomo che amate.
Inoltre, dovete curarvi, lo sapete. Promettetemi che lo farete.
Attenderò ogni giorno di ricevere vostre notizie.
Con profondo affetto ed amicizia, vi chiedo di riflettere sulle mie parole.
Accogliete la mia supplica accorata, Oscar, e partite, vi scongiuro.

Andrew Philip Stewart

 

Sospirò di sollievo nell’apprendere che Andrew era salva.
Tornò a contemplare il cielo terso di luglio e mosse qualche passo, cercando di stemperare la tensione.
Parola dopo parola, Andrew aveva tessuto la trama della cruda realtà.
Parigi era piena di soldati e di contingenti stranieri che contribuivano, non poco, ad accrescere l’ira del popolo. La situazione era molto tesa ed il timore che potessero scoppiare violenti scontri era tangibile.
Si portò una mano alla fronte, constatando di avere di nuovo la febbre.
La malattia, pur concedendole momenti di tregua, avanzava inesorabile e non le avrebbe concesso di vivere ancora a lungo.
Al di là della Manica avrebbe trovato la serenità e, forse, la guarigione.
Lasciare la Francia significava abbandonare il suo passato. Nulla, ormai, se non il nome del suo casato, la accomunava alla nobiltà.
Sentiva di appartenere ad André ed a lui soltanto. Sospirò di nuovo, in preda ad una profonda indecisione.
Ammirando il tramonto, tentò di liberare la mente dalla ridda di pensieri contrastanti.
Chiuse gli occhi, lasciandosi invadere dal desiderio di dimenticare ogni cosa fra le braccia di André.

 

continua

Finito anche questo capitolo. Che dire? Nulla per il momento, perché se lo facessi ne uscirebbe un papiro… Ormai ci siamo, suppongo un paio di capitoli se la "trama non mi inganna".
Spero solo di riuscire a trasmettere le stesse emozioni che provo io mentre scrivo.
Sono riuscita ad aggiornare prima del previsto e cercherò di farlo, se mi sarà possibile, anche prossimamente.
Riconoscerete certamente, tra i vari dialoghi, alcune frasi celebri prese dall’anime: poiché mi è molto caro non posso non citarlo….

Un doveroso e sincero grazie a:

giusyangel: grazie per le belle parole, sono un bellissimo incentivo a continuare così. Per il resto… non posso anticipare come va a finire, non credi? …..

baui: eh già, Andrew è partita. Si incontreranno di nuovo lei ed Oscar? Mah! Non posso certo dirlo io…

Valentina78: grazie. Mi fa piacere che ti coinvolga, visto che capita anche a me mentre la scrivo.

fighterdory: obiettivo raggiunto, allora, se ti toglie il fiato, perché significa che il mio impegno nello scrivere è servito ^_^. Sai, a me piace (e mi fa lo stesso effetto), ma non è detto che lo stesso valga anche per le altre persone. Come continua? Chissà….

roby the best: eccoti accontentata con un altro capitolo. Spero che rimarrai soddisfatta anche di questo.

E grazie anche a chi passa e dà solamente un’occhiata veloce e a chi legge tutto e non lascia recensioni.

Alla prossima.

Oscar1755

  
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