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Autore: MaxT    19/05/2008    2 recensioni
Una Elyon esuberante e sorprendente torna a cercare le sue vecchie amiche, che si troveranno presto coinvolte in avvenimenti più grandi di loro. Che spaventosa profezia ha pronunciato la Luce di Meridian? Vera è…vera? Dove sono andate le gocce astrali delle W.I.T.C.H.? E’ una storia dove i personaggi assumono diversi ruoli contrastanti, si muovono nel segreto e nell’invisibilità, e le loro motivazioni autentiche si delineano a mano a mano che la storia si avvicina alla conclusione. Note: qualcuno potrebbe considerare OOC Elyon e le gocce astrali. Da parte mia, penso che siano una evoluzione plausibile dei personaggi visti nel fumetto. Aggiornamento: I primi sei capitoli sono stati riscritti nell'ottobre 2008.
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Le profezie di Meridian' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
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29-mattina d'autunno  

PROFEZIE


Riassunto delle puntate precedenti 
Elyon affida a Vera, una copia di sè stessa che appare come una ragazza più grande, l'incarico di rintracciare le gocce astrali, le sosia create dalle guardiane, e ribellatesi ad esse più di un anno prima .
La goccia di Cornelia si chiama Carol. Quella di Irma, Irene. Quella di Hay Lin, Pao Chai. Quella di Taranee, Terry. Quella di Will, Wanda.
Elyon propone alle gocce di collaborare con Vera a raccogliere informazioni tecnologiche per modernizzare Meridian.
Le gocce si trasferiscono, con Vera, in due eleganti appartamenti contigui. Come copertura, fingeranno di essere delle studentesse universitarie; ognuna riceve una lista di argomenti e l'incarico di individuare degli esperti su ciascuno. 
Le gocce vengono addestrate ai poteri mentali, quali la lettura e trasmissione del pensiero, lo sguardo del comando e la telecinesi.
In alcune occasioni, le ragazze commettono goffaggini che attirano l'attenzione della polizia e perfino dei giornali.
Si crea un rapporto più stretto tra Elyon e Carol, che è ammirata per le sue capacità di cavarsela in ogni situazione.
Elyon affida a Vera l'incarico di copiare le memorie scientifiche di esperti in diversi campi, cosa che richiede il contatto fronte a fronte per alcuni minuti. Il primo della lista è un professore universitario di nome Michel Raeder, di cui Vera si innamora a prima vista, e lo invita ad uscire.
Vera, senza esperienza con gli uomini, prima fa una cattiva impressione, poi litiga con lui. Il giorno dopo, pentitasi, fa un secondo tentativo, riuscendo a trovare interessi comuni, ma, quando gli copia le memorie, gli trasmette anche le proprie. Dapprima lei nega, poi fugge, infine lui torna a cercarla e le promette che non rivelerà il segreto.

Cap. 29

Mattina d'autunno


Camera di Vera

Attraverso i vetri rigati dalle gocce, Vera guarda i quattro ombrelli dai colori vivaci che si allontanano lungo il vialetto e spariscono al di là del filare di alberi. Le fronde le sembrano quasi braccia alzate verso il cielo, in un immobile ringraziamento per il dono della pioggia. O forse chiedono pietà? Ci vuole tanto coraggio per essere alberi, in una giornata così.
Sono andate, pensa, cercando di mettere a tacere il senso di colpa.
Wanda e Pao avevano un rimprovero negli occhi: ‘Ci mandi a perdere tempo? Noi non siamo in grado di fare le ricerche che ci chiedi’.
Terry andava comunque di buon grado all’università.
Irene, invece, sorrideva entusiasta all’idea di uscire. Quale giustificazione migliore, per prendersi delle libertà, di un compito di cui dichiaratamente non era all’altezza?
Non preoccupatevi, le ha incoraggiate: prestissimo vi metterò in grado di capire tutto. Intanto individuate le fonti dove cercare.
Era una mezza bugia, e loro lo avevano capito. La realtà è che Vera è in stallo.
Quando apre un libro, i suoi occhi scorrono sulle parole, ma la sua mente pensa a lui.
Quando riguarda la lista degli esperti, non può fare a meno di pensare alle sensazioni della comunione di ricordi con Michel.  Niente è così intimo come aprire le proprie memorie senza censure, senza bugie. Non c’è parola, non c’è sguardo, non c’è altro che possa superare questa comunione totale. E, dopo, è come conoscersi da sempre.
Può fare lo stesso con un altro uomo? No. Ha spergiurato ad Elyon ed alle gocce che lo avrebbe fatto, ma, ogni volta che sta per sottolineare un nome sulla lista degli esperti, la sua mano esita, le sue spalle pesano, e le viene un groppo alla gola.
Ormai le altre lo hanno capito.
Si riguarda il libro tra le mani: Caos: Teoria dei comportamenti caotici e determinismo causale.
Scuote il viso. Basta perdere tempo! Questo libro meriterebbe ben altra attenzione. E' chiaro che oggi non riuscirà a combinare niente, seduta a quel tavolo. Tanto vale andare da lui. Forse riuscirà anche ad assistere alla sua lezione.
Appena deciso ciò, la giornata riprende colore. Sorride tra sé . C’è una cosa che le interessa molto nelle lezioni di chimica organica: lui. Vuole vederlo in tutti i suoi aspetti, non solo nell’intimità di un locale o nella sua casa.
E alle altre, cosa racconterà? Va beh, può sempre copiare un po’ di libri, o qualche strumentazione scientifica dai laboratori dell’università, tanto per giustificare l’uscita. Decisione presa, allora!
Esce dalla sua camera. “Ehi, chi c’è in casa? Carol?”.
L’altra si sporge dalla porta accanto. “Sì? Che c’è?”.
“Io esco. Raggiungo le altre all’università”.
“Fai pure. Io ho da lavorare davvero, qui!”.
Vera resta un attimo annichilita dalla risposta. Il peggio è che non ha niente da ribattere.
A spalle curve, sfila dall’appendiabiti la sua giacca impermeabile e l’ombrello.
Coraggio, Vera, tra poco sarai dall’unica persona che, quest’oggi, può farti sentire speciale.
 

Istituto di chimica, ufficio di Michel

“Ehi, Vera, che sorpresa”. Michel, seduto alla scrivania, sta riordinando dei lucidi per proiezioni.
Appena la porta si è aperta, alcuni fogli trasparenti sistemati in bilico su una pila di libri scivolano giù a terra, terminando la loro planata elegante sotto un armadietto.
“Oh, mer… coledì”, esala lui, in una rara fusione di sonnolenza ed affano, poi si affloscia sullo schienale.
“Che accoglienza, micione”, lo rimprovera scherzosa. “E poi, oggi è giovedì”.
“Scusa. E’ che ho lezione tra cinque minuti, sono morto di sonno e non mi sono preparato”.
“Posso immaginare perchè”, sorride lei. Ad un suo gesto, i lucidi fluttuano da sotto l’armadietto fin verso le sue mani.  Li scorre brevemente. “Fammi indovinare, oggi parlerai di materiali termoplastici”.
“Probabilmente riuscirò solo a biascicare”. Allunga la mano per richiederle i lucidi. “Per come mi sento ora, dipenderà solo da questi se gli studenti capiranno qualcosa”.
“Ti accompagno. Non ho mai sentito una delle tue lezioni… non quelle in pubblico, almeno”.
Michel storce il viso.“Oh, no, non proprio oggi… ti farai una pessima idea”.
“Non temere, micione”, lo prende in giro. “So che hai cose più importanti da fare, la sera…”.
Lui annuisce con gli occhi socchiusi. “Temo che lo capiranno tutti, soprattutto se mi accompagni a lezione”.
“Perfetto”. Lo prende a braccetto e lo tira in piedi. “E soprattutto, che lo capiscano tutte!”. Lo guarda allusiva. Non ammetterà un rifiuto.
 

Università, aula didattica, un’ora dopo.

Il professore, dietro la cattedra, ripone nel quaderno il suo ultimo lucido, e spegne la lavagna luminosa. “E’ tutto, per oggi. Domani parleremo in dettaglio del potieli…polietilene”.
Mentre gli studenti si alzano in piedi e si dirigono alla porta, Vera lascia il suo posto in prima fila e gli va incontro sulla pedana. “Bravo, Michel caro, sei stato chiarissimo. Si è capito tutto fino all’ultimo polimero”.
Gli passa il braccio attorno alle spalle, godendosi gli sguardi un po’ spiazzati di due studentesse che si preparavano a chiedere chiarimenti sulla materia della loro vita, e che ora devono rassegnarsi ad uscire con gli altri.
“Mi accompagni in ufficio, Vera? Tra un’oretta ho una riunione in facoltà, e non credo che potrai seguirmi lì”.
“Va bene, caro. Però, quest’ oretta me la concedi a quattr’occhi?
 

Università, ufficio di Michel

La visuale, dall’ufficio al secondo piano, mostra un giardinetto interno che è un’oasi per la vista. Oggi, però, con la pioggia fitta , la malinconia entra dentro attraverso le vetrate.
“Allora, micione?”. Vera stringe forte il suo uomo, assaporandosi un momento di felicità mai previsto dal suo progetto di vita. Sente le sue mani che le accarezzano le spalle ed i fianchi, e il contatto con il mento non rasato sulla fronte. Alza il viso verso di lui. “Lo sai che pungi, se non ti radi bene?”.
Lui sorride ed annuisce. “Anche se mi rado, temo. Potrei limarmi le unghie sul mento, al bisogno”.
Anche lei sorride alla battuta, poi lo studia meglio. “Sei pensieroso?”.
“No, solo assonnato”, minimizza. Resta un attimo in sospeso. “Sì, pensavo. Mi chiedevo perché tu abbia scelto proprio me, tra tanti”.
Vera lo studia per capire i significati di questa domanda, poi lo stringe più di prima. “Michel, io non ti ho scelto. Sei tu che mi hai sconvolto la vita fin dal primo sguardo”. Gli appoggia il viso sulla spalla, e prosegue, più piano: “Io non mi riconosco più. Tutto il mio mondo, il lavoro a cui ho dedicato me stessa da quando esisto… Quasi non posso credere come tutto sia passato in secondo piano da quando ti ho visto qui per la prima volta. E non è passata neanche una settimana!”.
Appena la stretta si allenta e gli lascia riprendere fiato, Michel risponde: “Vera, io sono più sconvolto di te. Non sono solo il mio lavoro e il mio ambiente che sono stati messi in ombra. E’ la mia visione del mondo. La scienza era la verità, la magia era un insieme di belle favole per sognare. Ora è tutto diverso, ed ho quasi paura che sia un lungo, bel sogno, destinato a dissolversi con il suono della sveglia. Che mi restino solo vaghi ricordi ed il rimpianto per qualcosa di desiderato e mai esistito”. La guarda a lungo, cercando le parole giuste. “Vera, dimmi… tu sei… artificiale, no?”.
Lei si scioglie dalla presa, e lo guarda quasi offesa. “E’ un problema?”.
“No, no”, fa lui. “Vorrei solo capire meglio una frase trovata tra i tuoi ricordi. Cosa vuol dire ‘creata dall’aria’?”.
Creata dall’aria…” ripete lei. “Ah, non preoccuparti, non svanirò, se è questo che stai temendo. Sono una persona vera, in carne ed ossa. Mangio, dormo, respiro. Sono stata così fin dal primo momento di esistenza”.
“Non volevo offenderti…”.
“Lo so. Però a nessun essere artificiale fa piacere che altri lo sappiano”. Pian piano, l’espressione accigliata lascia il posto al rimpianto, mentre lo sguardo cade sulle fotografie appese alle pareti. Michel in mezzo ad una squadra di baseball… sempre lui, con il costume da laureato e una pergamena arrotolata in mano… tutti ricordi di una vita normale che lei non ha mai avuto. “Non basta la sfortuna di non avere genitori, di vivere in semiclandestinità con documenti falsi… la cosa che ci dispiacerebbe di più è il poter essere considerati come una specie di robot”. Torna a guardare la pioggia fitta. “Come le mie amiche, create dalle cosiddette guardiane come spettri da far scomparire a piacimento”.
“E cosa le ha mutate in persone vere?”.
“A loro piace pensare che sia stata solo la propria volontà. Da parte mia, ho una teoria diversa”.
“E’ complicata?”.
“Non certo per un chimico”, risponde lei con un’alzata di spalle.
“Ti ascolto. Ah… vuoi la lavagna?”.
“Sciocco!”, gli sorride. “Ebbene: forse il corpo di una goccia astrale è creato da atomi che sono a loro volta costrutti magici”. Con il dito, Vera segna puntini sparsi sui vetri che hanno cominciato ad appannarsi. “All’inizio potevano essere riassorbiti dalle loro creatrici. Poi, con la vita, mangiando, bevendo e respirando, pian piano un gran numero di molecole magiche del  corpo delle gocce è stato sostituito da altre molecole, vere, dell’ambiente, e questo ha reso impossibile riassorbirle”.
Quando finisce di parlare e di toccare il vetro, la nuvola di puntini ha assunto una forma vagamente umana.
“Suona ragionevole”, conviene Michel. “In un normale corpo vivente, la materia che lo costituisce viene ricambiata periodicamente”.
Vera annuisce. “Allo stesso modo, una mente costituita solo dai ricordi delle loro creatrici era solo un’emanazione di queste. Quando le gocce hanno cominciato ad avere ricordi propri, emozioni proprie, anche le loro menti si sono rese indipendenti”. Lo guarda. “La volontà di essere libere è nata solo quando ne esistevano già le premesse”.
I segni dei polpastrelli sul vetro appannato si sono uniti tutti in una sagoma umana, una specie di finestrella antropomorfa che lascia vedere uno scorcio del cortile sottostante. Da questa sagoma, una goccia di condensa cola giù lungo il vetro, come una lacrima.
Michel aspetta a lungo prima di parlare. Una folata di vento porta la pioggia a ticchettare sul vetro.
“Incredibile. Solo una settimana fa questa mi sarebbe sembrata una spiegazione buttata giù per un racconto di fantascienza, ed ora mi sembra ragionevole”.  Si volta verso di lei. “E tu, Vera, cosa ricordi della tua creazione?”.
Lei accenna un gesto verso la finestra. “Dovresti saperlo già”, risponde a disagio.
Michel osserva la vetrata che comincia a disappannarsi. “Voglio sentirlo dalle tue labbra”.
Vera tace a lungo. E’ difficile iniziare. Guarda lontano, oltre la pioggia. “Prima ero Elyon. Ho pensato a lungo a questa nuova persona. Ho riflettuto a lungo su cosa avrebbe dovuto avere più di me, e cosa meno. Sapevo che una copia fedele è sempre destinata ad entrare in competizione con la sua creatrice, perché vuole le stesse cose per sé. Invece io le ho dato un aspetto diverso, tra i migliori che riuscissi ad immaginare. Uno scopo di vita suo, un carattere suo, un nome suo. L’ho destinata a vivere in un ambiente diverso. L’ho costruita nella mia immaginazione con tutta la mia cura ed il mio amore”. Nella sua voce traspare l’orgoglio della Luce di Meridian per la sua bella opera. “Quando è venuto il grande giorno, ero molto emozionata. Era metà maggio, ad Heatherfield. Ho aspettato un temporale per coprire il rumore della creazione. Ho aperto porte e finestre della mia casa, per non farle implodere. Ho immaginato questa nuova persona con tutte le mie forze, ed ho teso le mani. Ho iniziato la sequenza più e più volte. Non riuscivo a ripeterla abbastanza velocemente. Ha funzionato solo dopo decine di tentativi. Ho sentito un  risucchio fortissimo, un rumore come di tuono”.
Torna a guardarlo. Ora è di nuovo Vera. “Quando ho aperto gli occhi, Elyon mi è corsa incontro, mi ha abbracciata. Mi sono guardata allo specchio, ed ero come mi conosci. Abbiamo pianto assieme”.
Mentre Michel ascoltava, ha sentito sempre più un groppo alla gola. Si sforza per dire qualcosa: “Vera, stai piangendo anche ora”.
“Ma no, sciocco!”. Tira su di naso. Fa fatica a continuare. “ Elyon è la migliore creatrice che io possa immaginare. E’ al tempo stesso una madre ed una sorella minore per me. Se penso alle gocce… loro non hanno avuto niente di questo”.
 

Camera di Carol

Le parole sullo schermo si sono fatte sfocate. Dopo una mattinata di lavoro, Carol si accorge di non riuscire più a focalizzare bene gli oggetti vicini.
‘Forse dovrò portare gli occhiali come mia madre’, si sorprende a pensare. Scuote il viso. La verità è che lei non ha una madre.
Bando alle tristezze. Può essere soddisfatta di sé. Ormai la sua relazione è finita.
Ovviamente, non è per Vera che sta facendo questo. Non sarà lei a prendersene il merito. Con l’ultimo colpo di mouse, avvia la masterizzazione del CD destinato direttamente ad Elyon.
Guarda l’orologio. Le dodici. Salvo imprevisti, la sua amica e capo supremo dovrebbe essere qui tra poco, come ha promesso nella loro ultima uscita, tre sere prima.  Carol non ha ritenuto opportuno avvertire nessuna delle altre. Sono troppo impegnate con i loro amoretti e i loro passatempi, si giustifica tra sé.

Sente una voce dal soggiorno: “Ragazzeee!”. E’ lei.
Le va incontro a braccia aperte. “Ellie cara!”.
“Carol carissima!”. Elyon ascolta ancora un attimo i rumori della giornata. “Sei sola in casa?”.
“Sì. Da qualche giorno le altre vanno all’università tutte le mattine, e restano lì spesso fino a metà pomeriggio”.
Elyon aggrotta gli occhi. “Come mai tanta voglia di studiare, così all’improvviso? Gran parte delle ricerche potrebbe essere fatto da qui, tramite Internet”.
“Come faccio io”, lascia cadere l'altra, con tono casuale. Poi, con un bel sorriso: “Ho un paio di sorpresine per te”.

Poco dopo, appena Carol si china ad armeggiare con il computer, lo sguardo di Elyon vaga nella camera ordinatissima, finché si posa su una cornicetta d’argento, mai notata prima, che contiene una fotografia. Sono loro due che sorridono serene, brindando con bicchierini lunghi e sottili di Coca-Cola, sedute ad un tavolino dall’elegante motivo azzurro e panna. La cosa più sorprendente è che la differenza di età e di statura si nota molto meno che nella realtà.
“Carol! Quella foto… sono io?”.
L’altra si alza sorridendo. “Certo Ellie. Chi altra conosci con quelle trecce?”.
“Oltre a me? Vera, Cedric ed Irene… ho scordato qualcuno?”. Si rabbuia per un attimo. “Ah, sì, la mia prima goccia. Poveretta!”.
“Solo imitazioni. Beh, questa sei proprio tu. Ti ricordi quel fotografo al bar Bellevue, due settimane fa?”.
“E’ lì? Ma certo!”. Scruta ancora l’immagine. “Ammettilo, ci hai smanettato sopra col Photoshop”.
“Solo qualche correzione”, minimizza.
“Ma qui sembro più grande”.
“Io ti vedo così. E se non lo sei adesso, lo sarai tra due o tre anni”.
Elyon si rimira nell’immagine, estranea e familiare come un bel sogno ricordato al mattino. “Che dirti, Carol? E’ molto bella. E me ne…”.
“Già pronta”. Si china ad aprire un cassetto della scrivania, e ne estrae un bel pacchetto argenteo con un fiocco dorato. “Questa era la sorpresina numero due”.
“Whooowww! Grazie, Carol. E’ stupenda!”.  Passa delicatamente le mani sul pacchetto, che al tatto rivela una cornicetta identica a quella sul comò. “E la sorpresina numero uno?”.
“E’ appena uscita dal masterizzatore”. Carol solleva orgogliosa un dischetto. La superficie iridescente lancia bagliori di arcobaleno. “Vorrei consegnarti in anteprima la mia ricerca in campo neuropsicologico. E’ un sunto della conoscenza attuale sulla localizzazione delle facoltà mentali”.
“Ma…”.
“Oh, certo, è solo una versione provvisoria. La aggiornerò e la perfezionerò con tutti i nuovi documenti che riuscirò a trovare”.
“Ma tu avevi, per ora, solo l’incarico di individuare nomi e documenti…”.
“Sono andata oltre”.
“Fammi vedere la tua ricerca”.
Carol le cede la sedia, e ne avvicina un’altra che stava aspettando il suo momento lì vicino.
“Ecco, si entra così…”. Fa una serie di doppi click. Ben annidata come una cipolla tra le sue bucce, la directory local contiene un file .htm contornato da decine di altre cartelle con nomi sibillini.
“Ma la hai nascosta apposta?”, chiede Elyon, divertita dal gioco di scatole cinesi.
Con un ultimo doppio click, il file si apre, mostrando un elegante sfondo color pesca.
Localizzazione delle funzioni mentali, troneggia come titolo.  Subito sotto, una serie di schemi illustratissimi e corredati da testi agili, costellati da decine di legami ipertestuali.
Elyon lo scorre rapita, mentre Carol sembra diventare più alta per l’orgoglio.
Dopo alcuni minuti di “Bello…”, “L’hai fatto davvero tu?”, “E qui cosa c’è?”, Elyon si volta verso la sua amica. “Ma è un grande lavoro. E tu…”.
“La ho sviluppata per conto mio, dopo che Vera ha fatto un discorso interessante sulla conoscenza, l’immaginazione ed il potere”.
“Hai capito bene la lezione, Carol. L’immagine dà potere sull’oggetto”. Clicca ancora qualche link. “Sei proprio in gamba! Un lavoro professionale!”.
“Oh, non sono diventata una neuroscienziata, questo sia chiaro. Sono brava soprattutto nei due strumenti fondamentali della ricerca sul web: il Copia e l’ Incolla”, si schermisce. “ Però ho tirato vicino e cucito gran parte di quanto pubblicato sull’argomento. Siti web, articoli di riviste… Nella pagina principale ho messo solo testi e schemi molto comprensibili… insomma, quelli che io riuscivo a capire”.
“E il resto?”.
“Tutte le parti più specialistiche, incluse le metodologie con cui i vari scienziati hanno ottenuto questi risultati, si trovano negli articoli linkati”, spiega con orgoglio. “Anche discorsi  su neurotrasmettitori, potenziali di membrana, frequenze di scarica, tomografie a emissione di positroni eccetera sono relegati qui, per ora, ma presto perfezionerò il lavoro e riuscirò a fare un riassunto agile anche su questi argomenti arcani”. Assume un tono casuale, guardando l’altra di sottecchi: “Certo, mi sarebbe stato tutto molto più facile se Vera avesse dato seguito alla copiatura delle memorie. In fondo, sono almeno due settimane che le ho dato la mia lista di nomi”.
Improvvisamente Elyon sembra a disagio. Conosce il significato che Carol attribuisce a quel tono. “Dove sono le altre? Non dovrebbero tornare per pranzo?”.
“Te l’ho detto, Ellie. Di solito tornano a metà pomeriggio. Da quando Polpetta non fa più il pranzo…”.
“Ah, no?”.
“Ha trovato un compagno… di studi”.
“E Vera cosa dice di questo?”.
“E’ ad un… incontro di studio di chimica organica. Da quando conosce Michel, sembra che questo campo sia prioritario per Meridian”.
“Non lo è”. Elyon storce il naso. “Da quanto racconti, sembra che siamo allo sfascio”.
Carol perde la sua finta aria casuale, e piazza i suoi occhi penetranti in quelli dell’altra.“Ellie, devo proprio dirtelo. Da quando ha conosciuto quell’uomo, Vera non è più in grado di mandare avanti il gruppo”.
“Tutto questo sbando in pochi giorni?”. Elyon è sempre più a disagio. “Mi stai dicendo cose gravi”.
“Non voglio affermare che Vera abbia sbagliato apposta quel trasferimento di memoria…”, lascia cadere, nuovamente con tono casuale, “…però devo dire che lei ha risolto brillantemente il suo problema di cuore. Ha perfino fatto colpo, altrochè passare per pazza!”.
“Non darle tutte le colpe”, la difende Elyon. “Sono io che le ho consigliato male come eseguire il trasferimento. In fondo, è stata la prima a tentare una cosa non facile”.
“Ma certo. So che ha delle attenuanti. Ma sembra che abbia lasciato impantanare la cosa”. Scuote il viso. “Non credo che vorrà sedurre altri”.
Elyon guarda la sua amica. Comincia a capire dove vuole arrivare. “Mentre tu, magari…”.
“Senti, Ellie, io so gestire molto bene i rapporti con gli uomini. Non faccio errori. Non perdo il controllo. Non ho difficoltà ad approcciare uno e poi mettere i paletti dove mi va bene”.
Uno sguardo dubbioso. “Sei sicura che avresti fatto meglio di Vera?”.
“Dammi la possibilità di dimostrartelo!”.
“Aspetta, Carol. Nell’ultima settimana ho cercato una risposta sui testi antichi di Meridian. Ho provato, fallito, riprovato, e infine raggiunto il mio scopo. Ora conosco un sistema per copiare i ricordi che non richiede il contatto fronte a fronte, solo uno sguardo negli occhi. Inoltre, è estremamente rapido”.
“Sembra il metodo ideale”, ammette Carol un po’ contrariata.
“Lo è”, sorride Elyon. “La perdita di tempo maggiore è selezionare e riordinare i ricordi da trasferire al destinatario”.
“Un po’ come ho già fatto nel CD”, sorride Carol. “Ellie, insegnami questo metodo. Sono precisa, sicura, efficiente.  Non ti deluderò”.
Elyon guarda a lungo gli occhi dell’altra, intuendo il nervosismo che nasconde così bene. Guarda lo schermo che mostra ancora sezioni del cervello colorate a macchie vivaci. Guarda ancora la fotografia incorniciata d’argento.
“E sia!”.  Si alza in piedi, lentamente. Il suo sguardo ora non è più quello di una ragazzina. La sua voce ora è solenne, e sembra riverberare. “Preparati, Carol”.  Tra le mani di Elyon appare una corona di metallo argenteo e lucidissimo, con una pietra ovale violetta. La indossa, e subito un alone luminoso comincia ad espandersi dal suo corpo. Bisogna vederla così per capire veramente perché è chiamata Luce di Meridian.
“Sono pronta!”, risponde Carol, mentre i suoi occhi riflettono quella stessa luce.
 

Università di Midgale

Chi guardasse la facciata dell’università di Midgale in questo cupo pomeriggio autunnale, vedrebbe che molte delle centinaia di finestre tutte uguali si aprono su stanze già illuminate dalla luce al neon.
Anche se qualcuno concentrasse la sua attenzione sull’ufficio del professor Netter, la scena che sta volgendo alla fine non gli sembrerebbe degna di nota, se non per la bella ragazza che sta congedandosi.
“La ringrazio, professore. Lei mi è stato molto utile. Chi dice che lei è un luminare ha ragione”.
L’uomo anziano risponde, lisciandosi i baffi: “Non c’è di che, signorina Hair. Effettivamente sono quaranta anni che mi sto interessando all’argomento”.
Mentre la ragazza saluta e scompare dalla porta, il professor Netter estrae dal cassetto gli spessi occhiali da vista dei quali farebbe volentieri a meno, soprattutto di fronte a una bella studentessa.
Pensa mestamente: ‘Sto invecchiando. Prima la vista, e ora anche la memoria. Non riesco già più a ricordare che cosa mi abbia chiesto la signorina… come si chiamava?’.
 

  
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