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Autore: Solamente    24/12/2013    0 recensioni
Rachel e Quinn, anni fa, sono state insieme, ora dopo tanto si ritrovano per un coincidenza.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Quinn Fabray, Rachel Berry | Coppie: Quinn/Rachel
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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I giorni passavano e io ogni giorno evitavo il bar, ogni giorno uscivo di casa solo per andare a lavoro, niente di più. Ma ogni giorno immaginavo un nostro incontro, che fosse casuale o meno, che fosse portatore di felicità o meno. Ogni giorno io pensavo a lei e a quello che mi aveva detto, voleva davvero che la chiamassi? E se anche avessi trovato il coraggio di farlo, cosa ci saremmo dette? Dopo quella figura di merda che avevo fatto, davvero aveva pensato che io avrei potuto cercarla?




Il risveglio era sempre traumatico, sognavo di noi, vedevo cose accadute e cose solamente sperate, sognavo occhi, mani e bocche, sognavo calore, e forse amore. Ed ogni mattina trovare il letto così vuoto e freddo era una pugnalata, una doccia di ghiaccio. Avrei davvero voluto chiamarla e invitarla a cena da qualche parte o anche solo a prendere un caffè, volevo sapere perchè mi aveva detto di chiamarla, se anche lei aveva provato nostalgia, se aveva sognato, pensato o anche solo sperato qualcosa di me. Non volevo chiamarla.
Avevo paura.


Sono difronte alla porta del bar.
Mi basterebbero due passi per incontrarla di nuovo e invece sto lì a fissare i vetri, e la vedo che serve ai tavoli e penso che non è possibile che sia così bella a quell'ora di mattina e con una divisa di un locale di conto, e penso a come sono io, non ricordo neanche di essermi pettinata stamattina, sono un disastro.
Mi ha visto.
Ha sorriso e ha fatto un cenno di saluto con la mano, ora devo fare qualcosa, per forza.
Entro.
Mi passa affianco e mi indica un tavolo che tocca a lei servire e io obbediente mi ci siedo, aspetto.
Serve tutti gli altri, aspetto.
Nessuno la chiama più, ma ha un vassoio in mano con due tazze, viene verso di me.
Sento le mani gelarsi e sudare, mi sembra di avere sedici anni e non mi piace, vorrei avere il controllo completo su di me ma non ci riesco.
Eccola, stupenda.
Si siede di fronte a me ed io non riesco a fare a meno di sudare ma cerco di mantenere un certo contegno, le sorrido e lei risponde con un altro sorriso che a me sembra molto più malizioso del mio, ma probabilmente tutti quei sogni stanno giocando un brutto scherzo ai miei sensi.
Lei poggia il gomito al tavolo e si sporge verso di me poggiando la mano sul suo viso.
“Ti ho portato una cioccolata, ma non l'hai neanche guardata”
“Sì, l'ho vista, scusa... cioè... volevo dire grazie...”
Mi sento così imbranata e se anche potevo esser sembrata sicura di quello che stavo facendo, appena ho aperto bocca ho cancellato ogni dubbio.
Prendo la cioccolata dal vassoio, ci metto una bustina di zucchero e mentre la giro non stacco gli occhi da quella tazza che sembra aver acquisito un certo fascino visto che cerco di evitare l'imbarazzo che deriva dal guardarla.
“Non sei cambiata per niente” mi dice.
Dopo un attimo io alzo gli occhi e incontro i suoi, ancora più vicini “Tu sì invece” è tutto quello che riesco a dire. “In meglio spero” e ride, ride rumorosamente e quando ride i suoi occhi si illuminano e io la guardo e non rido perchè non l'ho capita e perchè rimango estasiata del suono che produce, non so se sia meraviglioso come lo sento io, ma è un canto di sirena che mi rapisce. “Sai, non ero esattamente uno schianto alle superiori” dice lei tra le risate quasi a spiegarmi cosa ci fosse di così esilarante, sorrido e “A me piacevi”, penso di aver perso il controllo di quello che sto dicendo. “Lo so, mi ricordo”, è tornata seria e ora mi guarda e i suoi occhi sono penetranti e li sento entrarmi dentro, scavarmi l'anima, e fa male, è un entrare prepotente il suo e non riesco a fermarla, è diversa, molto. Quegli occhi devono averne passate tante.
Il silenzio sta per raggiungere la soglia dell'imbarazzo.
“Come mai lavori qui?” “Davvero? Non ci vediamo da quasi quindici anni e a te importa sapere perchè lavoro in un bar?” ride “Oh, Quinn, davvero non sei cambiata di una virgola... Ma ti ricordi come ci siamo dette addio?”
Me lo ricordo eccome e forse è quello il problema.
Era stato come nei miei sogni recenti, c'era stato tanto calore, troppo forse ed era stato tra i litigi, era calore d'odio, non c'era più neanche una una scintilla d'amore nei nostri occhi e nelle nostre bocche eppure quel sentimento era così grande che ci aveva fatto spogliare per ritrovarci per l'ultima volta nude e vicine, troppo vicine se ci si odia se non si ha che da rinfacciare vecchi torti subiti. E così immerse nell'odio ci eravamo quasi amate, per qualche istante nella foga dei corpi, ma l'ostilità era lì e non aveva intenzione di aspettare e mentre i nostri corpi cercavano di colmare le brevi distanze, le nostre menti e i nostri cuori erano così lontani da non potersi neanche scorgere all'orizzonte. Non una parola era più uscita dalle nostre bocche, solo silenzio.
Silenzio durato sino a quel momento.
“Mi ricordo”
Mi alzo.
“Offre la casa” “Ok, grazie”
Esco.



























































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