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Autore: TheNaiker    26/12/2013    1 recensioni
Hinamizawa, l'estate del 1983 è passata. Ma la felicità sognata da Rika è stata davvero raggiunta? I problemi dei suoi amici sono forse stati risolti, ma la felicità è una gracile piantina per cui bisogna lottare in continuazione, per evitare che essa appassisca. L'arrivo di nuovi personaggi ed eventi e gli effetti di quelli vecchi si intrecciano, in una nuova e difficile avventura.
Genere: Avventura, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: Traduzione | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Capitolo 59: Una fine senza infamia e senza lode



Ibaraki, 2 Marzo 1984

“Quindi, per dirla breve, ve la siete sbrigati senza l'aiuto dello zietto.

Mion stava rosicando. Sperava di avere una particina nello scontro finale, il suo orgoglio ferito richiedeva soddisfazione, ma quando era riuscita finalmente a sgomberare il passaggio per il primo piano, la battaglia aveva già avuto il suo compimento. Così, dopo aver risposto alle inevitabili domande sul suo stato di salute, tutto quello che potè fare la ragazza fu mormorare, farfugliando di essere stata lasciata dietro.

“Tsk” replicò Shion “A te piace troppo tergiversare, Onee. Se fossimo stati fermi ad aspettare te, quelli ci avrebbero cucinato a puntino con tanto di patatine fritte e salsa di soia.”

“Molto divertente. Sai, io mi stavo già prefigurando uno di quei showdown dove l'eroina appare dal nulla sulla punta più alta di un grattacielo, oppure dove fa irruzione dopo un'esplosione e da una falla polverosa nella parete, ovviamente illuminata con i fari del caso ed accompagnata da una colonna sonora di tutto rispetto...”

“Un trionfo delle banalità, quindi. In quella maniera ci avresti ridotto al ruolo di mere comparse, alla faccia di quello che abbiamo dovuto sostenere fino ad oggi... Sei così ingrata quando ti atteggi così, Onee.”

“Vuoi che dia uno sberlone a quella testona tarlata che ti ritrovi, Shion?”

“Non fare la scortese con Shii-chan, non c'è bisogno che tu lo faccia.” disse Rena “Tutto sommato noi siamo un gruppo saldo, e tutti i suoi membri hanno coraggio in abbondanza: in club come il nostro il leader ha un ruolo meno importante, siamo perfettamente in grado di recitare la nostra parte anche senza essere comandati a bacchetta. E poi il tuo spirito era qui con noi, vero che lo era? Vero che lo era?”

“Oh... Non sono così sicura di essere contenta che sia finita in questo modo, ma lasciamo stare. Piuttosto, dobbiamo sbrigare qualche altra pratica, in questo covo di banditi? Non penso che abbiamo molto tempo da buttare.”

“Vallo a chiedere al signore laggiù.” Keiichi puntò l'indice verso il questore, il quale si sentì in dovere di rispondere, sentendosi trascinato in quella discussione strampalata. “Voi siete un gruppo fuori dal comune, non ve l'hanno mai detto?”

“Noi siamo quello che siamo, siamo sempre stati così. Preferiamo badare al succo delle cose, nel momento in cui le circostanze ci permettono di scansare i formalismi. E quindi, non ci dovreste dare una certa autorizzazione? Siamo spiacenti, ma andiamo abbastanza di fretta.”

“Non ho mica capito perché non avete voglia di stare qui un altro po', sembra quasi che questa nostra città vi faccia schifo, ma alla fine questi erano i patti. Ci avete offerto un gran bello spettacolo, stasera, e con le registrazioni ottenute dalle telecamere del piano terra non dovremmo aver bisogno di ulteriori indagini, abbiamo compreso tutti quello che stavano cercando di fare questi bifolchi. Oltre a ciò, confido che il pazzoide che hanno preso in custodia qua sotto decida presto di sputare il rospo e confessare tutto, e quando accadrà scopriremo quello che c'è ancora da scoprire. Non ci servite più, siete liberi di andare dove più vi aggrada.”

Ed il pubblico applaudì, mentre Keiichi li osservava un po' a disagio. I partecipanti al gala, insieme al questore stesso... Avevano concesso ai ragazzi quello che essi avevano richiesto, ma quelle non sembravano brave persone. Sentendoli, ed esaminando l'atteggiamento che avevano assunto durante tutta la cerimonia, sembrava che quelli avessero ascoltato il loro appello non perché lo ritenevano legittimo, non perché pensavano che fosse la cosa giusta da fare, ma solo perché alla fine avevano inscenato quel combattimento che li aveva divertiti. Dal punto di vista di quegli uomini e quelle donne, rilasciare Rika non era un atto di giustizia compiuto a favore di un gruppo di cittadini, era invece una specie di ricompensa concordata con una compagnia di attori che avevano eseguito la loro recita, o peggio ancora con un gruppo di gladiatori che avevano appena trucidato i propri avversari in un'arena. I promotori della festa avevano sfruttato loro e la loro storia solo per assicurare ai loro ospiti un qualche sollazzo, come se tutta la loro vicenda fosse solamente una maniera originale e spassosa per passare la serata. Ora capisco perché Rena se ne è andata da qua e perché non era allegra, all'idea di tornarci... Ma alla fine Keiichi non aveva interesse a cambiare il loro modo di pensare, né il modo in cui essi consideravano i suoi amici. La cosa più importante era che permettessero a Rika di ritornare ad Hinamizawa, le motivazioni passavano in secondo piano. Così il ragazzo non insistette.

“Allora” esclamò Satoko “Che cosa succede adesso? L'incontro finale della famiglia Sonozaki deve ancora avere luogo di qui a qualche giorno, e non sarà annullato solo perché quei due non potranno partecipare.”

“Oh, non sarei in pensiero se fossi in te, se pensi a quello che hai appena detto puoi trovare la risposta da sola.” la ragguagliò Akane “Il raduno non sarà cancellato, inviteremo comunque tutto il parentado per discutere su chi deve ricoprire il ruolo di leader del clan, ma senza i principali oppositori di Mion non penso che qualcuno metterà seriamente in dubbio il suo potere. Mia madre l'ha prescelta, e questo è quanto, nessuno andrà contro la volontà di Oryou e contro le nostre usanze secolari. Sarà confermata senza alcun problema.”

“Queste sì che sono belle notizie.”

“Puoi dirlo forte.” aggiunse Mion “Se escludete lo zio Goemon e la zia Megumi, gli altri che prima non mi volevano come capa riceveranno la mia clemenza e la mia grazia. Conosco tutti da quando dovevo ancora imparare a camminare, e non sono cattivi, immagino che non ci fosse nulla di personale che li inducesse a schierarsi contro di me, magari quei due ciarlatani hanno detto loro delle falsità su di me che li hanno traviati. Male lingue, al diavolo.”

“E dei due che hai escluso, invece? O se preferisci, che pensi di fare coi due ciarlatani, come li hai appena chiamati?”

“Allora... Non è che lo zietto ci possa fare molto per loro o contro di loro, francamente. Il loro destino non è nelle mie mani, sulle loro teste pendono accuse a non finire, accuse di tipo penale, e sarà la polizia ad occuparsi di tutto, tenendo fuori tutti gli altri. A meno che io non decida di costituirmi parte civile nel processo, ma personalmente non ho questa gran smania di tirarla ancora per le lunghe, al momento, lascerò che ogni cosa faccia il suo corso. Inoltre, presumo che quei due non vogliano neppur sentire le parole scuse o perdono, se ho capito bene come ragionano.”

“Hai ragione... Che dire... Magra consolazione, mi porteranno lontano da voi, non vi vedrò mai più...”

Tutti si girarono verso Goemon, che aveva pronunciato quelle ultime parole, e quindi Rika ribatté: “Sei proprio disposto a morire, folle?”

“Sì... Sarò condannato ad una lunga detenzione, ma mi impacchetteranno per spedirmi nella prigione di Ibaraki, a centinaia di chilometri dal vostro villaggetto. Il discorso è sempre quello, io sono di Hinamizawa e la distanza unita allo stress causato da questa umiliazione farà entrare in azione i parassiti nel mio corpo, liberandomi da questa tortura... Il mio piano mi avrebbe permesso di sopravvivere, se avessi vinto, ma se l'esito della nostra battaglia diventa così infausto allora io preferisco crepare.”

“Quindi ieri stavi bluffando spudoratamente, quando bofonchiavi che la prospettiva di andare in gattabuia non ti faceva né caldo né freddo.”

“Non ti voglio manco rispondere.”

“Per l'amor di Dio, qualcuno mi può spiegare che cosa è questa storia?” chiese il questore, seccato “E' tutto il tempo che ripetete di gente che muore a caso e di emergenze. Roba da sbattervi tutti in manicomio.”

Al sentire ciò, Rika era dubbiosa. Doveva metterlo al corrente di tutta la vicenda? Se gli avessero nascosto tutto, quello poteva risultare capace di impuntarsi e mettere loro i bastoni tra le ruote, era pur sempre una potente autorità locale. Ma prima che la bambina potesse aprire bocca, l'uomo agitò la mano davanti alla bocca e riprese a parlare: “Oh, beh, non importa. L'unica parte che mi sembra intrigante è il fatto che il vostro avversario voglia stare il più lontano possibile da voi. Però è nostro dovere punirlo adeguatamente, in qualche modo... Così, mi è venuta un'idea...”

“Che razza di idea?” un terribile presentimento era venuto in mente a Goemon.

“Riassumendo, voi avete commesso il vostro ultimo crimine qui ad Ibaraki, avete provato a causare una strage qua dentro, però va detto che quasi tutte le altre vostre malefatte sono state compiute nel distretto di Okinomiya, compresa la tortura a cui avete fatto ricorso per piegare la volontà di Seohara-san. Oltre a ciò, voi provenite da quella zona del paese. Pertanto, perché mai dovreste essere giudicato qui e non là? Mi hanno riferito che hanno costruito una nuova struttura penitenziaria da quelle parti, nei pressi della prefettura di Okinomiya. Starai a pochi passi da Hinamizawa, per sempre. Le guardie carcerarie di lì saranno lietissimi di darvi il benvenuto, sarete sbattuto in cella non appena le procedure burocratiche lo permetteranno. È molto comoda come soluzione, più di ogni altra.”

“COSA?” urlò l'anziano uomo “No, voi non potete farmi questo!”

“E perché no?” rispose il questore “A me pare che voi non vogliate essere condotto laggiù, forse perché là c'è qualcuno che ha dei conti in sospeso con voi, io non posso saperlo questo. Considera questa ulteriore punizione come un piccolo regaluccio da parte mia. I criminali devono soffrire per colpa dei loro peccati, mi sembra naturale.”

C'era un che di sadico, nell'indole di quell'ufficiale.

Quanto a Goemon, lui sapeva che quella minaccia non era una battuta, né uno scherzo. Lo avrebbero davvero rinchiuso nella prigione di Okinomiya, in attesa del processo. Al cento per cento sarebbe stato giudicato colpevole, non avrebbe mai lasciato quel posto e non si sarebbe mai allontanato da Hinamizawa e da Rika. Così bloccato, non sarebbe mai stato lontano a sufficienza per sviluppare i sintomi della Sindrome, sarebbe sempre stato sano fisicamente. Era maledetto, la sua dannazione consisteva nel restare in vita, nel rimanere in carcere per anni, senza la possibilità di una morte rapida e salvatrice. Quel destino era orrido ai suoi occhi, qualcosa che non poteva sopportare: tutti quei giorni monotoni e sempre uguali, obbligato a vivere con il suo rimorso per non essere riuscito a farcela, e con tutti i suoi rimpianti... Senza una chance per cercare di rovesciare le proprie sorti, o almeno per provare una vendetta... Non poteva tollerarlo, era più forte di lui.

“No, non è questo il finale che avevo progettato per me!” gridò lui, fuori di testa “Io volevo una vittoria, un trionfo! Non voglio cadere nell'oblio, dimenticato da tutti! Se devo perdere, io allora voglio una sconfitta epica, una dove alla fine muoio, non una cosa come questa. Preferisco mille volte tirare le cuoia, piuttosto!”

“Che diavolo gli è saltato in mente, ora?” commentò freddamente sua moglie, all'oscuro di quello che il marito stava realmente dicendo.

Goemon non le diede neanche ascolto ed andò dritto da Shion, con passi corti e trafelati. I suoi occhi bovini erano aperti a più non posso, le funeste prospettive che gli si erano aperte improvvisamente davanti lo terrorizzavano e lui era pronto a fare qualsiasi cosa pur di evitarle. Così esclamò verso la ragazza: “Tu, tu volevi uccidermi prima, giusto? Molto bene, allora, prendi un oggetto pesante, afferra quello che stavi tenendo in mano pochi secondi fa, e fai quello che il tuo istinto ti stava suggerendo! Spaccami la testa con quel candelabro, su, avanti!”

Shion non rispose. Stava solo osservando quell'essere ormai patetico, con una certa compassione. Aveva pietà di lui, lei non avrebbe mai fatto del male ad un uomo ridotto così male. Sì, perché anche se lui non se ne stava rendendo conto la pazzia stava lentamente prendendo il controllo della sua mente, e Goemon non riusciva a fare altro che continuare a provocare tutti, per cercare di far arrabbiare qualcuno, mandarlo fuori dai gangheri e farsi uccidere da lui. Senza successo.

“Tu, perché non mi odi? Siete diventati dei rimbambiti sentimentali che non riescono neanche ad odiare una persona? Non ci credo, non è possibile! Tu, ti ho reso una ragazza paraplegica... Tu e il tuo fidanzato dovreste fare qualcosa per pareggiare i conti con me... E tu, ho ucciso tua sorella, come fai a restare così calmo ed insensibile? Il mio servo aveva una pistola, usala... E tu, tuo padre non uscirà mai dalla sua prigione, grazie a me, non sei furioso con me? E tu, ho rovinato la tua vita... E tu... E tu... E tu...”

“Sta diventando stucchevole, per piacere portatelo via da qui.” sussurrò il questore, stanco di ascoltare quei deliri che di divertente non avevano più nulla. Al che subito due poliziotti eseguirono l'ordine, afferrandolo per le spalle e trascinandolo verso il portone d'uscita, mentre l'uomo stava urlando e strillando.

“Ouka! Portami via da qui! Non puoi fare questo proprio a me, dopo tutto quello che abbiamo fatto insieme! Dammi una seconda chance! Ti imploro, Ouka! Ouka! OUKAAAA!”

Che fosse la Sindrome o no a fargli urlare quelle frasi colme di follia non importava, in entrambi i casi la sua mente era destinata a sprofondare in un abisso di dannazione.

Semplicemente non riesce ad accettare di continuare a vivere in quelle condizioni, pensò Rika. A me sarebbe piaciuto mettermi davanti a lui e dichiarargli in faccia «Scacco matto, amico», ma rigirare il coltello nella piaga era troppo cattivo anche per me. Temo che il suo fato ultimo sia quello di impazzire comunque, anche se la Sindrome non lo colpisse: anche se il parassita non può agire nel suo corpo, il fatto è che lui non vuole passare la sua vita in carcere, non vuole avere la coscienza di vedersi rinchiuso ogni giorno dentro quattro mura, così la pazzia è l'unica via d'uscita che gli è rimasta per uscire da quel futuro che lui ripudia così ferocemente...

La bambina si portò verso il questore e perciò gli raccomandò questo: “Non posso sapere se dicendole questo sto facendo un favore a Goemon-san o no, però devo chiedervi di prendervi cura di lui con delle misure molto restrittive. Ho paura che cercherà di commettere il suicidio appena ne avrà occasione, una volta che sarà finito in cella.”

“Lo terremo a bada, non dubitate. Non gli permetteremo di fuggire dalle sue colpe.”

“Avete la mia gratitudine. Nel frattempo, che mi dite di Megumi-san? Sarà condotta anche lei ad Okinomiya?”

“Probabilmente andrà così. A giudicare da quanto vedo, la signora non ha paura di quello che sarà il suo avvenire, al contrario del marito, ma le accuse di cui sono imputati sono identiche, ed il caso che li riguarda è il medesimo, quindi saranno giudicati attraverso un unico processo. Sarebbe inutilmente costoso agire in maniera diversa, da parte nostra.”

“Capisco. Un'ultima cosa, allora. Sono costretta a chiedervi di non far parola a nessuno di quello che è capit...”

“E perché dovrebbero tenere la bocca chiusa?” Keiichi la interruppe “Non c'è nulla di male in quello che ha avuto luogo qui, e tutto ha una sua logica interpretazione. Ognuno qua dentro è consapevole che quelle visioni non erano spiriti reali o fantasmi, erano dovuti solo all'effetto di un gas allucinogeno. Ci mancherebbe solo che ci considerassero alla stregua di maghi pericolosi, siamo solo gente semplice di campagna, e loro sono abbastanza svegli da capirlo. Non ci sono misteri o dettagli segreti da nascondere qua, se i signori vogliono divulgare l'accaduto ai quattro venti che facciano pure.”

Finendo la frase, Keiichi gli fece l'occhiolino. Rika pensò che forse lui aveva mangiato la foglia, che forse aveva intuito che quella serie di allucinazioni fosse dovuta all'intervento di Ouka, però dicendo questo lui le rendeva la vita molto più facile. Gli altri invitati avrebbero pensato che l'unica ragione della comparsa degli spettri erano i vapori emanati dalla sostanza adoperata da Megumi, dando loro questa versione dei fatti si sarebbero messi il cuore in pace; se invece avessero fatto i vaghi ed ordinato a tutti di non parlarne, avrebbero instillato dei dubbi, dei sospetti, e la cosa poteva portare a delle complicazione ed a degli strascichi in futuro. Il fatto era... che Rika in tutti quegli anni si era abituata a celare agli altri tutto quello che era legato all'ambiente del mistico od a qualcosa che pareva inspiegabile, come la vera identità di Oyashiro-sama, la Sindrome di Hinamizawa, Ouka stessa, e così via. Però stavolta era meglio fare come consigliava Keiichi. Dovrei cambiare i miei modi, uno di questi giorni.

Non c'era molto altro da dire, a quel punto. Se il racconto che Goemon aveva fatto a Rika il giorno prima era vero, allora sua moglie Megumi era ad alto rischio di essere colpita dai sintomi finali della Sindrome, ma in caso di emergenza Mion le avrebbe donato il suo sangue come cura, un po' come aveva fatto con Satoshi mesi prima: le due erano parenti, il loro gruppo sanguigno era lo stesso. La donna non sarebbe mai morta prima di aver scontato la propria pena, ed il gruppo avrebbe tenuto un occhio anche sulle condizioni di salute di Goemon. Così, siccome erano già le undici, i ragazzi salutarono velocemente tutti gli astanti e volarono giù per le scale verso il mezzo di trasporto di Tomitake, in modo da correre verso la stazione di polizia e mettere al corrente Kimiyoshi e Kasai che tutto era finito. Avevano ancora un'oretta scarsa, il tempo per lasciare la città c'era ma dovevano sbrigarsi.

Lungo il viaggio nell'automezzo, però, Keiichi aveva ancora un dubbio. “Rika-chan, posso chiederti una cosa?”

“Per favore fallo. Ora abbiamo tempo di occuparci di tutte le altre pratiche senza assilli, non è più un problema per me rispondere.”

“Beh... Tu ci avevi parlato di quello spirito, Ouka... Ma non mi sembra che lei sia fisicamente apparsa, alla fine. Cioè, ho capito che in quelle evocazioni lei ci ha messo lo zampino, e che durante la battaglia Hanyuu ha detto che quella affrontata era una falsa immagine di Ouka, che non era quella vera: anche Goemon-san aveva affermato di aver plasmato con la sua mente un ritratto di lei, evocando quell'entità, quindi quella autentica era altrove... Secondo te dove si era rintanata durante il combattimento, perché non si era mostrata in pubblico? E poi che ne sarà di lei ora? Non può certo andare in prigione, come un essere umano.”

“Anche Rena vorrebbe saperlo...” lo assecondò la ragazza dai capelli castani “Noi non eravamo da soli in quel salone, in qualche modo riuscivo a percepire un'altra presenza, ma vederla era impossibile...”

“Io... Non saprei rispondere a queste richieste, davvero... Però non vi preoccupate, non siamo più in pericolo, noi...” e mentre lo diceva, chiuse lentamente gli occhi, presto imitata da Hanyuu.

“Rika-chan? Hey, Rika-chan?” la incalzò Keiichi, picchiettandola dolcemente. Ma la bambina non riaprì gli occhi e non disse più nulla. Dava tutta l'impressione di essere caduta in un sonno profondo.

Pertanto, Keiichi fece per scuoterla con più vigore al fine di svegliarla, ma Satoko lo rimproverò: “Villano, lasciala riposare, deve essere esausta poverina. Se vuoi farle il terzo grado per sapere tutto, aspetta almeno domani, quando si sarà un po' ripresa.”

~-~-~-~-~

Ma in realtà Rika non era completamente priva di conoscenza, in quel momento. Con la mente, lei aveva viaggiato con Hanyuu indietro fino al Saiguden. Era molto tardi, ed il luogo era molto buio, ma una tremula candela accesa stava rivelando loro che qualcuno le stava aspettando, dentro.

“Buona notte, Ouka.” prese la parola Rika, con l'aria di aver voglia di dileggiare la propria interlocutrice “Il nostro piccolo show è stato di tuo gradimento?”

“Rika, per favore sii più gentile con lei. E tu, Tesoro, come ti senti?”

“Ho passato giorni migliori, Madre, grazie per l'interessamento...” mormorò lo spiritò, pacatamente. Nè Rika né Hanyuu sapevano dire come stesse effettivamente Ouka. Il suo aspetto non era felice, o compiaciuto, o arrabbiato, o triste, o esausto, o deluso. L'unica emozione che traspariva dal suo volto era un certo disorientamento. Ed infatti proseguì: “Madre, ed anche tu, Rika... Potete spiegarmi qual è il vero significato di tutta questa storia? Che morale c'è alla fine di tutto questo?”

“Che cosa vorresti che ti fosse detto, esattamente?”

“Il senso di ciascuna delle azioni che io e voi abbiamo compiuto su questo mondo durante tutti questi secoli. A me sembra che siamo punto e a capo. Le persone sono ancora obbligate a fare ricorso al sacrificio di se stessi, per salvare gli altri, come stava per fare quel ragazzo giusto stasera, al piano terra della Sala delle Conferenze. Ed io sono certa che anche gli altri avrebbero fatto lo stesso, durante i loro ultimo duello contro Goemon-san, se ci fosse stata l'occasione. Quindi perché? I miei sforzi sono forse stati vani? Non hanno capito nulla di nulla, durante tutte queste centinaia di anni?”

“Tu desideravi vedere come noi siamo capaci di combattere, stasera. È per questo che hai avuto un ruolo così passivo, vero? Potevi fare molto di più, che aiutare del gas improbabile a far evocare delle figure. Sei stata in disparte tutto il tempo.”

“Da sola quella sostanza sarebbe stata pressoché inefficace. Ho voluto aggiungere un po' di sapore alla vostra vita. Però... Devo dire che ero rimasta così affascinata, vedendo come il vostro gruppo lavora così bene, così armoniosamente integrato nel vostro mondo privato e nelle sue regole, anche se presentava degli enormi e manifesti difetti di base. Eravate così affiatati che non avevo l'audacia di provare a distruggervi direttamente, avrei fatto male se avessi compiuto un tale gesto, o almeno era così che mi sentivo. Però... Io non riesco ancora ad accettare che un mondo fondato sul sacrificio sia l'unico possibile. Un mondo dove qualcuno muore per far vivere qualcun altro, e dove le persone fanno morire i propri simili per sopravvivere. Un mondo guidato da esseri razionali non dovrebbe assomigliare ad una giungla, dove non vige altra legge se non quella del più forte...”

“Ouka, non saltare a conclusioni affrettate, adesso. Consentimi di fare una distinzione: a noi non piaceva vedere i nostri amici che si facevano massacrare per la nostra salvezza, mettitelo bene in testa. È il contrario, noi siamo tristi ogni volta che essi sono costretti a soffrire a causa nostra, od a causa di una qualsiasi altra ragione, e noi facciamo sempre di tutto per dare loro un'alternativa. Ma noi abbiamo anche preso la decisione di accettare le loro scelte, come segno della loro volontà. Se qualcuno decide di fare un piccolo sacrificio per il bene di tutti, noi non possiamo dire che è colpa sua, non possiamo fargli la ramanzina; al più possiamo prendercela con noi stessi, per aver fatto sì che quel cammino di penitenza fosse l'unico percorribile per lui, e quindi cerchiamo di migliorarci per evitare che ciò si ripeta. Però non possiamo impedire che questo qualcuno faccia la sua scelta, non possiamo togliergli il libero arbitrio. Ha deciso così, scientemente, e perciò merita a prescindere il nostro rispetto. In certi casi la sofferenza delle persone è ineluttabile, temo, sappiamo tutti che i paradisi terrestri non esistono nella realtà e che bisogna rinunciare a qualcosa, per ottenere qualcos'altro o per concederlo alle persone che ami.”

“Sono conscia di tutto questo, Madre. Se lo scopo è nobile, io posso concepire la possibilità che le persone passino attraverso il dolore e le pene, addirittura lo approvo. Tuttavia, questo dovrebbe essere auspicabile solo quando il prezzo da pagare per il bene finale è tollerabile, e non eccessivo. Buttare al vento la propria vita è troppo, non importa l'obiettivo a cui tu puoi aspirare per te o per i tuoi cari. E' la morte eroica, quella che io rifiuto.”

“Ouka, io capisco che tu dici questo perché sei una brava ragazza, dietro le apparenze, ma come ho appena detto, noi non abbiamo il diritto di obbligare gli altri a comportarsi come vogliamo noi. Non siamo burattinai che controllano le loro bamboline inanimate, non possiamo dire loro cosa fare. Le persone sono responsabili per le proprie azioni.”

“In altre parole, non è cambiato niente dal passato, dopo tutti questi anni?”

“Non è vero, Ouka” illustrò Hanyuu “C'è qualcosa che è totalmente mutato. In quella vecchia Hinamizawa, quando io e tu eravamo vive, tutto il villaggio voleva che io mi suicidassi. Loro odiavano i loro vicini, ed anche se stessi, perché a loro non piaceva l'idea di avere del sangue demoniaco nelle proprie vene: erano spaventati perché credevano di non essere normali, di essere diversi. Pensavano di essere mostri, non si accettavano, e dunque odiavano me come simbolo della loro anormalità, non mi volevano più tra i piedi, ed il mio supplizio era qualcosa che loro si auguravano di cuore. Bramavano la mia sofferenza. Oggi, invece, nessuno vuole che ci siano dei morti, tra di noi. Ci si preoccupa del benessere dei nostri amici e compagni, ed anche l'abitante più povero ed emarginato non è mai lasciato al suo destino. Questo è il miglior risultato della nostra battaglia – ed anche di quella che pure tu hai combattuto in passato. Abbiamo modificato il modo di pensare della gente di Hinamizawa.”

“Non mi sembra un granché come risultato.”

“Lo è, invece. Il ruolo di un leader, e di persone come te e me, non è quello di rendere felice l'intero genere umano. Noi non siamo Dei onnipotenti, come tu mi hai rammentato non molto tempo fa, ma non siamo neanche completamente dei fantocci inutili: possiamo fare una cosa fondamentale per la nostra comunità, e questa cosa è lasciare che le persone cerchino la propria felicità in maniera autonoma. Assicurare loro la facoltà di fare ciò che essi desiderano, entro limiti ragionevoli, e permettere loro di incamminarsi sulla propria strada. Non va bene lasciare che le persone a cui teniamo vadano incontro ad un epilogo orribile senza fare niente per aiutarli, ma se noi impedissimo ai nostri amici di fare qualcosa per salvarci, se facendo ciò li portassimo alla disperazione... Allora commetteremmo un peccato ancora più grave, in quanto le loro menti sarebbero dilaniate dai rimpianti, e le nostre si troverebbero in una situazione che non riesco nemmeno a descrivere.”

“Io... Non capisco...”

“Ouka, noi non vogliamo comandare a bacchetta la gente. Nessuna delle nostre visioni del mondo è perfetta, concorderai con me su questo, però è mio dovere dirti che quella che io e Rika portiamo nei nostri cuori porta molta più felicità di quanto possa fare la tua, a conti fatti. Un'esistenza fatta seguendo le proprie inclinazioni è molto più appagante di una dove segui soltanto gli ordini altrui, secondo me. Per favore, lascia che noi viviamo secondo la nostra volontà, è l'unico favore che ti chiediamo.”

“L'unico favore, Madre... Tu non desideri che io vada incontro ad una punizione, quindi... Mi permetterete di andare via, anche se ero quella dietro Goemon e Megumi? Non avete intenzione di punirmi?”

“Come se potessi trovare un poliziotto che abbia il potere di mettere te in arresto, mia cara Ouka. E non credo che ci siano sbarre che possano davvero rinchiuderti. Seriamente, la punizione ed il carcere dovrebbero essere dei deterrenti, un metodo per istigare le persone a non ripetere i loro errori, ma ormai ci siamo accorte entrambe che ciò non è necessario per te. Inoltre, io non ho mai avuto il potere di condizionare lo stato di uno spirito in nessun modo, né da viva né da morta, quindi non potrei infliggerti una punizione neppure se lo volessi.”

“Però il punto è che voi non volete proprio infliggermela, questa punizione.”

“Chiaro. Tu sei mia figlia e lo sarai sempre, ma questo non è il solo motivo che mi spinge ad essere buona con te. Tu non hai resto Goemon e Megumi persone cattive, loro erano già così prima di incontrarti. Loro avrebbero comunque compiuto quelle azioni meschine, prima o poi, quello era il compito che il destino aveva scritto per loro: e quei due non volevano certo opporsi a questo loro fato, anzi erano felici di seguirlo. La loro volontà non era come quella di Keiichi-san, quindi non ti crucciare per quello che hai fatto verso quella coppia di depravati. Inoltre, mi piace penare che l'Ouka maligna sia stata sconfitta qualche minuto fa, con quel duello bizzarro di spiriti tra noi ed i nostri avversari. Lo so che si trattava di visioni ed allucinazioni che poco avevano a che fare con il tuo vero essere, quella versione cattiva di te non ti rappresentava affatto, però considerala una sorta di punizione rituale, diciamo che il castigo che doveva andare a te è andato al fantoccio che ti copiava. Funziona così anche il Watanagashi, infatti: il materasso che Rika sventra ogni estate non è direttamente legato con i peccati degli uomini, in fondo è un pezzo di mobilio e basta, tuttavia questa cerimonia esprime il nostro incessante desiderio di migliorare ed i nostri concittadini si sentono veramente più puri e liberi, dopo che si è conclusa.”

“E ciò sarà sufficiente, per non farmi sentire in pena?”

“Me lo auguro di cuore. Se tu senti il bisogno di fare ancora penitenza, potresti indossare degli abiti strani ed umilianti, o dipingerti la faccia con dei disegnini buffi... Nel nostro club facciamo sempre così, e ti posso garantire che come castigo non è per nulla uno scherzo.”

“Ti sei rammollita in tutti questi anni, Madre...”

“Lo so bene, Ouka.”

Ed Hanyuu interruppe il dialogo. Non aveva più nulla da dire e perciò l'unica cosa che faceva adesso era osservare il fantasma della propria figlia, lanciandole degli sguardi dolci e materni. Lei avrebbe voluto abbracciarla, ma quella era in forma spirituale e toccarla non era fattibile. Nondimeno, entrambi erano consci di quelle che erano le emozioni dell'altra, ed a loro due ciò bastava. Tutto il loro risentimento non aveva più ragione di esistere, e si era dissolto in un sussurro.

“Hmmm... Non sono ancora stata convinta dalle vostre idee balorde...” commentò Ouka al termine “Ma suppongo che il vostro discorso abbia una sua logica. OK, vi do una possibilità. Fate quello che volete, terrò d'occhio come ve la cavate. E se la strada che avete imboccato vi condurrà alla felicità... Beh, allora riconoscerò che forse non vi sbagliavate.”

“Tu non sei proprio disposta ad ammettere il tuo errore, eh?” la criticò Rika.

“Assolutamente. In fondo, sono pur sempre tua antenata.”

Ed Ouka sorrise, prima che la sua anima lasciasse il Saiguden per raggiungere la serenità che stava cercando da così tanto tempo. Hanyuu sperò che sua figlia potesse finalmente essere felice, dopo la sua travagliata vita terrena e tutte le difficoltà e le delusioni che aveva incontrato anche dopo la morte. Rika, invece, chiuse di nuovo gli occhi, lasciando volare via il proprio spirito, libero di riflettere su quello che era stato, su quel mondo strano, ma tanto affascinante.

~-~-~-~-~

Questa è la fine, alla fine...

Giochi di parole a parte, ce l'abbiamo fatta. L'ultimo concilio tra i membri della famiglia Sonozaki non sarà un gran problema, sarà una formalità che durerà manco cinque minuti, giusto il tempo di fare la conta dei presenti e fare le votazioni per alzata di mano. Mion sarà confermata come capo del loro clan, anche se è stata sotto osservazione per un certo tempo: lei non ha mostrato polso e sangue freddo in questa storia, è una verità innegabile, però non vedo come questa lacuna possa portare i suoi parenti a chiederle di dimettersi. Basterà chiarire un paio di cose e loro capiranno che nella sua posizione nessuno avrebbe potuto fare di meglio, senza alcun aiuto esterno. Il loro riserbo non è insensato, è comprensibile, ma nessuno dei Sonozaki ora pensa che Mion debba lasciare. Andrà tutto bene.

Riguardo la Sindrome... Beh, ora che non ci sono più emergenze impellenti Irie può lavorare sul vaccino senza nessuna urgenza. Mion è più forte dell'ATPC che le avvelena il sangue, l'ha dimostrato risvegliandosi prima che fosse troppo tardi, e lei può convivere con quella sostanza finché rimane monitorata. Inoltre il dottore aveva annunciato che la cura era a buon punto, presto i parassiti e tutto ciò che li riguarda saranno solo un ricordo del passato. Prima dell'inizio dell'estate, ogni abitante sarà vaccinato a dovere e la Sindrome smetterà di tormentare i nostri corpi ed i nostri spiriti. Il sangue di Mion curerà la vecchia malattia... e quello di Giancarlo farà da antibiotico per quella nuova, nel caso saltasse fuori qualcun altro con i suoi stessi sintomi, per esempio se qualche altro «esperimento» di Goemon facesse la sua comparsa dopo essere stato nascosto per mesi in qualche buco sconosciuto. Irie potrebbe usare anche gli anticorpi che l'organismo di quel ragazzo ha probabilmente generato, potrebbero essere utili come risorsa, ma l'uso di questa opzione spetta al medico, non a me.

Se riguardo indietro, devo dire che si sono formate molte coppie durante questi anni tempestosi. Shion e Satoshi, Rena e Daijiro, Mion e Giancarlo... Le loro unioni dureranno tantissimo, ci scommetto, loro hanno già sostenuto insieme ostacoli che stroncherebbero un elefante e non c'è motivo per credere che non rimarranno saldi davanti alle difficoltà che incontreranno più avanti, nella loro futura vita di tutti i giorni. Comunque, è divertente vedere come oggi Keiichi sia rimasto da solo, nonostante ci fossero due potenziali spasimanti nel nostro gruppo che erano cotte di lui, e ce ne siano ancora molte altre per Hinamizawa ed Okinomiya. Oh, beh, è un ragazzo dotato di parecchio fascino, non ci metterà molto a trovare qualcuno.

Ad ogni modo, non mi sento del tutto appagata, sono un po' dispiaciuta. Non per la fine che hanno fatto Goemon e Megumi, hanno avuto quello che si sono meritato. Sono triste da quello che è stato riservato a molti altri. Nabiha, Seohara, Alice, e Takano. Ed anche l'handicap di Rena... Loro hanno commesso errori nelle loro vite, come ogni altra persona normale loro non erano infallibili, ma hanno pagato il prezzo di peccati compiuti soprattutto da altri. Abbiamo detto ad Ouka che questo non è un mondo ideale, solo pochi minuti fa, ma talvolta mi piace dimenticarmi di quella che è l'indole umana, e mi piace chiedermi perché non possiamo essere tutti felici, come pensiamo quando siamo piccoli...

E non sono nemmeno sicura se questo sia un epilogo bello o brutto. È un lieto fine, questo? Non me la sento di associare la nostra esistenza a frasi del tipo «E vissero per sempre felici e contenti», perché non so se in futuro lo saremo davvero. Anzi, temo che non sarebbe vero, le storie vere non finiscono sempre bene, non sono favolette. Ma io accetto che sia così. E come Rena mi ha detto una volta, noi dobbiamo cercare la felicità nel mondo che ci è stato affidato, con le sue problematiche ed i suoi limiti: è la sola vita che ci è stata consegnata, quindi dobbiamo trarne fuori il massimo.

Lo so, suona così assurdo, pronunciato da me, ma questa è la verità. Questo è il nostro solo mondo, quello che condividiamo con tutte le altre persone; questo è il nostro piccolo e personale paradiso di cristallo, un posto dove gli uomini devono combattere duramente per costruire la propria beatitudine, e noi non possiamo sprecarne neppure un frammento. Orsù, continuiamo a coltivarlo come fosse un giardino di rose, ed apprezziamo il risultato che conseguiamo con fatica, qualunque esso sia. Questo poiché, per assurdo, non è ottenere l'obiettivo la cosa più importante della nostra vita. La cosa più importante è il modo in cui tenti di ottenerlo, la strada ed i sacrifici che hai sostenuto per raggiungerlo, e quanto tu sei soddisfatto di questo obiettivo, ed anche di te stesso.
 

  
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