CAPITOLO 11
Le labbra serrate e lo sguardo gelido del generale Jarjayes mostravano
chiaramente che fremeva d’ira a stento trattenuta.
Oscar ignorò la poltrona che suo padre le aveva indicato e rimase in piedi.
Pur consapevole della grave colpa commessa, avvertiva nell’animo, una
profonda serenità, originata, senza alcun dubbio, dall’aver agito abbracciando
gli ideali di lealtà e di giustizia nei quali, da sempre, credeva.
Non avrebbe mai potuto impartire l’ordine di aprire il fuoco sui
rappresentanti del Terzo Stato, né permettere che una persona nobile d’animo
come il colonnello Stewart, la cui unica colpa consisteva, forse, in un eccesso
di generosità, affrontasse il tribunale militare.
Presumeva, non senza ironia, che i generali di Sua Maestà il re, riuniti al
suo cospetto, avessero violentemente protestato, reclamando una punizione severa
ed esemplare per il colonnello Oscar François de Jarjayes, reo di aver osato
sfidare la secolare autorità del sovrano.
Scrutò di nuovo il volto cupo di suo padre, rinfrancata dalla rassicurante
presenza di André alle sue spalle.
- André, lasciaci soli – ordinò il generale, rompendo il silenzio – che cosa
aspetti? – tuonò impaziente, notando che il giovane non accennava ad
allontanarsi.
- Gli ho chiesto io di accompagnarmi, padre – intervenne Oscar con tono
tranquillo, ma risoluto – e non desidero che se ne vada.
Il generale squadrò la figlia, cogliendo nello sguardo un lampo di sfida e,
sebbene adirato, ne apprezzò il coraggio.
- Hai organizzato la fuga di un prigioniero e deliberatamente ignorato un
ordine di Sua Maestà il re: con il tuo tradimento hai infangato il nome della
nostra famiglia. Siamo disonorati – la biasimò con veemenza.
- La soluzione è puntarsi una pistola alla tempia, ma non posso farlo –
dichiarò laconica.
- Stai forse tentando di provocare tuo padre, Oscar? – la accusò, in preda
all’ira - se hai qualcosa da dire ti ascolto. La colpa di cui ti sei macchiata è
grave, ma sei sempre mia figlia – concluse, senza nascondere un sincero
sconforto.
- Non posso morire adesso, vi scongiuro di perdonarmi – ribadì,
rattristandosi.
- Non posso perdonarti. Subirai le conseguenze del tuo assurdo gesto,
Oscar.
- Padre, consentitemi di affrontare il tribunale militare – lo supplicò,
pacata – ed accetterò qualunque punizione mi verrà inflitta. Non opponetevi a
questo mio desiderio, vi prego.
Padre e figlia si misurarono con lo sguardo, in un silenzio denso di
incertezza.
Entrambi percepivano la profonda tensione che, inesorabile e furtiva, stava
logorando il loro già fragile legame.
Il generale Jarjayes osservò con attenzione il volto impassibile di Oscar,
ravvisando in lei, per la prima volta, la ferrea determinazione a tenergli
testa.
Posò la mano sull’impugnatura della spada, oppresso da sentimenti
contrastanti.
Temeva, tormentandosi, che la malinconica fragilità che, troppo spesso ormai,
traspariva dal bellissimo volto di Oscar fosse cagionata dall’averle imposto un
destino assai diverso da quello delle sorelle.
Diviso fra l’amore paterno per quella figlia che aveva cresciuto come un uomo
e la cieca devozione alla famiglia reale, non riusciva a dirimere l’angosciante
conflitto interiore.
Scosse nervosamente il capo, richiamando alla mente il grave atto di
tradimento che ella aveva commesso nei confronti del sovrano.
- Il disonore non si cancella con un processo, ma solo con la morte! –
esclamò, infine, sguainando la spada.
Sollevò il braccio armato, trattenendo brucianti lacrime di dolore.
- Ti ucciderò chiedendo perdono a Dio, e poi ti seguirò – mormorò,
sconfitto.
- No. Non lo fate! – gridò André, avventandosi con forza sull’uomo.
- André, vattene!
- No, signor generale, non me ne vado! – lo sfidò di nuovo, contrastandolo
minaccioso.
Disorientato, lo fissò, stentando a riconoscere, in quello sguardo fiero e
determinato, l’attendente rispettoso e taciturno che da molti anni era al
servizio della sua famiglia.
Ne osservò l’atteggiamento impavido e, senza nascondere lo stupore, realizzò
che André non era più il ragazzo pacato che lui stesso aveva voluto al fianco di
sua figlia, ma un uomo determinato a proteggere, a qualsiasi costo, la donna
amata.
- Tu vorresti fuggire con Oscar, non è vero? – gli chiese, infine.
- Sì – confessò – ma lei desidera affrontare il tribunale militare. La sua
lealtà verso di voi è più forte del timore di una condanna. Vi prego, signor
generale, acconsentite alla sua richiesta.
- Taci, André – gli intimò, contrariato.
- Vi ergete a giudice senza darvi cura di comprendere l’animo di vostra
figlia – mormorò, chinando il capo.
- Basta, Andrè! – gridò il generale, indispettito - non posso più tollerare
il tuo atteggiamento insolente.
- Voi non ucciderete la donna che amo – si ostinò, deciso – badate, farò
qualunque cosa per difendere Oscar – lo avvertì, irremovibile.
Il generale Jarjayes lo squadrò con ostilità, rendendosi conto,
dall’espressione seria e risoluta, che non vi era alcuna menzogna nelle parole
di André.
Un improvviso rumore di zoccoli ruppe il minaccioso silenzio calato tra
loro.
- Aprite! - gridò una voce concitata - sono un messaggero di Sua Maestà.
Vengo da Versailles e ho un messaggio per Oscar François de Jarjayes.
Il generale rinfoderò lentamente la spada ed osservò, con un’espressione
vuota e spossata, l’uomo entrare nel palazzo.
- Colonnello Oscar François de Jarjayes siete invitata a recarvi
immediatamente a Versailles dove sarete ricevuta in udienza da Sua Maestà la
regina.
Il generale si avvicinò alla figlia e, trattenendola per un braccio, la
scrutò dubbioso.
- Andrò da sola, padre – dichiarò la giovane, intuendo i pensieri del
genitore.
- No, ti accompagno – affermò, contrariato dall’atteggiamento riluttante di
Oscar.
- Padre, credete forse che io possa fuggire? – gli chiese, sconcertata.
L’uomo scosse lentamente il capo, trasse un profondo respiro e cercò lo
sguardo limpido della figlia, bramando di leggervi il perdono per il suo folle
comportamento.
Oscar, immobile, fissò la mano del padre ancora posata sul braccio.
- No, so che non lo farai – sospirò, infine, il generale, lasciandola
andare.
In silenzio, incrociò lo sguardo di André e si lasciò sfuggire un sorriso
stanco.
- Ti ringrazio per avermi impedito di commettere una pazzia – mormorò
sommesso, prima di uscire a sua volta.
***
Si inchinò in segno di rispetto ed attese che la regina Maria Antonietta le
rivolgesse la parola.
- Madamigella Oscar, non vi ho convocato per biasimarvi – esordì, pacata – ma
per annunciarvi che non verrà preso alcun provvedimento nei vostri confronti. Mi
auspico soltanto, da parte vostra, una maggiore lealtà verso la famiglia
reale.
Stupita, Oscar sollevò lo sguardo, incrociando l’espressione indulgente della
sovrana.
- Avevo commesso una mancanza molto grave ed ero pronta ad accettare
qualunque punizione, cosa che ho evitato grazie al vostro intervento – mormorò
riconoscente - ve ne sono grata, Maestà.
- La nostra amicizia dura da vent’anni. Era il minimo che potessi fare – le
disse, sorridendole con sincerità.
La regina mosse qualche passo, senza nascondere una crescente
apprensione.
- Anche tutto quello che sta accadendo a Parigi mi preoccupa non poco, Oscar
– proseguì - però questi disordini finiranno molto presto. Forse voi non lo
sapete, amica mia, ma in questi giorni molti reggimenti stanno marciando verso
Parigi e Versailles – confessò – e quando ci saranno i soldati, scioglierò
l’Assemblea Nazionale e farò combattere i rivoltosi – promise con tono
minaccioso.
Oscar sgranò gli occhi, incapace di profferire parola, mentre una violenta
inquietudine le attanagliava l’animo.
- Il momento è molto difficile, madamigella Oscar. Forse sarà necessario che
il re dia ordine alle truppe di combattere i rivoltosi e se questo accadrà
vorrei tanto avervi vicino – aggiunse Maria Antonietta, accorata.
Oscar abbassò lo sguardo, lacerata da un terribile impeto di ineluttabile
fatalità.
Si sforzò di regalarle un ultimo sorriso prima di congedarsi, con un inchino,
da un mondo che ormai non le apparteneva più.
Lungo i corridoi cupamente deserti, i passi riecheggiavano lenti e cadenzati,
in netto contrasto con il tumulto interiore che la stava devastando.
Mentre la famiglia reale si stava inesorabilmente inimicando il popolo, il
vento della protesta che spirava dentro di lei sempre più intenso, la esortava
ad allontanarsi dalla donna che aveva servito e rispettato per vent’anni.
Un improvviso attacco di tosse la costrinse ad appoggiarsi al muro. Respirò a
fondo, cercando di calmarsi.
Fissando, con soffocante angoscia, il guanto
macchiato di sangue, comprese che non avrebbe più potuto tacere, ad André, la
verità.
***
Gli ultimi raggi del sole morente risplendevano sul volto bellissimo, ma
affaticato di Oscar. Attraversò, con il cavallo al passo, l’ampio cancello di
palazzo Jarjayes.
All’esterno, suo padre ed André la attendevano, ciascuno immerso nei propri
pensieri.
Chiuse gli occhi per un istante, tentando di contrastare un fastidioso
malessere che non le concedeva tregua.
Incontrò con bramosia lo sguardo smeraldo di André ed un lieve sorriso le
illuminò il volto stanco.
Osservò i due uomini, l’uno accanto all’altro, in palese attesa del suo
rientro.
Passato e futuro si stagliavano di fronte a lei: il generale Jarjayes, padre
severo e soldato inflessibile, inconsapevole di essere al centro della terribile
lotta che aveva ingaggiato contro se stessa e la nobiltà alla quale apparteneva,
ed André, amato e desiderato al di là di ogni convenzione sociale, al cui fianco
bramava trascorrere la propria vita.
Scese da cavallo con elegante agilità e porse le redini ad Andrè.
- Sua Maestà Maria Antonietta mi ha perdonato – asserì, semplicemente,
celando la opprimente incertezza sul proprio avvenire.
Il generale Jarjayes sospirò di sollievo.
- Grazie alla generosità della nostra regina la tua vita è salva, Oscar –
mormorò tra le lacrime – sono contento.
Posò lo sguardo cristallino sul padre, osservandone la sincera commozione.
Dall’espressione tranquilla e malinconica trapelava l’affetto per quel genitore
che l’aveva voluta soldato a qualunque costo.
Un lieve sospirò le uscì dalle labbra socchiuse, consapevole che il conflitto
interiore che la affliggeva rischiava di allontanarli, definitivamente, l’uno
dall’altra.
Il generale Jarjayes osservò entrambi i giovani con espressione enigmatica,
prima di allontanarsi, senza aggiungere altro.
Oscar avvertì su di sé lo sguardo attento di André, certa che lui percepisse
il suo sordo dolore. Tornò a guardarlo, sentendosi, ancora una volta, felice di
averlo accanto.
- Ti ringrazio per avermi protetto da mio padre, André - sospirò con
affettuosa gratitudine.
Il giovane chinò il capo e le sorrise, infondendole un poco della sua tenace
forza interiore.
- André? – lo chiamò.
- Che cosa c’è, Oscar? – le chiese dolcemente.
- So che i turni di guardia sono spossanti, ma d’ora in avanti vorrei che tu
tornassi a casa con me ogni sera – ammise con premura.
- Come desideri, Oscar – replicò, accarezzandole con tenerezza i lunghi
capelli biondi.
Gli occhi chiari le brillarono di gioia, mentre la sua mano cercava, avida,
quella di André.
In silenzio, si scambiarono un profondo sguardo d’intesa, consapevoli che la
notte avrebbe dischiuso i loro segreti ed accolto, nel proprio grembo, il legame
indissolubile che li univa.
***
I giorni si susseguivano, in apparenza, uguali a loro stessi, densi di
tensione e di contrasti.
I soldati della Guardia avevano ripreso i pesanti turni di pattugliamento, ma
sui loro volti stanchi si leggeva l’inquietudine per un futuro che non offriva
alcuna certezza.
Le truppe, richiamate dal re, si ammassavano a Parigi, fomentando lo
scontento e la rabbia popolare.
In molti, ormai, vedevano nell’atteggiamento del sovrano e dell’aristocrazia
un complotto per annullare l’autorità dell’Assemblea Nazionale.
Oscar sapeva che la calma apparente dei soldati celava, in realtà, una
intensa e frustrante preoccupazione.
Lo stesso colonnello Dagôut le aveva esternato il timore che la situazione
potesse degenerare in qualsiasi momento.
Con impeccabile eleganza, si allontanò dalla finestra del proprio ufficio e
tornò ad osservare il soldato di fronte a lei, immobile sull’attenti.
- Hai chiesto di vedermi. Parla, Alain. Che cosa c’è? – lo invitò,
perentoria.
- Volevo ringraziarvi a nome di tutti i soldati della Guardia, comandante.
L’ordine di rimanere consegnati in caserma ha evitato che fossimo accusati
tradimento – dichiarò con riconoscenza – perché noi non avremmo mai eseguito le
disposizioni del generale Bouillé – confessò, avvicinandosi a lei ed
osservandone attentamente l’espressione imperturbabile – e voi lo sapevate.
Siete il miglior comandante che abbia mai avuto – aggiunse, infine, con palese
ammirazione.
Un lungo silenzio calò fra loro.
Fissando gli occhi scuri di Alain, Oscar comprese di condividere con i propri
soldati molto di più di una semplice uniforme militare.
- Bene, ora puoi andare – gli disse con un sorriso – devi dirmi altro? – gli
chiese poi, notando che Alain non accennava a muoversi.
- Comandante, sono preoccupato. Parigi è piena di soldati. Il popolo si sente
minacciato e potrebbe decidere di ribellarsi. Che cosa accadrebbe alla Francia,
se il re ordinasse di reprimere nel sangue i disordini?
Oscar strinse le labbra e volse lo sguardo verso la piazza d’armi.
- Non lo so - mentì - ora torna nei tuoi alloggi, Alain – gli ordinò
pacata.
Il soldato assentì e prima di uscire le gettò un’ultima, intensa, occhiata.
Rimasta sola, ammise di condividere con Alain e gli altri soldati della
Guardia il medesimo timore.
Con un sospiro, prese tra le mani la missiva che un maggiordomo dei Jarjayes
le aveva consegnato quella mattina stessa.
Si avvicinò alla finestra e cominciò a leggere.
Mia cara Oscar,
vi scrivo queste righe con il cuore gonfio di dolore per quanto accaduto. Il
desiderio di ricevere vostre notizie è intenso quanto la pena che mi affligge
nel sapere che dovrete affrontare il tribunale militare.
Mi auspico che voi non dobbiate espiare una condanna a causa della grave
mancanza che ho commesso.
Nutro la speranza che la regina Maria Antonietta rammenti che l’avete servita
lealmente per molti anni e che il vostro gesto non è altro che l’espressione di
un animo generoso e sincero e vi conceda il perdono che meritate.
La nave sulla quale William ed io ci siamo imbarcati fra poco leverà le
ancore ed il mare separerà le nostre vite. Mi auguro che non sia per sempre. Io
desidero rivedervi, Oscar.
Vi devo la vita e ve ne sarò per sempre grata.
Mi addolora non essere riuscita a persuadervi a partire con noi.
Ma non dispero, sapete? Forse quello che sto per scrivervi non vi farà
piacere, ma non posso lasciare nulla di intentato per convincervi a lasciare la
Francia.
Avrei desiderato coltivare più a lungo la nostra amicizia, ma il destino ha
deciso diversamente.
Vi confesso che in più di una occasione ho colto il tormento che vi affligge,
ma, rispettosa del vostro riserbo, non ne ho fatto parola con voi ed ora me ne
dolgo.
Ricordo, non senza rimpianto, i lunghi silenzi che hanno scandito le ore
trascorse in vostra compagnia e solo quando il tempo è divenuto nostro nemico,
mi avete rivelato, concisa e riservata, che amate André.
Ditemi Oscar, perché allora non ricercate la felicità personale? Pensate a
voi stessa. E ad André.
La Francia attraverserà un periodo molto difficile e voi ne siete lucidamente
consapevole. Vi prego, raggiungetemi a Londra, Oscar.
Assaporate nel mio Paese quella felicità completa a cui avete diritto insieme
all’uomo che amate.
Inoltre, dovete curarvi, lo sapete. Promettetemi che lo farete.
Attenderò ogni giorno di ricevere vostre notizie.
Con profondo affetto ed amicizia, vi chiedo di riflettere sulle mie
parole.
Accogliete la mia supplica accorata, Oscar, e partite, vi scongiuro.
Andrew Philip Stewart
Sospirò di sollievo nell’apprendere che Andrew era salva.
Tornò a contemplare il cielo terso di luglio e mosse qualche passo, cercando
di stemperare la tensione.
Parola dopo parola, Andrew aveva tessuto la trama della cruda realtà.
Parigi era piena di soldati e di contingenti stranieri che contribuivano, non
poco, ad accrescere l’ira del popolo. La situazione era molto tesa ed il timore
che potessero scoppiare violenti scontri era tangibile.
Si portò una mano alla fronte, constatando di avere di nuovo la febbre.
La malattia, pur concedendole momenti di tregua, avanzava inesorabile e non
le avrebbe concesso di vivere ancora a lungo.
Al di là della Manica avrebbe trovato la serenità e, forse, la
guarigione.
Lasciare la Francia significava abbandonare il suo passato. Nulla, ormai, se
non il nome del suo casato, la accomunava alla nobiltà.
Sentiva di appartenere ad André ed a lui soltanto. Sospirò di nuovo, in preda
ad una profonda indecisione.
Ammirando il tramonto, tentò di liberare la mente dalla ridda di pensieri
contrastanti.
Chiuse gli occhi, lasciandosi invadere dal desiderio di dimenticare ogni cosa
fra le braccia di André.
continua
Finito anche questo capitolo. Che dire? Nulla per il momento, perché se lo
facessi ne uscirebbe un papiro… Ormai ci siamo, suppongo un paio di capitoli se
la "trama non mi inganna".
Spero solo di riuscire a trasmettere le stesse emozioni che provo io mentre
scrivo.
Sono riuscita ad aggiornare prima del previsto e cercherò di farlo, se mi
sarà possibile, anche prossimamente.
Riconoscerete certamente, tra i vari dialoghi, alcune frasi celebri prese
dall’anime: poiché mi è molto caro non posso non citarlo….
Un doveroso e sincero grazie a:
giusyangel: grazie per le belle parole, sono un bellissimo incentivo a continuare così. Per il resto… non posso anticipare come va a finire, non credi? …..
baui: eh già, Andrew è partita. Si incontreranno di nuovo lei ed Oscar? Mah! Non posso certo dirlo io…
Valentina78: grazie. Mi fa piacere che ti coinvolga, visto che capita anche a me mentre la scrivo.
fighterdory: obiettivo raggiunto, allora, se ti toglie il fiato, perché significa che il mio impegno nello scrivere è servito ^_^. Sai, a me piace (e mi fa lo stesso effetto), ma non è detto che lo stesso valga anche per le altre persone. Come continua? Chissà….
roby the best: eccoti accontentata con un altro capitolo. Spero che rimarrai soddisfatta anche di questo.
E grazie anche a chi passa e dà solamente un’occhiata veloce e a chi legge tutto e non lascia recensioni.
Alla prossima.
Oscar1755