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Autore: JeanGenie    24/12/2013    3 recensioni
[Capitan Harlock - Galaxy Express 999- Queen Emeraldas]
In viaggio sul 999, in fuga da Lametal, Maetel riceve un messaggio che la invita a tornare. Emeraldas, intanto, alla ricerca del proprio passato, sceglie come proprio vessillo il Jolly Roger.
Per le principesse gemelle di Lametal è arrivato il momento della separazione.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Harlock, Tochiro
Note: Cross-over, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Et in Arcadia Ego...'
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Le briciole sul sentiero

 

 

È strano quanto appaiano belle le persone mentre vanno via.”

(da ‘Velvet Goldmine’)

 

 

 

Lei e sua sorella non parlano mentre, nel vagone ristorante, consumano l’ultimo pranzo insieme. Risotto ai funghi. Spugnole direttamente dalla Terra. Forse è un segno del destino. Un modo per ricordarle che quel viaggio Emeraldas dovrà farlo da sola.

Errore.

Emeraldas ha scelto di fare quel viaggio da sola. Ha sempre saputo che lei non l’avrebbe seguita. E, per la prima volta nella sua vita, Maetel ha sentito calare un’invisibile barriera tra di loro.

Emeraldas non la guarda in faccia mentre si porta alla bocca la forchetta con la stessa concentrazione che lei ha visto sul suo viso solo al poligono di tiro o nella sua officina su Lametal.

C’è confusione, quel giorno, a bordo del Galaxy Express 999. Fra poche ore arriveranno su Heavy Melder, il più grande snodo ferroviario delle galassie conosciute. Da lì partono i binari che portano ai quattro angoli dell’universo. Per questo il 999 è nel caos, tra bagagli e passeggeri agitati. In quella carrozza, invece, sono quasi da sole. È troppo presto per pranzare. Il personale ha fatto un’eccezione. Perché la loro presenza non è più quella di due semplici passeggere. Per due anni hanno viaggiato su quel treno cercando qualcosa di inafferrabile.

Una speranza, secondo Maetel. Il sogno impossibile di poter piegare il tempo, di tornare indietro, di salvare quella che era stata la loro madre dalla propria follia. E il loro adorato pianeta Lametal con lei.

Armi, alleati, secondo Emeraldas. Un modo per poter cancellare per sempre ogni traccia di Lametal. Dimenticando che la regina meccanica che governa quel mondo di metallo una volta le teneva sulle ginocchia.

Maetel ha finto di non capire, di non vedere che le differenze tra lei e sua sorella, quelle che la loro madre reputava essere la loro grande forza, avrebbero finito col dividerle. E adesso, mentre osserva quel viso amato, chino sul piatto, pensa che potrebbe chiederle una ciocca dei suoi capelli di fiamma prima di separarsi da lei. Ma darebbe al distacco il sapore di un addio.

Testarda Emeraldas. Se solo potesse farle cambiare idea… ma non ci riuscirebbe. E non vuole vedere ricomparire nei suoi occhi azzurri la scintilla del disprezzo.

 

Da qualche tempo Emeraldas le appariva diversa. Dopo l’ultima fermata si era chiusa in un mutismo ostinato. Maetel aveva scorto la stanchezza sul suo viso, l’essere completamente impotente, senza prospettive precise e senza certezze la stava consumando.

Forse sarei dovuta restare” le aveva detto una sera, in una stanza d’albergo di Lago Piovoso, mentre la tempesta all’esterno infuriava e l’umidità densa impediva loro di dormire. “Restare su Lametal e combattere fino in fondo e morire con le armi in pugno portando nostra madre con me.”

Maetel era rabbrividita e non per l’acqua che impregnava l’ambiente. Era stato il suo tono aspro ancor più delle sue parole. Emeraldas stava cambiando, la sua forza e quel fuoco che aveva sempre bruciato dentro di lei si stavano trasformando in rancore e silenzio.

Per questo si era illusa che le notizie che aveva avuto circa le sorti del loro mondo le avrebbero fatto tornare la luce che lei conosceva così bene nello sguardo. L’aveva cercata, con il sorriso sulle labbra, sapendo per certo che l’avrebbe trovata nel bar principale di Lago Piovoso, a lamentarsi perché i loro alcolici sapevano di acqua stagnante. Così era stato.

Emeraldas si stava azzuffando, una furia scarlatta che aveva accusato tre individui dall’aria innocua di barare a carte. Maetel l’aveva vista mettere mano alla light saber e aveva gridato per bloccarla. Non le piaceva quando perdeva la testa in quel modo. Emeraldas l’aveva guardata come se stentasse a riconoscerla. Poi, come sempre, si era calmata. Aveva aiutato uno dei due tizi che aveva appena steso e aveva chiesto al barista da bere per tutti.

Detestava quell’aspetto di sua sorella. Fino a un paio di mesi prima non sapeva neppure che ci fosse. Ma adesso avrebbe rimesso le cose a posto. Tutte le cose a posto. Provando una gioia che temeva non avrebbe più ritrovato, le aveva detto tutto. Che più di un viaggiatore passato per Lametal portava notizie meravigliose. Che una nuova, inaspettata primavera stava sciogliendo lentamente il ghiaccio che avvolgeva il pianeta. Che gli scienziati erano riusciti a rendere reversibile il processo di meccanizzazione. E che la loro adorata madre era di nuovo una creatura di carne e sangue, libera da un’eternità di metallo e circuiti e dalla pazzia.

Solo un’ora prima aveva avuto la prova che si trattava della verità. Le era stato consegnato un messaggio vocale. Sua madre la invitava a tornare. Le diceva che era possibile fare un passo indietro. Che avrebbero potuto sistemare ogni cosa. Che aveva bisogno del suo aiuto.

Lei e sua sorella sarebbero potute tornare a casa. Avrebbero ritrovato il loro mondo. Sarebbero tornate ad essere le principesse gemelle amate dal loro popolo. Le braccia materne…

Per due anni Maetel le aveva rimpiante. Per due anni il sorriso dolce della regina, così simile al suo, il suo volto gentile e i suoi occhi profondi, nei suoi sogni avevano subito un’orribile metamorfosi. Ora non sarebbe più successo, ora Maetel non avrebbe più avuto incubi.

Aveva atteso per istanti infiniti una reazione di gioia da parte di Emeraldas. E aveva atteso invano. Sua sorella aveva semplicemente vuotato il bicchiere, e la sua espressione era rimasta cupa.

Ti ricordi quella vecchia favola che ci raccontava nostro padre, Maetel? Quella dei due fratelli abbandonati nel bosco che avevano disseminato il sentiero di briciole per poter trovare la strada di casa?”

Maetel aveva stretto le labbra. Aveva paura di scoprire dove sarebbe andata a parare. Emeraldas ricordava ogni cosa di papà. Ogni dettaglio a partire dai loro primi anni di vita. Lei invece faceva confusione tra le fiabe della buonanotte che avevano ascoltato da lui. Forse perché alcune le facevano paura e di nascosto tentava di tapparsi le orecchie per non sentire niente. Che cosa succedeva ai due bambini nel bosco? Nulla di piacevole, ne era sicura. Anche se c’era sempre un lieto fine a permettere loro di spegnere la luce senza timore.

Non… non troppo” le aveva risposto.

Non c‘era forse una strega che voleva mangiarli, una cosa così orribile in un racconto per bambini?

È un peccato. Perché parla di noi.”

Emeraldas si era fatta riempire di nuovo il bicchiere ma si era concessa solo una sorsata, terminata con una smorfia di disgusto. “Ma con che cosa la fanno questa robaccia? Mucillagine?”

Allora non berla” le aveva detto seccata. Odiava lasciare i discorsi in sospeso. E odiava anche quell’assurda reazione. Davvero non le importava nulla?

Maetel, i due fratelli non riuscirono a ritrovare la via di casa. I passeri avevano mangiato tutte le briciole. C’è da chiedersi, comunque, perché si ostinassero a voler tornare da una famiglia che non sapeva cosa farsene di loro, ma non è questo il punto.”

E qual è, allora?

Sempre più diverse. Ma sua sorella sarebbe rimasta per tutta la durata della propria esistenza la persona più importante per lei, di questo ne era sicura. Comunque fossero andate le cose.

I due ragazzini, a forza di girare, arrivarono ad una casa dalle pareti di marzapane. Immaginala, Maetel. Il tetto era una torta a tre strati di crema, la porta era fatta di cioccolato e le finestre di jubentai. Sembrava il paradiso, e la gentile signora che vi abitava li accolse con sorrisi e gentilezze.”

La strega. Sapeva che doveva esserci. E non era più necessario che Emeraldas continuasse. Aveva capito la triste morale. Ma sua sorella non sembrava avere intenzione di risparmiarla.

Noi siamo come quei bambini, Maetel. La tentazione è rappresentata da un pianeta fiorito e da una madre che ti aspetta a braccia aperte. Ma io ho visto il suo vero volto, il volto della strega, e non posso lasciarmi ingannare.”

Maetel aveva sentito la disperazione impossessarsi di lei quando si era ritrovata incapace di chiederle come potesse arrogarsi il diritto di cancellare ogni traccia di fiducia nei confronti della donna che le aveva messe al mondo. Perché percepiva ancora la presenza oscura di ciò che la sovrana era diventata. E la voglia di credere che un miracolo fosse avvenuto la faceva sentire orribilmente stupida. Eppure non avrebbe rinunciato a sperare fino a quando non avesse visto con i propri occhi che si trattava di un inganno. “Quindi sarebbero tutte menzogne?”

Emeraldas si era alzata senza aggiungere altro, limitandosi a lasciare il dovuto sul bancone. Maetel l’aveva vista uscire dal locale con il suo passo fiero e aveva capito che in quel momento una delle due stava fuggendo. Ma non avrebbe saputo dire se si trattasse di sua sorella o di se stessa.

 

When we will say goodbye, they'll be no tears from me

Time passes by so fast

I love you, I remember you, forever.

 

 

Dopo tutto quel tempo il rumore perpetuo del metallo sulle rotaie lei non lo sente più. Si chiede quanto le ci vorrà per abituarsi alla sua assenza. Per due anni quel suono l’ha cullata, ha accompagnato i suoi pensieri e le ha ricordato perennemente che è nelle macchine il vero potere. E quel potere si sta spandendo a macchia d’olio e non si fermerà fino a quando nel cosmo non resterà più traccia di creature fatte di carne.

Emeraldas non prova rancore nei confronti di sua sorella. Maetel è sempre stata una sognatrice, profondamente convinta che per tutti debba esserci una conclusione felice. Lei sa che questo la porterà a soffrire. Che prima o poi finirà per indossare l’ultimo dono della loro madre, l’abito a lutto che significa la piena accettazione del fatto che non c’è più una casa a cui tornare. Almeno non in direzione della galassia di Andromeda. Quel giorno Maetel soffrirà e lei non sarà presente per offrirle la sua spalla su cui piangere. È questo che la fa sentire in colpa. Ma non può accettare di tornare con lei. Anche se quegli occhi tristi che la supplicano di parlarle le fanno l’effetto di una pugnalata.

Quel pranzo anticipato, l’ultimo insieme, è finito. Tra meno di due ore arriveranno su Heavy Melder e dovranno dirsi addio. In fondo si tratta di qualcosa che ha deciso da tempo. Da quando ha capito che le differenze tra loro due non sono solo nel modo di affrontare la vita. Esseri ibridi, appartenenti a due mondi, nelle loro vene scorre il sangue reale di Rah Andromeda Prometheum. Ma anche quello di un uomo tranquillo e gentile che veniva da un lontano mondo azzurro. Hanno toccato quel mondo durante il loro primo viaggio. Hanno tentato di avvertire i suoi abitanti del pericolo rappresentato dalle creature meccaniche senza risultato. E hanno fatto finta di niente. Per tutta la vita sono appartenute solo a Lametal. Per tutta la vita hanno dato ai racconti paterni sul suo mondo il valore di una leggenda. Ma adesso sta cambiando tutto. Sono a metà strada, creature divise tra due nature, che non hanno i mezzi per difendersi.

A Gun Frontier, città senza legge di Heavy Melder, entrambe recideranno per sempre la parte del loro essere che considerano meno importante. E non sarà la stessa. Emeraldas ha capito che tutto era finito quando l’ha vista entrare in quella bettola di Lago Piovoso, bagnata come un pulcino, ma con un sorriso luminoso stampato sulle labbra e la notizia che la mamma era di nuovo se stessa e che voleva farla tornare. E più tardi, a due minuti dalla partenza del 999, mentre lei osservava provando rimorso e malinconia la pioggia sferzante abbattersi sui finestrini.

“Odio questo posto. È come se dal cielo piovesse in continuazione la tristezza che si accumula nell’universo.”

Erano state le prime parole che le aveva rivolto da quando avevano bevuto insieme. In quel momento Maetel non sorrideva più, intenta solo a tamponare i capelli con un asciugamano. Il colbacco sulle ginocchia e lo sguardo di un cucciolo arrabbiato. Maetel, che aveva capito e glielo aveva chiesto. “Chi hai incontrato su Arpa della Strega?”

È quella risposta a dividerle, ora, mentre lasciano la carrozza ristorante. I suoi bagagli sono pronti. Dovranno solo spartirsi le cose che hanno in comune.

 

Sapevo di Lametal, Maetel” le aveva risposto. Era venuto il momento di giocare a carte scoperte. Ma se si era aspettata una reazione infuriata o quantomeno delusa da parte di sua sorella, Maetel l’aveva sorpresa ignorandola e continuando nell’impresa di asciugare la splendida chioma bionda che era ridotta ad un grondante ammasso informe. Era stata una pazza ad andarsene a spasso per Lago Piovoso senza cerata. Certi colpi di testa non le appartenevano.

Te lo ha detto la persona che hai incontrato su Arpa della Strega?” Un’accusa, non una semplice domanda. Perché Maetel era la principessa di Lametal. Lei era destinata da sempre a diventare la nuova Regina dei Mille Anni. Sembrava sempre elevarsi ad una dimensione dove agli altri, creature piccole e concrete, non era possibile raggiungerla. Questa era sua sorella. Il tempo l’avrebbe cambiata, trasformata in un essere quasi divino da guardare con timore e venerazione. Maetel era Lametal. Era scritto nel suo sangue e nel suo nome. Emeraldas non sarebbe mai stata come lei.

La persona che ho incontrato…” aveva iniziato. Come spiegarglielo? Come dirle del senso di smarrimento che provava da tempo? Una volta sarebbe stato semplice. “Stavo cercando il significato del teschio, Maetel. Stavo tentando di capire chi fosse nostro padre. E adesso lo so. Il fatto che abbia scoperto le voci che girano circa Lametal è una cosa senza importanza. Almeno fino a quando non vedrò le truppe meccaniche arrestare la loro avanzata.”

Senza importanza?” Non succedeva spesso di vedere Maetel indignarsi. Ma in quell’occasione era esattamente ciò che Emeraldas aveva voluto. “E cosa vuol dire ‘il significato del teschio’? Il teschio non significa nulla, se non che quando eravamo piccole giocavamo ai pirati con nostro padre. E che lui andava matto per quelle vecchie storie.”

Vecchie storie. Storie di un luogo lontano chiamato Arcadia. Storie di una stirpe di corsari e di una bandiera che sventolava libera e senza legge. Aveva guardato incuriosita e affascinata suo padre scolpire quel fermaglio che lei continuava a portare. Aveva sempre saputo che doveva esserci un significato speciale. Ed era quel significato che aveva cercato da quando avevano lasciato Lametal. Teschi e tibie incrociate non erano stati più semplicemente una decorazione, ma un segno di riconoscimento. E qualcuno si era rivelato in possesso del giusto codice per interpretarlo.

Maetel, questo è il simbolo della nostra stirpe, la stirpe di nostro padre. Laggiù sulla Terra ci sono le nostre radici, non lo capisci? È da loro che ha inizio la mia vita. E sono loro che mi aiuteranno a scoprire chi io sia veramente. Il mio sentiero di briciole mi sta guidando fin lì e io lo seguirò fino in fondo.”

Lo sguardo di Maetel trasmetteva solo un fermo rimprovero. “E questo… solo perché hai incontrato questa misteriosa persona? Per questa cosa, questa follia da avventurieri volteresti le spalle a nostra madre? Le avevamo promesso di tornare.”

Le avevamo promesso di tornare per ucciderla.”

Non sopportava quelle accuse. Maetel sembrava avere dimenticato che la mamma aveva tentato di eliminarle. Le aveva accusate di tradimento. Le aveva ripudiate per il loro rifiuto di sottoporsi al processo di meccanizzazione. E poi c’era stato l’ultimo barlume di coscienza. Una preghiera e una promessa. E lei intendeva mantenerla.

Quello che credo, Maetel, è che si tratti di un inganno. Lametal, nostra madre… per te, in questo momento, sono come delle piante carnivore. Hanno degli splendidi colori, un profumo soave e la promessa del loro nettare è dolce. E tu sei l’insetto che verrà divorato.”

La sua sentenza era sembrata crudele alle sue stesse orecchie. Ma non avrebbe saputo dirlo in altro modo.

La casa di marzapane…

Se avessi ragione io…” Una sottile esitazione nella sua voce che Emeraldas aveva subito spezzato.

Non andare, Maetel. Riparti con me per la direzione opposta. C’è un intero universo, là fuori, che aspetta di essere esplorato. Allontanati con me da questi binari e dal sentiero tracciato. Non puoi tornare all’infanzia e a quello che eravamo. C’è un’altra parte di te da scoprire.”

Per trovare cosa?” Lapidaria e crudele, Maetel aveva distrutto con quella semplice domanda le poche speranze che aveva di fare quel viaggio tenendola al suo fianco. La stava abbandonando. Si stavano abbandonando a vicenda. Maetel non aveva bisogno di capire chi fosse Ban, lo scienziato, lo sposo straniero di Rah Andromeda Prometheum. Era semplicemente papà. E quel che ne restava ora. Memorie e pensieri prigionieri in una serie di chip rinchiusi in un ciondolo che da tempo non comunicava più.

O forse solo il mezzo che Rah Andromeda Prometheum ha usato per darti la vita? La sua figlia prediletta. Due genitori da spartirci equamente, Maetel…

Il treno si era messo in moto. Andava decisamente meglio. Per lei era un sollievo ritrovare di nuovo là fuori il mare di stelle che sembrava custodire la risposta ad ogni quesito. Non era fatta per restare ferma troppo a lungo nello stesso posto.

Non è poi così vasto…” aveva mormorato tra sé e sé. Forse sarebbe riuscita a sentire comunque il richiamo di sua sorella, in qualunque luogo del cosmo si fosse trovata.

 

 

I can't find you anywhere

Where do you come from, where are you going?

 

Heavy Melder sa di sabbia e metallo. Lo sente anche se non sono ancora scese dal treno. Ma il Galaxy Express ha spento i motori. Solo in quel momento Emeraldas le ha parlato delle sue prossime mosse. Qualcuno la sta aspettando a Gun Frontier. Maetel non è certa di volerne sapere di più. Prova una fitta di gelosia nei confronti di questa persona, di chiunque si tratti. Perché le ha portato via sua sorella.

Tutto il loro mondo insieme è contenuto nelle due valige aperte sul pavimento del 999. Il cappotto nero che la regina ha donato loro in segno di lutto, il piccolo oggetto i cui circuiti interni forse custodiscono ancora la coscienza di papà e pochissime altre cose.

“Credi che lui sia ancora qui?” le chiede desiderando essere rassicurata per l’ultima volta.

Ma Emeraldas non sembra avere voglia di parlarne. “Lo sai benissimo, Maetel. C’è stata una trasmissione di dati. Ma non so dove sia andato a finire. E non ho risposte metafisiche da darti.”

Non vuole che litighino adesso. Non nel momento di salutarsi. Si china sulla propria valigia e cerca la pietra verde che un tempo splendeva sulla corona della regina. “Prendi almeno questa” le dice mettendogliela in mano e impedendole di lasciarla andare.

Emeraldas sospira e si arrende. “Puoi ancora cambiare idea e ignorare il suo messaggio.”

Maetel scuote la testa. Non può continuare quella battaglia prima di aver capito se c’è ancora un nemico.

“Come preferisci.” Sua sorella non insiste ulteriormente. Getta la pietra nella valigia e la chiude. “Mi accompagni? C’è qualcuno che voglio presentarti.”

Maetel vorrebbe rifiutarsi ma sa che in quel caso dovrebbe salutarla subito. Quindi la segue senza dirle nulla, la vede congedarsi dal capotreno con un abbraccio e qualche lacrima da parte di lui, che sbuca dagli occhi luminosi contro il nulla che al posto del volto occupa lo spazio tra il berretto e l’uniforme, e poi scende con lei dal Galaxy Express.

Emeraldas non si volta a guardare il treno. Non si concede alcun rimpianto.

“La tua pistola è carica?” le chiede. È l’unica cosa che sembra importarle. Entrare a Gun Frontier con i mezzi per difendersi.

Fuori dalla stazione l’aria è rossastra per la polvere che si alza dal deserto. Emeraldas sembra sapere esattamente dove dirigersi. Un saloon, ovviamente. All’interno ci sono tutti i fuorilegge che una persona potrebbe aspettarsi di trovare su quel pianeta dove quello che conta è solo chi estrae le sue armi per primo e che i treni arrivino e partano in orario.

Emeraldas fa un cenno di saluto a due tizi che bevono a un tavolo in disparte, un ometto avvolto in un mantello logoro e un grande cappello di paglia e un giovane con i capelli lunghi e il jolly-roger bene in vista sugli abiti, poi si volta verso di lei. “Vieni, voglio presentarti i miei amici.”

Maetel li studia. Non si può dire che non diano nell’occhio. Ma lei non vuole parlare con loro. Vuole solo dire ad Emeraldas ciò che prova.

“No” le risponde con decisione. Poi la prende per mano e la trascina di nuovo fuori. Come due duellanti pronte a sparare finalmente si guardano in viso in modo aperto.

“Come preferisci” le dice Emeraldas con tranquillità. “Ma incrocerai comunque il loro cammino, prima o poi.”

“Teschi e tibie…” mormora Maetel. È stato semplice per sua sorella abboccare a quell’amo. Ma lei non ha il diritto di giudicarla. L’esca che sta per attirare lei rischia di rivelarsi molto più pericolosa. Vorrebbe avere la forza di voltare le spalle al suo passato e andare via con lei.

All’improvviso le sembra di vederla, libera, bellissima e maestosa, dominare il proprio futuro. Anche Emeraldas diventerà una regina. Lo spazio infinito sarà il suo castello senza mura.

“Così ci siamo…”

Le parole giuste. Non esistono, non ci sono, nessuno può inventarne di nuove. E anche sua sorella lo sa perché la abbraccia con tutto il suo affetto e la sua forza.

“Devi farmi una promessa, Maetel. Anzi, due.”

Lei tace in attesa. Non potrà negarle nulla. Perché non c’è nessun altro come loro due nel cosmo, creature in bilico, non appartenenti a nessun mondo e in equilibrio precario sul filo del destino.

“Per quanto le sue promesse siano allettanti, per quanto la sua voce sia dolce, promettimi che non ti farai mai convincere a rinunciare alla tua umanità. Non cedere alla tentazione del metallo.”

Un brivido la percorre. L’idea la ripugna, eppure sa che il canto di quella particolare sirena sarà difficile da combattere senza l’appoggio di Emeraldas. “E l’altra?” le domanda.

“Ti chiedo di aspettare almeno un anno prima di tornare su Lametal.”

Maetel si scioglie dal suo abbraccio. Un anno. Una richiesta assurda. Eppure l’idea di potersi prendere il proprio tempo per pensare, per viaggiare ancora e per evitare di agire solo d’istinto stranamente la consola. Ma si tratterà solo di rimandare l’inevitabile.

“Perché?” le chiede. Spera che possa cambiare idea? Non succederà. Deve capire e potrà farlo solo su Lametal. Se sia una trappola o la realizzazione di un sogno, non potrà saperlo se non seguendo la voce di sua madre che la prega di tornare.

“Perché un anno è quanto mi serve per diventare forte e per venire a salvarti.”

 

Where's your Arcadia?

There's nothing to lose

Don't look back just go your way

 

 

Maetel dal cuore grande.

Emeraldas sa che non le darà ascolto. Tra cinque mesi il 999 arriverà su Lametal e sua sorella sarà a bordo. Quindi non ha molto tempo. Potrà contare sui suoi nuovi compagni, ma resta comunque una battaglia che riguarda solo lei, ormai. L’ultima cosa che vuole è ritrovarsi di fronte Maetel come nemica.

Si sente strattonare per una manica e abbassa gli occhi per incontrare il sorriso di Tochiro, colui che le darà le armi di cui ha bisogno e il calore umano che la sua presenza le trasmette. Quel piccolo, grande eroe non le permetterà mai di sentirsi sola.

“Dobbiamo andare, Emeraldas.”

Lei annuisce. Una nave pirata sta orbitando intorno a Heavy Melder. Emeraldas lascerà che i suoi compagni la conducano fino al Sistema Solare. A comandarla è l’altro, silenzioso, in disparte, che attende che quegli addii si concludano.

Teschi e tibie…

Guardando Harlock, Emeraldas vede il suo stesso spirito. Forse condividono davvero delle tracce di DNA o forse no. Ciò che conta è che loro due sono simili a gemelli omozigoti dell’anima. Ciò che lei e Maetel hanno smesso di essere in quel preciso istante.

“Riguardati” le dice. Davvero non c’è altro. Niente lacrime. Niente debolezze. Si rivedranno presto. Se come avversarie o come alleate, dipenderà dalla forza di volontà che sapranno dimostrare.

“Vuoi che dica qualcosa a nostra madre da parte tua?”

Una provocazione? O forse Maetel spera davvero in una parola d’affetto? In fondo la preghiera di tornare non era neppure diretta a lei…

“Certo. Puoi dirle che da questo momento può considerarti la sua unica figlia.”

 

Some embrace only shadow

Some embrace the light

But the lives that we lead

Are the stories we leave

There in the Book of Life

 

Il piccolo uomo col cappello di paglia trascina via Emeraldas con sguardo adorante. Via, lontano da lei. Le sue ultime parole sono state il suo commiato. Non ha forse ripudiato anche lei come sorella? Affrontare il buio dell’infinito da sola è qualcosa che potrà fare unicamente dimenticando la paura.

“Lo spazio è più piccolo di quanto possa sembrare, sai?”

Il giovane alto non si è ancora incamminato. Maetel comprende che desidera parlarle ma lei non ha nulla da dirgli. Qualcosa in lui le ricorda troppo Emeraldas. Entrambi sembrano circondati dall’aura degli eroi. Entrambi hanno lo sguardo inquieto di chi è destinato a diventare una leggenda. Forse è per questo che gliel’ha portata via. Perché sono simili. E lei non può perdonarlo.

“È questo che ne farai di mia sorella? Diventerà una fuorilegge come te?”

“Tua sorella ha un futuro che non dipende da me.” Il suo sorriso è gentile e il suo volto è bello e non incute timore nonostante la lunga cicatrice che gli attraversa lo zigomo sinistro. “Percorriamo tutti la stessa orbita, principessa Maetel. Un’orbita senza fine sulla quale finiremo per incontrarci ancora. Prima di quel momento cerca di decidere quale sarà il tuo ruolo in questa storia.”

Maetel lo guarda allontanarsi lungo la strada e lo considera un pazzo. Come lei, forse. E capisce cosa abbia guidato Emeraldas fino a lui. L’orbita fatta di stelle simili a tante briciole su un sentiero che li imprigiona e che non avrà mai fine li condurrà tutti a un epilogo che lei ignora ancora. In quel momento esiste solo l’incipit del futuro. Il resto è una storia da scrivere.

 

 

Note:

Questa storia si colloca tra ‘Maetel Legend’ e ‘Space Symphony Maetel’, i due prequel del classico ‘Galaxy Express 999’.

Le citazioni all’interno nel racconto sono stralci tratti da ‘Angel Queen’, ‘Nameless Lonely Blues’ e ‘Book of Life’, i brani originali che fanno da sigla a ‘Queen Millennia’, ‘Capitan Harlock – The Endless Odyssey’ e ‘Cosmowarrior Zero’. Un buon motivo per deprimersi paragonandole alle assurde canzoncine che accompagnano gli anime qui da noi.

Mi sono permessa di riscrivere a mio modo l’incontro tra Harlock, Tochiro ed Emeraldas. D’altra parte lo stesso Leiji Matsumoto l’ha raccontato in due modi completamente diversi. È il bello del suo mondo. È incredibilmente elastico.

 

   
 
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