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Autore: AngelAnderson15    26/12/2013    2 recensioni
Gli Warbler sono al loro ultimo anno di liceo quando Thad Harwood diventa inaspettatamente taciturno, perso nei suoi pensieri e terrorizzato da tutto ciò che lo circonda per colpa delle violenze del patrigno omofobo. Thad, troppo spaventato per denunciarlo decide di tenere tutto nascosto ma Sebastian Smythe, il suo compagno di stanza, inizierà ad investigare su Thad e finirà ben presto ad innamorarsi di lui. Thad riuscirà ad abbandonare le sue difese per aprirsi a Sebastian e Sebastian saprà curare tutte le ferite di Thad senza far peggiorare la situazione?
E' la mia prima long quindi beh spero vi piaccia. Grazie a chi leggerà
Genere: Angst, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Jeff Sterling, Nick Duval, Sebastian Smythe, Thad Harwood, Warblers/Usignoli | Coppie: Nick/Jeff, Sebastian/Thad
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta, Violenza
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Addii e manette.

P.O.V. Thad

Jeff e Nick continuavano a chiamarmi, scuotermi e chiedermi spiegazioni che non ero in grado di dare neanche a me stesso.

Sebastian mi aveva ingannato: mi aveva fatto prendere a tradimento quei fottuti sonniferi per andare a parlare con qualcuno di cose che io non dovevo sapere, cose che riguardavano me senza alcun dubbio.

Mi sforzai con tutto me stesso di ascoltare le voci di Nick e Jeff che mi sembravano lievi e sfumate,quasi non fossimo neanche nella stessa stanza, solo quando capii che Jeff aveva saputo che Sebastian ieri notte era andato di sua spontanea volontà nell’ufficio della preside tutto mi fu chiaro.

Mi chiusi in bagno biascicando qualche scusa senza senso ai Niff che non cercarono neanche di fermarmi, o forse sono io che non me lo ricordo, mi tolsi tutti i vestiti e andai davanti allo specchio.

Cercavo di ignorare il mio corpo il più possibile da quando mio padre aveva iniziato a picchiarmi infatti mi trovai del tutto impreparato davanti ad esso:ero ricoperto di lividi gialli e blu, i graffi più leggeri si erano tramutati in cicatrici in via di guarigione mentre i graffi più profondi erano pieni di pus e la carne pulsava dolorosamente sotto di esso.

Le mani tremavano incontrollate mentre guardavo con attenzione le ferite cercando di non pensare chi me le aveva procurate: la pelle era arrossata, gonfia, piena di vesciche e pus che tolsi in poco tempo,avevo delle ossa rotte lo sapevo, respirare era difficile ,a volte persino impossibile, ma mi ero abituato al dolore in quei mesi tanto che non ci facevo caso e poi con Sebastian respirare sembrava sempre così semplice.

Dovevo trovarlo, urlargli contro, dirgli che odiavo quello che aveva fatto ma che amavo lui, dirgli che aveva complicato tutto, dirgli che aveva tradito me e la mia fiducia ma dovevo anche ringraziarlo una decisione al mio posto.

Ringraziarlo perché non sarei mai riuscito ad ammettere a me stesso che non stavo bene,che non era normale,che mio padre era un mostro e io ne portavo addosso i segni, non sarei mai riuscito a prendere coraggio e parlarne ma restava il fatto che lui mi aveva tradito in un modo orribile e forse non sarei riuscito a perdonarlo per questo.

Mi rivestii piano cercando di sentire maggiormente il dolore delle ossa che era accentuato nelle costole e nella gamba destra e la sua voce ,la sua faccia mi aggredirono costringendomi a ricordare quel giorno, cercai di essere forte e aggrapparmi ad un ricordo felice ma i ricordi felici con Sebastian sembravano svaniti come la mia risolutezza di poco prima.

Mi appallottolai su me stesso con la voce di mio padre che continuava a ripetere che tutti se ne sarebbero andati e che non potevo fidarmi di nessuno, fuori dalla porta l’infermiera della scuola continuava a chiamarmi ma non riuscivo a sentirlo.

P.O.V Preside

Dopo la chiacchierata con l’alunno Smythe avevo deciso di intervenire immediatamente così avevo chiamato il mio autista personale ed eccomi qui, a suonare il campanello di una casa sudicia e trasandata, con degli agenti della polizia al seguito.

Suonai al campanello e feci un cenno ai poliziotti di non farsi vedere, pochi minuti dopo un uomo mi venne ad aprire la porta afflosciandosi contro di essa subito dopo.

L’uomo era sporco, puzzava di alcol e mi guardava pieno d’ira pur non conoscendomi così -E’ il signor Harwood?- chiesi cercando di essere professionale possibile arricciando il naso disgusta quando lui rispose affermativamente -Non compro nulla comunque- disse con rabbia cercando di chiudere la porta ma io ero stata più veloce e l’avevo di nuovo spalancata -Deve venire con noi, una persona ha sporto denuncia contro di lei accusandola di violenza contro un minore- dissi decisa mente i poliziotti immobilizzavano Jack Harwood contro la macchina.

Fu difficile portare Jack in commissariato, lui continuava ad urlare la sua innocenza mentre sbatteva sgraziatamente gambe e braccia.

L’unica cosa che mi rimaneva da fare ora era far testimoniare Thad e Sebastian contro di lui,era eccitante riniziare ,se pur per un solo giorno, a esercitare il lavoro di poliziotto ma non mi ero mai pentita di essermi candidata come preside anche se mettere le manette a qualcuno mi mancava spesso.

P.O.V Sebastian 

Mi alzai di scatto iniziando a correre verso la stanza di Thad, piangersi addosso non mi avrebbe portato da nessuna parte così spostai malamente i Niff e l’infermiera dalla porta del bagno ed entrai trovandola inspiegabilmente aperta.

Mi girai di scatto verso le altre tre persone che mi guardavano sbigottite e sbuffai infastidito -Non ci avete neanche provato!- urlai verso di loro cercando di scaricare un po’ di quello stress che non riuscivo a mandare via.

Chiusi la porta dietro di me e mi stesi sul pavimento freddo del bagno insieme a Thad che, con le mani sulle orecchie, tremava incontrollato così lo abbracciai piano togliendogli le mani dalle orecchie e lo costrinsi a puntare i suoi occhi tormentati su di me.

-Mi dispiace- dissi soltanto prendendolo in braccio: era magrissimo, respirava affannosamente e tentava di aggrapparsi a me il meno possibile quasi temendo che soltanto toccandomi si sarebbe ferito e forse era così.

Lo adagiai piano sul letto e gli iniettai della morfina che la preside mi aveva messo a disposizione nel caso avrebbe opposto resistenza con l’infermiera, gli diedi un bacio sulla fronte e mi voltai verso la donna che aspettava paziente la mia prossima mossa -Si gentile con lui- le dissi soltanto prendendo la valigia che avevo nascosto nell’armadio.

Fece male chiudermi la porta alle spalle e mentre uscivo da quella dannata scuola mi pentii di non aver baciato un ultima volta le sue labbra, di non aver accarezzato i suoi capelli, di non avergli mai detto chiaramente ciò che provavo per lui perché adesso non potevo più farlo.

  
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