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Autore: Eloise_Hawkins    24/12/2013    11 recensioni
La guerra non si è ancora conclusa: mentre Harry Potter cerca disperatamente gli ultimi Horcrux, Voldemort conquista Hogwarts, ora sua roccaforte. La popolazione magica vive nel terrore, nascondendosi in piccoli gruppi e cercando di sopravvivere nonostante le continue incursioni dei Mangiamorte.
In questo clima di terrore e violenza, l’Ordine della Fenice, o almeno ciò che ne rimane, come la creatura da cui prende il nome tenta di risorgere dalle sue ceneri, accogliendo sotto la sua ala protettiva chiunque ne abbia bisogno ma, soprattutto, chiunque sia disposto a combattere.
Hermione Granger milita tra le fila del Bene, prima combattente in ogni battaglia. La sua concentrazione, però, vacilla quando Draco Malfoy, pur avendola riconosciuta nonostante il suo travestimento, la lascia libera di scappare. Perchè? E cosa nasconde lo sguardo grigio di quel ragazzo?
La guerra è ormai alle porte: un'ultima possibilità, una sola speranza, per chi nella vita ha fatto solo scelte sbagliate. E, forse, per chi ha ancora la possibilità di commetterle.
Ispirato a "Espiazione", di Ian McEwan
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Hermione Granger, Luna Lovegood, Neville Paciock, Ron Weasley | Coppie: Draco/Hermione
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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10.

E venne il giorno

 

 

 

  Quel giorno, il cielo era una placca d’argento lucida e greve, che portava con sé il peso della prossima neve. L’aria era pulita, odorava di muschio e fulmini, e nonostante gli ululati che riecheggiavano nel bosco, in lontananza, c’era pace all’accampamento.

« Ti ho portato da mangiare » annunciò Hermione atona, il viso arrossato dal freddo vento che spazzava le rive del lago. In silenzio, si avvicinò al ragazzo, seduto con le gambe incrociate e la schiena poggiata al largo tronco di una quercia sulle sponde di quella che ormai era la sua casa: delle vecchie coperte sgualcite costituivano il unico suo giaciglio per la notte, e la chioma dell’albero era il suo tetto.

« Sai, non hai niente di cui preoccuparti. Harry e Ron non hanno nulla contro di te, non ti manderanno via » La voce della ragazza si incrinò in modo impercettibile. Il viso di Draco, invece, era una maschera fredda e imperturbabile: non un’ombra né un’incrinatura la deformarono. « Non puoi andartene, ma credo che ormai tu abbia capito di non essere un prigioniero » Forse era solo una sua impressione, ma ad Hermione sembrò di vedere un’ombra, sulla sua fronte, come un cipiglio scettico. « È da tanto che non ti siedi a tavola con noi » La giovane strega glissò dignitosamente sul fatto che lui si era seduto a tavola con il resto dell’Ordine solo una volta, e tutto ciò che aveva ottenuto erano state occhiatacce e borbottii esasperati. « E, non so se ti interessa, ma ieri i nostri hanno sconfitto alcuni Mangiamorte, nei pressi dei confini francesi » Il tentativo maldestro della giovane strega di intraprendere una discussione con lui si stava infrangendo contro un muro d’indifferenza ch’era tanto sconvolgente quanto inaspettatamente doloroso. Draco non la guardava, non le parlava, né dava segno di averla sentita, o di degnarsi di accorgersi della sua esistenza. Così, Hermione, punta sul viso e indispettita da quell’improvviso arroccamento, emise uno sbuffo stizzito.

« D’accordo. Non vuoi parlarmi. Come preferisci. Ma ti consiglio di mangiare la tua zuppa, perché è l’ultima cosa che ti daremo se non ti decidi a collaborare » Il suo tono era visibilmente mutato: la morbida incertezza che ne aveva addolcito la voce era stata sostituita da una collera sottile ma visibile negli occhi brillanti d’indignazione. Per un istante, Hermione rimase immobile, gli occhi puntati sulla testa biondissima del giovane, in attesa di una replica che non giunse mai. Quando gli voltò le spalle, si accorse con stupore che qualcosa pungeva dietro le palpebre.

.

 

***

 

Il temporale che Hermione aveva atteso era arrivato prima del previsto, in un’ora imprecisata tra la battaglia di mezzogiorno e il tè delle cinque. Ron era tornato insolitamente arrabbiato, il volto deformato da una smorfia d’ira e tagliato da un graffio che gli macchiava lo zigomo di sangue, una richiesta gutturale a graffiargli la gola. Aveva urlato, nomi e parole di cui tutti avevano compreso ben poco, perché erano frasi sconnesse in cui si percepiva la vergogna della sconfitta e il dolore della perdita, sofferenze che ricordavano due anni di guerra, costati eccessivamente, pagati a un prezzo troppo caro. Aveva urlato, Ron, e tutto ciò che aveva chiesto era stata un briciolo di giustizia. L’approvazione non era stata unanime, ma senz’altro la maggior parte dei membri dell’Ordine era stata d’accordo.

Da quel momento in poi, Draco Malfoy sarebbe stato solo un prigioniero in catene, senza diritti né sconti sulla pena.

 

Poco più tardi, quando la tempesta era passata, Hermione gli aveva parlato. Nel silenzio di una tenda che avrebbe dovuto accogliere sussurri ben diversi, lei lo aveva guardato negli occhi con una dolcezza che aveva il sapore del risentimento.

«Perché ce l’hai tanto con lui? » Ron le scoccò un’occhiata in tralice, scacciando la mano premurosa con la quale la giovane strega gli stava medicando la ferita al volto. Nei suoi occhi lampeggiò un sentimento indistinto che a Hermione ricordò vagamente quell’espressione ferita che gli era esplosa addosso al Ballo del Ceppo.

« E me lo chiedi, Hermione? » Lei sospirò, spostando con paziente delicatezza quelle dita ribelli e riprendendo a disinfettare il profondo taglio che gli graffiava lo zigomo.

« Ron, siamo in guerra. Quello che c’è stato prima… non conta niente. Erano dispetti da ragazzini, questo… » Ron scattò in piedi, gli occhi infuocati d’ira, facendola sussultare per l’impeto del gesto e lasciando che il resto delle sue parole morisse prima ancora di vedere la luce.

« E cercare di avvelenarmi è un dispetto da ragazzino? Tentare di uccidere Silente è un dispetto da ragazzino? » I pugni stretti e il viso arrossato dalla collera che stava rapidamente montando dentro di lui, il giovane piantò due enormi occhi adirati sul volto intimorito di Hermione, che cominciava a mostrare i primi segni di una mortificazione segreta.

« Non ha cercato di avvelenare te, e poi… » cominciò, nel tentativo di calmarlo e farlo ragionare. Fece un passo verso di lui e cercò di sospingerlo con delicatezza sulla sedia, così da riprendere il suo lavoro, ma Ron si scostò con una rapida e secca scrollata di spalle. Non aveva visto il leggero tremore segreto che aveva cominciato a scuotere il corpo della ragazza, esploso in un momento imprecisato di quella discussione, insieme a un’angoscia che non aveva niente a che fare con lui.

« Mi dispiace, Hermione, ma io non sono come te, io non a riesco a perdonare, né a dimenticare. Sono ancora convinto che Malfoy sia qui per un motivo, e se non è quello di ucciderci tutti… »

« Se avesse voluto ucciderci, l’avrebbe fatto mesi fa, Ron! » Hermione lo fissò con occhi esasperati, abbandonando ogni tentativo di trattare con lui pacificamente. Non poteva dire di essere arrabbiata con Ron: da sempre provava nei suoi confronti qualcosa di più della semplice amicizia, ma talvolta, troppo spesso, il carattere del ragazzo – la sua impulsività e la sua natura passionale e irrequieta – avevano fatto nascere in lei ripensamenti su quei sentimenti tanto forti quanto instabili. Quello non era uno dei loro soliti battibecchi pacifici, lo capiva dalla luce inquieta negli occhi di Ron, la stessa che lui pensava di leggere dentro di lei, senza capire che, invece, era solo un’autentica paura di cui lei non conosceva ancora la causa, quella che ne accendeva gli occhi e l’istinto.

« È un vigliacco. Lo è sempre stato, Hermione, e sempre lo sarà » Il cuore di Hermione si fermò per un lunghissimo, penoso istante, per poi ripartire a velocità doppia. Il sangue le affluì al viso in un fiorire imbarazzato che le colorò le gote di un rossore inspiegabile persino a se stessa. Forse, le parole di Ron erano assolutamente inconsapevoli, ma, forse, lui aveva capito molto più di quanto non lasciasse trapelare. « E qui ha trovato quello che cerca: un luogo sicuro, da cui può osservare lo svolgersi della guerra senza prenderne parte, senza correre pericoli » Il respiro di Ron si regolarizzò, le sue parole divennero un sussurro sottile che si insinuò sotto la pelle di Hermione come una lama gelida.

Cos’era quella rabbia ch’era nata in entrambi, disintegrando la pace degli ultimi giorni, entrambi l’avrebbero capito solo qualche ora più tardi.

« Puoi biasimarlo? Abbiamo tutti paura! » Lacrime nella voce di Hermione, e nei suoi occhi fragili. Ron ingoiò il rancore e la rabbia e le prese la mano con un gesto impacciato e tremulo, ma quando lei avvertì il calore della sua pelle, percepì anche tutta la fermezza dei suoi propositi e quella ancor più salda dei suoi sentimenti.

« Ma questo non ci ha mai fermato. Ed è ora che lui decida da che parte stare » Nonostante la dolcezza dei suoi occhi, Hermione non riuscì a tirare un sospiro di sollievo.

 

***

 

Una luna piena, quasi irreale nella sua perlacea opalescenza, tingeva con pennellate d’argento le vette degli alberi. Il vento impietoso che aveva soffiato per giorni si era spento insieme alle discussioni di quel pomeriggio, lasciando dietro di sé una scia di malcontento – e una prigione con sbarre di legno, ma opprimente almeno quanto quelle di Azkaban.

Draco non sembrava particolarmente colpito da quella novità: forse era qualcosa che aspettava già da tempo, forse fingeva indifferenza per mascherare la sua angoscia, di certo riusciva a dissimulare i suoi sentimenti in maniera perfetta e insospettabile, perché era entrato nella piccola prigione improvvisata senza fiatare, si era seduto in un angolo e non aveva più mosso un solo muscolo. Il suo viso era una statua di immobile fierezza, e se Hermione non l’avesse guardato dal di là di quelle sbarre crudeli, avrebbe potuto anche pensare che non si era mai mosso dal suo giaciglio: l’aveva lasciato accovacciato ai piedi di una grande quercia, l’aveva ritrovato nella stessa posizione, ma dentro la sua nuova cella.

Quando Hermione aprì la porta della prigione era notte fonda. I grilli frinivano una melodia che cullava i sogni di tutto l’accampamento, spezzata solo da scricchiolii umidi e fruscii delicati. In lontananza si sentiva, di tanto in tanto, il bubolare delicato di un gufo. Il manto della notte era un’insospettabile cappa di umidità e buio.

La porta si aprì senza mostrare resistenze, con una mansuetudine che si rifletteva nel prigioniero, immobile in un angolo di quella nuova prigione improvvisata. La giovane strega entrò con passi delicati e piccoli, nascondendo la sua irrequietezza dietro uno sguardo fermo dentro il quale si agitava un barlume di inquietudine impossibile da celare.

Draco non diede segno di averla vista né sentita: non si mosse, l’espressione immobile almeno quanto la sua postura.

« Tieni » esordì Hermione, depositando al centro della cella una mela lucida e rotonda. Guardò per qualche istante il frutto, un netto contrasto quasi grottesco in quel luogo asfissiante, poi posò gli occhi scuri sul ragazzo. Sorprendentemente, Draco la stava guardando, un sorrisetto compiaciuto a deformargli il volto pallido e affilato.

« Sensi di colpa, Granger? » la sfidò con tono risentito, gli occhi fissi su di lei in una provocazione nemmeno troppo velata. Hermione trattenne a stento il sussulto che le agitò, con un brivido inaspettato, il cuore, e mascherò la sorpresa dietro un sorriso delicato, segretamente soddisfatto.

« Ah, ora parli? Credevo che il gatto ti avesse mangiato la lingua » rispose, nascondendo a stento quel piacere intimo e inspiegabile che le stava rimescolando l’anima. Non si aspettava di sentire la sua voce, perché negli ultimi giorni Draco si era chiuso in un silenzio inaccessibile, e pensava che la sua prigionia avrebbe accresciuto la sua avversione e la sua intangibilità. Invece, con sua grande meraviglia, lui sembrava persino desideroso di provocarla.

« Credevo che avessi smesso di preoccuparti per me. Ora che è tornato il tuo patetico caso umano, che bisogno hai di me? » Draco si alzò in piedi, lasciando scivolare i suoi occhi lungo l’esile figura della ragazza. Le fu vicino con un passo, perché le distanze, in quella cella, erano ridotte.

« Ron non è… » cominciò lei, in una patetica e pallida difesa che lui stroncò con un gesto svogliato della mano.

« Risparmiami la predica » la liquidò quasi con noia, mentre si piegava per raccogliere da terra la mela appena portata, e poi, una volta tornato in piedi, puntava di nuovo gli occhi su di lei. Adesso, però, nelle sue iridi plumbee si agitava qualcosa.

« Ma si può sapere cosa ti prende? » sbottò agitata, facendo un passo indietro, incapace di stargli troppo vicino e di guardare ancora dentro i suoi cinerei. Uno strano calore le salì improvvisamente alle guance, per un motivo che non riuscì a comprendere. « Voglio dire, sei sempre stato odioso e insopportabile, ma adesso… non ti degni più nemmeno di rivolgermi la parola! Continui a evitarmi, e a fare lo scorbutico e… » Hermione prese fiato, infastidita, prima di riprendere con enfasi « È così da quando…» Il pensiero inconsapevole che era nato nella sua mente si allargò sino a diventare fiamma, fuoco e poi incendio, divampando nella sua mente e divorando ogni parola. La voce della ragazza si disintegrò in quel momento, bruciando violentemente sino a diventare cenere, proprio mentre le pupille di Draco si dilatavano e il terrore cominciava a sgretolare la fine trama dei suoi occhi chiari.

« Da quanto è tornato Ron » concluse Hermione in un soffio incredulo, gli occhi piantati dentro lo sguardo inerme del giovane che aveva di fronte. Improvvisamente, tutti i pezzi del puzzle andarono al posto giusto, e nei suoi occhi scintillò un lampo di autentica comprensione.

« Sei pazza, Granger » Draco scosse la testa e chinò il capo, distogliendo lo sguardo, ma Hermione non sembrava intenzionata ad accettare quella debole resa.

« Spiegami… » cominciò, guardando le spalle ampie del giovane che si agitavano frenetiche al ritmo del suo respiro.

« Vattene » ringhiò lui in tutta risposta, un sibilo gelido che, tuttavia, non riuscì a convincere la ragazza. Hermione si avvicinò a lui con un passo rapido che annullò ogni distanza e poggiò una mano sulla sua spalla. Il gesto di Draco fu fulmineo e spiazzante: si voltò con una rapidità che la sorprese e la spinse contro le sbarre di legno, stringendole il polso in una morsa ferrea, senza via d’uscita. Mentre la cella vibrava, smorzando con un tremore silenzioso il colpo ricevuto, Hermione sgranò gli occhi, e anche dentro di lei qualcosa tremò.

« Non c’è niente da spiegare » soffiò Draco. La sua voce era tesa come una corda di violino e lei poteva sentire le sue dita tremare, mentre le stringeva la carne tiepida del polso. Hermione respirò cautamente e lo guardò: tra le ciglia scure, i suoi occhi ardevano di una luce torbida che le fece correre un brivido lungo la schiena.

Un refolo di vento leggero si infiltrò tra le sbarre della piccola cella. Un turbine di foglie secche, trascinato da quel soffio lieve, vorticò nell’aria e si impigliò tra i ricci ribelli della ragazza.

« Io… » Hermione non ebbe il tempo di prendere fiato che le labbra di Draco erano già sulle sue, con l’urgenza di un desiderio represso troppo a lungo e il bisogno di una voglia inconfessabile. La sua bocca aveva il sapore della rabbia e della bramosia, eppure era morbida e calda come lei non avrebbe mai immaginato. Era una carezza piena di possesso e intraprendenza.

Draco le spinse la lingua tra le labbra lentamente, vincendo un’inesistente resistenza, poi, quando il desiderio si trasformò in necessità, premette tutto il suo corpo contro quello piccolo e tiepido di Hermione, e improvvisamente il gelo di quella notte si trasformò in un inferno da cui lui difficilmente sarebbe uscito. Quando le sue mani, con una reverenza che la sorprese, le accarezzarono gli zigomi, lei avvertì il tremore violento che lo stava scuotendo, emozione segreta e irraggiungibile.

Hermione si scostò dopo qualche minuto, con un sospiro tremulo. Un crepitare lieve le correva sulle guance e sulla fronte. Lui tese una mano, esitante, e di nuovo le circondò il polso con le dita. La sua stretta era gentile, come se non pensasse di doverla trattenere, questa volta. Hermione deglutì e alzò lo sguardo su di lui: adesso, qualcosa sembrava essersi placato, in quegli occhi grigi.

La notte avanzava lievemente, trascinando dietro di sé i primi bagliori di un’alba bianca, che tratteneva i bagliori di bei ricordi destinati a sfiorire. Nessuno dei due lo sapevano ancora, ma quel bacio altro non era che l’inizio di una pericolosa ragnatela di disperazione, cominciata proprio da quella confessione maldestra, ben diversa da quella che lui aveva immaginato.

« Hermione »

Quella voce era già stata ambasciatrice di cattive notizie, ma questa volta sul cuore di entrambi si aprì una crepa che divenne ben presto una voragine irreparabile e profondissima.

Hermione alzò il capo e posò due enormi occhi spaesati su Ron, in piedi accanto la porta della cella, in mano una brocca d’acqua e un tozzo di pane. Draco, invece, rimase immobile, le dita attorno al polso della ragazza e il dolore che si allargava lentamente nel petto, come veleno.

« Ron » esalò la ragazza. Con il respiro spezzato, Hermione lo guardò. Aveva il fiato di Draco sul collo e una sensazione opprimente che le dilaniava il cuore, e mentre si specchiava negli occhi limpidi di Ron, non poté fare a meno di sentire la colpevolezza intossicarle il cuore. Fu con il capo chino e il viso rosso di vergogna che, lentamente, con gesti posati che le costarono una fatica enorme, la giovane riuscì a liberarsi dalla presa di Draco e raggiungere Ron sull’uscio. Lui non la stava guardando, aveva gli occhi fissi sulle spalle magre del fu Serpeverde.

« Ron, ti prego, non … » La voce di Hermione era roca e bassa, atona e monocorde, una vaga rievocazione proveniente da chissà quale angolo della sua gola. Ron la interruppe bruscamente con un gesto della mano, e lei non ebbe il coraggio di ribattere. Si allontanò donando un’ultima occhiata ferita a Draco che, adesso, ricambiava lo sguardo del giovane Weasley con altrettanto astio.

Si fronteggiarono in silenzio per qualche minuto, mentre le prime luci di un mattino inclemente accarezzavano le fronde più alte degli alberi e si insinuavano tra le sbarre di una cella diventata accogliente per il tempo di un battito – un’eternità, l’unico momento di vita vera. Ron aveva i pugni serrati, le nocche bianchissime a causa della rabbia, e le braccia irrigidite, strette lungo i fianchi, come se si stesse sforzando di non saltargli addosso. Draco, invece, aveva il viso stanco di un soldato appena tornato da una battaglia lunghissima ed estenuante, dalla quale era appena uscito sconfitto. Nonostante si aspettasse che lui lo attaccasse, benché sperasse che lui gli si scagliasse contro, così da avere una scusa per sfogare la dilaniante e crudele gelosia che gli stava mangiando il cuore, non fu sorpreso quando Ron richiuse con forza la porticina di legno della cella, sigillandola con un incantesimo e voltandogli le spalle senza più uno sguardo o una parola.

Solo quando lui fu lontano, Draco riuscì a concedersi la tregua di un sospiro sofferente e di un singhiozzo soffocato.

Mentre l’alba chiara di un nuovo giorno sorgeva, a pochi metri da lui, Hermione guardò il cielo lontano, rischiarato da una luce ambigua, e non fu più sicura di niente.

 

 

 

 

Nota dell’autrice:

Anche se il titolo del capitolo non viene ripreso nel capitolo stesso, spero che sia chiaro il riferimento sul quale ho voluto improntare questo piccolo regalo di Natale (spero gradito).

Colgo l’occasione per augurare a tutti voi meravigliosi lettori un sereno e felice Natale, buone feste e, nel caso non riuscissi ad aggiornare prima, un buon anno nuovo. Per qualsiasi domanda, chiarimento, dubbio, desiderio di uccidermi/strozzarmi/farmi soffrire o altro, mi trovate qui: Eloise.

 

   
 
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