Addii e
manette.
P.O.V.
Thad
Jeff
e Nick continuavano a chiamarmi, scuotermi e chiedermi spiegazioni che
non ero
in grado di dare neanche a me stesso.
Sebastian
mi aveva ingannato: mi aveva fatto prendere a tradimento quei fottuti
sonniferi
per andare a parlare con qualcuno di cose che io non dovevo sapere,
cose che
riguardavano me senza alcun dubbio.
Mi
sforzai con tutto me stesso di ascoltare le voci di Nick e Jeff che mi
sembravano lievi e sfumate,quasi non fossimo neanche nella stessa
stanza, solo
quando capii che Jeff aveva saputo che Sebastian ieri notte era andato
di sua
spontanea volontà nell’ufficio della preside tutto
mi fu chiaro.
Mi
chiusi in bagno biascicando qualche scusa senza senso ai Niff che non
cercarono
neanche di fermarmi, o forse sono io che non me lo ricordo, mi tolsi
tutti i
vestiti e andai davanti allo specchio.
Cercavo
di ignorare il mio corpo il più possibile da quando mio
padre aveva iniziato a
picchiarmi infatti mi trovai del tutto impreparato davanti ad esso:ero
ricoperto di lividi gialli e blu, i graffi più leggeri si
erano tramutati in
cicatrici in via di guarigione mentre i graffi più profondi
erano pieni di pus
e la carne pulsava dolorosamente sotto di esso.
Le
mani tremavano incontrollate mentre guardavo con attenzione le ferite
cercando
di non pensare chi me le aveva procurate: la pelle era arrossata,
gonfia, piena
di vesciche e pus che tolsi in poco tempo,avevo delle ossa rotte lo
sapevo,
respirare era difficile ,a volte persino impossibile, ma mi ero
abituato al
dolore in quei mesi tanto che non ci facevo caso e poi con Sebastian
respirare
sembrava sempre così semplice.
Dovevo
trovarlo, urlargli contro, dirgli che odiavo quello che aveva fatto ma
che
amavo lui, dirgli che aveva complicato tutto, dirgli che aveva tradito
me e la
mia fiducia ma dovevo anche ringraziarlo una decisione al mio posto.
Ringraziarlo
perché non sarei mai riuscito ad ammettere a me stesso che
non stavo bene,che
non era normale,che mio padre era un mostro e io ne portavo addosso i
segni,
non sarei mai riuscito a prendere coraggio e parlarne ma restava il
fatto che
lui mi aveva tradito in un modo orribile e forse non sarei riuscito a
perdonarlo per questo.
Mi
rivestii piano cercando di sentire maggiormente il dolore delle ossa
che era
accentuato nelle costole e nella gamba destra e la sua voce ,la sua
faccia mi
aggredirono costringendomi a ricordare quel giorno, cercai di essere
forte e
aggrapparmi ad un ricordo felice ma i ricordi felici con Sebastian
sembravano
svaniti come la mia risolutezza di poco prima.
Mi
appallottolai su me stesso con la voce di mio padre che continuava a
ripetere
che tutti se ne sarebbero andati e che non potevo fidarmi di nessuno,
fuori
dalla porta l’infermiera della scuola continuava a chiamarmi
ma non riuscivo a
sentirlo.
P.O.V
Preside
Dopo
la chiacchierata con l’alunno Smythe avevo deciso di
intervenire immediatamente
così avevo chiamato il mio autista personale ed eccomi qui,
a suonare il
campanello di una casa sudicia e trasandata, con degli agenti della
polizia al
seguito.
Suonai
al campanello e feci un cenno ai poliziotti di non farsi vedere, pochi
minuti
dopo un uomo mi venne ad aprire la porta afflosciandosi contro di essa
subito
dopo.
L’uomo
era sporco, puzzava di alcol e mi guardava pieno d’ira pur
non conoscendomi così
-E’ il signor Harwood?- chiesi cercando di essere
professionale possibile
arricciando il naso disgusta quando lui rispose affermativamente -Non
compro
nulla comunque- disse con rabbia cercando di chiudere la porta ma io
ero stata
più veloce e l’avevo di nuovo spalancata -Deve
venire con noi, una persona ha
sporto denuncia contro di lei accusandola di violenza contro un minore-
dissi
decisa mente i poliziotti immobilizzavano Jack Harwood contro la
macchina.
Fu
difficile portare Jack in commissariato, lui continuava ad urlare la
sua
innocenza mentre sbatteva sgraziatamente gambe e braccia.
L’unica
cosa che mi rimaneva da fare ora era far testimoniare Thad e Sebastian
contro
di lui,era eccitante riniziare ,se pur per un solo giorno, a esercitare
il
lavoro di poliziotto ma non mi ero mai pentita di essermi candidata
come
preside anche se mettere le manette a qualcuno mi mancava spesso.
P.O.V
Sebastian
Mi
alzai di scatto iniziando a correre verso la stanza di Thad, piangersi
addosso
non mi avrebbe portato da nessuna parte così spostai
malamente i Niff e
l’infermiera dalla porta del bagno ed entrai trovandola
inspiegabilmente
aperta.
Mi
girai di scatto verso le altre tre persone che mi guardavano sbigottite
e
sbuffai infastidito -Non ci avete neanche provato!- urlai verso di loro
cercando di scaricare un po’ di quello stress che non
riuscivo a mandare via.
Chiusi
la porta dietro di me e mi stesi sul pavimento freddo del bagno insieme
a Thad
che, con le mani sulle orecchie, tremava incontrollato così
lo abbracciai piano
togliendogli le mani dalle orecchie e lo costrinsi a puntare i suoi
occhi
tormentati su di me.
-Mi
dispiace- dissi soltanto prendendolo in braccio: era magrissimo,
respirava
affannosamente e tentava di aggrapparsi a me il meno possibile quasi
temendo
che soltanto toccandomi si sarebbe ferito e forse era così.
Lo
adagiai piano sul letto e gli iniettai della morfina che la preside mi
aveva
messo a disposizione nel caso avrebbe opposto resistenza con
l’infermiera, gli
diedi un bacio sulla fronte e mi voltai verso la donna che aspettava
paziente
la mia prossima mossa -Si gentile con lui- le dissi soltanto prendendo
la
valigia che avevo nascosto nell’armadio.
Fece
male chiudermi la porta alle spalle e mentre uscivo da quella dannata
scuola mi
pentii di non aver baciato un ultima volta le sue labbra, di non aver
accarezzato i suoi capelli, di non avergli mai detto chiaramente
ciò che
provavo per lui perché adesso non potevo più
farlo.