Serie TV > Il Trono di Spade/Game of Thrones
Segui la storia  |       
Autore: Nayrin Baudelaire    24/12/2013    4 recensioni
[Lyanna/Rhaegar. Aegon/OC. Rhaeny/Jaime. Jon/Tyrion]
E se fosse stato Rhaegar Targaryen il vincitore della guerra dell’Usurpatore? E se avesse sconfitto Robert Baratheon al Tridente? E se il vessillo del drago sventolasse ancora su Approdo del Re? E se Lyanna fosse più di una regina d’amore e di bellezza? Se fosse la regina di Westeros?
Aegon.
La voce dell’erede al trono era inconfondibile. Musicale, sempre gentile, buona.
« Aegon,» lo accolse atona e priva di qualsiasi inclinazione sebbene il suo cuore avesse perso un battito nel rendersi conto della sua vicinanza. Aegon era l’immagine di Rhaegar da giovane. Alto, bello e attraente, con i tratti delicati e con i corti capelli argentati pareva Aegon il Conquistatore rinato. Tutte le fanciulle bramavano per poter trascorrere anche un solo momento con lui, ma Aegon non aveva occhi per nessuna di loro.
Genere: Generale, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Altri, Jaime Lannister, Lyanna Stark, Nuovo personaggio, Rhaegar Targaryen
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Quando alcuni soldati di vedetta su due minute torri gemelle aprirono loro le porte della sua città, Katrina Baratheon si guardò intorno e vide che tutto era cambiato. Case, abitanti, volti, espressioni, timori. Tutto era mutato. Katrina era andata via d’Estate e tornava d’Autunno quando il Sole non illuminava le strade strette, tanto strette da permettere il transito di soli tre uomini a cavallo, quando il vento che spirava dal mare soffiava con tale potenza da insediarsi nelle abitazioni modeste del suo popolo, quando lo spettro di un Inverno che si preannunciava lungo e inflessibile atterriva le speranze dei piccoli proprietari terrieri.
Solo i bambini avevano le stesse espressioni gioiose di un tempo. Curiosi, si avvicinavano alla colonna reale e applaudivano al passaggio del re, della regina e del principe ereditario. Katrina tentò anch’ella un sorriso, ma si spense sulle labbra nel rammentare che quella città non era più casa sua. La sua casa era Approdo del Re, patria di sovrani e immensità di vicoli. La sua casa era la Fortezza Rossa. La sua casa era Rhaenys, la sua dolce principessa dal cuore nobile e gentile, sempre caritatevole e onesto.

La sua casa era Aegon, il suo principe passionale e impetuoso, ma sempre cortese nei modi e nei gesti. Il suo principe dal sorriso splendente e dagli occhi profondi come mari d’ametista colmi di vita e desiderio di libertà.
Tanto più si avvicinava alla fortezza, tanto più voleva spronare Storm a tornare indietro.

Portami a casa, Storm. Questa non è più la mia.

Si costringeva però a mantenere le redini puntate verso le immense e alte porte che conducevano al palazzo appartenuto ai Baratheon per trecento anni, da quando Orys, fratello di Aegon il Conquistatore, aveva sposato Argella Durrendon, ultima regina della Tempesta.
Vide la sua famiglia dinanzi a sé, all’ingresso, pronta ad accogliere con benevolenza l’arrivo del sovrano e della sua corte, ma non riconobbe neanche loro se non per gli sguardi e le espressioni sui volti di marmo.
Sua madre era in prima linea, splendida in un abito nero che non faceva altro che esaltare le sue forme sinuose e ancora giovani. I suoi lunghi capelli d’oro fuso erano costretti in mille trecce e il suo volto ovale era candido, pulito e innocente come quello di una bambina. I suoi occhi verdi come smeraldi, freddi quanto il metallo, sembravano già averla individuata sulla sua purosangue nera. E ciò che vedevano non le piaceva.
Katrina non aveva avuto né il tempo né il desiderio di curare il suo aspetto. Aveva intrecciato i lunghi riccioli neri in una treccia quasi improvvisata e i segni delle lacrime le velavano ancora gli zigomi alti, in quel momento arrossati.

Mio padre è morto. Non m’importa nulla del mio aspetto. E non dovrebbe importare neanche a lei.

Non aveva mai avuto un buon rapporto con sua madre. Le parole tra loro erano sempre state rade e poco sincere, pregne di una falsa cortesia e di affetto costruito sulle convenzioni sociali.
Era suo padre l’unico genitore che aveva come punto di riferimento. Duro e inflessibile, ma che non le aveva mai fatto mancare nulla in tutta la sua vita.
Il suo sguardo si spostò verso suo fratello, l’erede di suo padre, sempre al fianco di sua madre, dai riccioli biondi e dal viso d’avorio che sembrava essere stato scolpito dal più bravo cesellatore di Westeros, avvolto da un mantello cremisi e da un farsetto in cui si alternavano leoni e cervi d’oro.
Katrina digrignò i denti e s’impose di non scuotere il capo dinanzi a quella vista.
Non era un abito luttuoso né rispettoso nei confronti della loro famiglia. Aveva esaltato più i Lannister che i Baratheon e in quell’occasione ufficiale Katrina lo considerò un affronto a suo padre e a se stessa.
Accanto a loro vi erano i bambini, che bambini non erano più in verità.
Tommen, dal sorriso morbido e dal volto paffuto, più alto e più prestante, non un più un bambino, ma neanche un uomo.
Shireen, l’unica con lei ad aver ereditato i tratti del loro padre e l’unica ad indossare un vestito nero e semplice che sembrava più adatto a una figlia di mercante che ad una di Lord. Sul suo volto e sul collo figuravano ancora i segni del morbo grigio, ma il suo corpo stava diventando quello di una donna, di una bella donna, e i lunghi capelli neri come i suoi, ma lisci, erano acconciati in modo tale da lasciare libero il volto.
Shireen aveva imparato a convivere con quei segni e Katrina ne era tanto orgogliosa da dimenticare l’offesa di Joffrey.
Per un ultima vi era Myrcella, bella come Cersei alla sua età, ma in lei non v’era nient’altro della loro madre. Myrcella guardava timidamente la corte reale e il suo sguardo si posò per un attimo più lungo sul bel principe ereditario. Katrina poté notare un lieve e grazioso rossore sulle gote di pesca.
Strinse con più forza le redini del suo cavallo e tornò a irrigidire la mascella, poi scosse impercettibilmente il capo e si diede della sciocca.
Aegon era bello e prestante come suo padre e Myrcella non era stata la prima a guardarlo con interesse. E poi, si disse, era soltanto una bambina di dieci anni, ancora innamorata delle canzoni, dei cavalieri e delle favole. Non poteva biasimarla.
Dietro la sua famiglia vi erano i Lord minori, tra i quali figuravano Lord Jon Connington, con l’emblema del Primo Cavaliere ben appuntato sulla tunica rosso scuro, e suo zio Renly, il castellano di Capo Tempesta, con la moglie Sansa al suo fianco che teneva per mano il piccolo Steffon.
Fu proprio suo zio ad aiutarla a discendere dal proprio cavallo e tra le sue braccia Katrina si sentì nuovamente al sicuro, a casa.
Renly Baratheon era Robert da giovane. Non aveva mai conosciuto il fratello maggiore di suo padre, ma tutti lo asserivano. Alto, imponente, con corti capelli neri e profondi e ridenti occhi azzurrini. Suo padre era stato un uomo di altrettante caratteristiche, ma non era mai stato così bello e affascinante come i suoi fratelli. Notò lo sguardo di re Rhaegar posarsi su suo zio come con rimembranza, poi scosse il capo e tornò a rivolgersi verso sua madre per porgerle le condoglianze per la sua triste perdita.
Suo zio le carezzò i capelli con un sorriso compassionevole sul volto e Katrina vi scorse della verità nelle sue iridi identiche alle proprie. Anche lady Sansa Stark, figlia di Lord Eddard e lady Catelyn, le sorrise con deferenza tenendo per mano suo cugino, un infante di tre anni appena, ma che già sembrava lo specchio di suo padre.
« Dove stai andando, figliola?» domandò con falsa dolcezza sua madre quando la vide dirigersi verso l’interno del palazzo. Non poteva rimanere lì, non quando i ricordi di suo padre tornavano alla memoria come lame mortifere. Quelle persone non potevano capire il suo dolore, non avrebbero mai potuto. Nemmeno Shireen avrebbe compreso. Shireen non era penetrata nel cuore di Stannis com’aveva fatto lei con anni e anni di fatica e dedizione. Nessuno aveva conosciuto meglio di lei quell’uomo duro come ferro, onorevole e giudizioso come poche persone erano al mondo.
« Desidero vedere il maestro,» mormorò ancora interdetta da quei cambiamenti e dalle quelle rimembranze. Suo padre l’aveva abbracciata per l’ultima volta in quel punto. Una semplice stretta appena accennata, ma Katrina aveva saputo trovare tutta la dolcezza e l’amore di suo padre al suo interno. Maestro Cressen era l’unica persona che avrebbe potuto aiutarla a far luce sul mistero della sua morte.
« Bene. Lo troverai nelle sue stanze. È anziano. Non può spostarsi con facilità,» le comunicò e il suo tono era tanto pregno di affettata cortesia da farla inorridire. Sua madre non era mai stata troppo dolce con lei e con sua sorella Shireen, ma non l’aveva mai studiata con quello sguardo penetrante, quasi di fuoco nella sua irruenza.
« Mia principessa, hai bisogno di me?» sussurrò verso la bella Rhaenys accanto a lei. Aegon l’aveva aiutata a discendere dal suo cavallo con la grazia e la delicatezza di un fratello amorevole. Aveva ancora le mani sui suoi fianchi e Katrina percepì di nuovo quell’ardente sensazione alla bocca dello stomaco che aveva provato quando Myrcella era arrossita. Si sentì subito in colpa per quella gelosia insensata. Aegon e Rhaenys erano fratelli.
Targaryen, con il sangue della vecchia Valyria e una tradizione secolare di matrimoni familiari.

Quella voce malevola fu soffocata immediatamente dai ricordi e dallo sguardo accalorato del suo bel principe, quello sguardo dedicato soltanto a lei.
« No, cara. Puoi andare,» le permise la principessa con un dolce sorriso d’incoraggiamento sulle belle labbra rosee, sfiorandole la mancina. Katrina le sorrise appena, ringraziandola con lo sguardo ancora più in colpa per quella sciocca voce che aveva tanto le sembianze di quella di Cersei.
« Katrina, tuo nonno sarà qui tra poco,» sibilò sua madre abbandonando per un attimo quella maschera di gentilezza e serenità, accorgendosi delle intenzioni di sua figlia. Forse aveva creduto che avrebbe atteso prima l’arrivo di tutti gli ospiti e poi si sarebbe recata da suo padre, sul suo letto di morte, pronta a inchinarsi e a piangere sulle sue spoglie. Era in errore e avrebbe dovuto saperlo.
« Puoi accoglierlo anche senza di me.»
La sua voce, fredda, distante e austera gelò l’atmosfera all’ingresso del palazzo e percepì lo sguardo di un intenso grigio perlaceo della regina fisso su di sé nonché quello di Aegon, quasi stranito da quel tono. Solo il re, tra tutta la corte e i Lord delle Terre della Tempesta, non si volse a guardarla e Katrina gliene fu grata.
Era stata sgarbata e ne era ben consapevole, ma non aveva potuto trattenersi.
Una Lady non avrebbe mai dovuto rispondere in quel modo a sua madre, né a nessun altro nobile, ma Katrina non era una Lady in quel momento. Era la figlia orfana di un padre assassinato pronta a tutto pur di arrivare alla verità.
Sua madre fece per parlare, ma Joffrey la bloccò con un cenno della mano e le porse il braccio come per accompagnarla all’interno del palazzo. Katrina lo lasciò fare pur non capendo bene le sue intenzioni.
Era divenuto più alto e aveva la bellezza tipica dei Lannister. Non si stupì che la splendida Lady Margaery Tyrell avesse acconsentito a sposarlo. Ma Joffrey aveva un animo crudele e un ghigno malvagio sempre impresso sulle labbra imbronciate.
« Se credi di essere tornata per restare, hai sbagliato, sorellina,» soffiò Joffrey crudele, sospingendola verso il muro, quasi facendo aderire i loro corpi. Come se avesse avuto una fiera selvaggia dinanzi a sé, Katrina non si mosse e lasciò che Joffrey la intrappolasse tra le sue braccia forti e muscolose. Sentiva le sue unghie lunghe e affilate penetrare nella tenera carne del suo braccio destro, ma non emise fiato. Soddisfatto suo fratello si scostò e ampliò il sorriso prima di lasciarla in quel corridoio vuoto che conduceva alle scale principali.
Katrina notò i segni rossi che le unghie di Joffrey aveva lasciato sotto la manica del suo vestito e digrignò i denti pronta a tornare verso suo fratello e rammentargli che era una Baratheon e non si lasciava sottomettere da nessuno, nemmeno da lui. Poi il pensiero del maestro, di suo padre e dell’ombra di pericolo che l’avvolgeva, nonché il ricordo dei freddi occhi di sua madre, la costrinsero ad abbandonare i suoi intenti e a dirigersi verso le stanze del maestro al piano più alto del palazzo.
Durante tutta la durata del tragitto non fece che pensare alle parole di Joffrey. Non era la benvenuta nella sua stessa casa e non s’aspettava di esserlo, non dopo aver scorto l’espressione di sua madre che sembrava cacciarla come fosse stata un dispettoso insetto.
« Maestro Cressen,» mormorò Katrina quasi con le lacrime agli occhi dopo aver aperto le porte delle sue stanze e aver individuato il maestro che stava dando da mangiare ai suoi corvi. Era cambiato anche lui. Era più magro, i capelli sempre più radi e dalla barba lanosa. Arrancava quando era costretto a camminare tra le gabbie dei corvi e aveva la mancina sull’anca come per sollevarla ad ogni passo. Il maestro si volse di scatto e la bella Lady riconobbe in lui lo stesso uomo che le aveva insegnato la storia e il moto delle costellazioni quand’era bambina.
« Katrina, sapevo saresti venuta subito da me. Accomodati, cara,» la invitò caldamente, ma con un velo di tristezza nello sguardo accogliente di un tenero marrone annebbiato di vecchiaia. Katrina s’accomodò soltanto perché non era certa che le gambe l’avrebbero sorretta ancora. Era troppo da sopportare. La marea dei ricordi affiancati a quella triste realtà che era divenuta la vita di Capo Tempesta la stava conducendo verso flutti incauti e perigliosi e Katrina stava lottando con se stessa per non annegare in quel mare nero di vergogna e umiliazione. Joffrey l’aveva colpita, le aveva fatto del male e Katrina gliel’aveva concesso. Non era da lei.
« Cos’è accaduto davvero?» domandò diretta e ostinata, testarda come solo una Baratheon poteva essere. Il maestro sospirò e scosse il capo, comprendendo le sue ansie e le sue preoccupazioni, ma scegliendo di mentirle ancora come se avesse dinanzi a sé una sciocca bambina che non meritava di conoscere la verità.
« Un cinghiale. Non voglio disgustarti con i dettagli.»
« Perché è andato a caccia? Per gli Dei, maestro, lui la odiava,» sbottò non riuscendo più a contenersi. Scattò in piedi e prese a vagare per la stanza, costringendosi a non uscire e dirigersi verso il cortile del palazzo. Aveva sentito lo squillo di tromba che annunciava l’arrivo degli ultimi ospiti, i Lannister di Castel Granito.  
« Figliola, siediti. Sembri una fiera incatenata,» la pregò il vecchio maestro tentando di catturarle la mani con le proprie. Katrina notò la sofferenza nel suo sguardo e ne ebbe compassione. Per un attimo il suo dolore le sembrò soltanto un punto nel mare di sofferenza che provavano gli uomini di Westeros e del mondo interno, « È andato a caccia di alcuni delinquenti nella Foresta, delinquenti che hanno già rubato nelle campagne limitrofe. Il cinghiale è piombato sulla sinistra di Lord Stannis e non ha potuto schivarlo,» le spiegò sofferente, ma veritiero, facendo luce su parte del mistero della sua morte, « Figliola, ascoltami, gli incidenti accadono.»  
« Non è stato un incidente, maestro. E tu lo sai,» sussurrò la bella lady dagli occhi di zaffiro. Non poteva credere che suo padre fosse stato ucciso da un cinghiale. Stannis non era un uomo debole, non lo era mai stato, e quella morte non era onorevole né giusta né pietosa.
« Non pensarlo,» la implorò alzandosi e avvicinandosi a lei nonostante il dolore che provava, « Per il tuo bene, ragazza, non pensarlo nemmeno,» bisbigliò come se avesse timore che qualcuno potesse udirli, abbracciandola e stringendola a sé come una figlia.
« Non posso lasciarlo impunito,» ribatté fiera la figlia di Lord Stannis contro il suo petto, cacciando le lacrime che volevano sopraffarla.
« Torna ad Approdo del Re con la principessa. Onora la tua famiglia. Adesso è Joffrey il Lord di Capo Tempesta,» le rammentò come se non avesse compreso, come se si stesse illudendo che suo fratello l’avrebbe accolta a braccia aperte. Quello di prima era stato il suo primo avviso, ma non avrebbe di certo avuto scrupoli nel reiterare quella minaccia e Katrina non era per nulla certa che le avrebbe risparmiato di realizzarla se fosse rimasta lì.
« Era mio padre. Gli ho promesso che l’avrei sempre reso fiero di me. Come posso lasciare che questo mi scivoli addosso, maestro?»
La sua voce era un singhiozzo trattenuto, il rantolo di qualcuno che era in grado di trattenere oltre la sofferenza, il grido spezzato che urlava giustizia.
Non poteva lasciare che il timore di suo fratello e di sua madre la governasse. Il suo dovere era vendicare la morte di suo padre.
« Bambina mia, la vita è crudele,» mormorò il maestro carezzandole i lunghi capelli oramai sciolti da quella treccia morbida, « Ho amato quel ragazzo più di ogni altro. Il figlio che non ho mai avuto. Era un uomo doveroso e a senso unico, orgoglioso e inflessibile. Era un uomo buono e in fondo al suo cuore lui vi amava. Ora è con gli Dei ed è in pace,» tentò di consolarla carezzandole la gota.
« Mio padre non credeva negli Dei,» bisbigliò Katrina, ritrovando il controllo di sé. Se suo padre l’avesse vista piangere, non sarebbe stato fiero di lei. Suo padre avrebbe digrignato i denti, indurito la mascella e le avrebbe ricordato che era sua figlia. E Katrina lo rammentava bene, era la sua unica certezza in quell’oceano di dolore e morte. Katrina era la figlia di Stannis Baratheon e tale sarebbe rimasta sino alla fine dei suoi giorni, « Debbo sistemarmi per la funzione.»
Quella sera suo padre sarebbe stato sepolto nell’antica cripta dei re Durrendon come suo padre prima di lui e il padre di suo padre. Era quella la tradizione, ma Katrina avrebbe preferito fosse stata una cerimonia più intima. Suo padre odiava i ricevimenti colmi di persone ipocrite, pronte sempre e solo a giudicare per convenzioni sociali.
Katrina aveva notato in disparte colui che considerava il solo amico sincero di Lord Stannis, Ser Davos, mentre veniva osservato con disprezzo dai Lord secolari. Al solo pensiero i pugni le si irrigidivano per l’ingiustizia di quei falsi credi.
« Katrina, aspetta. C’è qualcosa che dovresti sapere,» la bloccò il maestro quand’era già arrivata a passo di marcia sulla soglia della porta.
« Cosa?» domandò curiosa la bella giovane, volgendosi verso il maestro e asciugandosi le lacrime sulle gote d’avorio.
« Il seme è forte,» esclamò il saggio e anziano uomo dinanzi a lei. Katrina aggrottò le sopracciglia scure e lo osservò interrogativa,« Sono state le sue ultime parole. Il seme è forte. Lui ti ha lasciato questa lettera anche,» le comunicò porgendole ciò che sembrava più un biglietto scritto frettolosamente che una lettera. Era spiegazzato in modo che non si leggesse il contenuto. Non aveva l’accuratezza dello stile di suo padre, ma il maestro le aveva assicurato che fosse il suo e Katrina non aveva motivo di non credergli.  
« Grazie, maestro Cressen,» mormorò e si concesse di abbracciarlo per un istante prima di lasciare le sue stanze.
Doveva dirigersi verso le camere che avevano assegnato alla principessa Rhaenys per sistemarle e renderle più confortevoli, ma la curiosità le attanagliavano l’animo in una morsa serrata e quasi crudele nella sua intensità.

« Kat,» la chiamò una voce alta e squillante come una tromba, facendola desistere dai suoi intenti. Suo zio sorrideva mentre si chinava su di lei e l’abbracciava con dolcezza, baciandole entrambe le guance. Le sue erano cosparse di una folta peluria nera ben curata che si scontrava amabilmente con gli occhi color del cielo.
« Zio Renly,» lo accolse atona, inchinandosi con ossequio. Renly quasi rise per quella formalità e scosse il capo come per rimproverarla.
« Condoglianze vivissime, dolce nipote. Come stai?» le chiese con gentilezza che sembrava davvero sentita. Renly non aveva mai amato molto suo fratello, ma era sempre stato gentile con lei e Katrina aveva bisogno di immergersi in quel mare tanto simile a quello di suo padre. Poi rammentò che Renly non era suo padre, però. E non lo sarebbe mai stato.
« Non sono io quella dilaniata da un cinghiale. Quindi credo bene, zio.»
Non voleva essere tanto scontrosa. Suo zio era stato gentile con lei in fondo. Ma aveva il sospetto che l’avesse avvicinata soltanto per tenderle una trappola.
« Non avrebbero dovuto raccontarti questi particolari cruenti. Sei una buona e dolce fanciulla. Potrebbe causarti incubi di ogni natura,» mormorò dispiaciuto carezzandole un ricciolo che scendeva pigramente sulla gota sinistra. Il suo volto sembrava costernato per lei e tutto quel calore la fece sentire a disagio per un attimo. Suo zio bramava qualcosa, le sembrò ovvio, e la stava usando per arrivare ai suoi scopi. Non era affetto, ma puro e semplice interesse.

Cosa posso dargli? Io non ho nulla. È Joffrey il Lord adesso.  

« Gli incubi nascondo con l’irrazionalità, zio Renly.»
« Questo è vero, cara figliola,» esclamò suo zio sorridendo accondiscende alle sue parole. Un sorriso furbo che Katrina riconobbe prontamente, nonostante fosse tanto immersa nel desiderio di leggere le ultime parole di suo padre, « Forse gradirai una lettura in una notte così spaventosa. Farò recapitare un libro nelle tue stanze. A dopo, Kat.»
Guardò suo zio scomparire dietro l’angolo di uno dei tanti corridoi del palazzo, poi chinò il capo e notò che nella mancina stringeva ancora il foglio spiegazzato di suo padre. 
Sospirò e scosse il capo sistemando il figlio nella fascia che le avvolgeva i fianchi morbidi. Rhaenys la stava attendendo e quelle parole, per quanto potessero essere importanti, non avrebbero fatto tornare suo padre in vita.
Quindi si diresse verso l’ala destinata agli ospiti e domandò ad una serva quale camera fosse stata assegnata alla principessa. Come sospettato, sua madre le aveva offerto un’ampia camera ariosa che s’affacciava direttamente sul Mare Stretto non molto lontana dalla sua.
Katrina bussò ed entrò solo quando Rhaenys la invitò a farlo.
« Oh cara,» la accolse la principessa con un sorriso dolce e affettuoso scostando il tamburello da cucito e posandolo ai piedi del letto. Eppure nemmeno un punto era stato intessuto su di esso. Era ancora una tela candida pronta per essere abbellita. Rhaenys sembrava quasi imbarazzata e Katrina se ne domandò la ragione. La principessa era sempre stata sincera con lei, anche prima di divenire amiche molto strette. La verità era che Rhaenys non sapeva mentire, il suo animo era candido come quello della bambina che soleva giocare con un gattino di nome Balerion prima che la guerra sconvolgesse il suo mondo. Aveva perduto una madre e talune notti, glielo aveva confessato anni prima e Katrina non aveva mai fatto parola con nessuno, poteva ancora udire il crepitio del fuoco e la risata folle di suo nonno impregnare le pareti della sala del trono. Quando aveva scorto suo padre sul suo cavallo bianco tornare ad Approdo del Re con un’altra donna al suo fianco che aveva un altro figlio tra le braccia, Rhaenys l’aveva odiato.
Una figlia non poteva mai odiare un padre per molto e quell’odio passò in fretta, passò quando Jon, Aegon e lei divennero il trio inseparabile che ancora erano. Scomparve con il sorriso di Lyanna mentre si occupava di lei con vero affetto. Scomparve con i baci e le carezze gentili di suo padre, con i suoi racconti sussurrati nell’ore buie per farla addormentare senza problemi.
Katrina sapeva tutto questo poiché era fuoruscito dalle labbra di Rhaenys. Non vi erano mai stati segreti tra loro e per quello non capiva come potesse provare ancora imbarazzo dinanzi a lei.
« Cosa stai facendo se posso domandare?»
« Pensavo ad Aegon e a Viserys. Questa mattina hanno litigato. Me l’ha riferito mio zio,» le comunicò senza guardarla, sistemando inesistenti pieghe del suo vestito nero di organza rifinito con lingue di fuoco cremisi sulla gonna.
« Per quale ragione?» chiese non senza una certa curiosità mentre sistemava alcuni abiti della principessa in un imponente armadio di noce di fronte al letto. Gli abiti di Rhaenys erano semplici, modesti, ma belli nella loro parsimonia. Lo stile somigliava molto a quello della regina Lyanna ed era totalmente dissimile da quello ostentato di sua madre o di lady Lysa Arryn.
« Per te. Aegon ti ha chiesta in moglie a mio padre,» le rivelò alzando finalmente lo sguardo scuro per incontrare il suo. Ma in quel momento fu quello di Katrina a fuggire verso la finestra che si affacciava direttamente sul Golfo. Non poteva credere che Aegon avesse davvero affrontato l’argomento con suo padre.
Vi erano molte altre dame più meritevoli di lei, più gentili di lei, che avrebbero potuto ambire ad essere sposate con il principe ereditario, ma Aegon desiderava lei.
In un attimo le sue guance si imporporarono nel ricordare quant’era stata scontrosa nei giardini. Il re non avrebbe mai accettato di lasciarle sposare il principe. Mai.
« Ritengo che il re non abbia accettato,» mormorò tentando di non mostrarle il suo dispiacere. Aegon era stato avventato, ma Katrina non poteva biasimarlo. Se fosse stata al suo posto, avrebbe spiegato a suo padre l’amore che li legava ed era certa che, seppur riluttante, Lord Stannis l’avrebbe accompagnata dinanzi al Septon nel Gran Tempio di Baelor dinanzi a tutti i Lord dei Sette Regni.
Quale re, però, avrebbe fatto sposare il suo erede con la nipote di un traditore, con una tale fanciulla che non osservava le convenzioni canoniche delle Lady anzi non assisteva nemmeno alla venuta del Lord suo nonno?
Non certo un re Targaryen, non certo Rhaegar il Giusto.
« No. Crede che… che non sia la scelta migliore per il regno. E nemmeno Viserys,» confermò la principessa riportandola alla realtà. Del parere di quel mezzo folle di Viserys non poteva importarle di meno e avrebbe voluto avvertire Rhaenys di non fidarsi troppo di suo zio. Lo sguardo di Viserys indugiava spesso sulle forme gentile della bella principessa. Non era carezzevole come lo sguardo che Aegon riservava sempre a lei, dettato dall’amore che nutriva nei suoi riguardi. No. Era immensamente più profondo e voluttuoso e andava oltre qualsiasi amore che non fosse carnale. Viserys voleva possedere quel bene prezioso che era Rhaenys, la primogenita di re Rhaegar, così simile alla sua prima moglie Elia. E Katrina non gliel’avrebbe mai permesso, « Aegon ti ama, cara, e tu lo ami molto. Io lo so.»
« Non mi sembra il momento adatto per parlarne, mia principessa,» esclamò tentando di rimanere calma e di non lasciar trapelare il dolore che provava nell’udire quella dichiarazione. Aegon l’amava e Katrina lo sapeva e lo ricambiava in segreto, ma sentire quelle parole pronunciate a voce alta a pochi metri da chi desiderava soltanto ferirla producevano un suono tanto assordante da farla cadere. E non poteva permetterselo. Non con il mistero della morte del suo amato padre. non con suo fratello così pronto a ferirla e annientarla. Non con gli occhi gelidi di sua madre pronti a pugnalarla in mezzo alle costole. Non poteva mostrarsi debole e Aegon era la sua debolezza. Poiché lo amava e avrebbe fatto di tutto per lui, anche dimenticare l’onore e il dovere.
« Forse se ti mostrassi più dolce e accomodante, mio padre riconoscerebbe in te le doti di una regina,» le consigliò Rhaenys sorridendole appena.
« Più dolce… più accomodante,» ripeté Katrina guardandola negli occhi senza alcuna espressione apparente. E per un attimo pensò davvero a quelle parole, poi scosse il capo. Aegon si era innamorato di lei nonostante quei lati duri e aguzzi del suo carattere. Non avrebbe mai desiderato che cambiasse per potersi adeguare ai desideri imposti dall’esterno, « Non ho chiesto io che Aegon mi amasse, Rhaenys. Così come lui non l’ha chiesto a me. Non ho il desiderio di essere la regina di alcun regno,» esclamò veritiera. Non le importava essere una regina. Le importava essere la donna di Aegon, sempre e per sempre.
« Ma vuoi essere sua moglie,» ribatté Rhaenys ben interpretando i suoi pensieri, ma Katrina scelse di non rispondere, « Non mentire, amica mia. Ci conosciamo da troppo tempo per poter mentire l’una all’altra.»
« Non lo nego. Non l’ho mai negato,» mormorò chinando il capo e osservando la fascia che conteneva le ultime parole di suo padre. Soltanto Katrina poteva sapere quanto avrebbe desiderato poterle leggere e si maledisse per non averlo fatto sul serio. Rhaenys era la sua coscienza. Sapeva tutto di lei e non aveva alcun problema a rimproverarla e a farla sentire colpevole.
« Non perderlo, Kat,» l’implorò Rhaenys prendendole le mani e stringendole nelle sue più piccole e abbronzate, « Non fare il mio stesso errore. Guardami,» la invitò caldamente spalancando le braccia come per mostrarle la sua vera essenza e ciò che Katrina vide non le piacque. Era più magra del solito, un fuscello che poteva essere piegato da un vento freddo e crudele, « Promessa a qualcuno che non mi amerà mai. Io lo sposerò soltanto per il dovere che ho nei confronti di mio padre. Ma tu, tu puoi avere un destino diverso, sorella mia,» mormorò fiduciosa con quegli occhi neri, specchi di un amore incondizionato e di una ferma speranza nel futuro. Rhaenys pensava che tutto potesse volgere per il meglio anche nelle situazioni più sfavorevoli. Katrina sospirò e scosse il capo dinanzi a tutto quell’ottimismo. In tanti anni Rhaenys non era riuscita a comprendere che per lei non esistevano Dei di nessun tipo. Gli Dei servivano soltanto a indebolire gli uomini e Katrina non avrebbe mai voluto piegarsi dinanzi a nessuno.

Io non credo nel Destino, Rhae.

Angolo dell’autrice (ovvero quando le situazioni si complicano)
Stiamo entrando abbastanza lentamente nella parte centrale della storia che vedrà Aegon, Jon, Katrina e Rhaenys divisi e con differenti destini. Questa long non sarà particolarmente lunga. Non credo vi saranno più di venti capitoli. Il ritmo è volutamente lento poiché ho bisogno di spiegare alcuni meccanismi di fondo, ma dalla seconda parte il ritmo sarà più veloce e scorrevole. Spero tracorrerete un felice Natale. Tanti auguri, Nayrin Baudelaire.
  
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Il Trono di Spade/Game of Thrones / Vai alla pagina dell'autore: Nayrin Baudelaire