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Autore: Francine    26/12/2013    1 recensioni
Rosa che rose non vuoi,
Rosa che sonno non hai.
Rosa di tutta la notte,
Che tutta la notte non basterà mai.

(Francesco De Gregori, Rosa rosae, 1996)
Genere: Comico, Commedia, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Aquarius Camus, Cancer DeathMask, Capricorn Shura, Pisces Aphrodite, Scorpion Milo
Note: Cross-over | Avvertimenti: Gender Bender
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7.
Nel buio brillava una rosa.

 
Mignonne, allons voir si la rose
Qui ce matin avait déclose
Sa robe de pourpre au soleil,
A point perdu cette vesprée
Les plis de sa robe pourprée, 
Et son teint au votre pareil.
 
 
Rosa carico, fresca ed aulentissima, svettava alla fine di un gambo lunghissimo, un paio di foglie per ornamento ed una serie fittissima di spine che ricordava la corona della Passione che adornava il volto di quel Cristo che sua nonna teneva appeso sopra il letto. Spiccava, contro un fondo nero pece. Violator, pensò la sua mente, per associazione di idee. Vedeva solo la rosa, i suoi petali attraevano i suoi occhi come calamita con ferro.
 
 
Las ! voyez comme en peu d'espace, 
Mignonne, elle a dessus la place, 
Las, las ses beautés laissé choir ! 
O vraiment marâtre Nature, 
Puisqu'une telle fleur ne dure
Que du matin jusques au soir !
 

Gocce di rugiada imperlavano i suoi petali più esterni. E lei aveva sete. Come alla fine del più sterminato dei deserti, dopo giorni arsi sotto un sole implacabile, e notti ghiacce d'inferno sotto zero. Sete. Come un vampiro davanti alla sua vittima, davanti alla vista del sangue rubino che stilla goccia a goccia da un candido collo. Sete, come il marinaio in mare che guarda il cielo per non sentire in bocca il gusto del sale. Sete, della pelle che desidera il contatto con la fresca rugiada della verzura in un giorno di Giugno.

La rosa è Bellezza. La rosa è Verità. La rosa è il Mistero. La rosa è il Tutto.

La rosa splendeva sempre di più. Brillava, come se un artista avesse sparso con sapienza polvere di diamanti su quei petali di seta che non chiedevano altro che di essere accarezzati, lisciati tra indice e pollice, e sfiorati con la punta delle labbra. Vieni. Vieni. Assapora il mio bacio. Ma temi le mie spine, l'invitava la Rosa, come una sirena che canta note irresistibili al riparo degli scogli. E lei non era poi tanto sicura che quella voce che la stava chiamando con così tanto ardore appartenesse ad un fiore, o ad una donna, santa o puttana, madre o criminale, desiderio mistico o pura lussuria. O forse, era la voce roca di un uomo? O di un qualche essere androgino?
  
Donc, si vous me croyez, mignonne, 
Tandis que vôtre âge fleuronne
En sa plus verte nouveauté, 
Cueillez, cueillez votre jeunesse : 
Comme à cette fleur, la vieillesse
Fera ternir votre beauté.
 
 
 
 
Vieni. Vieni a me con cuore umile. E conoscerai il Mistero. La Fede. La Conoscenza, disse ancora la voce. 
«Sì!», disse lei, in bocca già il sapore della rugiada, la dolcezza di un bacio appassionato e il ferroso gusto del sangue. «Sì! Voglio la Conoscenza. Voglio il frutto proibito!»
E sia, disse la voce. E la luce si spense, portandosi dietro la rosa. 
 
 
Il viso di Utena Tenjo era l'unica cosa che potesse vedere, un’immagine al confine tra primissimo piano e particolare. Aveva gli occhi chiusi, la testa reclinata di lato - destro? sinistro? Decise che non le importava - e la bocca socchiusa in un sogno di visioni. 
Le ciglia nerissime gettavano un'ombra lunga sul suo colorito pallido. Malato. Aveva forse la febbre, la piccola Utena? Poi il viso cambiò. Il mento affusolato si fece più volitivo, e la mascella pretese l'importanza che assume, di solito, nei volti maschili. I capelli si ritirarono come la spuma del mare contro la battigia, e la figura aprì gli occhi, ancora annacquati da sogni e visioni troppo reali per essere fole della mente durante il sonno.
«Cosa... cosa mi hai fatto?», domandò.
E lei non rispose. Annegò in quegli occhi verde scuro, mentre teneva stretto tra le mani il gambo spinosissimo della rosa. 
 
   
 
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